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La Scommessa sull’Europeo – Capitolo 3

By 5 Luglio 2022Luglio 10th, 2022No Comments

Il giorno era arrivato. Contro ogni previsione, l’Italia avrebbe giocato la finale dell’Europeo a Wembley contro i padroni di casa. Si respirava un clima di festa che ricordava tanto quello dell’estate del 2006. Una squadra sulla carta sfavorita stava facendo dello spirito di gruppo il suo punto forte, mancava solo l’ultimo scalino.
Dopo la scorsa volta, l’intesa sessuale tra me e Chiara era stranamente aumentata, non perdevamo occasione per stuzzicarci e farlo in ogni momento libero. Quel pomeriggio eravamo sul divano, davanti all’aria condizionata, mentre sceglievamo cosa vedere su Netflix per ammazzare il tempo.
“Sai oggi c’è la finale” ruppi il ghiaccio io.
“Lo so, lo so. Che hai in mente?” mi chiese lei, sapendo già dove sarei andato a parare.
“Non saprei, è l’ultima occasione per scommettere contro Marco e fargliela pagare”.
“Perché? Non ti è piaciuto la scorsa volta?”
“Sì, ma non lo sopporto più. Pensa di avere sempre ragione e ha anche la fortuna di azzeccare. Ha bisogno di una lezione, non ho voglia di rivedere quel sorrisetto che ha stampato sulla faccia, si è montato la testa”.
Chiara rise divertita, mi diede corda e io continuai: “Scommetteremo qualcosa sulla finale”.
Lei fu d’accordo e mi sembrò molto curiosa.
Scrissi a Marco: “Pronto al gran finale?”.
Rispose immediatamente, chiedendo di più.
Riflettei e pensai a qualcosa che potesse ripagarmi di tutte le umiliazioni, qualcosa che finalmente mi togliesse lo sfizio.
“Se vince l’Inghilterra, ci farai da maggiordomo per una settimana. Ci porterai in giro, farai i servizi che ti chiediamo ed eseguirai tutti i nostri ordini”. Era perfetto, non riguardava i soldi, avevo capito che con lui dovevo colpire sul piano psicologico, perché su quello materiale non c’era niente che lo scalfisse.
Inviai. Lui stavolta si fece attendere un paio di minuti, ma accettò: “Ci sto. Ma se vince l’Inghilterra sarete voi i miei schiavi per una settimana.”
Feci leggere il messaggio alla mia ragazza, commentò, ridendo, che fosse parecchio azzardato. Le dissi che stavolta veramente potevamo vendicarci delle umiliazioni. La finale sarebbe stata nello stadio degli avversari, che erano pieni di campioni e sicuri della loro superiorità. Le chance per noi erano le più alte di sempre, come la posta in gioco del resto.
“Quindi diventeremmo suoi per una settimana intera? Ti rendi conto di cosa stiamo facendo? Sei consapevole che sicuramente passeresti sette giorni a vedermi scopata in ogni modo, vero?”
Stranamente, accettò quasi subito, ebbi qualche sospetto, ma mi convinsi che anche lei non vedesse l’ora di vedere la sconfitta negli occhi di Marco e rendergli pan per focaccia.
“Andata”.
Stavolta scegliemmo un pub sul lungomare, una brezza ci rinfrescava mentre gruppi di ragazzi intonavano cori e sventolavano bandiere. Era la finale, in tutti i sensi. Mi faceva strano tifare contro la mia squadra in una situazione del genere, ma ci era sfuggito tutto di mano. Marco ci raggiunse al tavolo, soliti convenevoli di rito e presto iniziò la partita. In neanche due minuti l’Inghilterra mise a segno il primo goal. Non potevamo esultare davanti a tutti ma io e Chiara ci stringemmo le mani sotto al tavolo, iniziammo a punzecchiare il nostro amico: “Dai che a sto giro ne prendete 5, preparati che ti aspetta una settimana di fuoco” infierì Chiara maliziosamente, facendogli l’occhiolino.
