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Racconti 69Trio

voglie mature nella notte

By 9 Ottobre 2010Febbraio 9th, 2020No Comments

Voglie mature nella notte.

La donna camminava lentamente, ancheggiando sui tacchi altissimi, con il passo appesantito. I fianchi enormi venivano sbattuti con noncuranza a destra e a sinistra ad ogni passo. Si muoveva quasi di malavoglia, come se, delusa da un qualche accadimento precedente, non avesse alcuna fretta o voglia di recarsi dove stava andando.

Aveva tutta l’apparenza di una donna in non più verde età, ma con tutta l’intenzione di apparire giovane. O almeno desiderabile.

Come spesso accade in questi casi, aveva un po’ ecceduto la misura. Tutto sembrava eccessivo in lei, ad osservarla da vicino, mentre ancheggiava svogliatamente nella notte, lungo quella strada poco illuminata di un quartiere residenziale, villette con giardino e siepe d’ordinanza: l’acconciatura a vistosi riccioloni rosso tiziano, vaporosa e tinta con poca discrezione; il trucco pesante, sugli occhi le guance e le labbra, che alla fioca luce dei lampioni esaltava i tratti non finissimi del suo viso, con qualche piega di troppo; anche il fisico sembrava eccessivo, abbondante e florido: spalle larghe, seno enorme ventre gonfio, cosce grosse, polpaccio forte. Ma quel corpo non pareva a disagio sui tacchi altissimi dei sandali che calzava.

Osservata da vicino, non poteva che rivelare il genere di donna che era: forte, sicura di sé, niente affatto rassegnata al trascorrere degli anni, decisa ad ostentare i residui della passata bellezza, e le voglia di vivere che aveva.

A questo punto non doveva più stupire l’abbigliamento che esibiva: vistoso, provocante, un filo pacchiano.

Sotto la cascata di riccioli rossi che le scendevano fino alle spalle, il corpo vistoso e debordante’ era coperto da un vestitino rosso fuoco, profondamente scollato e morbido sul prosperoso décolleté. I movimenti ampi dei suoi passi si ripercuotevano sulla scollatura che alternativamente scopriva, e generosamente, gli abbondanti floridi seni, pompati in alto da un push up destinato forse a taglie più misere. Il reggiseno nero, senza spalline aveva la sola funzione di sostenere ed esibire qual ben di dio, non certo di coprirlo: e infatti terminava appena sotto al capezzolo, neppure celato da un po’ di pizzo, e generosamente esposto al pari della metà superiore delle grandi areole scure, agli occhi dei fortunati che avessero avuto la ventura di avvicinarla.

La scollatura si chiudeva appena sotto al mastodontico seno, e la stoffa sottile si stringeva a fasciare quel corpo abbondante, esaltandone appieno la forme eccessive. Appariva teso sul ventre, e altrettanto doveva fare sul posteriore, se fosse stato visibile, e non avvolto in un lungo ampio mantello nero che le sfiorava le caviglie.

Sotto alla allacciatura in vita, il vestito rosso si apriva in uno spacco che rivelava una buona metà della coscia.

E con lei rivelava il margine superiore di una calza nera e il laccetto del reggicalze, all’interno dell’ampio biancore della coscia.

Camminava così, l’ampio mantello dalle spalle larghe aperto, il corpo voluttuoso esibito attraverso il vestito rosso, dondolando con indolenza sui tacchi altissimi, dodici centimetri, a spillo, sottili e acuminati, un laccetto a stringere le dita, uno a cingere la caviglia dietro il tallone.

Gli accessori mostravano una condizione sociale superiore: borsetta firmata, due enormi anelli d’oro alle orecchie, alla zingara, collane vistose, pure d’oro che cingevano il collo lungo e scendevano a scomparire tra i seni, polsi e mani ingioiellate all’inverosimile. Persino ai pollici infilava grossi anelloni d’oro.

Le mani, ad onta di vene in rilievo che tradivano un’età mal sopportata, erano curatissime, e lunghissime unghie pittate di smalto fucsia metallizzato, rilucevano nella notte.

Portava oro anche alla caviglia, due pesanti catenine, indossate sopra le calze, che risuonavano ad ogni passo e, visibili attraverso il rinforzo scuro del nylon sulle dita, alcuni anelli, pure d’oro, alle dita dei piedi.

L’insieme non evocava classe né raffinatezza, ma colpiva nel segno.

Eppure qualcosa non andava in quella matura matrona: lo sguardo era triste, cattivo, deluso, e la camminata, pur altera e sprezzante rivelava qualcosa.

