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Trio

Professoressa del cuore

By 14 Ottobre 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

C’&egrave Silvia che corre su per le scale dell’hotel urlando che &egrave inseguita dai mostri e poi c’&egrave Vania che sobbalza dal letto e si precipita a nascondere lo spinello che stava rollando tra le pieghe delle lenzuola.
Vania non li poteva neanche accompagnare in gita gli studenti, perché non sarebbe una vera e propria insegnante: &egrave ancora in prova, al secondo mese di tirocinio su sei; ma da quando &egrave arrivata nella classe solo poche settimane prima, si &egrave già ritagliata uno spazione nel cuore di tutti quanti, ragazzi e ragazze.
Vania ha ventisei anni, e per pagarsi le spese universitarie aveva lavorato in diversi locali del posto come barista; ottenuta la cattedra, aveva scoperto che molti dei suoi studenti li aveva già conosciuti come clienti dei bar in cui lavorava.
Questo era un bene, perché una cameriera &egrave sempre trattata meglio rispetto ad un’insegnante alle prime armi.
E poi era bella, bellissima, una figa della madonna. I ragazzi volevano averla a tutti i costi in gita convinti che, da soli o in gruppo, sarebbero riusciti a trombarsela; le ragazze la volevano perché sembrava una tipa divertente con cui uscire la sera, per farsi accompagnare a fare compere o in qualche discoteca.

Silvia inizia a battere in maniera forsennata contro la porta gridando : “Signorina Stangoni apra la porta per favore!”
Silvia ha il tono di voce di una che sta per essere stuprata, e quando Vania apre la porta vede che anche la faccia &egrave quella di una che sta per essere stuprata, e anche la gonnellina che indossa &egrave quella di una ragazza che rischia seriamente di essere stuprata.
La vita di Silvia del resto &egrave quella di una ragazza pericolosamente sull’orlo di subire uno stupro; la classica ragazza tutta casa e chies, insegnante di catechismo, cocca di nonna, migliore della classe, figa di legno che, arrivata in quarta superiore, decide improvvisamente che &egrave tempo di far andare le cosce e aprire le gambe.
E quale migliore occasione della gita, pensa una come Silvia.
Le ragazze come Silvia però non sanno che quando la si vuole dare via tutta insieme dopo anni di castità impenitente, c’&egrave il rischio di prenderlo tutto insieme, compresi gli arretrati.
Il professor Verga osservava da lontano, con un sorriso ebete sulla faccia, gli occhiali storti, la cravata sciolta e le maniche della camicia arrotolate fin sopra i gomiti. Ma c’era una valida giustificazione se il più rispettato professore della scuola si trovava in quelle condizioni: era completamente ubriaco.
Del resto il professor Verga era un rinomato bevitore ed estimatore di liquori, e lì era proprio nella città adatta a mettere alla prova la sua leggendaria resistenza all’alcol.
“Mi faccia entrare, la prego. Il professo Verga &egrave… impazzito”
Vania lo guardò e lo vide sorridere in un misto tra Jim Carrey e un film dell’orrore. Si, in effetti tanto bene non stava.
Diceva in continuazione il nome Silvia, biascicandolo e prolungandolo come un fantasma che decide di tormentare una bella ragazza che non gliela da.
“Che &egrave successo professore?” chiese Vania, sporgendosi dalla porta ma senza mettere piede in corridoio. Indossava già la vestaglia, aveva intenzione di fumarsi lo spinello e poi crollare sul letto a dormire e viaggiare beata.
“Silvia deve darmi…”
“Abbiamo fatto una scommessa” disse Silvia in tono di giustificazione
“…il suo culetto”
A quella parola Silvia fece un gemito e schizzò all’interno della stanza; vedendola, il professore partì di scatto urlando con faccia cattiva.
Vania si parò tra lui e l’accesso alla camera, costringendolo a fermarsi.
“Che succede professore? Non starà molestando sessualmente una studentessa spero.” chiese Vania con tono severo.
“Abbiamo fatto una scommessa” cominciò a spiegare il professore, con un ghigno satanico e la bava alla bocca. “Guarda qui, guarda”
Tirò fuori dalla tasca il cellulare, quasi lo fece cadere e fece partire un video che sembrava registrato di recente, dato che era già ubriaco.

Il video, girato con la telecamera frontale a mò di selfie, ritraeva il professor Verga e Silvia al bancone del bar dell’hote. Silvia aveva davanti una coca cola mentre il professore tra calici di vino vuoti e una birra in mano. Nel video il professore cercava di spiegare i termini di una scommessa, ma tra parole impastate e frasi vaghe e fuori tema, il tutto era incomprensibile. Cosi a un certo punto era intervenuta Silvia che aveva preso il cellulare dalle mani dell’insegnante iniziando a spiegare: “il qui presente professor Verga dice di avere un pene lungo 28 centimetri. Io sccommetto il mio culetto che non &egrave vero, e se non lo &egrave il professore dovrà darmi la media dell’otto per questo semestre!”

