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Racconti Trans

Sonia e Lily – 01 – Confessioni

By 16 Gennaio 20202 Comments

Tutto è cominciato un anno fa ed anche se la mia storia potrebbe sembrare simile a tante altre, c’è un dettaglio fondamentale che fa la differenza: sono un crossdresser. 

Mi chiamo Luca e fin da bambino mi sono sentito attratto dagli abiti femminili; purtroppo la mia passione si è sempre limitata ad indossare qualche capo rubato in segreto alle donne di casa, senza riuscire ad avere mai qualcosa che fosse mio. 

Adoro soprattutto l’intimo ed i collant ed in generale mi intrigano tutti quei capi che esprimono sensualità e femminilità; le occasioni, però, di indossare quello che più desideravo erano davvero ridotte all’osso. Ero bloccato, forse a causa dei condizionamenti dovuti all’educazione ed alle convenzioni sociali, ed avevo bisogno di qualcuna che mi aiutasse a fare il primo passo, una persona con cui condividere questo segreto; ma come si può immaginare, trovare una tale persona non è facile e così, raramente ho oltrepassato quella sottile linea che separa la realtà dalla fantasia.

Come spesso accade, tutto questo cambiò quasi per caso. 

Poco tempo fa sono stato assunto da una società che si occupa di marketing e mi hanno assegnato subito ad un progetto molto impegnativo; mi sono ritrovato a lavorare a stretto contatto con i nuovi colleghi e per di più ad un ritmo serrato per rispettare le date di consegna. In ufficio eravamo tutti in un enorme open space diviso in isole e di fronte a me era seduta Sonia: bionda, con gli occhi di un azzurro cristallino ed un’aria molto timida. Nelle poche pause dal lavoro, inevitabilmente cominciammo a parlare, scoprendo di essere accomunati da una profonda quanto recente delusione: entrambi eravamo reduci da una storia importante finita in maniera burrascosa e questo fu ciò che alimentò inizialmente le nostre chiacchierate. Dal vivo durante la pausa pranzo, su WhatsApp o sulla chat aziendale, il nostro era un flusso continuo di pensieri che si intrecciavano.

“Mi piacerebbe provare un’esperienza con una donna”, mi disse all’improvviso.

Eravamo seduti su un muretto a goderci i pochi raggi caldi di una pigra giornata invernale; il candore con cui aveva pronunciato quelle parole quasi strideva con la confessione che mi aveva appena fatto.

“Come mai con una donna?” le chiesi dopo lo stupore iniziale.

“Mi ha sempre incuriosito e poi gli uomini ultimamente mi stanno dando solo delusioni… E tu? Non hai niente da confessare?”

Aveva buttato lì quella domanda con una semplicità disarmante; i suoi occhi erano puntati nei miei quasi a voler scrutare dentro di me alla ricerca di qualche segreto. Forse il mio premeva per uscire, forse sarà stato il senso di fiducia che mi ispirava e la risposta mi uscì quasi senza volerlo.

“Una volta ho indossato degli abiti femminili”.

Mi bloccai subito dopo aver pronunciato quelle parole, solo in quel momento mi resi conto di quanto quella rivelazione mi esponesse; i suoi occhi erano ancora puntati nei miei, ma non vi lessi biasimo o disgusto, bensì un misto di stupore e curiosità. 

“Cosa hai indossato?” mi chiese dopo pochi secondi che a me sembrarono un tempo interminabile. 

“Mutandine e collant” le risposi laconico.

Per me era difficile parlare di questo argomento,  lasciarle intravedere questo mio lato era stato uno sforzo enorme. Iniziò a farmi molte domande su questa mia passione, mi sembrava incuriosita e sinceramente interessata; io cercavo di risponderle di getto, non volevo che i pensieri mi bloccassero proprio ora che ero riuscito finalmente ad aprirmi. Fu così che prima di tornare in ufficio le avevo già raccontato della mia passione per l’intimo e soprattutto per i collant; lei assorbiva come una spugna i miei pensieri, chiedendomi altro non appena mi fermavo. 

Nei giorni successivi lei ne approfittò svariate volte per riaprire il discorso; le raccontai della mia prima volta “en femme,” del desiderio di indossare anche quelle cose a cui non avevo mai avuto accesso, come le scarpe con i tacchi, provando sempre vergogna ogni volta che questo mio lato si faceva strada per emergere.

“Ti andrebbe di rifarlo?”, la sua domanda arrivò inattesa e bruciante come un colpo di pistola. 