Da vicino la signora appariva visibilmente alticcia, e il respiro alcolico si faceva largo tra i litri di profumo dolciastro di cui si era cosparsa il corpo: pareva rimuginare tra sé e sé, come ripetendo a mente frammenti di discorsi, di qualcosa avvenuto di recente, e che doveva averle, in qualche modo, turbato la serata.

Così, con quella smorfia strana, e quello sguardo altero buttato alternativamente a destra e a sinistra, come alla ricerca di qualcosa che ancora non aveva trovato, si incamminava tra i vialetti alberati, a fianco delle auto parcheggiate in fila lungo i marciapiedi, senza disagio, come se conoscesse bene quei luoghi.

Passando da un lampione all’altro, senza apparente meta, ma probabilmente diretta a casa, una casa verso cui non nutriva alcun evidente desiderio di arrivare, almeno per ora, lo sguardo indagatore si posò su due ombre poco lontano che parvero rapidamente sparire dietro una panchina, tra i cespugli di un giardino. Incerta rallentò per un istante, poi riprese il passo abituale, fissando con maggiore attenzione il punto in cui le due ombre erano svanite.

Continuò ad avanzare, sola nel buio appena lenito dal bagliore dei lampioncini, puntando verso quel punto. Chissà se aveva intuito potesse esserci quello che cercava. Avvicinandosi rallentò il passo, come per darsi il tempo di esaminare ciò che stava accadendo. Non le sfuggì, tra lo scandire dei suoi passi, marcato dal ticchettio degli stiletti, qualche affrettato rumore, come un animale spaventato che cerca di acquattarsi per non farsi scoprire.

Il suo sguardo non sembrava mutato ora, ma in realtà, la donna pareva aver recuperato la massima attenzione, quasi dimentica della sbronza.

Giunse alla panchina, il passo sempre più lento, quasi in sur place; si fermò, simulando la necessità di dare riposo alle caviglie, e sollevò una estremità, a strofinarsi contro la gamba opposta, con un sospiro di evidente soddisfazione, tese le orecchie.

Le parve di sentire un respiro soffocato, e quando ne ebbe conferma, si lasciò sfuggire un sorriso, deciso e un po’ malvagio. Ora sapeva cosa fare.

Riprese il passo, lentamente, e alla prima traversa, una decina di metri dopo svoltò a destra, sparendo dietro la siepe di cinta di un giardino.

Passarono lunghi istanti, poi da dietro la panchina un sospiro più rumoroso, quasi di sollievo, ed una voce acerba sussurrare: ‘Hai visto, per poco non ci scopriva”, una voce spaventata di ragazzina, forse appena maggiorenne. Una voce altrettanto acerba, maschile, forzatamente spavalda, rispose in un soffio: ‘E che vuoi che sia, non ho mica paura io. E poi’, hai visto, era la vicina della villetta là in fondo”. ‘La vicina?’ esitò la ragazza. ‘Sì, la moglie del professore’ aggiunse il ragazzo, che subito riprese da dove doveva aver lasciato ‘Eh dai’, vieni un po’ qui”, e con un braccio la cinse, stringendola a sé, riprese a baciarla sulla bocca con avidità, mentre l’altra mano si infilava sotto la stretta maglietta di lei, correva a slacciarle il reggiseno e vi si infilava rapida a ghermire una tettina acerba. Un seno piccolo ma sodo, da diciottenne, ma forse non aveva neppure quell’età.

Lei sobbalzò sentendosi sfiorare il capezzolo, che subito si inturgidì, dando ancor più coraggio al ragazzo, che ora le ficcava la lingua in bocca con intensità. Avido ed impaziente come tutti i ragazzi, a quell’età, alle prime esperienze, dopo poco lasciò la presa del capezzolo, e fece scivolare la mano più in basso, la infilò tra le gambe della ragazza, sotto la corta minigonna, accarezzò con cupidigia le morbide cosce, risalì’

Trovò impedimento nel collant chiaro che lei indossava, e con impazienza tentò di raggiungere le mutandine di cotone bianco, quando lei si irrigidì: ‘No. Non qui: ci possono scoprire’ e poi, non mi va”

‘Sì che ti va’ insisté lui ormai eccitatissimo ‘Non ci vedranno, e poi’, chissenefrega. Dai, fammela sentire”

E poiché lei si ritraeva, al colmo dell’eccitazione cambiò strategia, lasciò le cosce della ragazza, e mentre seguitava a stringerla e a baciarla, con rapidità si slacciò i jeans, scostò gli slip e ne estrasse un palo caldo e rigonfio, un’erezione possente e orgogliosa, che ormai non anelava che all’orgasmo.

