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Scoprendo nuove sensazioni

By 29 Agosto 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

Eravamo amiche, soltanto amiche. Almeno così credevo; come si fa a quell’età, credevo che il nostro rapporto non sarebbe mai cambiato, il futuro era solo la dilatazione di un presente felice, che sembrava dovesse durare per sempre.

Ero contenta che in gita saresti venuta anche tu, non sarebbe stata la stessa cosa senza la mia migliore amica. Ti cercavo continuamente, mentre si andava in giro con il resto della classe, e tu c’eri, per me c’eri sempre. Adoravo il modo in cui il sole ancora timido di febbraio faceva brillare i tuoi capelli e ti illuminava gli occhi. Ho sempre pensato che fossi bella, dal primo giorno in cui ti vidi; sembravi più grande di me e mi piaceva.
Soltanto dopo avrei capito cosa provavo davvero per te, allora non ero pronta, nemmeno ci pensavo.

La sera, a letto, guardavo il tuo profilo illuminato dalla luce del lampione che filtrava attraverso le persiane della stanza. Mi fissavo soprattutto sulla tua bocca, le labbra semiaperte, la grazia particolare con cui il labbro superiore si univa al naso. Era bello guardarti dormire, poterti accarezzare con gli occhi senza la paura che qualcuno mi beccasse a fissarti.
Ricordo quanto mi piacesse il tuo odore, era un misto fra quello del sapone con cui ti eri lavata prima di coricarti e quello di lavanda del pigiama. Qualcosa di indefinito ma gradevole e delicato.
Di tanto in tanto, al tuo profilo la mia mente sovrapponeva l’immagine di te che ti cambiavi, del reggiseno che andavi in bagno a togliere, al contrario di me che non avevo bisogno, come adesso, a dire il vero. Oppure nello spogliatoio della palestra quando, facendo finta di essere indaffarata solo a sistemare le mie cose, davo delle rapide occhiate intorno a me e ne approfittavo per guardarti, per cogliere qualche particolare del tuo corpo, qualcosa a cui avrei poi ripensato a casa, da sola.
E così mi ritrovavo a pensarti ad occhi chiusi, mentre la mia pancia cominciava ad agitarsi in modo tanto familiare quanto inopportuno. Non era proprio il caso, non lì, in quel momento, mentre ero letto insieme a te e avrei dovuto dormire.
Mi sarei accarezzata solo un po’, solo sul petto; né tu né Chiara, che dormiva nel letto singolo, avreste mai potuto svegliarvi per qualche lento movimento delle dita. Quello lo potevo fare, ma doveva bastarmi.
Mi accarezzai il fianco facendo risalire la mano, mi piaceva sentire il profilo delle costole sotto le dita; arrivata al petto staccai leggermente il palmo lasciando solo le dita a sfiorare il tessuto della maglietta; le avrei lasciate a girare intorno per un po’ prima di decidere se prendermi o no un po’ di quel piacere così strano ma delizioso, capace di sciogliermi.
Ti guardai di nuovo, eri girata e adesso mi davi la schiena.
Richiusi gli occhi e decisi di farlo’ il medio toccò la punta del capezzolo che, leggermente indurita, oppose una tenue resistenza, piegandosi per poi lasciar scorrere il dito.
Spalancai gli occhi per un istante prima di chiuderli di nuovo mentre la pancia mi si era contratta di scatto e una scarica di piacere mi friggeva il cervello.
Cazzo’
Anche se mi ero toccata attraverso la maglietta, la scarica ara arrivata lo stesso fortissima, più di quanto mi aspettassi. Ora bruciavo.
Poggiai nuovamente il dito sulla punta, senza farlo scorrere; il piacere arrivava lo stesso, bastavano delle minuscole vibrazioni perché si irradiasse nel mio corpo. Ricordo che a volte pensavo di non essere normale per quanto intensa fosse la sensazione e soprattutto per come mi faceva sentire.
Il respiro era diventato corto, ne volevo ancora.
Col polpastrello iniziai a disegnare minuscoli cerchi intorno alla punta, il mio sesso implorava. Ora mi girava la testa, avevo la bocca secca.
Appoggiai l’unghia, la feci scattare, gemetti.
Merda, rischiavo davvero di svegliarvi!
Per qualche istante mi congelai, cercando di capire se potevo essere stata scoperta. Dentro di me urlavo.
Avrei voluto spogliarmi, prendermi i capezzoli tra le dita e sfinirmi così, lasciare che quella sensazione mi uccidesse lentamente sprofondandomi nel piacere fino a che non fosse arrivata l’urgenza di toccarmi fra le gambe e darmi sollievo; a quel punto sarei venuta subito.
Ero bagnata ma non potevo farci niente; avrei anche potuto toccarmi ma ero troppo eccitata e non avrei smesso finché non fossi venuta. A quel punto mi avreste scoperto di sicuro, anche se se non avessi fatto un fiato (cosa difficile, fra l’altro, visto quanto ero eccitata); sarebbero bastate le contrazioni.
Questo pensiero ne chiamò un altro’ o meglio, la mia testolina lo declinò in un modo decisamente insolito. Cominciai a figurarmi la scena di te che ti giravi e mi scoprivi.
Ma non dicevi niente, mi guardavi e basta.
Questo pensiero mi fece piegare in due. L’idea di te che mi guardavi mentre mi toccavo e non mi prendevi in giro, non ti scandalizzavi, non ti schifavi’ era la cosa più eccitante che la mia mente avesse mai prodotto fino a quel momento. Mi avresti guardata e basta, ci saremmo baciate e sarei venuta fra le tue braccia, e tu mi avresti coccolata a lungo, finché non mi fossi addormentata’
Pensai di andare in bagno a toccarmi ma, non so perché, pensavo che nessuno avrebbe creduto alla scusa di dover fare semplicemente pipì. A quell’età, quando mi masturbavo, avevo la sensazione che tutti, dopo, mi avrebbero letto in faccia quello che avevo fatto.
Stringendo con rabbia il cuscino, allontanai le dita dal capezzolo, cercando di cullarmi nel pensiero di noi due abbracciate, senza sesso, solo accarezzandoci e stando vicine.
La mattina dopo avrei dovuto controllare che i miei umori non avessero sporcato i pantaloni del pigiama.
Speravo solo che il sonno avrebbe presto avuto ragione del fuoco che ancora mi bruciava dentro; in realtà, non sapevo dove sbattere la testa.
Al risveglio probabilmente, avrei cercato di dimenticare questa notte assurda, le sensazioni provate e i pensieri che mi erano venuti.
Tutto sarebbe tornato a posto, doveva essere così.

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