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Racconti EroticiSensazioniTrio

Il residence – Parte 1 – Bea

By 29 Febbraio 2024No Comments

Salve a tutti, questo è il mio primo racconto, immaginato e scritto di getto. Commenti e osservazioni sono benvenuti a ilcastellano(at)posteo.it. Buona lettura!

Le cinque di sera sono il momento della giornata che preferisco. Affacciato dalla terrazza del mio bungalow gusto una birra fresca ed osservo il movimento dei turisti sulla spiaggia del residence. Normalmente a quest’ora approfitto di una tregua nella giornata lavorativa per recarmi in sala fitness o praticare jogging, ma oggi voglio solo godermi la brezza e rilassarmi, senza pensieri che non siano ricordi.

Mi chiamo Franco, vado per i quaranta e da dieci anni sono responsabile dei servizi di ricevimento in alcuni residence in provincia di Sassari. Il gruppo per cui lavoro gestisce strutture turistiche in tutta l’area mediterranea, Sardegna quindi, ma anche Tunisia, Mar Egeo, Costa del Sol. Entrai in questo ramo quindici anni fa, dopo un diploma di tecnico dei servizi turistici conseguito all’istituto alberghiero e un bel po‘ di gavetta trascorsa in hotels di livello medio e medio/alto sparsi tra Lazio, Toscana, Svizzera e Costa Azzurra. Finalmente ottenni una offerta interessante da parte di uno dei maggiori gruppi del settore e mi trasferii a Milano. In questo periodo iniziale della mia nuova vita meneghina, complice un fine settimana sulla neve con un gruppo di colleghi, conobbi Chiara, allora specializzanda in medicina, che divenne presto la mia compagna fissa e successivamente mia moglie. Il nostro matrimonio ci ha portato due splendidi bambini. E‘ un quadretto di famiglia media perfetto, io ho già una discreta carriera alle spalle e Chiara è medico di base. A scostarci dai ritmi standard della maggior parte delle altre famiglie è però la routine estiva, che richiede durante l’alta stagione la mia presenza nei residence del gruppo per gestire i servizi di cui sono responsabili: dai servizi shuttle da e per l’aeroporto alle attività sportive, dal programma escursioni all’intrattenimento serale. In pratica da metà giugno a inizio settembre vivo lontano da mia moglie Chiara, la quale però mi raggiunge con i bambini per un paio di settimane insieme all’inizio della bassa stagione, quando dispongo di maggior tempo libero e posso dedicarmi meglio a loro. Ovviamente questa separazione dettata da motivi lavorativi ha avuto ed ha tuttora delle conseguenze sulla nostra vita di coppia.

Dieci anni, quindi. Dopo così tanto tempo, sono ormai pratico sia del lavoro che della regione. Posso dire di poter eseguire diverse mansioni ad occhi chiusi. Ho imparato a gestire lo stress, i clienti difficili e il personale svogliato o negligente. Ho costruito la mia rete personale di contatti, che tornano utili se devo fronteggiare un contrattempo. Attualmente gestisco i servizi tre villaggi ma risiedo ancora in quello in cui iniziai, che è anche di gran lunga il più grande e per il mio gruppo anche il più importante in quell’area. Il mio bungalow è diventato la mia seconda casa. Essendo riservato a me, ho potuto abbellirlo con tocchi di personalità. È concepito per ospitare una famiglia, pertanto dispone di una zona giorno e di una cucina al piano terra, e due camere più bagno a quello superiore. Nei periodi di punta la camera extra è a disposizione dei dipendenti di eventuali servizi di catering o tecnici, qualora occorresse. La terrazza offre una bella vista sulla baia, cui nel tardo pomeriggio amo indugiare con una bella birra fresca, come oggi.