Afferrò per un polso la mano della ragazza, la condusse al palo bollente e pulsante, che la costrinse a stringere: ‘Senti, senti che voglia di te che ho. Dai non resisto più” La ragazza sobbalzò a quel contatto, doveva essere la prima volta, istintivamente fece per ritrarre la mano, ma lui glielo impediva, e spingendo con le anche glielo faceva scorrere tra la mano contratta, ansimando di passione. Lei restò lì, indecisa sul da farsi, combattuta tra la paura, la curiosità, un po’ di eccitazione che montava.

Qualcun altro decise per lei.

La donna, dopo aver svoltato l’angolo, non aveva proseguito verso casa. Accortasi dei due ragazzini, aveva deciso in un attimo come dare un senso a quella serata di insoddisfazione e, silenziosamente, a pochissimi metri, si era acquattata nell’ombra a spiare.

Aveva osservato sorridendo, divertita, le prime avance del giovane, un ragazzino del vicinato che lei conosceva bene, così come conosceva la ragazzina, frequentandone talvolta i genitori; si era appassionata alle sue incursioni, alle timide opposizioni della giovane; ma aveva provato sincero desiderio alla vista del giovane, turgido, pulsante membro del ragazzo, di dimensioni insospettate’; la vista di quella cappella gonfia e scura le aveva provocato una intensa eccitazione, e frenava la passione mordendosi il labbro inferiore con voluttà. Quando la ragazzina lo aveva preso, controvoglia, in mano, alla vista dell’asta che scorreva nella sua mano, sentì di non poter più resistere, sentì il liquido caldo inzuppare il perizoma, seppe che era ora di allentare i laccetti del vestito rosso, di infilare la mano ingioiellata dalle lunghe unghie, nel profondo del suo ventre ardente, di procurarsi il piacere che anelava’

Avrebbe voluto essere lei al posto della ragazzina, lei a ghermire quel wurstel caldo, esile ma lungo, lungo e ricurvo, con quella grossa cappella scura che la ingolosiva, lei sì che avrebbe saputo cosa fare’

E invece la ragazzina si ritraeva: ‘No, dai’, non qui’, così”

Era troppo, davvero troppo!

La ragazzina, che si ritraeva,’ lo sguardo basso, come paralizzato, ma anche calamitato su quella lunga salsiccia di carne calda che le pulsava tra le mani, e che non riusciva a mollare, se ne avvide per prima: a terra, oltre la salsiccia, si materializzò la visione di un paio di piedi velati, calzati in sandali altissimi. Neri.

Spalancò la bocca dalla sorpresa e dallo spavento, non riuscì a emettere parola. Il ragazzo, ormai infoiato come un toro, seguitava ad ansimare e a strofinarsi; lei poté solo, con lo sguardo, risalire verso l’alto: oltre quei piedi, oltre le caviglie ingioiellate, oltre le ginocchia, le calze nere un po’ sgualcite, oltre le grosse cosce divaricate, oltre la mano ficcata nelle mutandine’ E più su, oltre il ventre scoperto, il vestito slacciato, oltre il seno debordante. E vide le grosse labbra truccate, semiaperte, e una lingua avida che le leccava, e uno sguardo assatanato e cupido.

‘Vogliamo farlo aspettare ancora, ragazzina? Non vedi che voglia pazza che ha?’

Anche lui se accorse, ora. Si girò, sorpreso, e incrociò lo sguardo della donna. Ma la sorpresa mutò presto. La vista che gli si parava davanti gli mozzò il fiato.

La donna si fece avanti, senza esitazione. Fissò la ragazzina negli occhi. Si abbassò verso di lei, inginocchiandosi. Senza levarle lo sguardo di dosso, allungò la mano verso la sua che ancora impugnava il membro caldo del ragazzo, la scostò, fece scorrere le lunghe dita sull’asta sempre eretta. Continuava a fissarla negli occhi, come un incantatore, mentre le lunghe unghie sfioravano il membro turgido per tutta la sua lunghezza, dalla base della cappella fino allo scroto, saggiandone la reazione.

‘Questo ben di dio non va sprecato”. Solo per un attimo buttò lo sguardo su quello del ragazzo: era già suo. A bocca’ aperta la fissava sbalordito, ma ancor più infoiato.

Tornò sulla ragazza: ‘Ti aiuterò io, vedrai’E’ facile.’

Sempre senza mollare il suo sguardo, strinse la mano intorno all’asta e, con gesti ampi e lentissimi, iniziò a masturbare il ragazzo, che rispose con gemito profondo.

‘E’ così, che gli piace”. A malincuore sfilò l’altra mano dalle mutandine, abbandonando il ventre ardente. Era ancora presto per lei.

Continuò a fissare la ragazza, che a sua volta ora fissava il membro del ragazzo pulsare nella mano dell’esperta donna.

