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Trio

Quella gran puttana della moglie del mio collega.

By 1 Gennaio 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

Mi chiamo Lindo e lavoro in un’azienda pubblicitaria. Sono in ufficio tutto il giorno, davanti al computer e quando rientro a casa sono solo come un cane. Ho trentacinque anni e non mi sono mai sposato, anche se ho avuto molte amanti. In ufficio l’unica persona con cui vado d’accordo è Piero, un collega della mia stessa età che è tutto il mio opposto. è sposato e ha due bambini. La moglie si chiama Laura, e a quel che mi racconta dev’essere una gran maiala. Pare che si sono conosciuti su una spiaggia per nudisti; già da questo si capisce molto. Ho visto anche una sua foto, che Paolo tiene incorniciata sulla sua scrivania. Una donna bellissima, con i capelli scuri e un paio di tette belle grosse. Un giorno ero a pranzo con Piero, a lui piaceva molto parlarmi della moglie e delle porcherie che facevano insieme.
‘Ultimamente mi ha raccontato una sua fantasia’ mi disse. ‘Ma tu pensa quant’è maiala! Mi ha detto che le piacerebbe essere scopata da un ladro mascherato che si intrufola in casa nostra’.
‘E che ci vuole?’ gli chiesi bevendo un bicchiere di vino. ‘Mettiti un passamontagna e entra di soprassalto in casa tua. La prendi per i capelli e la sbatti sul divano. Poi sai cosa fare’.
‘No, no. Che sfizio c’è?’ rispose. ‘Riconoscerebbe il mio cazzo. Servirebbe qualcuno che non conosce. Ma prendere un avanzo di galera non mi fido’.
‘E allora cosa vuoi?’ iniziavo ad intuire a dove volesse arrivare, e mi resi conto davvero con chi avevo a che fare, cioè capii che Piero e Laura erano una coppia molto libidinosa con tanta voglia di giocare.
‘Lindo solo di te mi posso fidare. Vuoi sbatterti mia moglie?’.
Sbattermi la moglie di Piero era sempre stato uno dei miei sogni proibiti da quando avevo visto la foto. Ma mi sembrava una tale follia che feci un’espressione di stupore.
‘Grazie Lindo, sei un amico! Vieni stasera da noi, mando i bambini dai nonni. Mi fai uno squillo sul telefonino e io apro la porta. Fai finta di picchiarmi e mi leghi da qualche parte, così che posso guardare tutta la scena. E poi ti sbatti la mia Laura’.
Il mio arnese si indurì solo al pensiero. Quel pomeriggio quando uscimmo dal lavoro andai a comprare un passamontagna e una pistola finta. Poi passai da casa mia e indossai dei vestiti scuri e un giubbotto di pelle. Intanto a casa di Piero tutto sembrava tranquillo; i bambini dai nonni, Piero che leggeva un libro e Laura vestita solo di una camicetta da notte di satin e sotto della lingerie bianca con calze bianche autoreggenti. Da vera sgualdrina quale era sempre stata insomma. Feci uno squillo a Piero che mi venne ad aprire la porta.
‘Ciao Lindo. Sei fantastico vestito così. Laura è di là. E ti avverto che se vuoi sborrarle dentro puoi farlo, tanto usa la pillola’ bisbigliò. ‘Allora, prendimi per un braccio e spingimi nel salone’.
Feci come diceva, gli presi un braccio e gli puntai la pistola finta alla testa, lo spinsi nel salone e sul viso di Laura comparve un’espressione di paura che mi eccitò maggiormente. Vederla vestita in quel modo mi faceva scoppiare il cazzo nei pantaloni.
‘Stai ferma tu, puttana!’ abbaiai a Laura che tentò di mettersi in piedi.
‘Amore fai quello che dice. è armato!’ aggiunse Piero.
Legai le mani di Piero dietro la schiena e lo spinsi sulla poltrona del salone.
‘Ma cosa vuoi da noi, bastardo?’ urlò Laura.
‘Zitta maiala!’ urlai, e andai verso di lei prendendola per i capelli. La sua espressione di sofferenza mi eccitava da impazzire. Mi sbottonai i pantaloni facendo venire fuori il mio arnese mostruosamente eretto, puntandoglielo davanti alla faccia. Lei lo guardò con ardore e paura allo stesso tempo.