La partita sembrava andare per il meglio, finché a metà del secondo tempo il tabellone non tornò in pareggio. Brutto segno, poteva prolungarsi come la volta precedente. Fu proprio così, arrivarono i supplementari e poi i rigori. Sappiamo tutti come andò a finire. L’Italia intera scoppiò in una festa sfrenata tra clacson e urla. Marco, più felice di tutti, aveva vinto il doppio e stavolta non si contenne, si aggiunse ad un gruppo di ragazze e continuò a cantare e ballare per tutta la sera. Io e la mia ragazza cercammo di fingere, ma ad un certo punto decidemmo che era ora di andarcene e il nostro amico ci raggiunse. Ci fece segno di seguirlo alla macchina. Cosa voleva? Era già pronto a ritirare il suo premio?
Stavolta non ci arrabbiammo, eravamo consapevoli che fosse solo colpa nostra e obbedimmo.
Aprì il baule, tirò fuori una confezione sigillata e me la diede. La aprii e con enorme sorpresa mi ritrovai tra le mani una gabbietta di castità, di quelle semplici, in acciaio, che si trovano nei sexy shop. Mi era già capitato di vederne alcune, ma le avevo sempre considerate un oggetto estremo, per pochi, che non si sarebbe mai conciliato con le mie fantasie e con quelle di Chiara.
“Prima regola: finché sarò il vostro padrone non potrete avere rapporti tra voi, indosserai questa fino a settimana prossima, terrò io la chiave.”
“Stai esagerando Marco, dai” intervenne Chiara con un mezzo sorriso.
“Ve la siete cercata, avete voluto alzare l’asticella e questo è il trattamento. Se avessi perso io ci sareste andati più leggeri? Non credo.”
In qualche modo aveva ragione, neanche troppo segretamente avrei voluto fargli scontare tutto con gli interessi.
Ero senza parole: “Mica farai sul serio?”.
Non ci fu risposta. La mia ragazza aveva uno sguardo strano, era frustrata per la sconfitta ma percepiva di poter trarre vantaggio dalla situazione.
Aprì lo sportello commentando: “ce la siamo cercata, ma tanto una settimana fa presto a terminare”.
Entrammo in macchina, mi abbassai le mutande e lei mi aiutò a indossarla. Era stretta e costringeva il mio pene a rimanere flaccido, c’era solo un piccola fessura sulla cima che permetteva di urinare. Gli consegnò le chiavi e io rinnovai l’invito a darsi un freno.
“Seconda regola: ogni mio desiderio è un ordine. Mi raccomando, suonerie accese, non voglio attendere. Mi farò sentire domani, buonanotte!” concluse, tirando uno schiaffo sul culo di Chiara.
“Che stronzo” commentò lei.
Ci avviammo a casa parlando di quanto fosse perverso quel gioco, ma ormai eravamo completamente succubi. Cosa ci aspettava? Inoltre la mia dolce metà non sembrava così infastidita, anzi, appariva incuriosita e a tratti eccitata da quel comportamento così autoritario, c’era qualcosa sotto.
La sera seguente arrivò puntale il messaggio di Marco che ci ordinava di recarci da lui. Chiara corse a prepararsi. Indossò un vestitino cortissimo che finiva appena sotto gli slip trasparenti, autoreggenti e tacchi a spillo. Era un’esplosione di sensualità, il seno sporgeva dalla scollatura e suoi capezzoli turgidi si vedevano chiaramente attraverso il tessuto. Il mio membro non poteva far altro che spingere contro la gabbietta provocandomi dolore, mi sentivo completamente sottomesso.