Le prese il polso lo condusse verso il ventre del ragazzo, le mise in mano l’uccello caldo, invitandola a proseguire. Lentamente, quasi meccanicamente, come un automa, la ragazza eseguì: ‘Così, lentamente, senti come risponde…’ la invitò, severa, la padrona. La ragazza la fissò, intimidita, poi con sguardo perso, interrogativo, fissò il ragazzo.

Lui, decisamente, rispondeva.

La donna ora si volse alla ragazza, che stava semisdraiata a fianco di lui. Allungò le mani verso i piedi di lei, afferrò per i calcagni le scarpe da ginnastica che calzava e, con sol gesto, senza slacciarle, le sfilò. Le osservò rimarcando lo sguardo severo e le allontanò platealmente: ‘Queste, non le voglio più vedere!’

Poi portò le mani presso il bacino di lei, rapidamente lo sollevò da terra, sfilandole il collant chiaro dai fianchi: ‘Anche questo’, non è cosa’ E invitandola con lo sguardo a non smettere di masturbare il ragazzo, che ormai preso, ansimava come un bufalo, le sollevò le estremità liberandole dal collant che volò presto a far compagnia alle scarpe.

‘Ah, non è libertà questa?’ mormorò trionfante mentre con le mani risaliva le cosce chiare della ragazza, apprezzandone la morbidezza dell’interno: ‘Roba di prima scelta, giovanotto. Sei fortunato.’

Lui sembrava tutt’altro che sfortunato, mentre gemeva e ansimava sotto i colpi, ora un po’ meno meccanici della ragazza’

Le mani della donna giunsero al ventre della ragazza. Con decisione le divaricarono le cosce, mentre le dita dalle lunghe unghie cominciavano a insinuarsi sotto la mutandina, a carezzare il pelo riccio biondastro. La ragazzina, attonita, la fissava con sguardo sbalordito, ma seguitava a masturbare il ragazzo.

La donna si sdraiò su un fianco poggiandosi a un gomito, e mentre con la mano seguitava a carezzare il pube della ragazza, chinò la testa verso il membro del ragazzo, mormorando: ‘Ah, c’è anche questo”, e rubando il posto alla mano esitante della ragazza, calò la bocca semichiusa sulla cappella violacea e lucente, e lentamente, stringendo le labbra, scese fin giù, a sfiorare lo scroto, ingoiando interamente quell’asta di quasi venti centimetri.

L’urlo strozzato che emise il ragazzo rischiò di essere udito in tutto l’isolato. La donna, pur con la bocca piena, fece trasparire un sorriso trionfante. Ancor più lentamente, stringendo ancor più le labbra, risalì sfilando la lunga asta, soffermandosi un poco a lavorare di lingua la cappella turgida, per poi abbandonare quel serpente impazzito, intriso della sua saliva, pulsante come fosse vivo.

Alzò gli occhi verso la ragazza, che non perdeva una scena, come una brava scolaretta. Tornò su di lei, le sollevò completamente la minigonna, portò le mani ai suoi fianchi, afferrò la mutandina di cotone, mormorando, come soprappensiero: ‘Ma chi ti sceglie il look, una suora?’.

Poi con decisione strappò la mutandina, che si lacerò con uno schiocco, e calò la testa sul cespuglietto biondastro, mentre allungando la mano sinistra riprendeva a stantuffare il palo del ragazzo.

‘Ce ne è anche per te’ mormorò mentre calava le labbra tra le cosce della ragazza. Le labbra carnose incontrarono la stretta fichetta rosea, contornata di ricci biondi.

Quando la punta della lingua avida le si insinuò nel pertugio, la ragazzina sobbalzò, con un singhiozzo: sentiva la lingua, dura, grossa, ruvida e invadente, farsi’ largo nella stretta fessura, con movimenti ampi e profondi strofinarsi sulle pareti interne, e via via farsi strada. La donna sapeva come fare, sentiva finalmente l’apertura inumidirsi, la ragazza cedere alle promesse di piacere. Risalì, risalì, e con la punta trovò il clitoride. Due colpi ben dati di lingua e la ragazza sobbalzò, come sollevandosi da terra. Il suo corpo sconquassato come un fuscello sobbalzava, e i singhiozzi si facevano più profondi. Più giù, ancora più giù con la lingua, e ad ogni colpo la ragazza alternava ai singhiozzi una specie di pianto isterico, ma era ormai preda della passione.

La donna ce l’aveva fatta, li aveva ormai in completo potere, ormai, letteralmente, nelle sue mani: infilò due dita nel pertugio che ormai si andava allargando, secernendo fiotti di liquido vischioso, che alla sua lingua pareva sapere di ferro, e con attenzione, cercando di non ferire con le lunghe unghie, cominciò a lavorarsi la fichetta ormai eccitata. Sollevò la bocca, e mentre con il polpastrello del pollice, seguitava a stimolare il clitoride della ragazza, portò di nuovo il viso verso il palo del ragazzo, che non aveva mai smesso di stantuffare, e che ormai sentiva prossimo all’orgasmo.