‘No!’ protestò Piero. ‘Non farle del male, ti prego!’.
‘Succhia troia! Succhia, sennò è peggio per te’ le puntai la pistola alla testa e Laura iniziò ad eccitarsi e avvicinò la bocca al mio glande. Con le labbra accarezzò la punta e poi lo accolse dentro. Che bocca fantastica che aveva! Mi fece sentire in paradiso. ‘Che puttana che sei!’ le dissi continuando a tenerla per i capelli. Lei prese il mio cazzo con un mano, tenendolo alla base poi avvicinò la bocca alla punta e mi baciò dolcemente il glande, dischiuse lentamente le labbra e fece sparire tutta la cappella dentro, fece roteare la lingua attorno un paio di volte, iniziò a massaggiarmi il glande con la lingua, poi fece uscire il pene dalla sua bocca e alzò gli occhi verso di me.
‘Che zoccola che sei. E tu guarda tua moglie come mi spompina’ dissi rivolto a Piero.
‘Ti prego non farci del male’ mi implorò Laura.
‘Dipende da come ti comporterai. Forza, prendilo di nuovo in bocca’.
Laura iniziò a baciarmi il cazzo lungo tutta l’asta partendo dall’alto fino ad arrivare ai testicoli. La sua saliva lubrificava e ricopriva tutto il pene e aiutava la sua mano che iniziò a masturbarmi dolcemente. Con la lingua mi accarezzava le palle mentre la sua mano smanettava il mio arnese. Sentivo le vene del mio pene ingrossarsi più del solito, quasi come se stesse scoppiando. Circondò di nuovo la cappella con le labbra e questa volta spinse il pene dentro la sua bocca fino a metà asta. Piero intanto se ne stava sul divano a guardare la scena, e aveva abbandonato ormai il ruolo di vittima, mostrando chiari segni di eccitamento.
‘Sto per sborrarti in faccia’ le dissi mentre sentivo che stavo per raggiungere l’orgasmo. Sentivo già lo sperma fare il suo percorso lungo l’asta, feci uscire il cazzo dalla bocca di Laura e gli puntai il glande contro il viso. Tre schizzi lunghi e densi si posarono sul suo viso, sulla sua bocca e in parte sui suoi capelli. Vidi con mio sommo sbigottimento che il mio cazzo non dava cenni di acquietarsi dopo aver sborrato. Continuava a rimanere duro; avevo ancora voglia della moglie di Piero.
‘Oddio che sborrata’ dissi mentre continuavo a smanettarmi davanti al viso di Laura. ‘Non credere che sia finita qui, vacca! Adesso mettiti a quattro zampe che voglio scoparti come si deve’.
Tenendola sempre per i capelli la feci mettere a gattoni sul divano con il culo rivolto verso l’alto. Le toccai le mutandine bianche all’altezza della passera, ed erano completamente bagnate. Si eccitava la troia. Gliele abbassai togliendogliele, e liberando quella sua bella passerona umida e pelosa. Non seppi resistere mi alzai il passamontagna di poco, quanto passava per far venire fuori la mia bocca che avvicinai a quella patata così calda e profumata. Gliela leccai intensamente, e quasi non potevo più smettere. Lei mugolava di piacere, mentre io sentivo sulla mia bocca quel sapore caldo e denso che non avevo mai sentito in nessun’altra donna. Succhiavo e mi piaceva ingoiarlo. Poi le colpii una natica con uno schiaffo e lei con un sussulto si fece più avanti. Mi rialzai rimettendomi il passamontagna a posto e la ripresi per i capelli.
‘Vieni sgualdrina, adesso ti scopo’ poi puntai la pistola finta verso Piero. ‘E tu seguici e non fare scherzi. Vieni a vedere come me la scopo la tua mogliettina’.
Tenendola per i capelli la portai in camera da letto e le tolsi la camicetta da notte di satin quasi con violenza. Le sue grandi tette saltarono fuori, morbide e invitanti. Bellissime, con due aureole larghe che ti veniva voglia di baciargliele per tutto il tempo.