Arrivammo puntuali, ci fece accomodare e ci offrì del vino. Chiacchierando, iniziò a toccare inequivocabilmente le cosce della mia ragazza, così quando la situazione si scaldò fui costretto a sedermi in un angolo e rimanere in silenzio. La prese per mano, lei si girò mandandomi un bacio e andarono in camera da letto chiudendosi la porta alle spalle. Da lì in poi non vidi più nulla, passai la serata ascoltando i gemiti dell’uno e dell’altra cercando di contenere l’erezione. Era sempre più chiaro che ormai stavo diventando l’unica vittima a soffrire.
Dopo un’oretta uscirono, Chiara aveva il trucco sbavato, era scalza e dalle cosce le colava del liquido bianco e denso. Era una visione così selvaggia e arrapante che sentii chiaramente qualche goccia uscire dal mio pene senza neanche toccarmi. Si rivestì rapidamente anche se era visibilmente provata, salutammo e tornammo al nostro appartamento. Mi sdraiai sul letto con l’illusione di poter finalmente riposare. Non fu così, la mia lei, inaspettatamente, si spogliò e iniziò a stuzzicarmi perfidamente. Si sedette sulla scrivania e iniziò un lento ditalino davanti ai miei occhi esterrefatti, non potevo far nulla se non soffrire.
“Che stai facendo? Sei impazzita?”
“Marco mi ha ordinato di farti infuocare un po’ stasera, giusto per ricordarti chi comanda”
“E tu gli dai retta?”
“Abbiamo scommesso, è stata una tua idea, se le cose si fanno, si fanno bene. E poi ci ho pensato, ci hai praticamente messo in palio per un tuo rancore personale, adesso voglio divertirmi un po’ io. È più bello fare squadra con Marco, ti ricordi?”
Passai un quarto d’ora terribile, iniziò a leccarmi avidamente tutto attorno alla gabbietta, si strofinava su di essa e fingeva gemiti di piacere.
Doccia fredda e poi a dormire, ero diventato ufficialmente il bersaglio di entrambi. Quell’ultima frase mi risuonava in testa, l’aveva accennata di ritorno dal viaggio in Svizzera. Si erano messi d’accordo? La eccitava questo gioco di dominazione, in cui voleva passare dalla parte del potere o c’era qualcosa di più con il mio “amico”?
Il giorno seguente sbrigai delle commissioni ordinate da Marco mentre Chiara si rilassava e chattava sospettosamente con lui. La sera ci fu comunicato di andarlo a prendere con la nostra macchina. Arrivati da lui, si accomodò sui sedili posteriori e si portò la mia ragazza con sè. Mi disse di guidare fino ad un luogo conosciuto per la camporella, distava circa un quarto d’ora. Le strade erano buie, essendo di spalle l’unico modo per controllarli era da un angolo dello specchietto retrovisore che mostrava più che altro delle sagome scure che si muovevano. Notai subito che durante il tragitto iniziarono a baciarsi, allungare le mani. Da quello che intravedevo, Chiara adesso era presa da un intenso pompino al membro di Marco già bello in tiro. Lui nel frattempo si era allungato verso le sue cosce e la stava masturbando con le dita. Arrivati al parcheggio notai che era tutto completamente scuro, era difficile osservare. Si staccarono l’uno dall’altra e con un gesto elegante lei si sfilò le mutandine mettendomele in mano. Balzò a cavalcioni del suo amante e affondò su quella cappella dura come il marmo, già pulsante di eccitazione. Iniziò a cavalcarlo alternando movimenti circolari e verticali, lui impazziva sotto i suoi colpi ansimando di piacere. In quella posizione, una delle poche possibili a causa delle dimensioni della macchina, Chiara era avvantaggiata e raggiunse l’orgasmo per almeno tre volte nel giro di venti minuti. Stremata dal caldo e dalla fatica, si alzò da lui e continuò con la bocca accogliendo tutto il suo seme bollente e appiccicoso sulla lingua. Improvvisamente si avvicinò a me e riuscì a baciarmi cogliendomi distratto, mentre con una mano mi accarezzava il pacco reso inerme dall’acciaio. Mi ritrassi subito, misi in moto la macchina e mentre tornavamo a casa continuai a sentire dei versi che somigliavano più a coccole e stuzzicamenti vari.