Ci volle poco: il ragazzo ormai muggiva come un toro, e quando lei, per la seconda volta calò le labbra sul suo palo rigonfio, e d’un sol colpo se lo cacciò in gola, succhiando come un’idrovora, e lavorando con famelica sapienza l’asta con la lingua ruvida, era chiaro che era giunto al massimo del piacere.

Bastarono davvero pochi, profondissimi intensi colpi, conditi da intense succhiate ed avide leccate, che l’uccellone del ragazzo esplose, rovesciandole in bocca fiumi di torrido sperma, in successive abbondanti successioni di fiotti.

Mentre lui ululava di piacere, i fianchi che imprimevano violenti colpi in bocca alla donna, lei si sentì soffocare dalla immane quantità di liquido che seguitava ad inondarle la bocca, e dovette inghiottirne gran parte per non affogare, mentre spalancava la bocca, ansimando, per prendere aria.

Ma subito ripiombò sul palo che non smetteva di pulsare e schizzare sperma caldo, voleva farlo godere fino in fondo.

E così continuò a lavorarselo fino a che non lo senti ammosciarsi, poi, rapida, si rituffò sulla ragazza.

La bocca ancora grondava di sperma mentre si portava tra quelle morbide cosce spalancata. Sentiva che anche la ragazza era ormai prossima all’orgasmo e finalmente pensò che era ora di pensare a se stessa: era pervasa di intenso folle desiderio, ora doveva avere piacere da quei due ragazzini’

Girò attorno al corpo sdraiato e fremente della ragazza le si accucciò quasi sul viso ansimante e piombò sulla fichetta dilatata come per un sessantanove. Ma sapeva che la ragazza era troppo inesperta, quindi tenne il culo alto lontano dal viso della ragazza e appena prima di affondare la lingua nel suo ventre avido, con voce roca e imperiosa apostrofò il ragazzo: ‘Dietro di me, presto, dietro di me’.

Il ragazzo, ancora sconvolto dal piacere, esitava, e un gesto imperioso della donna, un indice dalla lunga unghia puntato in basso, gli indicò la strada, senza dover neppure distogliere la lingua dal ventre acerbo della ragazzina.

Il ragazzo, in gattoni, scivolò alle spalle della matrona, che in ginocchio, china sulla ragazza, seguitava a leccarle la fichetta dilatata. Osservava, attraverso lo spacco della gonna, il gran culone della donna, ma l’indice imperioso indicava più giù. Indicava i talloni, i laccetti dei sandali, ben stretti alle caviglie. Sollevando per un istante la bocca dal ventre ardente della ragazzina, mormorò in un soffio: ‘Slacciami i sandali, e massaggiami le piante’.

Il ragazzo esitò un istante: massaggiare i piedi di quella donna?! Che idea bizzarra.

Ma ubbidì. Non poteva fare altro, mentre la sua ragazza ormai gemeva senza ritegno sotto i colpi abili della matura signora.

Si chinò ai piedi della donna, la testa quasi appoggiata alle sue grandi natiche, e afferratale una caviglia, prese a sciogliere il laccetto che la cingeva. E rimase di sasso quando, allentato il laccetto, e allontanata la pianta dalla soletta del sandalo, un effluvio intensissimo e fetido gli pervase le narici. Ma non fu il tanfo a stupirlo, quanto l’incredibile eccitazione che l’odore intensissimo di quei piedi gli provocava. In un attimo afferrò con voluttà l’estremità della donna, la sfilò dal sandalo odoroso, tuffò il suo naso sulla pianta, tra le dita velate, inalando intensamente.

E mentre con dita avide massaggiava quella pianta rugosa e quel tallone calloso e ruvido, già spalancava la bocca per accogliere quelle dita un po’ sudate, inanellate, quelle unghie lunghissime dal puzzo insopportabile e irresistibile.

‘Bravo ragazzo, bravo, ora più su” lo invitò la donna, dopo aver gustato a lungo quella cura, divaricando le gambe e mostrandogli meglio, tra le natiche, il filo fradicio del perizoma. E il ragazzo, ubbidiente, si avvicinò al suo corpo, mentre il naso risaliva tra le cosce velate,oltre l bordo delle calze, fino al culone così ben esibito.

E mentre la donna dava il colpo di grazia, e la ragazzina ormai piangeva dal piacere, i suoi piedi abili si allungarono a stringere l’uccellone ormai nuovamente eretto del ragazzo che muggì di sorpresa e piacere, mentre una mano imperiosa lo prendeva alla nuca traendo la sua bocca avida tra le natiche aperte. La donna aveva rotto gli indugi, e reclamava il suo piacere.