Naturalmente non ho imparato il mestiere dall’oggi al domani. Nelle prime due stagioni, allora avevo poco meno di trent’anni, affiancai un collega più esperto. Si chiamava Manuele, ma per tutti era Manu. Era un uomo sulla cinquantina, senza alcuna formazione particolare. Tuttavia era del posto, la sua famiglia aveva un hotel ad Alghero e lui era cresciuto a pane e turismo. Sempre abbronzato, baffetti, stempiato e capelli bianchi, occhi azzurri ed uno sguardo ora imbronciato, ora penetrante. Lo stereotipo del latin lover, un po‘ Peter pan, un adolescente che non ha mai voluto crescere. Credo che si contino sulle dita di una mano le volte che ha lasciato la Sardegna, e non credo di averlo mai visto con qualcosa indosso diverso da polo, bermuda e borsa tracolla.
Ricordo sempre con piacere e divertimento Manu. Specialmente quando bevo. Mi aveva preso in simpatia, del resto io ero giovane e motivato, mostravo voglia di lavorare e di vedermi confermata posizione che il gruppo mi aveva offerto. Nelle loro intenzioni, infatti, io avrei dovuto subentrargli portando una maggiore professionalità e puntualità nei servizi offerti. Fin dai primi giorni nella nuova posizione avevo intuito perché ritenessero Manu non adatto a conseguire questi obiettivi, ma una sera ne ricevetti la conferma definitiva.

Era la sera del mio compleanno, che cade a fine giugno. Per me un giorno come un altro, al residence ero l’ultimo arrivato e non avevo nessuno con cui festeggiare. A parte Manu naturalmente, ma a modo suo.
Sentii bussare alla porta del bungalow.
– Sorpresaaa!
„Cristodio“, pensai. Era Manu. Visibilmente alticcio. Teneva una bottiglia di rosso aperta nella mano sinistra e un box di birre nella destra. Ed era in compagnia di una prostituta. Superato il primo istante di smarrimento, mi affrettai a farli entrare.
– Cristodio – esclamai – ma sei impazzito?
– E perché? E‘ il tuo compleanno… ed ho voluto farti una sorpresa!
– E me l’hai fatta si, me l’hai fatta! Prego… Sedetevi… – li feci accomodare sul divano della zona giorno. Manu per la verità vi ci sprofondò – vi ha visto qualcuno?
– Eh, ma per chi mi prendi, siamo passati per il sentierino sul retro! Claro! Non ci hanno beccato.
In effetti le loro scarpe erano sporche di polvere. Osservai la ragazza. Avrà potuto avere ventidue-ventitré anni, l’aspetto era meticcio, i capelli neri raccolti in un coda di cavallo che spuntava da un berretto da baseball. Lo sguardo leggermente smarrito, le labbra rosse e carnose, trucco esagerato che includeva brillantini sul contorno occhi. Indossava un pezzo unico di colore blu elettrico, le calze a rete rosse e le zeppe bianche. Tutto volgare, tutto appariscente.
– Lei è Bea… è brasiliana… Bea, lui è il mio amico Franco.

Bene, mi trovavo con un ubriaco e una prostituta in casa. Alla mia seconda settimana di servizio. Spero almeno non avessero droga con sé. Dovevo pensare a come uscirne.
La ragazza si presentò timidamente. Forse si era immaginata, o le era stato prospettato, un incontro di tipo diverso. Sembrava preoccupata di trovarsi a seguito di un ubriaco. Sicuramente temeva uno scatto di violenza. Escludevo ogni sciocchezza da parte di Manu per prima cosa dovevo cercarlo di renderlo inoffensivo. Così decisi di stare al gioco. Era già ubriaco, sicuramente si era scolato qualcosa prima di passare da me con Bea. Dovevo assestargli il colpo di grazia. Offrii ad entrambi del Prosecco che custodivo in frigo. Fui abile a mostrare di bere senza in realtà bere. Mentre io mi limitavo a bagnarmi le labbra, Manu trangugiava in un paio di sorsi l’intero calice. La mia tattica fu notata da Bea, che la imitò. Presto Manu perse le restanti inibizioni: cominciò a palpare le cosce e il seno di Bea, e mi invitò a fare altrettanto.
– Dai! Che sei, frocio?
Lo assecondai. Mi assestai sul bracciolo del divano in modo che Bea fosse in mezzo a noi. Posi con delicatezza una mano sulla coscia e mi avvicinai al suo collo. Come immaginavo, profumava troppo, e di deodorante economico. Ma era un bel collo, allorché lei inclinò la testa simulando disinvoltura percepii la vena pulsare e la baciai a stampo per poi farmi più audace. Chiusi gli occhi e cercai di ignorare i sospiri osceni del mio amico, occupato ad affondarle il viso tra i suoi floridi seni. Mi avvicinai al suo orecchio, lo baciai e le sussurrai di stare tranquilla.
Manu era nel frattempo diventato preda alla sua foia e voleva di più. Di scatto si alzò in piedi portandosi le mani alla patta, ma come era prevedibile dato il suo stato e lo spazio ristretto tra il divanetto ed il tavolino da soggiorno, perse l’equilibrio e si accasciò al pavimento, cercando invano di aggrapparsi ad una sedia vicino. Una volta al tappeto ebbe lo spirito di esclamare „uh… che vergogna… che vergogna…“ e ridere. Ormai era partito. Potevo passare alla fase due del mio piano.
Lo aiutammo ad adagiarsi sul divanetto. Emanava un alito terribile, misto di fumo di alcol. Continuava a ripetere „uh… che vergogna“. Gli parlai per calmarlo.
– Manu, mi sa che il tuo turno con Bea dovrà attendere. Non ti dispiace vero, se nel frattempo la sorpresa me la godo io, vero? Ora noi due andiamo di sopra, ci divertiamo un po‘ e poi continuiamo a divertirci insieme con te ok?
Dovetti ripetere un paio di volte la mia proposta, visto che Manu mi replicava solo che si vergognava e si sentiva un uomo di merda. Ma lentamente il suo delirio andò attenuandosi e finalmente annuì. Aveva capito. Feci cenno a Bea di prendere la sua borsa seguirmi di sopra.