“Che ti è preso?” sbottai appena rimasti soli.
“Hai capito, no? Mi eccita da morire farmi scopare da lui, soddisfarlo, tanto vale che mi dimostri dalla sua parte, così sarà meno duro con me. Ci stiamo sentendo tutti i giorni ormai.”
“Mi stai tradendo?” replicai.
“Amore, è dalla partita col Belgio che ti sto tradendo davanti ai tuoi occhi, questo cosa sarà mai? Poi ripeto, ci hai cacciati tu in questa situazione e stando dalla sua parte almeno posso divertirmi.”
Non apprese quanto fossi infastidito, infatti ridacchiava sfacciatamente.
Tutto quel discorso mi trafisse come una lancia. C’era di più, lo avevo intuito, la mia ragazza era persa per il mio rivale che sembrava soddisfarla meglio di me. Inoltre era salita sul carro dei vincitori aumentando le mie sofferenze.
“Che stronza. Ti piace eh? Ne riparleremo tra qualche giorno, a scommessa terminata.”
Ero nervoso, infuriato e confuso allo stesso tempo. Essere costantemente in quello stato di eccitazione non mi faceva più rimanere lucido, ero molto più accondiscendente, sottomesso. Da una parte il gioco era interessante, ma una volta finito come si sarebbero evolute le cose? Avrei perso Chiara? Sarei stato costretto a concederle una scopamicizia con Marco per tenerla con me?
I giorni seguenti passarono tra mie commissioni e loro due che talvolta da soli, talvolta davanti ai miei occhi, non perdevano occasione per godere l’una dell’altro. Assistetti a qualsiasi tipo di scena: giochi BDSM, massaggi con gli oli, scopate all’aperto. Quando volevano infierire, Chiara veniva a baciarmi con le labbra piene del sapore di Marco, oppure si metteva a cavalcioni su di me facendo gocciolare dalla figa tutta la sborra che lui le aveva riversato dentro.
Io ero ormai inerme, annullato dalla castità e dalle torture a cui la mia ragazza mi sottoponeva continuando a provocarmi pesantemente, in qualsiasi momento. Ero fondamentalmente un uomo costretto all’impotenza, ogni erezione diventava dolore, ma il desiderio di sfogarmi e svuotarmi non passava neanche un secondo, annebbiandomi la mente e compromettendo la mia personalità. Stavo diventando passivo.
Finalmente giunse l’ultimo giorno, sarebbe finito tutto e quantomeno sarei stato libero, anche se con qualche questione in sospeso.
Stavamo ancora dormendo quando un messaggio sul telefono di Chiara ci svegliò. Lo lesse preoccupata, al contrario delle altre volte in cui le scappavano sorrisi e spesso vampate di eccitazione. Le chiesi chi fosse ma soprattutto cosa dicesse. Mi mostrò lo schermo, notifica di Marco: “Ho una piccola sorpresa per voi stasera, festeggeremo, sarà il Gran Finale!”.
Rispose chiedendo di dirle di più ma ricevette solo un “Se lo svelassi ora, che sorpresa sarebbe?”.
Iniziammo a interrogarci, io la incalzavo, sicuro che sapesse qualcosa e fingesse con me solo per compiacere lui. Le credetti, effettivamente sembrava realmente in pensiero e in ansia.
Il resto del giorno passò nel silenzio totale, il rapporto tra di noi era mutato in un modo che faticavamo ancora a comprendere a pieno. Ognuno fece le sue cose, ci fu anche qualche occhiata tenera. Cenammo e Chiara andò a truccarsi. Era vestita con una camicetta estiva sbottonata generosamente, una minigonna svolazzante e gambe libere al vento senza calze, era troppo caldo. Ai piedi, smaltati di rosso, aveva abbinato dei sandali eleganti. Avevamo entrambi un po’ di paura, lei fino ad adesso aveva avuto il controllo della situazione, giocava di squadra col suo amante, ma al momento sembrava realmente preoccupata.