‘Madonna che tette! Che ti dava da mangiare tua mamma, eh? Puttana!’ la feci stendere sul letto e mi tolsi i pantaloni e le mutande. Salii sul letto anche io, mettendomi sul corpo di Laura. Piero ci guardava con i polsi legati, seduto su una sedia. Indirizzai il mio arnese verso la passera di Laura, che intanto teneva le cosce ben aperte come se non aspettasse altro. Le accarezzai le labbra con la punta del glande e poi le entrai dentro. Aveva la passera talmente bagnata che non fu un problema a entrarle dentro fino alla base dell’asta. Il mio cazzo entrò in un intenso stato di piacere in quel corpo umido e bollente. Me la scopai con una gran foga, e lei mi guardava dritto negli occhi con i suoi bellissimi occhi scuri, e mi teneva i fianchi con le mani. C’era una sorta di complicità. Il mio bacino si muoveva avanti e indietro in modo frenetico e il cazzo entrava e usciva fuori da quelle labbra aiutato dai suoi abbondanti liquidi.
‘Oddio quant’è grosso’ mi sussurrò. ‘Dai, non ti fermare che mi stai scopando da dio!’.
Laura mi eccitava da impazzire. Mai vista donna più focosa, e sentivo le sue mani che mi accarezzavano i fianchi e la schiena, e le sue unghie con lo smalto rosso che quasi si conficcavano nella mia pelle. I suoi mugolli di piacere mi eccitavano ancora di più; erano mugolii delicati, quasi come se non volesse mostrarsi eccitata davanti al marito di quello che stava succedendo. Le presi le caviglie e le tenevo sollevate le cosce, in quella posizione la scopata diventò più sensazionale; il mio cazzo riusciva ad entrarle fino all’asta, e le palle sbattevano contro le labbra della sua passera. Bastò un altro di quei suoi sguardi da troia per farmi sentire quella specie di scossa che precede la sborra. Mi ricordai delle parole di Piero, del fatto che la moglie usava la pillola e quindi sborrai intensamente dentro di lei, sferrando gli ultimi colpi di bacino.
‘Sto sborrando! Oh sì, è fantastico!’ sentivo lo sperma che si liberava fuoriuscendo in gran quantità dal mio cazzo, invadendo il corpo di Laura, che dal canto suo trovò la cosa irresistibile e alzò il petto verso l’alto e sbarrò gli occhi. Sentiva chiaramente il mio sperma invadere la sua vagina, il calore del mio seme dentro di lei.
Feci uscire il cazzo dalla passera di Laura, tutto imbevuto di sperma e umori vari. Era ora di andare via, mi infilai le mutande e i pantaloni e tenendo la pistola puntata verso i due dissi che se avrebbero chiamato la polizia sarei ritornato a vendicarmi. Poi scappai via, ma prima notai per l’ultima volta lo sguardo eccitante di Laura, che quasi mi implorava di ritornare quando volevo per scoparla ancora. Che donna pazzesca. La finta violentata era piaciuta anche a Piero, che era venuto nelle mutande tanto dall’eccitazione. E il giorno dopo ne parlammo per tutto il tempo in ufficio. Non vedeva sua moglie così soddisfatta da almeno un anno, e non faceva altro che ringraziarmi. Ma in realtà avrei dovuto io ringraziare lui. Non scopavo da anni con una donna di quel livello. Una vera dea del sesso.

nynfetta@tiscali.it

Laura, la moglie del mio collega d’ufficio Piero, era veramente una zoccola. Nel condominio dove abitavano c’era un appartamento dove vivevano quattro Senegalesi, che gestivano un negozietto di roba etnica. Laura aveva stretto una buona amicizia con loro, infatti succedeva spesso che quando doveva comprare un regalo per qualche ricorrenza andava da loro per comprare qualche oggetto orientale. Aveva riempito la casa di oggetti provenienti dall’Africa, tamburi, maschere e soprammobili. Laura era talmente in buoni rapporti con i quattro vicini di casa del Senegal che quando il marito era a lavoro e lei era sola a casa andava da loro, e in genere gli preparava dei dolci squisiti. Entrava in casa con dei vassoi pieni di dolciumi e loro erano spesso intenti a fumare erba e a suonare i tamburi africani.
“La vostra mamma è tornata” diceva entrando nell’appartamento.
