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Vertigo, un incubo vissuto due volte – Terza Parte

By 25 Aprile 20203 Comments

Furono il rombo acuto di una sgasata di scooter e qualche schiamazzo a svegliarmi… Probabilmente ragazzini del quartiere, di ritorno dalla discoteca..

Tenni chiusi gli occhi per alcuni secondi, e ancora prima di riaprirli, sentii martellarmi in testa una terribile fitta alle tempie. Ero immerso nel buio della stanza, illuminata soltanto dalla luce gialla del lampione lungo la strada. A fatica, misi a fuoco il parquet, il tavolo, i mobili.. ero nel mio appartamento e mi trovavo in sala da pranzo, ricurvo sulla carrozzina, orientata verso la porta-finestra del balcone rimasta aperta.

Non guardai l’ora ma ad occhio dovevano essere circa le tre o le quattro del mattino. Ancora avvolto dal buio, rovistai freneticamente nel cassetto dei medicinali e presi due pillole per l’emicrania. Irrigidito e anchilosato dai postumi della sbornia, cercai subito di raggiungere l’ascensore nel disperato tentativo di rintracciare la mia ragazza; ero rincoglionito, in preda alla rabbia e allo stress e non avevo assolutamente idea di cosa le avrei detto o come mi sarei comportato una volta davanti a lei.

Sbarcato al piano inferiore, mi “attaccai” al campanello ma mi accorsi subito che era fuori uso, inferocito provai allora a bussare picchiando i pungi contro la porta quasi a volerla abbattere, senza però sortire alcun effetto. La tentazione di urlare era forte, ma per evitare di svegliare l’intero condominio, decisi di tornare al mio appartamento.

Schiumavo di rabbia e rabbrividivo di angoscia. Appena entrato in casa, non accesi nemmeno la luce, fiondandomi con la sedia a rotelle sul balcone, armato di handy-cam e laptop. In preda al panico da vertigini, calai la prolunga ad “L” e vidi che di sotto le luci erano accese. La totale assenza di rumori esterni ed il buio della notte aumentarono notevolmente la qualità audio e video; ad un tratto, infatti, udii una sequela di mugolii profondi, seguiti da intensi respiri cadenzati.

Dopo qualche secondo di messa a fuoco, sullo schermo mi apparve il letto disfatto, coperto da un gomitolo di lenzuola arrotolate su un lato ed un paio di cuscini ammucchiati sull’altro.

Anna era distesa sulla schiena, con la testa appoggiata al cuscino, nuda, con la pelle che brillava imperlata dal sudore e con indosso solo i suoi tacchi a spillo di Louboutin in vernice nera. Aveva gli occhi chiusi, il respiro lento e le gambe lucide appoggiate sulle spalle di Franco.

Lui era inginocchiato in fondo al letto, intento a mangiarle la figa, mentre, compiendo ampi movimenti rotatori con le mani, le massaggiava le tette e le pizzicava i capezzoli. Di tanto in tanto le dava dei leggeri schiaffi sulle guance, portandole due dita alle labbra che lei prontamente  leccava, facendosi scopare la bocca. Il bastardo, con la lingua sul clitoride e due dita infilate dentro, la stava titillando e sditalinando eccitato. Ad un tratto Anna, con le mani immerse tra i capelli di Franco, inarcandosi con la schiena e contraendo gli addominali, lanciò un grido di godimento che ruppe il silenzio, cadendo in preda ad un potente orgasmo. Poi lui, sorridendo soddisfatto per l’effetto sortito, le sfilò le scarpe e prese ad annusarle e leccarle le dita dei piedi smaltate di rosso.