Guidai fino a casa del mio amico, ci fece entrare, notai che era più elegante del solito. Ci porse due calici di Champagne dicendo: “A questa bellissima settimana”.
Non mi unii al brindisi, al contrario di Chiara che sembrava aver riconquistato fiducia. Ci fece strada verso il grande salotto, le luci erano soffuse.
Non appena varcammo la porta, però, il nostro sangue gelò.
Sui divani erano seduti tre uomini, tutti alti e robusti, vestiti impeccabilmente, che alla vista della mia ragazza concentrarono la loro attenzione su di lei. Non fu difficile intuire il perché fossero lì quella sera.
“Ho pensato che potesse essere una degna conclusione” esordì il mio amico.
“Marco sei impazzito, non ci provare! Non ne sapevo nulla e non ho intenzione di rimanere qui ancora un minuto!” esplose Chiara con gli occhi in fiamme, sembrava un demone.
Le detti man forte: “hai sorpassato il limite, chi ti credi di essere? Fottiti. Vieni amore, andiamocene”.
“Non così in fretta” ci interruppe lui: “se non ricordo male ho parecchie foto e video, diciamo..un po’ piccanti. Sarebbe un peccato se finissero nelle mani sbagliate”.
Ci sentimmo mancare, non poteva essere arrivato fino a quel punto. Non era accettabile che quelle cose uscissero, cosa avrebbero pensato gli amici, le famiglie e i datori di lavoro?
La mia fidanzata aveva il terrore negli occhi mentre cercava una soluzione nei miei. Avevamo poco tempo per parlare, ci isolammo un istante.
“Che facciamo?” mi chiese disperata.
“Non ne ho idea, è un pazzo, fa sul serio, non ci possiamo permettere che esca qualcosa”
“E quindi devo farmi scopare da quattro estranei contemporaneamente?”
Non sapevo veramente che dire.
“Forse è l’unico modo, a mezzanotte sarà tutto finito e correremo a casa, lasciando qui questo brutto ricordo”.
Non erano le migliori parole che potessi dirle, lo riconosco, ma nell’ansia erano tutto ciò che riuscii a elaborare. Non mi parve convinta ma le opzioni erano poche, era visibilmente agitata e le tremavano le gambe. Tornò da loro: “Va bene, se è questo ciò che vuoi, lo avrai. Non ti sono bastati questi giorni? Dovevi arrivare a tanto? Sei uno stronzo, un verme! Sappi che a mezzanotte sparirò e farai meglio a non farti più vedere.”
I tre uomini si alzarono, mi bloccarono e mi legarono su una sedia a fianco dei divani, imbavagliandomi.
Marco si avvicinò a Chiara, lei lo guardò con gli occhi lucidi e si piegò a quel ricatto, sarebbe stata l’ultima volta.
Venne accerchiata, otto mani la toccavano ovunque, scorrevano sui suoi seni, sul suo culo, chi indugiava tra le gambe e chi le ficcava due dita in bocca. Un ragazzo le stava facendo un ditalino spostando le mutande, un altro giocava coi suoi capezzoli come fossero pomelli di una radio, aprendo i bottoni. Lei era in silenzio, sopraffatta, non capiva neanche da dove provenissero tutti quegli stimoli, aveva forse paura che la situazione la eccitasse di nuovo.