Lasciai entrare Bea nella mia camera, mi volsi per chiudere la porta e rimasi un instante fermo con la mano sulla maniglia. Riflettevo. A sganciarmi dai miei pensieri fu Bea, che abbracciandomi da dietro portò una sua mano al petto e l’altra a massaggiarmi la patta. Scossi il capo e la feci staccare. Mi sedetti a bordo letto e le dissi di accomodarsi a fianco a me.
Non ho nulla contro le prostitute e non giudico i loro clienti. Magari in un futuro ricorrerò anche io al sesso mercenario. Ma, mettendo da parte ogni discorso morale, mi sembra un modo sciocco di spendere i propri soldi, anche se in questo caso il servizio era regalato. Inoltre, a quel tempo avevo ancora retaggi di idealismi giovanili che mi rendevano insopportabile l’idea di andare con una prostituta. Avrei pagato Bea, ma in cambio di un altro tipo di favore.
– Senti Bea, io ora ti devo portare via da qua. Manu ti già ha pagata?
Bea annui.
– Ottimo, allora ascolta… questi sono 50 EURO. In cambio, mi devi promettere che, se Manu te lo chiede, io e te abbiamo fatto, capisci? Che noi abbiamo scopato. Che ci siamo divertiti. Capisci?
– Si, capisco bene. Devo rispondere che tu mi hai scopata.
Fu la prima frase intera che pronunciò da inizio serata. Rimasi colpito dal suo italiano, basilare ma quasi senza accento.
– Esattamente, noi ci siamo divertiti in due. Su cosa abbiamo fatto, racconta quello che vuoi. Io sono rimasto soddisfatto ok? E poi ti ho riportata a casa. Lui è ubriaco perso e non può più fare nulla.
La menzogna di Bea mi era necessaria per garantirmi la simpatia di Manu. Non ero sicuro che avesse pagato Bea per me. Forse aveva usato la scusa di una sorpresa per il mio compleanno per ingaggiare una prostituta. In ogni caso, non volevo passare per quello che rifiuta un regalo. Pensai che Manu aveva corso dei rischi a portarsi Bea nel nostro residence e per di più a presentarla a me, ancora in definitiva solo uno sconosciuto e comunque niente più che un collega di lavoro.
Squadrai Bea. Mi resi conto che non potevo farla uscire così. La mia auto era al parcheggio centrale, ci avrebbero visti tutti ed avrebbero immaginato di me. Grazie a dio nella borsa aveva un ricambio: una maglietta bianca – sicuramente un prodotto tarocco con la firma di Armani – e un paio di ballerine. La invitai ad andare in bagno a struccarsi, sciogliersi i capelli e togliere le calze a rete rosse. Il pezzo unico blu era corto, ma non avrebbe destato scandalo. Con una maglietta a proteggere dalla brezza serale ed un paio di ballerine poteva sembrare una visitatrice del residence come tante altre.