Il ragazzo esitò ancora un istante, al tanfo dello sfintere maturo, ma poi prese a leccare avidamente, eccitato dal lavoro di piedi cui la matrona lo sottoponeva.

E quando la donna ebbe il suo buchetto ben umettato, e l’eccitazione ebbe avvolto di schiuma vischiosa il filo di perle del perizoma (e la ragazza nemmeno immaginava che esistessero attrezzi simili’), pronta allargò le gambe, allungò all’indietro una mano aperta, trovando subito il palo eretto che cercava, e conducendolo a sé. Nemmeno il tempo di sfilarsi il perizoma: con la cappella turgida stretta tra le dita scostò il filo di perle e la poggiò sulla sua spacca dilatata e fradicia. Al ragazzo non resto che abbandonarsi di peso, a corpo morto su quel deretano enorme, per farsi largo e penetrare a fondo il ventre della donna.

Un ruggito roco gli rispose. Ora era a donna a godere, e che orgasmo sarebbe stato!

Il ragazzo pompava a gran ritmo stantuffando in quel ventre ardente, la donna rispondeva con ruggiti da belva inferocita, ad ogni colpo. La ragazzina allibita dal’intensità di quella passione, gli occhi spalancati, sopra il suo viso l’immagine ravvicinata della grande fradicia spacca della donna, che si spalancava sotto i colpi possenti del suo ragazzo la lunga asta che sfilava davanti ai suoi occhi, lo scroto dalle grosse palle che ad ogni affondo le sbattevano sulla fronte.

Piano piano un sugo denso e vischioso prese a fuoriuscire da quella enorme dilatata vagina, e ad ogni stantuffata schizzava, e gocciolava sul viso della ragazza, che ingolosita prese a catturarlo con la lingua, assaporandone il gusto selvatico di passione matura. E sentiva anche il tanfo del membro del suo ragazzo, e si eccitava sempre più. Così fu un attimo cercare il piacere anche per sé.

Ma la donna, matura ed esperta, pareva aspettarselo e inaspettatamente si sfilò da quella pur piacevolissima pecorina: era presto, c’era ancora tempo per godere, e quei ragazzi andavano ben svezzati.

‘Forza, poi prenderla, ora sarà tua’ con benevolenza apostrofò il ragazzo, che sulle prime parve un po’ deluso, indicandogli a ragazza. Ma fu un attimo. Infoiato com’era, avrebbe infilato anche il culo di una pecora. Così si gettò sulla fidanzata, che si era già messa a quattro zampe, quasi a emulare la maestra,

In ginocchio dietro a lei, senza tanti riguardi per la sua verginità, le infilò quel po’ po’ di carne a fondo nella spacca, incurante delle urla stridule di lei, che dovettero svegliare tutto il vicinato. Prese a pomparla eccitato, e la sua eccitazione crebbe nel vedere la matura signora porsi di fronte a lui in piedi, di nuovo sui tacchi, sfilare il reggicalze, lasciando le calze cadere a terra, languidamente, ai suoi piedi, calare finalmente il perizoma, sfilarsi il reggiseno e sollevare la gonna. E così svestita, avvicinarsi divaricando le gambe e offrendo la vagina pelosa e grondante, alla sua bocca.

Non chiedeva di meglio, il ragazzo: stantuffare alla pecora la sua ragazza vergine, e leccare la sorca matura della porcona. E ci si mise d’impegno soffocando i muggiti di piacere nel ventre capace della donna, che con le lunghe dita gli aveva afferrato la nuca e lo guidava sapientemente per procurarsi il massimo piacere.

Non tardò molto che il desiderio a lungo represso trovò il suo sfogo, e la donna prese ad urlare senza ritegno il suo folle orgasmo, e il ragazzo ancor più si eccitava, mentre la ragazzina, rivelava una sorprendente propensione al sesso, gemendo un rapido orgasmo dietro l’altro. Ne aveva già inanellati tre, in rapida sequenza, da che il suo ragazzo aveva preso a penetrarla, e incredibilmente sorpresa, seguitava ad incitare il ragazzo proseguire senza posa, con orgasmi multipli e ravvicinati, che la facevano piangere e gemere come un puledra scannata.

Chiunque fosse transitato per il quartiere a quell’ora insolita, non avrebbe potuto fare a meno di udire quel coro folle e sguaiato di gemiti, rantolii e strilli che le due donne emettevano senza posa. E il profondo muggito del ragazzo, ormai prossimo all’orgasmo, faceva solo da contrappunto.