Osservavo gli animi scaldarsi, ad un certo punto le strapparono completamente la camicetta di dosso, le sfilarono gonna e slip e la lasciarono per un attimo al centro, completamente nuda, solo con i sandali. Venne fatta inginocchiare. I ragazzi, compreso Marco, si spogliarono e iniziarono a porgerle i loro membri già marmorei. Uno lo accolse tra le labbra, leccandolo, due li prese in mano e il rimanente aspettò di lato. La scena era incredibile, la mia amata usata e circondata da cazzi pulsanti. Di tanto in tanto la costringevano a cambiare membro, la giravano, a turno si tuffavano tra le sue cosce lavorandola con la lingua. Era troppo, Chiara sentì un’onda di piacere pervaderle la schiena, stava chiaramente godendo. Si era gradualmente rilassata, il motivo per cui era in quella situazione sembrava, per un attimo, esserle scomparso dalla mente.
Marco si posizionò dietro di lei, iniziò a scoparla con veemenza mentre lei faceva un pompino pieno di saliva al ragazzo di fronte. La misero in qualsiasi posizione, se la scoparono tutti e in tutti i modi.
La ciliegina sulla torta arrivò quando il nostro ex amico iniziò a stimolarle il culo con le dita, ci sputò sopra e cercò di allargarle il buchetto. La spinse a cavalcioni di un altro uomo già steso per terra, che la impalò, si posizionò dietro e affondò il suo membro nel culo della mia ragazza senza nessun riguardo, andando sù è giù. Intanto gli altri due si erano posizionati all’altezza del viso, litigandosi la sua lingua. Surreale, non avevo mai visto nulla del genere se non nei porno. Godevano tutti, compresa Chiara, che nel frattempo gemeva fortissimo, era in estasi mentre soddisfava quattro uomini contemporaneamente. Pochi secondi dopo la vidi contrarsi, scoppiò in un gigantesco orgasmo, seguito da tanti altri durante la serata.
Erano tutti sfiniti, il tempo stava per terminare. Iniziarono a concludere, se la passarono tra loro con facilità, come un oggetto.
Il primo decise di venirle sul seno, la inondò finché il suo petto e il suo ventre non furono sommersi.
Il secondo volle venirle nel culo, la girò prona e la sbattè finché non si svuotò dietro di lei.
Il terzo le penetró la figa ormai fradicia, a missionario, e con pochi colpi la riempì del suo seme.
Marco, per ultimo, la baciò sussurrandole qualcosa, la fece inginocchiare davanti al suo cazzo e le schizzò in bocca una quantità di sborra che quasi la affogava. Era completamente coperta di sperma, le colava da ogni orifizio, era stata usata e riempita a loro piacimento.
Infine, ecco che successe l’ancora più inaspettato. Il nostro aguzzino le diede una chiave, lei si avvicinò a me e liberò il mio cazzo, provato da quella settimana di astinenza. Si gonfiò in un attimo, sembrava già scoppiare, così lei cominciò a sfiorarlo con delicatezza. Andava su e giù, stimolava il frenulo, la cappella, massaggiava i testicoli. Aveva le mani ancora umide e appiccicose, ma in quel momento non mi interessava e neanche ci pensai. Mi portò più volte al limite per poi rallentare. Dopo circa dieci minuti, aumentando il ritmo, sentii salire un orgasmo da svenimento. Il mio cazzo iniziò a contrarsi e pulsare, lei se ne accorse e abbassò tempestivamente la mano alla base dei testicoli, stringendo saldamente e rimanendo immobile. Cercai istintivamente di divincolarmi per sfregarmi e godere, ma ero legato. Non sentii nulla, se non un calore ustionante pervadere la mia asta, irradiarsi attorno a tutta la cappella e arrivare alla punta, ma nessun piacere, zero. Mi aveva deliberatamente rovinato l’orgasmo che attendevo da ben 7 giorni. Il mio sperma iniziò a defluire passivamente colando a fiumi sul pavimento, intanto mi contraevo e ansimavo per l’insoddisfazione. Sembrava non finire più. Non potei dire nulla, ero ancora imbavagliato, ma ci pensò Chiara fissandomi dritto negli occhi, tenendo ancora il mio pene turgido tra le mani.
“Era l’ultimo ordine”.

Fine.

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