La casa odorava di marijuana e cibi della tradizione africana. Con il tempo Luana cominciò a presentarsi dai loro quattro amici sempre più scollata, fino a un giorno che si presentò da loro in modo indecente, con una minigonna di pelle nera e una maglietta con uno scollo che a momenti le tette rischiavano di saltare fuori. Se indossò quei vestiti era perchè covava dentro di se un irresistibile impulso di provocare quei quattro bei fusti neri. E ci riuscì, non senza un pò di imbarazzo naturalmente, perchè quando entrò nell’appartamentoo africano con il solito vassoio carico di docliumi dicendo la stessa frase di ogni voolta: “la vostra mamma è tornata” vide uscire dal bagno uno dei quattro uomini completamente nudo. Probabilmente aveva appena fatto la doccia, e Laura non potette fare a meno di guardare il suo enorme attrezzo che aveva in mezzo alle gambe, che penzolava come un terzo braccio.
“Oh mio dio!” esclamò e quasi le mancò il fiato. “Che nerchia!”.
“Cosa portato di buono oggi?” chiese lui avvicinandosi a Laura.
Le si mise di fianco a guardare il vassoio, e il suo grande pezzo di carne toccò Laura sul culo, che sentendo quell’enorme attrezzo del piacere a contatto col suo corpo iniziò a balbettare.
“Ho… portato dei dolci… visto che vi piacciono tanto”.
Intanto sentiva quell’incredibile nerchia premere contro i suoi fianchi, ne sentiva il calore come se fosse un animale vivo e pulsante che richiedeva la sua attenzione perchè voleva le coccole. Laura cercò di mostrarsi a suo agio, voleva nascondere l’imbarazzo ma aveva le mutandine zuppe; tanto era bagnata che alcune goccioline dei suoi umori scesero giù nell’interno coscia. Intanto furono attirati anche gli altri tre inquilini, questi però erano in mutande, ma era evidente che anche loro erano piazzati bene. Sul tessuto degli slip bianchi infatti appariva uno spropositato bozzo, che era ovviamente la forma dei loro cazzi. Accerchiarono Luana e si avventarono sui suoi dolci. Erano così vicini a lei che con i loro attrezzi toccavano il suo corpo.
“Tuo uomo molto fortunato” disse uno di loro. “Sai cucinare molto bene”.
“Beh, in realtà so fare molte altre cose” rispose Laura con un filo di voce, e sperando di essere posseduta da tutti e quattro, in quello stesso momento, in mezzo alla stanza, su quel divano marrone che regnava lì davanti a loro.
Dopo quella frase Laura sentì la mano di qualcuno sul culo, e un altra mano su una coscia, la palpeggiarono mentre mangiavano i dolciumi da lei preparati, ma la cosa non andò oltre, perchè dopo un pò ritornarono alle loro attività e Laura tornò a casa ma era talmente bagnata che dovette chiudersi in camera da letto e masturbarsi pensando ai suoi quattro amici. Si tolse le mutandine e si distese sul suo soffice letto matrimoniale, allargando le cosce e infilandosi due dita nella fica. Con l’altra mano libera fece venire fuori le tette dallo scollo della maglia e si massaggiò i capezzoli; sognava che quelle mani fossero di quei quattro Senegalesi, e che fossero lì con lei, a invaderla con le loro proboscidi, a sborrare uno per volta chi dentro di lei chi sulla sua faccia. Raggiunse l’orgasmo in pochi attimi.
Il giorno dopo pensò che in realtà quella sua depravazione si poteva realizzare, d’altronde cosa glielo impediva. D’altronde l’aveva mezzo capito che al marito faceva piacere sapere di essere un cornuto, sapere che la propria moglie, la madre dei suoi figli, fosse una maiala anche con gli altri uomini. Così quella sera pensò bene di entrare in casa loro vestita con un completino intimo bianco, un corpetto stretto che quasi faceva saltare fuori le tette e calze autoreggenti. Tacchi a spillo, e nient’altro. Vestita in quel modo pensava di essere un loro oggetto, usata da loro quattro come oggetto del piacere. Mise la testa fuori di casa per guardare se ci fosse qualcuno sul pianerottolo; era tutto ok, non arrivava nessuno. Così chiuse la porta di casa e andò con passo affrettato verso la porta di fronte; suonò il campanello. Mentre era lì che aspettava scese le scale la vecchia signora che abitava al piano di sopra, una rompicoglioni che amava farsi i cazzi degli altri. E quando vide Laura vestita come una mignotta fece un sussulto e la guardò con i suoi occhi maligni. Laura stava sprofondando dalla vergogna, e cercò di coprirsi con le braccia alla meglio, ma era pur sempre mezza nuda.