Desideravo eccome riprovare quelle sensazioni, ma la risposta alla sua domanda non era così semplice; quella proposta rendeva le nostre chiacchiere sempre più concrete e reali e questo faceva a pugni con tutte le remore che avevo e che non mi avevano permesso di vivere liberamente questa mia passione.

“Si, mi piacerebbe”, le risposi non ancora del tutto convinto.

“Beh potremmo vederci questo sabato, le mie coinquiline sono via ed ho la casa libera”. 

Sonia era un vulcano di idee e mi travolgeva con il suo entusiasmo; pensai che oramai ero in ballo e che in fondo quella era l’occasione che aspettavo da tanto. 

“Ok… “, accettai infine.

Accettai perchè qualcosa in lei mi trasmetteva fiducia, qualcosa che mi fece dimenticare completamente quanto potesse essere pericoloso mostrarmi come crossdresser ad una collega. 

“Lascia che pensi a tutto io, ho già un’idea!”, concluse con un sorriso enorme prima che fossimo riassorbiti dai nostri impegni lavorativi.

Quella sera ripensai molto a quanto successo negli ultimi giorni, tutto stava cambiando rapidamente ed ora, a bocce ferme, stavano sorgendo i primi dubbi: stavo facendo la cosa giusta? Avevo paura di riaprire una porta che era rimasta sigillata per molto tempo e di condividere una parte di me che finora avevo cercato di tenere sepolta.

Stranamente non affrontammo più la questione fino al giorno prima, io non sapevo come introdurre l’argomento e lei si divertiva a lasciarmi cuocere nel mio brodo; Sonia intuiva che friggevo dalla curiosità, ma faceva finta di niente e tradiva il suo atteggiamento di tanto in tanto lanciandomi degli sguardi furbi e densi di significato. La giornata lavorativa si trascinò così fino alla fine, sembrava quasi che la nostra conversazione non fosse mai avvenuta.

“Allora ci vediamo domani mattina alle 10 a casa mia”, mi disse prima di salutarci. “Mi raccomando la puntualità”.

Provai un paio di volte a dare fiato a tutti i pensieri che avevo in testa, ma puntualmente mi bloccai e un laconico “Ok…” fu l’unica cosa che fui capace di dire.

Quella notte dormì poco, l’ansia combatteva con il desiderio di abbracciare di nuovo la mia versione femminile; ripensai alle ultime volte, ormai lontane nel tempo, in cui lo avevo fatto e mi ritrovai a fantasticare su cosa Sonia poteva aver organizzato.

La mattina successiva mi alzai molto presto e mi sbarbai di tutto punto, volevo in qualche modo eliminare quei tratti che avrebbero potuto fare a pugni con la parte femminile a cui stavo per ridare la libertà. 

Arrivai da lei leggermente in anticipo; attesi qualche istante e finalmente suonai al citofono. Lei aprì subito e mi attese sulla porta di casa, accogliendomi in tuta, un abbigliamento strano per le sue abitudini e che contrastava con il fine makeup che aveva applicato sul viso. Mi salutò con un bacio sulla guancia e mi fece entrare in casa. 

“La mia camera è la prima sulla sinistra, ti ho preparato un po’ di cose da mettere”, esordì andando dritta al punto. “Fai pure con calma, io ti aspetto qui”

Entrai nella stanza e trovai i capi da indossare adagiati con cura sul letto; mi spogliai in fretta, la voglia era tanta e, soprattutto, volevo sfruttare ogni momento a disposizione di quell’occasione inimmaginabile fino a poco tempo prima. Indossai dapprima delle mutandine rosse di pizzo, che premevano sul mio sesso ancora a riposo, e poi dei semplici collant neri; assaporai fino in fondo i brividi di piacere e le sensazioni che quei gesti, di solito proibiti, mi trasmettevano. Nella stanza c’era un grande specchio, attraverso cui potevo vedermi a figura intera; mi giravo per ammirarmi da tutte le angolazioni, mi divertivo ad osservare le gambe ed il sedere avvolti nelle calze.

Il mio dito scorreva lungo i collant come se seguisse una volontà propria, fino a fermarsi sulla punta del pene, dandomi un’ulteriore scarica di eccitazione; completai la mia “trasformazione” indossando i restanti indumenti che Sonia aveva preparato per me: una gonna nera che scendeva fino al ginocchio ed una camicetta bianca che vestiva molto aderente ma che fortunatamente riuscì ad abbottonare. 

Dopo aver attaccato l’ultimo bottone mi presi qualche minuto allo specchio: il risultato era abbastanza grezzo e sapevo che c’era molto da smussare nella figura riflessa, ma una sensazione di euforia cresceva sempre di più dentro me e quasi nascondeva ai miei occhi le evidenti imperfezioni di quella trasformazione.