Visto il video, Vania disse: “Beh? Quindi?”
“Quindi cosa?”
“Non hai intenzione di darle la media dell’otto?”
“Guarda che la scommessa l’ha persa. PERSA!”
Vania sembrò confusa: “Scusa, ma la scommessa non era…” poi parve realizzare la cosa e la sua espressione scambiò in un misto tra sorpresa, sgomento, paura, curiosità e infine una risata strozzata.
“Ventotto?” chiese, rispettosa.
“Non uno di più e non uno di meno. La ragazza ha verificato.”
“E’ vero questo Silvia?” chiese Vania girandosi a guardare la sua studentessa, che arrossì.
“Non ero seria. E non posso fare anale, sono cattolica!”
“E’ solo una studentessa” disse Vania, cercando di ispirare pietà nel professore. “E’ così giovane, timida e inesperta. Hai idea di che umiliazione sarebbe per lei prenderlo in culo? Griderebbe e piangerebbe, sarebbe…”
“Basta, fammi entrare, voglio scoparla in culo ADESSO!!!” disse il professore e si gettò dentro, Silvia urlò e istintivamente si fece scudo con il lenzuolo del letto di Vania, facendo cadere lo spinello che la professoressa si stava rollando sul pavimento.
Calò un lungo silenzio tra i tre.

“Facciamo così” disse allora Vania, raccogliendo la mista da terra e riponendola con cura all’interno di un sacchettino che aveva estratto dal taschino della camicia da notte.
“Te lo dico io cosa facciamo” disse il professore. “Io stasera non ho visto niente. Non farò al preside una soffiata che ti farebbe perdere non solo il tuo posto di lavoro qui, ma anche la possibilità di poter lavorare mai più in una scuola pubblica. Chiuderò un occhio se tu prenderai il posto di Silvia.”
“Eh?” disse Silvia. Sembrava delusa.
“Perché io, scusi?” chiese Vania, sbigottita.
“Perché sei figa” disse il professor Verga, e sembrava quasi che si fosse tolto dallo stomaco un peso che aveva da parecchio tempo. “E hai un bel culone grosso, di quelli che quando li scopi fanno un bel rumore.”
“Io non faccio sesso anale”
“Non sei ebrea?”
“Non tutte le ragazze ebree lo fanno!”
“Basta così. Silvia, sei tu che devi prenderlo in culo, non pensare di scaricare la tua scommessa su di me.”
“Per favore professoressa!” cominciò a piagnucolare la studentessa. “Se lo fa lei al posto mio prometto che…. prometto che…”
“Potresti leccarla” propose il professor Verga, leccandosi i baffi all’idea.
“Non se ne parla neanche” dissero Silvia e Vania all’unisono, e poi si guardarono storto.
Cos’&egrave ti fa schifo leccarmi? diceva lo sguardo di Vania.
Cos’&egrave ti fa schifo essere leccata da me? diceva lo sguardo di Silvia.
“Va bene, non importa. Sei una studentessa della mia classe e quindi sei sotto la mia responsabilità. Se un insegnante ti vuole fottere il culo &egrave giusto che ti aiuti’ disse l’insegnante all’alunna. Poi, rivolgendosi con tono solenne al collega: ‘Professor Verga, le offro il mio sedere in cambio di quello di Silvia. La prego di accettarlo.’
Colto da una crisi di arrapamento, il professor Verga iniziò a perdere letteralmente bava dalla bocca; afferrò la signorina Vania per il collo costringendola ad indietreggiare lentamente sui suoi passi; si chiuse la porta alle spalle con un calcio e una volta arrivato al letto, vi scagliò sopra la giovane insegnante. Nel giro di tre secondi, si sarebbe sentito un urlo spaventoso riecheggiare per tutto l’hotel.

‘Ma insomma, cos’&egrave questo baccano?’ disse un anziano avventore dell’albergo.
‘Te l’avevo detto caro. Ci hanno fatto pagare così poco perché c’era una gita scolastica, lo sai che questi ragazzi fanno casino tutta la notte.’ gli spiegò pazientemente la moglie con voce stanca e assonnata.
‘Beh, gita o non gita adesso vado a dare un calcio nel culo a qualche ragazzino. E questi gemiti? Ma staranno mica scopando nella stanza di fianco?’
L’anziano signore si vestì di corsa e andò a vedere cosa stava succedendo.