“Sei una sgualdrina!” disse la vecchia zitella. “Guarda a cosa ti sei ridotta, ad essere la mignotta del condominio. Vergognati! Se tuo marito sapesse che razza di puttanella sei ti caccerebbe fuori di casa…”.
“Signora non è come crede…”.
Per fortuna qualcuno aprì la porta dell’appartamento e Laura ci si fiondò dentro. Tutto il palazzo non avrebbe fatto altro che parlare di lei come della puttana del quartiere, diventò rossa dalla vergogna pensando allo scandalo che avrebbe tormentato tutto il condominio. Poi non ci pensò più quando si accorse di essere dentro l’appartamento dei quattro senegalesi, mezza nuda, e loro erano lì nel soggiorno come sempre a fumare erba, e quando la videro vestita solo della lingerie smisero di fare ogni cosa e la guardarono con un desiderio animalesco, e Laura lo capì e forse pensò di essersi ficcata in un guaio tremendo, perchè se quelle quattro nerchie l’avessero penetrata gli avrebbero fatto sentire un dolore tremendo.
“Ciao ragazzi… mamma è tornata” balbettò con un filo di voce. “Oddio, e adesso che faccio?”.
“Ehi ragazzi, guardate che bella mamma” disse uno di loro palpando il sedere di Laura. E presto le si avvicinarono tutti e quattro. “Stasera offriamo noi a te i nostri bei biscottoni. Hai fame?”.
Si cominciarono ad abbassare i pantaloni liberando le loro enormi nerchie; Laura era molto spaventata, perchè sapeva che l’avrebbero massacrata con quei cazzi. Uno di loro prese l’iniziativa e gli mise una mano sul culo attirandola a sé e baciandola in modo quasi sgraziato; affondò la lingua nella sua bocca e il contatto delle loro labbra produceva quel classico suono sdolcinato di bocche che si uniscono. Laura sentì la lingua entrarle fra i denti quasi senza rispetto.
‘Che buon sapore questa bocca. Vuoi assaggiare i nostri biscottoni?’
I quattro senegalesi iniziarono a spogliarla; quello che gli stava dietro gli abbassò la zip del corpetto, e le tette esplosero fuori, così a turno gli baciarono e gli mordicchiarono le aureole. Portarono Laura in un’altra camera, era una stanza dove c’era un letto matrimoniale un pò sudicio; nella stanza c’era molta confusione di calzini sporchi lasciati per terra, mutande unte di sperma lasciate sul letto e un’odore di marijuana che dava alla testa. Sistemarono Laura sul letto, la fecero distendere e loro iniziarono a spogliarsi; quando furono tutti nudi Laura li guardò con gli occhi spalancati dal terrore.
“Oh Gesù, che nerchie! Per piacere, vi prego, fate di me ciò che volete, ma non fatemi del male. Fate piano”.
Si fece avanti uno di loro con la sua proboscide semi eretta e iniziò a sbatacchiarla sulla bocca di Laura. Un’altro invece si era insinuato in mezzo alle sue cosce, tenendogliele allargate e avvicinando la sua lingua a quella calda passera che aspettava soltanto di esserepenetrata. Golosamente iniziò a lapparle la fica. Laura sentiva l’eccitazione a mille si ritrovò a mugolare mentre il lavoro di lingua sul suo clitoride gli stava regalando le sensazioni più belle della sua vita, e allo stesso tempo aveva un cazzo enorme in bocca che succhiava con grande avidità, senza lasciarlo mai, respirando col naso per non perdersi neanche un centimetro di quella nerchia.
Ad un certo punto uno di loro si distese a fianco a Laura, così lei lasciò il cazzo che aveva in bocca e guardò verso l’uomo che gli si era messo di fianco.
“Che vuoi?” gli chiese con una voce da troia.
“Voglio entrare dentro te” disse.
“Vuoi la mia fighetta? La vuoi? Come sei tenero” gli disse accarezzandogli il viso. “E io te la do. Se la vuoi tanto, io te la do”.