Si stava segando con i piedi di Anna, quando ecco che, dietro di loro, all’improvviso comparve Patrizia. Non avevo idea di che fine avesse fatto durante tutto quel tempo, ma ero certo fosse stata lei a riportarmi a casa mia, una volta svenuto in soggiorno, così da lasciare gli altri due indisturbati. Parlò al marito dicendogli qualcosa che però non riuscii a decifrare. La vidi quindi spogliarsi e distendersi pancia in giù vicino alla mia ragazza, incominciando a leccarle i capezzoli. Il bastardo intanto si mise in ginocchio di fianco ad Anna, rammentandomi l’incipit della scena già vista con la tettona bionda. Dopo un lungo bacio e dopo averle strofinato sui capezzoli la punta del  cazzo ancora in tiro, le infilò la mano tra le cosce muovendola freneticamente. Era chiaro che il porco volesse farla squirtare. Questa volta però, la loro posizione mi consentiva di osservare meglio il volto di Anna: con le sue belle labbra sbavate di rossetto, andava su e giù ingoiando la cappella di Franco fino a farsi lacrimare gli occhi mentre, con la mano, gli accarezzava le palle. Lui fece vibrare il polso fino a che Anna non si staccò immediatamente dal cazzo, in preda alle convulsioni per l’ennesimo orgasmo. Gli schizzi non avevano la potenza di quelli visti fare alla bionda, ma il braccio di Franco, alla fine, notai che era lucido e gocciolante.

Mi bruciavano gli occhi e per un secondo distolsi lo sguardo dal monitor, per poi tornare subito a guardare. In un attimo di tregua in cui Anna era rimasta distesa, impegnata a respirare a pieni polmoni come dopo una corsa, vidi Patrizia avventarsi sulla sua figa ancora umida mettendosi a leccarla avidamente. Franco, intanto, dopo essersi versato un goccio di scotch, aveva estratto dal cassetto del comodino una sigaretta che, dalla stretta forma arrotolata a cono, doveva essere una canna e, dopo averla accesa, distesosi di fianco ad Anna, tirò un’ampia e lenta boccata per poi passarle il fumo attraverso un lungo bacio in bocca.

Compresi che quel vecchio bastardo le stava facendo toccare vette di piacere che lei, con me, non aveva mai nemmeno lontanamente raggiunto; quello che mi spiazzava del tutto, però, era il modo trasgressivo con il quale ci riusciva: stimolandola, toccandola, facendola squirtare, pisciare oppure facendole fumare erba.. tutte azioni che poco avevano a che fare con un uomo della sua età..

Patrizia le stava ancora mangiando la figa quando vidi lui alzarsi dal letto, prendere per i fianchi sua moglie e sollevarla di peso come si leva una gatta dalla ciotola dei bocconcini. E lei, di tutta risposta:

“Ma nooo.. ma perchèèè?!..  ..è così buooona!”

“Perchè lei adesso.. ahh ..ha.. ..bisogno di.. ahhh ..questo!!”

Sentii sussurrare da Franco il quale, distesosi a pelle d’orso su Anna che stava ancora fumando, riprese a scoparla e baciarla sul collo. E lei, con impazienza:

“Oh siii..” “Prendimi.. ti prego.. Ahhh si così..!”

Mentre i due riprendevano a scopare, mi accorsi che la batteria della handy-cam era ormai al minimo. Non volevo perdere nemmeno un secondo di quel supplizio, così mi lanciai verso lo studio, al buio, cercando di ricordare dove avessi messo l’altra handy-cam e, dopo una ricerca che mi sembrò durare un’eternità, mi rifiondai tremebondo alla ringhiera.

Stavo agganciando la videocamera alla prolunga quando sentii Anna gemere più forte del solito, stavolta addirittura urlare.. Un minuto dopo aver riattivato il video, capii il perchè.

I due erano distesi su un fianco, entrambi uniti “a cucchiaio” l’uno davanti all’altro. Franco la stava penetrando da dietro e mentre col braccio le teneva alzata una gamba, con le dita ancora lucide e unte di gel lubrificante, le sgrillettava la figa. Con l’altra mano, invece, le teneva stretti i polsi bloccandole le braccia e lei, rivolta all’indietro lo limonava ad occhi chiusi  ..intuii subito che le grida erano dovute al fatto che il bastardo se la stesse inculando.

“Brutta stronza.. a me non solo non aveva mai dato il culo, ma non mi aveva mai nemmeno concesso di infilare un dito..”