Quando finalmente uscì dalla stanza, la ritrovai in piedi accanto al divano; si era cambiata ed alla tuta aveva sostituito un abbigliamento molto più usuale per lei e simile a quello che avevo indosso: la camicetta celeste aveva i primi bottoni slacciati e lasciava intravedere il seno; la gonna grigia si fermava di poco sopra il ginocchio, mentre le gambe erano inguainate da un paio di autoreggenti bianche. Aveva indossato delle scarpe con un tacco a spillo vertiginoso, che slanciavano la sua figura e la rendevano più alta, seppur di poco, rispetto a me. 

“Ah eccoti qui! Finalmente sei uscita”, mi accolse.

Non mi sfuggì l’uso del femminile da parte sua, ma in quel frangente non mi diede fastidio, anzi mi aiutava in qualche modo ad uscire dal mio lato maschile. Sonia mi girava attorno in silenzio, il suono dei tacchi era l’unico rumore nella stanza; lei mi osservava e valutava il risultato di quella prima trasformazione. 

“Mmm vedo che ti sei preparata molto male…”

Con fare sicuro infilò le mani sotto la gonna ed iniziò a percorrere le mie gambe verso l’alto,  sistemando le pieghe dei collant man mano che risaliva; arrivò alla zona del pube ed iniziò a massaggiarmi l’asta lentamente, mi guardava dritto negli occhi mentre sentiva crescere il cazzo sotto le sue mani ed i miei umori cominciavano a bagnare anche le calze. Mi afferrò, poi, il culo con entrambe le mani, stringendolo e palpandolo con estrema passione; mi sentivo il suo oggetto del desiderio, così chiusi gli occhi e mi abbandonai alle sue attenzioni, fin quando non fui risvegliato da un sonoro ceffone sul sedere. 

“Ahi!” le dissi stupito. 

Sentirmi desiderato da lei mentre ero in abiti femminili mi eccitava da morire ed il mio cazzo metteva in bella evidenza ciò che pensavo; la sua forma emergeva prepotente attraverso i collant e le mutandine, quasi volesse scappare da quella prigione di pizzo e nylon.

“Mmm qui sembra che qualcuno stia stretto”, mi disse mentre con la mano stringeva il mio membro ancora intrappolato.

Abbassò i collant e le mutandine con una lentezza quasi esasperante, dando finalmente la libertà al mio sesso che svettava turgido davanti al suo viso; lo afferrò con forza e leccò tutta l’asta fino a fermarsi sulla punta. Assaporò i miei umori, prima di scendere di nuovo e dirigersi stavolta verso i testicoli; li succhiava avidamente mentre la sua mano faceva su e giù sul mio membro. Decise che poteva bastare e si dedicò al mio cazzo, succhiandolo voracemente, mentre l’altra mano era in pianta stabile sul mio sedere; di tanto in tanto smetteva di succhiare e con la lingua disegnava cerchi sul mio glande bagnatissimo. Oramai ero in estasi e non riuscivo a trattenere i gemiti di piacere, mentre lei con le dita dell’altra mano si avvicinava sempre di più al buchetto; quando ebbi la sensazione che volesse penetrarmi mi irrigidii e d’istinto strinsi i glutei.

“Stai tranquilla… “ mi disse e con le dita tornò a giocare intorno all’ano allentando al contempo la pressione.

Lasciai che le sue dita continuassero a stuzzicare il mio buchetto sempre più intensamente, mentre la sua bocca mi guidava verso la vetta del piacere.

“Oddio oddio” urlai ormai preso tra i due fuochi del piacere. 

Sonia abbandonò soddisfatta il mio cazzo e prese a masturbarmi furiosamente fino a quando non raggiunsi l’orgasmo, eruttando quasi tutto il frutto del mio piacere sul suo seno ed accompagnandolo con un lungo urlo liberatorio. 

Mi accasciai esausto sul divano, immerso ancora nelle sensazioni di quella nuova esperienza quando lei mi riportò alla realtà. 

“Signorina pensi che sia finita? Ti voglio subito qui in ginocchio!”, mi ordinò con tono perentorio.

Feci come mi chiedeva ed attesi in silenzio sul pavimento, mentre lei prendeva il mio posto sul divano.

“Comportati come farebbe una brava signorina…”, mi disse alzando la gonna fino a scoprire la balza decorata delle autoreggenti.

Mi fiondai sul suo sesso, ma lei stoppò la mia iniziativa con un gesto della mano.

“Non così in fretta…”, la sua voce risuonava carica di erotismo e sensualità.