Così gli si mise a cavalcioni sopra e con una mano indirizzò il suo enorme cazzo dentro di se. Dopo un pò che cavalcava quella furia Laura sentì il grosso cazzo di un di loro che iniziò a strusciare il glande nel solco delle natiche. La punta, sfregando andava su e giu fra l’ano e le labbra della vagina.
“E tu che fai? Me lo vuoi mettere nel buchetto? Vuoi il mio culone? Prenditelo se vuoi, è lì”.
Allora Laura sentì il glande duro come una pallina da tennis entrargli nel buchetto, lanciò un urlo di dolore, perchè aveva ancora un buchetto piuttosto stretto e sotto l’assalto del cazzo cominciò a gemere per il dolore. Ma l’uomo che la stava impalando era implacabile e lubrificando l’asta con la saliva di tanto in tanto usciva fuori e allargava il buco con le dita, poi dava il cambio agli altri suoi conterranei. Il culo di Laura iniziò a diventare un luogo piuttosto affollato.
“Oh sì! Scopatemi, scopatemi bei maschioni, scopatemi!” urlava.
L’uomo che gli stava dietro la prese per i capelli, tenendole la testa leggermente rialzata verso l’alto e intanto le invadeva il culo. Intanto l’uomo che teneva sotto continuava ad essere lì, e la teneva per i fianchi; il suo cazzo usciva lentamente dalla fica fradicia per poi rientrare con un suono di bagnato.
Ad un certo punto Laura avvertì che l’uomo che le stava dietro aveva aumentato di potenza i suoi colpi, sentiva quasi che le stesse spaccando il culo infatti ebbe un pò di paura, poi si placò quando iniziò a godere scaricandogli nel buchetti getti copiosi di sperma caldo. Gli altri tre vollero però godere in un altro modo, così fecero scendere Laura dal letto e la fecero inginocchiare mettendoglisi davanti con le loro enormi mazze puntate contro il suo viso, e si masturbarono fino a scaricarle in faccia copiosi fiotti di sperma bollente. La sborra le saltò sui suoi capelli scuri e su tutto il viso, e in quel momento si sentì un vero e proprio sborratoio. Ripulì le loro cappelle con la lingua e ingoiò le ultime gocce.
“Fantastico ragazzi!” disse infine. “Fantastico. Che scopata!”.
Le diedero una mano ad alzarsi; era sfinita. Quando si accorse di che ora era tornò in soggiorno di corsa, infilandosi nuovamente il corpetto. Era tardissimo, doveva sbrigarsi a tornare a casa prima che tornasse il marito.
“Ciao, siete dei tesori, ma adesso devo andare” aprì la porta e prima di uscire gli disse: “Vi adoro!”.
Chiuse la porta ma si accorse che era troppo tardi. Il marito era appena arrivato e aveva infilato la chiave di casa nella toppa della porta, quando vide la moglie mezza nuda con il viso sporco di sborra uscire dalla porta dei loro vicini di casa Senegalesi. Laura abbassò lo sguardo perchè sapeva di aver sbagliato ed era mortificata. Piero, il marito, si avvicinò a lei con aria autoritaria, come se volesse colpirla con uno schiaffo.
“Cos’è questa roba che hai in faccia?” chiese. “E si può sapere perchè sei vestita in questo modo?”.
Laura non sapeva cosa rispondere, ma pensò che se aveva fatto la puttana avrebbe dovuto continuare a comportarsi da tale. Così se ne uscì fuori con una bugia, anche se banale.
“Questa?” domandò raccogliendo uno schizzo si sborra che aveva in faccia e portandoselo alla bocca. “Questa è crema. Stavo dando una mano ai nostri vicini a fare una torta”.
“E perchè sei vestita come una mignotta?”
“Beh amore, ma lo sai che vicino ai fornelli c’è caldo. Ho dovuto indossare qualcosa di fresco. Ma basta con tutte queste domande… vieni, entriamo in casa che ti preparo la cena”.
Piero sapeva benissimo che la moglie si era fatta sbattere dai vicini senegalesi; non era stupido. Fece soltanto finta di credere alle bugie della moglie, soltanto perchè sentirsi cornuto era una cosa che lo eccitava da impazzire. Sapere che la moglie si faceva sbattere da altri uomini lo riempiva d’orgoglio quasi. Lo conosco bene Piero, era felice di aver sposato una zoccola.

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