Il primo urlo Vania lo aveva lanciato quando il professor Verga si era tolto i pantaloni. Ventotto centimetri di pene non dicevano niente finché non li vedevi effettivamente con i tuoi occhi, a dieci centimetri di distanza dalla tua faccia.
Il secondo urlo lo aveva lanciato quando lui l’aveva afferrata per le cosce e l’aveva girata a culo un su, sollevandole la camicia da notte, rivelando che sotto non portava niente.
‘Oh troia mia, non hai idea di cosa sto per farti!’
Il terzo urlo era stato nel momento in cui i primi dieci centimetri di cazzo erano entrati di prepotenza tra le sue chiappe, a secco e senza preavviso. Poi c’era stato un po’ di attrito ma il professore spingeva forte incurante delle grida di pietà della giovane collega, che scalciava e si aggrappava alle lenzuola alla disperata ricerca di una via di fuga da quell’inferno di dolore.
Il professore si ritrasse lentamente da lei, dandole un attimo di sollievo, poi entrò ancora più forte e stavolta erano quindici i centimetri di cazzo dentro di lei e l’urlo fu talmente straziante che Silvia si dovette coprire le orecchie con le mani, ma per qualche ragione senza distogliere lo sguardo.
‘Sei quasi pronta. Ancora un colpo.’ le disse il professore, e di nuovo uscì lentamente da lei, permettendole di tirare un respiro con cui dire poche parole: ‘No la prego, mi scopi in bocca piuttost…ooooooohhhhh!!!’
E stavolta era dentro del tutto. Il professore guardò Silvia e le fece l’occhiolino: ‘Guarda e osserva cosa ti stai perdendo, troietta. Se cambi idea devi solo dirmelo, sono pronto a dare questo trattamento anche a te.’
‘Professoressa, coraggio, &egrave finita’ disse Silvia, allungandosi a prendere la mano di Vania e sorridendole.
‘Sbagliato’ disse il professor Verga, afferrando Vania per i capelli e strappandole un grido che in confronto a quelli di prima sembrava solo il miagolio di una gattina. ‘Questi erano i preliminari, adesso inizia la scopata!’
E aggrappandosi forte ai suoi capelli, iniziò a pompare i ventotto centimetri dentro e fuori dal suo povero culo martoriato, a velocità folle; gli occhi di Vania si rivoltarono all’indietro mentre da in mezzo alle sue gambe colava acqua a fiumi.
La porta si aprì e ne entrò un vecchietto tutto incazzato: ‘Allora, si può sapere cosa state…’
‘SCOPAMI! SCOPAMI IL CULO, CAZZO!’ gridò Vania in preda all’orgasmo più totale, e il vecchio si chiuse la porta alle spalle e scappò a gambe levate.
Il professore uscì da lei, e sempre tenendola ben salda per i capelli la costrinse in ginocchio; lei aprì la bocca, con gli occhi sbarellati, cercando alla cerca di addentare i suoi 28 centimetri.
‘Silvia, inginocchiati vicino alla tua professoressa’ disse il professor Verga, iniziando a menarselo sul viso ansimante e stralunato di Vania.
‘Basta, poverina, non le faccia anche questo!’
‘Ma a lei piace, vero Vania?’
‘Mi piace la sborra in faccia’ confermò Vania.
Il professore ebbe un sussulto: ‘Sono sul punto di scoppiare. Se vieni qui adesso ti darò la media dell’otto che volevi. Devi solo farti sborrare in faccia… oh cristo!’
Il pensiero di vedere la faccia da brava catechista di Silvia ricoperta di sperma accellerò le cose; dal cazzo del professor Verga partì un getto di sperma caldo che scavalcò il viso di Vania, superò il letto e andò a colpire le scarpe di Silvia seduta sul davanzale della finestra. La ragazza si ritrasse spaventata come se avesse visto un topolino correrle tra i piedi. Gli schizzi successivi furono altrettanto abbondanti ma più mirati, e andarono a ricoprire il volto e i capelli di Vania, tre lunghi filamenti che andavano da fronte a mento più una bella collanina di perle sul collo.
‘Oh mio dio… professore!’ lo ringraziò lei, carezzandogli il cazzo in via di ammosciamento come fosse un cagnolino.
‘Domani non sarai in grado di camminare’ la avvertì lui.
‘Allora rimarrò in albergo. Lei mi terrà compagnia?’
‘Ho tanti culi da scopare. Mettiti in coda, troia.’ disse lui sprezzante, tirandosi su i pantaloni e uscendo fischiettando dalla stanza.
Vania lo guardò sbigottita: ‘Cosa? No… ti prego, scopami anche domani! Lo voglio!!!’
Ma lui si chiuse la porta alle spalle lasciandola lì a bramare i suoi ventotto centimetri.
Silvia le si avvicinò timidamente e la carezzò sui capelli, stando bene attenta a non toccare lo sperma che la ricopriva a chiazze.
‘Lasciami in pace, tu. Vai via’ le disse Vania.
Silvia si chinò e le sorrise: ‘Professoressa?’
Vania la guardò, e aveva gli occhi colmi di lacrime.
Silvia la baciò sulla guancia. ‘Grazie per quello che ha fatto per me’
Detto questo, uscì e tornò nella sua stanza.
Vania avrebbe voluto avvertirla che con quel bacio un po’ di sperma le era finito nell’angolo della bocca.

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