La donna si era appena acquetata, provvisoriamente soddisfatta, quando finalmente lui venne, inondando la ragazza di fiotti di sperma bollente, e lei che seguitava imperterrita e inappagata a infilare orgasmi uno dietro l’altro.

E quando finalmente anche lui trovò pace, e solo la sorprendente ragazzina seguitava a gemere invocando piacere, fu la matrona, uno sguardo tra l’ammirato e l’invidioso ad intervenire. Si girò, vagò con lo sguardo caracollando su quei tacchi, grottesca per come era conciata, addosso pochi indumenti fradici e provocanti, gioielli a profusione, trucco pesante che grondava dal suo volto. Rivolse lo sguardo a terra, individuò la sua borsetta.

Si chinò, frugò un istante, visibilmente soddisfatta trovò quella che cercava.

‘Sotto ragazzina, vediamo chi ne ha di più”

Trionfante mostrò allo sguardo allibito, ma interessato della ragazza due enormi dildo di gomma, almeno trenta centimetri, e il diametro di una bottiglietta di birra. ‘Ora ce la giochiamo tra noi due’ proclamò porgendone uno a lei, e coricandosi al suo fianco come per un sessantanove. ‘Fanne ciò che vuoi, io farò lo stesso, qualcuno alla fine chiederà di smettere. Pensi che sarò io?’ aggiunse beffarda.

E leccato avidamente il suo dildo, con estenuante lentezza, si avvicinò al ventre della ragazza, e senza alcun apparente sforzo le infilò l’enorme giocattolo nella spacca.

La ragazza squittì di piacere, e capito il gioco lasciò fare, ed anzi cercò il ventre maturo e nero della matrona. Ma prima di restituirle la cortesia infilandole il membro gigante, optò per un rapporto orale, certo il primo della sua vita dischiudendo le labbra avide presso la fetida spacca della signora. Che apprezzò il gesto e prima di abbandonarsi al piacere volse lo sguardo al ragazzo come a dirgli qualcosa, ma vedendolo ancora spossato, esausto per il piacere avuto, decise di dargli un po’ di tregua. Ci sarebbe stato tempo.

E iniziò un duello indescrivibile: la donna matura, esperta e passionale, la giovane ragazzina acerba ed entusiasta, che infierivano reciprocamente, l’una sul corpo dell’altra con ogni pratica erotica immaginabile (e anche inimmaginabile’), per provocare’ il massimo piacere e sfinire l’altra di piacere.

Impiegò poco la donna maneggiando con perizia il grande dildo nella fichetta stretta della ragazza, a condurla sulla soglia di una nuova serie di orgasmi intensi e susseguenti. L’esile ventre, impalato dall’attrezzo di dimensioni equine, presto rispose con squassanti orgasmi. Ma anche la ragazza, ingolosita dagli umori della matrona, e incuriosita da quell’enorme clitoride, che sembrava quasi un membro maschile, che inaspettatamente le si era rivelato tra le labbra, non tardò a dare il meglio di sé, e la signora, ben lungi dall’essere soddisfatta cominciò a guaire di passione.

La donna stantuffava il dildo, così grande per quella piccola fichetta, le cui mucose già si arrossavano per l’uso inconsueto, e la ragazza straziata godeva come una vacca, ma non per questo si distraeva e, giovane e inesperta come era, si gettava con entusiasmo in ogni impresa le venisse in mente. Così presto passò con disinvoltura dalla spelonca fradicia, all’orifizio anale bollente e odoroso, e con la lingua appuntita prese a penetrare il buchetto, mentre con le labbra avide ne suggeva lo sfintere che si contraeva senza controllo sotto gli spasmi del piacere. E sentendo la signora godere con rantolii neppure umani, volle infierire non dando tregua neppure alla spacca matura, che infilò con il membro rosa elefantiaco che le era stato consegnato. La signora doveva essere adusa al quel giocattolo, ma reagì con un ulteriore aumento di livello di ardore. Ora ruggiva e rantolava senza posa, pareva prossima ad una esplosone di piacere senza precedenti.

E a quella vista il ragazzo parve rianimarsi, ma ora nessuna lo degnava di attenzione, tant’è che lui si limitava ad osservare, percependo una nuova prossima erezione che montava.

Le due donne seguitavano in quel festival di orgasmi animaleschi e sconvolgenti. Ora entrambe si accanivano con gli attrezzi pompando con forza, l’una sulla fica dilatata dell’altra, senza timore di offendere.

La giovane e stretta vagina della ragazzina volgeva già ad un color paonazzo mai visto ma lei seguitava a godere con folle appagamento, cui però subito seguiva nuovo ardore e nuovo piacere. Più lunghi e più profondi gli orgasmi che squassavano il corpo matura della donna, che pareva avere molto ‘fondo’.

