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Trio

*DOMINA (2)**

By 6 Luglio 2006Dicembre 16th, 2019No Comments


-Max – miagolò Elektra-vieni qui, sii gentile-
Lui si alzò subito, vergognoso di obbedirle, ma un rifiuto era impensabile.
-Ti prego, spalmami un po’ di questa sui piedi-
-Sui piedi? –
La voce gli si strozzò in gola, perch&egrave quello era il primissimo invito a toccarla.
Ma sui piedi; sapeva benissimo quel che significava, pure non poteva farci nulla.
Lei si limitò ad allungargli il vasetto di crema protettiva e a stendergli sinuosamente di fronte al viso le gambe lunghissime.
Sedersi accanto a lei non poteva, non c’era posto.
Prese la crema e si inginocchiò davanti alla donna cui doveva rendere servigio.
Elektra, una Walchiria uscita da un’opera di Wagner, un’amazzone appena rientrata dal campo di battaglia, un cavaliere biondo dell’Ade.
Era grande, altissima, molto più impressionante che se fosse una statua, per Max la donna più bella che avesse mai incontrato.
E al cui fascino non sapeva e non voleva resistere.
Con mani tremanti le prese un piede.
E non erano solo le mani a tremare.
Tutto il suo corpo era scosso da una vibrazione interna che rendeva ogni particolare nitidissimo: succede che panico o eccitazione facciano vedere tutto con chiarezza cristallina.
Fra le mani mani aveva il corpo dei suoi sogni, che da tempo lo ossessionava.
Su quei piedi lavorò con riverenza, come se maneggiasse una reliquia, struggendosi per prolungare il momento.
La voce di Elektra si insinuò a un tratto nella sua mente:
-Max, ceniamo insieme questa sera?-
Le mani dell’uomo si immobilizzarono, incapaci di muoversi nel vortice di sensazioni che lo stava sopraffacendo.
-A casa tua, ma la cena deve essere per tre-
Lui annuì , chiedendosi confusamente chi sarebbe stato il terzo ospite; ebbe la sicurezza che la donna gli stesse tendendo una trappola, sapeva che cosa voleva da lui, ma non avrebbe potuto obiettare niente; qualunque fosse stata la sorpresa, avrebbe avuto lei, ne era sicuro, in un modo o nell’altro, a qualunque prezzo.
Ora riusciva solo a pensare a quel delta biondo tra le cosce della donna, che lo faceva sentire non più un essere umano pensante ma un enorme fallo le cui voglie dovevano essere soddisfatte.