Quando ebbe finito, Bea uscii dal bagno ed era… bella. Davvero bella. Senza traccia volgarità. I capelli le ricadevano sulle spalle, avevano volume. Al posto del cappellino dal baseball aveva sistemato un cerchietto. Il biancore delle pupille risaltava di più. Mi piaceva. Raccolse con un gesto risoluto la borsa in cui avevamo riposto le sue cose, incluse le zeppe ancora impolverate.
Scendemmo al piano terra cercando di non fare troppo rumore. Manu era steso sul divanetto in uno stato semi cosciente, se anche si fosse accorto di noi non ci avrebbe di certo rivolto attenzioni. „Aspetta“ dissi a Bea. In un angolo del salotto stava un orrido mega-stereo da spiaggia, per giunta malfunzionante, proprietà di qualcuno che mi aveva preceduto nelle stagioni passate e lo aveva lasciato qui. Lo raccolsi per portarlo con noi. „Andiamo“.
Usciti dal bungalow avvertii un sentimento di sollievo. Il più era fatto, sentivo di avere il controllo della situazione. Su buona parte del residence era calata la notte, c’era movimento solo al bar della spiaggia, frequentato a quest’ora principalmente dallo staff. Mi venne voglia di godermi una pausa. „Seguimi… adesso ti offro qualcosa da bere. Ho voglia di un bicchiere in santa pace“. Bea annuì e mi sorrise. Era una reazione sincera. Cristo, come era bella.
Al bar i più esuberanti tra gli animatori ci accolsero festanti, cocktail in mano. Non feci a tempo a presentarmi che avevano già preso sottobraccio Bea e coinvolta nel loro gruppo. Io mi avvicinai al bancone ed ordinai un whisky.
– Hai compagnia stasera? – chiese la barista accennando a Bea.
– Ah no. Solamente una ragazza cui sono riuscito a rifilare questo. – mostrai lo stereo. – Voleva accertarsi che funzionasse. Un regalo per una amica, dice. Mi ha raggiunto con l’ultimo bus… Ora la riporto a casa in macchina.-
Sorseggiai il whisky tenendo d’occhio Bea che sembrava essersi integrata subito nel piccolo gruppo. Due animatori mattacchioni erano prodighi nell’intrattenerla finendo per ridersi addosso. Mi sentii un guastafeste a porre la parola fine al loro incontro. Ma Manu avrebbe potuto risvegliarsi, piombare al bar e mettermi in difficoltà. Dissi che il giorno dopo dovevo lavorare e pertanto dovevo riportarla a casa. Lei capì al volo il sotteso al mio discorso, finì il suo drink in un sorso e mi seguii senza esitare.

In auto impostai il navigatore con l’indirizzo che mi aveva fornito. Il seguire le indicazioni del GPS le fornii ulteriore sicurezza e fiducia nei miei confronti. Cercai di imbastire conversazione.
– Parli bene italiano.
– Nel mio villaggio in Brasile ci sono tanti italiani del Veneto.
– Brava comunque. Vivi da molto qui?
– Da due anni. Prima stavo a Torino con un fidanzato italiano.
– Ti ha portata via lui dal Brasile?
– Si. A Torino lavoravo in discoteche o ristoranti. Poi lui si è stufato e non aveva lavoro. Ma io non volevo tornare in Brasile.
– Perché non vuoi tornare in Brasile?
– Perché farei lo stesso lavoro che qui ma i clienti brasiliani a volte sono pericolosi. In Italia non c’è violenza. Il tuo amico è ubriaco ed io avevo un po’ paura. Ma in Brasile di più.
– Ma a parte questo cosa sai fare? Intendo come lavoro.
– In Brasile dovevo essere maestra. Ma con il sesso si guadagna di più. La mia famiglia aveva bisogno di soldi. Ho cominciato lì.
– Capisco. Conosci Manu?
– No, questa sera era la prima volta. Ma credo che lui è buono, anche se beve.
Fece una risatina. Poi una pausa.
– Tu invece sei sicuramente buono. Grazie per il drink. E lo stereo.
– Figurati. Lo stereo buttalo pure via. Non sono nemmeno sicuro che funzioni.
Arrivammo all’indirizzo che mi aveva dato. Il parcheggio di un supermercato a ridosso di una zona residenziale di Alghero. Evidentemente si fidava di me, ma non abbastanza da darmi il suo recapito esatto. Rimasi con la cintura allacciata mentre mi accomiatai.
– Sicura di non volere essere portata fino a casa?
– Sicura. Grazie.
– Senti… – estrassi dalla cappelliera dell’auto un pacchetto con i miei biglietti da visita – se cerchi un lavoro diverso da quello che fai… contattami. Nei picchi di alta stagione cerchiamo sempre personale. Qualcuno che si ammala, o che se ne va… Per lavori semplici eh… Poi da cosa nasce cosa. Hai il mio numero, pensaci.
Bea prese il bigliettino, lo osservo e ringraziò. Poi, con un movimento felino, si allungò verso di me e mi diede un bacio a stampo sulla bocca. Mi sorprese e si risistemò sul sedile, lanciandomi una occhiata tra il malizioso ed il divertita. Mi feci avanti, appoggiai le mie labbra sulle sue a cercare un bacio più lungo e profondo. Accettò da subito il mio invito e le nostre lingue si trovarono ad intrecciarsi e cercarsi. Non credo di tradissi Chiara in quel momento. Da parte di Bea era un bacio di riconoscenza, per me un modo per sciogliere definitivamente la tensione di quella serata così diversa, movimentata. Peraltro, era estremamente piacevole. Ci staccammo per sorriderci a vicenda, poi un altro bacio più leggero. Infine, Bea mi salutò e usci dalla mia vettura. La seguii con lo sguardo finché non imboccò un sentiero pedonale verso la zona residenziale, e tornai al residence.