Pensai a denti stretti, disperdendo lo sguardo nel vuoto.. Poi tornai con gli occhi sul monitor: ora Franco era disteso a pancia in su e lei, dandogli la schiena, lo cavalcava a gambe aperte molleggiandosi sul cazzo. Il bastardo di tanto in tanto, oltre a penetrarla, le dava qualche sonoro schiaffo sul culo, arrossandolo e facendola urlare di piacere. Fissavo quelle stupende tette rosa ballare su e giù…  rabbrividendo al solo pensiero che venissero manipolate e mordicchiate da quel maiale da ormai più di tre ore. Vedevo le dita di Anna, con le unghie perfettamente smaltate di rosso, affondare nel petto di Franco, tra i suoi peli grigi da vecchio maiale..

Dopo diverse stantuffate, lui si mise in piedi vicino al bordo del letto poi la alzò di peso e, facendola mettere a pecora sul materasso, tornò a scoparle la figa; intanto con una mano la teneva per i capelli legati a coda, mentre con l’altra le infilava e sfilava il pollice dal buco del culo. Lei, in un continuo e cedevole stato di abbandono ed estasi, ripeteva persa:

“Ahh a.. a.. ancora.. ti prego sihh siih così… non lasciarmi.. ancorahh ooohhh!”

 E lui, di rimando:

“Sono qui piccola mia.. ahh.. non ti lascio, lo sai..!”

Abituato alle instancabili maratone di Anna, ero certo che sarebbero andati avanti ancora per ore..

Ferito a morte e annichilito da un connubio di rabbia, dolore e rassegnazione, riposi stancamente la mia attrezzatura, con fatica attivai l’allarme a basso volume escludendo la zona notte e, come se il mio corpo pesasse duecento chili, mi misi lentamente sul letto, chiudendo gli occhi sfinito dall’immane senso di frustrazione.

Il sibilìo dell’allarme a basso volume mi fece da sveglia e, contemporaneamente, riconobbi il rumore metallico della porta blindata che si richiudeva. Erano le dieci e mezzo di domenica mattina.

Rimanendo immobile nel letto e con l’orecchio teso, decifravo gli spostamenti di Anna in base ai rumori che percepivo. La sentii digitare il codice mentre disinseriva l’allarme, appoggiare chiavi, borsa e cellulare sulla consolle all’ingresso, per poi spostarsi in cucina, prendere qualcosa dal frigo ed infine spogliarsi e dirigersi in bagno. Mentre sentivo prima il rumore dello sciacquone e poi lo scrosciare dell’acqua della doccia, ripassavo mentalmente il vortice di domande, insulti, improperi e parole di rabbia che le avrei scagliato addosso non appena fosse uscita dal bagno.

La discussione fu lunga ed estenuante per entrambi ed ebbe luogo in soggiorno, con lei mitragliata dalla furia delle mie rabbiose domande come durante uno di quegli interrogatori che si vedono nei film di spionaggio. Anna, splendida come sempre e con le sue forme perfette chiuse a stento in un accappatoio bianco, aveva gli occhi rossi poiché stava piangendo immersa nelle lacrime da ormai quasi tre ore. Come una sorta di disco in loop, continuava a ripetermi che le dispiaceva enormemente, che in quel momento non era sè stessa e che non aveva idea di come fosse arrivata a tanto. Secondo lei il motivo era forse imputabile al fatto di aver esagerato troppo con l’alcol e che la nostra totale inattività sessuale degli ultimi due mesi (dovuta ai postumi del mio incidente in moto), aveva contribuito in maniera determinante a portarla a fare quello che ha fatto. Giurando su ciò che aveva di più caro, cercò di convincermi che non si sarebbe mai più comportata in quel modo, che avrei dovuto fidarmi di lei, che io ero il suo unico amore e che non avrebbe avuto senso interrompere in quel modo la nostra relazione.

Alla fine si strinse a me in ginocchio e, abbracciandomi disperata, mi promise che, d’ora in avanti, non avremmo più avuto nulla a che fare con i coinquilini del piano di sotto, li avremmo ignorati e lei mi sarebbe stata vicino come mai prima d’ora, impegnandosi a non farmi mancare  nulla dedicandosi unicamente a me.

Non riuscivo a perdonarla e non ero in grado di darmi pace per quanto visto e vissuto quella sera.. Tuttavia, data la situazione particolare in cui mi trovavo a livello fisico ma soprattutto psichico, non me la sentii di allontanarmi da lei e le diedi, nonostante tutto, una seconda possibilità.

Continua…

 

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