Andavano ormai avanti così da oltre un’ora, incalcolabili ormai gli orgasmi della ragazzina, incommensurabili quelli dalla matrona. Sempre entrambe vogliose ed accanite, ad onta di una carne ormai prossima allo sfinimento

Ebbra di piacere ora la donna si dedicava all’ano stretto e roseo della ragazzina, che accolse bene la novità. E godendo e strillando come una troietta decise di alzare il livello tentando l’enorme dildo sullo sfintere della matura rivale.

A quella vista il ragazzo che ormai a fatica mordeva il freno, sentendo un’erezione ormai incontenibile si avvicinò al groviglio ardente di corpi femminili assatanati ed insaziabili, cercando di inserirsi. Osservava il grosso dildo rosa sparire negli anfratti sordidi delle viscere della matura signora, e sognava di emularlo.

Lei ora era stravolta dalla passione, con urla inumane che parevano provenire proprio dalla vagina straziata, il volto ridotto ad una maschera sconvolta rigata di trucco sfatto, ma ancora non cedeva, ancora aveva voglia. E quando approfittando di un attimo favorevole il ragazzo tolse il tempo alla fidanzata e, sfilato il dildo degli intestini straziati e puzzolenti della matrona, ne approfittò per trafiggerle le viscere con il suo membro ardente e pulsante, la donna parve gradire ulteriormente. Vide la ragazza un po’allo stremo e decise di piazzare il colpo finale. Ora toccava a lei impalarla con il membro nero. Appoggiò la punta dell’enorme cappella sul roseo buchetto e spinse con tutta la forza che le restava.

L’urlo che emise la ragazza non pareva neppure umano. E ne era entrato appena una mezza spanna! Prese a rantolare come impazzita, o ferita a morte. Anche la signora, impalata dall’ardore del ragazzo era allo stremo, gli occhi strabuzzati, la lingua fuori, la bava alla bocca, ma godeva come una porca.

Sentendo la vittoria in pugno, decise magnanimamente di sfilare il dildo che aveva orrendamente dilatato il giovane inesperto sfintere della ragazzina, e sostituirlo con qualcosa di più educato: l’uccellone del ragazzo.

Non senza aver fruito degli ultimi colpi di maglio del giovane, e strappatogli un ultimo possente orgasmo, fece cenno al ragazzo infoiato di scambiare buco e dedicarsi alla ragazza. E pascendosi degli ultimi colpi del suo dildo nelle viscere, osservò il giovane bestialmente arrapato posizionarsi dietro alla ragazza ormai distrutta, sfiancata, straziata in ogni orifizio, e senza tante storie impalarla nuovamente incurante del suo membro turgido che si ricopriva del sangue di lei.

Il ragazzo pompava come un animale nelle viscere dalla ragazza ormai sfinita senza voce, senza fiato, carne inerte e flaccida martoriata senza pietà da quel palo possente ed esigente che la massacrava senza pietà infliggendole come una saetta lancinanti frecciate nel profondo degli intestini.

E quando finalmente lui venne, animalescamente, affondando senza pietà, lei pareva come priva di sensi, solo gli occhi sbarrati e folli, davano il senso del suo strazio e del suo piacere.

Con un ultimo urlo lui finì, e la donna guardandolo con passione trasse il suo ultimo suggello di piacere dall’attrezzo che ancora si conficcava nella fradicia vagina.

Rimasero lì, inchiodati dalla loro folle passione per ore. Quasi albeggiava quando provarono ad alzarsi.

Fu la signora la prima a provarci. Distrutta, esausta, dolorante, appagata. Si rizzò sulle gambe malferme, infilò subito gli altissimi sandali e, barcollando prese a cercare i vestiti, dispersi sul prato in una notte di folle passione.

Trovò le calze, distrutte, le gettò. Infilò reggicalze a reggiseno nella borsetta, non aveva voglia di indossarli. Non trovava invece il perizoma di perle, e quando scorse le mutandine di cotone della ragazzina, le allontanò con disprezzo: ‘Se trovi le mie, indossale tu’ la apostrofò.’ La ragazza, distesa a terra, ancora stremata, annuì.

Infilò la gonnina stazzonata, si appoggiò la giacchetta sulle spalle, decise che era sufficiente, e se avesse incontrato uno spazzino per le strade’, beh, meglio per lui.

Dall’alto dominanva i ragazzini ancora a terra.

‘Domani sera il professore, mio marito, sarà all’estero per una conferenza’ Venitemi a trovare, posso offrirvi anche una tazza di the’, li apostrofò maliziosa.

Non ci fu bisogno del loro assenso.

Si avviò a casa ondeggiando sui tacchi.

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