Nel frattempo Manu se ne era andato. Evidentemente era riuscito a raggiungere la sua stanza sulle proprie gambe. Mi feci una doccia. Mi sentivo compiaciuto ed appagato da come avevo fronteggiato la serie di imprevisti che la serata mi aveva riservato. Sentivo anche che ero eccitato. Pensavo a Chiara, e a Bea. A Chiara e Bea insieme.
Nudo, mi stesi sul mio letto. Accarezzai il mio membro già semi eretto. Quando mi masturbavo, preferivo farlo così, nudo e libero, avvolto dalle mie lenzuola. Non riuscivo altrimenti ad eccitarmi rubando momenti di piacere a una pausa in bagno.
Io e Chiara avevamo avuto finora una vita sessuale abbastanza vivace. I figli erano allora solo in cantiere. Chiara era una donna normale, ben proporzionata per il suo metro e sessantacinque, capelli biondi che al tempo portava lisci e ben si adattavano al suo viso e al suo delizioso mento. Viveva il sesso con una certa apertura e inibizione, ma senza nemmeno dargli un ruolo centrale nel rapporto. La sua formazione scientifica la spingeva a considerare il sesso come un bisogno da soddisfare, al pari della fame, della sete. Non dava giudizi su nessuna pratica e non caricava la vita tra le lenzuola di significati romantici.
Mentre accarezzavo il mio membro, partii immediatamente un inedito film mentale. Immaginai Chiara, mia moglie, nel nostro appartamento, a Milano. Sta preparando delle tartine per un incontro. Indossa jeans attillati dal colore blu slavato e camicetta bianca, con gancetti al posto dei bottoni, a strisce verticali azzurrine. Sotto, un normale intimo bianco. Suonano alla porta. E‘ Bea.
– Finalmente.
– Scusa per il ritardo.
– Sai che mi infastidisce. Entra.
– I colloqui con i genitori durano spesso più del previsto.
– Se lo sai devi provvedere in anticipo, non ti pare?
– Si.
Bea abbassa gli occhi. Anche lei indossa jeans. La camicetta è rossa, ai piedi due ballerine beige. I capelli sono sciolti. Porta un trucco leggero.
– Entrai dai. Stavolta passa ma spero non si ripeti.
Bea segue mia moglie in cucina. Attende istruzioni. Chiara finisce di preparare le tartine e non degna Bea di uno solo sguardo.
– Allora te la senti?
– Si.
– Hai bevuto?
– Si.
– Hai bevuto abbastanza?
– Credo di si…
– Tieni…
Con tono spazientito mia moglie porge a Bea un bicchiere di acqua. Un brindisi analcolico.
– Puoi andare in bagno. Li trovi le tue cose. Fatti la doccia e cerca di sbrigarti, potrebbe essere qui a momenti.
Mentre si sta dirigendo in bagno, Bea si sente trattenuta da Chiara. „Aspetta “. Improvvisamente il tono di moglie da duro si fa dolce. Accenna un sorriso. Spinge Bea verso lo stipite della porta. „Mi sei mancata“„Anche tu“. Un bacio tra le due amanti. Bea appoggia le braccia sulle spalle di mia moglie. E‘ più alta ed esile di lei. Il bacio prosegue, profondo, dolce. Poi mia moglie lo interrompe con la voce rotta dall’emozione „vai a prepararti adesso cara… sono felice tu sia di nuovo qui “.