Allungo la gamba verso di me e con delicatezza le tolsi la scarpa e l’autoreggente; iniziai a baciarle il piede, partendo dalle dita e risalendo lentamente. Indugiai sulla caviglia con dei piccoli morsetti, sentendola fremere ogni volta che le mie labbra incontravano la sua pelle; baciai minuziosamente tutta la sua gamba fino ad arrivare all’inguine, mentre Sonia si agitava sempre più a mano a mano che risalivo. 

Con decisione le tirai via le mutandine con i denti, fino a sfilargliele completamente. 

“Si, così!”, esclamò mentre allargava le gambe e mi apriva le porte del paradiso.

Le succhiai le grandi labbra, prima d’iniziare a picchiettare con la lingua la clitoride; lei gemeva sommessamente al ritmo dei miei affondi e con la mano mi schiacciava la testa sul suo sesso. I suoi mugolii di piacere erano come benzina sul fuoco e mi spingevano ad aumentare sempre più il ritmo; con le mani mi tenevo alle sue gambe e la sentivo vibrare tutta di piacere ad ogni colpo della mia lingua.

Quando credevo che fosse quasi giunta all’orgasmo allentò la pressione sulla mia testa e con un tocco deciso della mano sulla fronte mi allontanò dal suo sesso; si alzò e mi girò attorno, prima di fermarsi alle mie spalle.

“Stenditi sul divano… “

Catturato dalla sensualità della sua voce, mi adagiai sul sofà; Sonia mi fece girare, così da avermi con la schiena rivolta verso di lei, e con una lentezza esasperante mi tolse nell’ordine la gonna, i collant ed infine le mutandine.

Si stese su di me, sentivo l’odore della sua pelle inebriarmi le narici; senza nessun preavviso, iniziò a strusciare la sua fica bagnata sul mio culo, simulando la penetrazione con movimenti decisi del bacino. Mi passò un braccio attorno al collo, mentre le sue spinte diventavano sempre più passionali e potenti; questa situazione era completamente nuova per me, ero travolto ed eccitato dal suo desiderio, mentre il mio cazzo, di nuovo durissimo, strusciava sul divano ad ogni suo colpo.

“Dimmi che ti piace…”

Non le risposi con le parole, ma i miei gemiti si mescolarono ai suoi, fondendosi in un unico verso di piacere, così come erano uniti i nostri corpi che oramai si muovevano all’unisono; ma questo non le bastava, aveva bisogno di sentirmi ammettere che ero suo, ancor di più ora che i nostri ruoli si erano invertiti.

“Voglio sentirtelo dire…” rincarò la dose. 

“Si, scopami Sonia, ti prego ti prego!” le urlai sorpreso dalle mie stesse parole.

Aumentò sempre più il ritmo fino a quando l’orgasmo, impetuoso, non la travolse; urlando di piacere mi diede altri due colpi ancora più potenti e poi, famelica e frenetica, mi riempì di morsetti sul culo, come se volesse divorarlo, mentre io sobbalzavo ormai prossimo a raggiungere il culmine del piacere.

Mi girò, come se fossi la sua bambola, ed afferrò decisa il mio cazzo, turgido e bagnatissimo; pochi movimenti della sua mano e l’amplesso travolse anche me, facendomi urlare ed inarcare la schiena mentre tutto il mio piacere stavolta finiva sulla camicetta che indossavo.

Ci scambiammo un lungo bacio appassionato e poi si stese sul divano accanto a me.

“Guarda qui cosa hai combinato!” mi disse con un gran sorriso indicando la camicetta.

Arrossì ed abbassai lo sguardo, preso da un improvviso senso di vergogna mentre lei se la rideva di gusto; con un gesto gentile della mano mi fece rialzare lo sguardo e nei suoi occhi lessi lo stesso sorriso contagioso che aveva disegnato sulle labbra e che fece sorridere anche me.

“Ti piacerebbe se usassi un nome femminile?”, mi chiese interrompendo il silenzio.

“Non saprei, non ci ho mai pensato”

“Che ne dici di Lily?” mi propose.

“Si, mi piace”

Le risposi pensando che non era importante il nome, ma soltanto che ci fosse ancora lei lì con me.

2 Comments

  • Ingrid Delle Calze Ingrid Delle Calze ha detto:

    L’inizio di questo racconto è identico a ciò che ho vissuto io sin da bambino (vestivo calze e collant già a 10, 11 anni) ed anche il resto non si discosta di molto, vista la successiva complicità che ho trovato con mia moglie. Il racconto esprime molto bene le sensazioni provate da un crossdresser, lo trovo ben scritto ed argomentato.

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