Elektra, Daria, Max

Elektra camminava lentamente tra la lussureggiante vegetazione dell’immenso giardino in cui era immersa la villa di Daniel , inebriandosi dei profumi intensi che venivano dalla macchia mediterranea della costa sottostante mescolati a quelli oleosi e speziati degli ibiscus rosa e bianchi, oleandri, acacie, cipressi.
Daria, piccola e minuta, le camminava accanto, aspirando con intensità il profumo della sua compagna, muschiato, penetrante, che la stordiva.
La ragazza era ufficialmente la segretaria di Elektra, ma i suoi compiti andavano ben oltre: in verità ne era la schiava, pronta a ubbidire a ogni suo ordine, anche lei sensualmente soggiogata dalla bionda amazzone.
Naturalmente preferiva credere di esserne profondamente innamorata.
A Daria non erano mai piaciute le donne prima di incontrare Elektra; era sposata da tre anni e credeva di essere una donna soddisfatta.
Poi un giorno conobbe quella straordinaria femmina che le sorrise: era un sorriso complice, molto più profondo, interessante e interessato di quello che ci si poteva aspettare da un perfetto estraneo.
Allora provò una sensazione di calore, di pienezza , e una eccitante scintilla di energia sconosciuta iniziò a crepitare dapprima lentamente poi sempre più in fretta fra la sua pelle e lo slip di spizzo.
Se aveva un centro geografico nel suo corpo lo stava scoprendo allora.
Lasciò il marito e si trasferì da Elektra.
Così ora accompagnava la sua Dea nella villa di quell’uomo: sapeva che cosa lei aveva in mente, ma non capiva quale sarebbe stato il suo ruolo.
Non importava, pur di esserle utile.
Aprì la porta lo stesso padrone di casa, inondandole di musica: il Tannhauser di Wagner esplodeva violento nell’aria.
Sembrava nervoso e insieme sollevato.
Non disse una parola.
Elektra attraversò rapidamente la stanza e spense l’amplificatore.
-Wagner non ti piace?-
-Preferisco lo champagne-
Dopo il leggero’pop’ che fece la bottiglia di champagne rosé aprendosi, Max riempì tre calici ghiacciati e mentre li porgeva alle sue ospiti udì la voce imperiosa della sua ospite:
-Spogliati, Daria-
-Come!?! –
-Spogliati-
La donna bionda pronunciò queste parole sorridendo dolcemente e l’espressione serena del viso era in totale contrasto con la forza esplosiva dell’ordine appena impartito.
Guardò l’uomo, vide che inghiottiva nervosamente e seppe che l’aveva in pugno.
Infatti, occhi spalancati e mani tremanti, cercava di non far cadere la bottiglia.
Il labbro superiore era imperlato di sudore e il respiro affrettato.
Max guardò prima lei poi Daria.
Quest’ultima stava cercando di dare un senso a quell’ordine, poi capì .
Elektra aveva bisogno di lei, del suo aiuto e forse poi…
Le sue braccia si mossero lentamente, come serpenti al flauto dell’incantatore, verso i bottoni della camicetta ma senza distogliere gli occhi dal viso della donna di cui era succube, quasi a dirle:
-Non so che cosa stia succedendo, ma lo faccio solo per te-
Allora dal morbido lino bianco emersero i seni che Daria, con aria di sfida, puntò verso la coppia seduta di fronte a lei.
Documenti di resa estremamente amabili, essi parvero riempire la stanza.
Tra i pettorali tesissimi e i muscoli verticali dell’addome si ergevano stupendi, sfidando ogni forza di gravità.
Elektra le si avvicinò e fece scorrere pigramente un dito lungo il labbro superiore di Daria, poi lo spostò sulla propria bocca, senza smettere di guardarla negli occhi.
Bagnò il pollice e indice nello champagne rosato e gelato e li avvicinò ai seni della ragazza.
Rosa su rosa, freddo su caldo, prima da una parte poi dall’altra le intinse i capezzoli di champagne.
Poi le prese un seno in una mano e si abbassò lentamente, mentre la sua lingua andava ad assaporare il turgore caldo del capezzolo bagnato.
Daria in uno spasmo di desiderio si portò una mano prima sull’altro capezzolo, poi sulla cintura della gonna, gemendo.
La donna grande e bionda si allontanò e :
-Sì, tesoro, sì, sei così bella, togliti la gonna ‘le alitò addosso con voce rauca di desiderio.
Daria ubbidì, come una creatura di ghiaccio si stava sciogliendo al fuoco della lussuria.
-Vieni qui-
Lei obbedì e la donna posò una mano sulla pelle bollente della spalla nuda della ragazza obbligandola gentilmente ma con fermezza a inginocchiarsi davanti a lei.
Poi prese a sollevare lentamente la gonna e parve che anche le sue gambe si muovessero inesorabili verso l’alto.
Cosce lunghe e piene di promesse, racchiuse con fermezza da calze nere dalle quali traspariva la cremosità della pelle.
Elektra si rivelava a poco a poco e la consapevolezza di ciò che sarebbe accaduto sconvolgeva le menti delle sue due fin troppo facili vittime.
Non portava slip e i serici ciuffi di pelo biondo apparvero nel magico triangolo tra le cosce in tutto il loro splendore.
Daria si abbandonò senza ritegno:
-Ti prego- mormorò
-Mi desideri?-
e sollevò la gonna fino alla vita.
La ragazza gemette protendendosi famelica verso tutto quell’oro.
Ma lei indietreggiò un poco lasciando ricadere la gonna e si rivolse verso Max, che abbandonato sul divano, il respiro sibilante, rosso in viso, era evidentemente perso nella contemplazione della scena.
Quella donna stava trasformando in realtà le sue fantasie più recondite e sapeva di averlo in pugno.
Ci voleva il tocco finale, da grande regista.
-Guardala, Max, lei &egrave mia, farebbe qualunque cosa per me , ucciderebbe anche, se glielo chiedessi-
L’uomo annuì, stravolto.
-Daria- ordinò allora con voce imperiosa- lavoralo-
Daria si riscosse dal sogno e il suo viso non mutò espressione mentre si trascinava di fronte all’uomo; cominciò a sbottonargli i pantaloni.
Lui continuava a guardare fissamente Elektra, perch&egrave aveva capito che lei si sarebbe fatta toccare da lui solo se avesse ottenuto quello che voleva.
E ci stava arrivando, ormai l’uomo sapeva di essere in suo potere.
Daria lo prese in bocca e gli occhi di Max, appannati nel piacere, rimasero agganciati a quelli della donna bionda seduta al suo fianco che gli chiese, trionfante:
-Va bene, ti piace?-
Lui di rimando con voce roca:
-Come lo fai tu, puttana?-
Non ci fu risposta, ma probabilmente non l’avrebbe neppure udita perch&egrave tutto il suo essere era teso sull’orlo del crepaccio, verso il vento selvaggio dell’abbandono finale.
Ma non ci riuscì. Rimase lì sulla cima dello scoglio, incapace di proseguire e di indietreggiare.
Avrebbe voluto superare il confine ma quando ci provava pareva che un muro invisibile lo costringesse a retrocedere.
Allora sentì la sua risata, vide il suo viso sorridente, la sua Ossessione sapeva, poteva predire il suo attimo finale.
E a Lei avrebbe dovuto il suo piacere.
-Ti prego- mormorò ammettendolo.
-Va bene Max, vola- disse lei, ridendo.
Le sue parole aprirono la porta e l’uomo si precipitò dentro.
Venne con furia e il piacere che provò svuotandosi nella bocca di Daria fu tale da stravolgerlo per parecchi minuti, lasciandolo ansante, il cuore in gola.
-Vattene , ora- sibilò Elektra alla ragazza-verrò da te più tardi-
poi la attirò a s&egrave stingendola forte, mentre le infilava le dita nel sesso umido e caldo, quasi a tastare la sua eccitazione.
La ragazza si impalò su quella mano, il corpo un groviglio di desiderio insoddisfatto, ma la donna la allontanò, ordinandole di rivestirsi.
Rimasti soli, Max, allungato sul sofà, guardando quella formidabile walchiria che leccava a una ad una coscienziosamente le dita che erano state dentro Daria chiese con voce stanca:
-Allora, che cosa vuoi?-
-Quello che hai tu ora, il potere-
E iniziò lentamente ad aprire le cosce…

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