L’immagine seguente mi vede steso sul letto, nudo. Chiara ha provveduto a me e a Bea. Entrambi abbiamo i polsi legati. Bea dietro la schiena. Io alla spalliera del letto. Bea si sta impalando sul mio membro eretto. Indossa una sottoveste in pizzo rosa e ha gli occhi bendati. A dettarle il ritmo è mia moglie Chiara. E‘ lei che definisce intensità e la profondità della penetrazione, con l’obiettivo di farmi durare il più possibile. A Bea è concesso di sospirare, gemere, esprimere sconcezze. Anzi, viene incoraggiata a farlo. Anche mia moglie si è spogliata ed è rimasta in intimo bianco. Mentre passeggia attorno al letto per coordinare il nostro amplesso osservo i muscoli delle sue gambe, non esili, ma forti. Ha sempre amato lo sci. Sul pavimento i flûte vuoti e le briciole delle tartine.
„Mi sono rotta, ne voglio un po‘ anche io. Vedervi si sta facendo noioso.“ Mia moglie si denuda completamente e libera le mie braccia. Si adagia sul mio viso. So cosa vuole. Le allargo le natiche ed iniziamo un favoloso face-sitting anale, una delle mie passioni. Subito si sente presa dalla libidine che la mia lingua umida dona alle sue intimità. Sospira ad occhi chiusi, sempre più affannosamente. Mi sento e voglio essere uno strumento. Con Chiara impegnata con me, Bea è libera di regolare autonomamente la penetrazione e lo fa ondeggiando il bacino con grande maestria. Mia moglie si sporge leggermente verso di lei, che a causa del bendaggio sugli occhi non può vederci ma di sicuro ha intuito la nostra occupazione. Le accarezza il viso ed il mento, la conduce a sé e la bacia con tenerezza. Immagino le sue gote rosse, in fiamme. Le due donne si scambiano baci passionali e parole di amore saffico. E‘ una delizia ascoltarle. Comincio anche io a dare colpi con il bacino in modo da affondare maggiormente il mio membro in Bea. Sono al punto limite e anche lei lo è. Mia moglie lo sente. Smette di baciare la sua amante e resta ad abbracciarla ed incitarla, guancia e guancia. Il viso di Bea si tramuta in una smorfia di piacere.
– Vengo…
– Si… vieni… dai…
– Vengo mia padrona…
– Si amore… liberati… liberati… rilassati… Cosí… Bravissima…
Sento Bea rantolare. Poi venire, rumorosamente. Seguita subito dopo dal resto. Tace e resta immobile mentre si libera. Sembra prendere fiato, rilassandosi. Occhi chiusi, dall’imbarazzo, dalla vergogna ma anche dalla voglia. Un sorriso accennato, liberatorio. Un primo getto. Sento il suo calore avvolgermi, passare dalla base del membro, alle gambe e infine alle natiche. Brucia un po‘. Bea riprende fiato. Arriva un secondo getto. E‘ bellissimo, mi sento di ricevere un dono intimo e speciale. Caldissimo. Anche l’odore non è così spiacevole. Non percepisco nulla di perverso. Una volta finito, Bea scoppia in una mezza risata isterica, abbracciata da mia moglie, che intanto si è staccata per abbracciare e gratificare la propria partner, con baci e parole dolce. „Brava Bea… Brava“.

Vissi in modo molto intenso questa fantasia, che la mia mente perversa aveva disegnato. Mi ripresi che ero bagnato, dovevo docciarmi di nuovo. Nell’addormentarmi, quella sera, pensai che forse avrei dovuto parlare con mia moglie su come affrontare questo periodo di distanza forzata dal punto di vista sessuale. Come affrontarlo insieme.

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