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I’M ON FIRE (Titolo ispirato alla canzone di Bruce Springsteen)

Ci troviamo in un cinema buio, una sera d’autunno. In sala ci sono pochissimi spettatori, l’atmosfera sembra fatta apposta per ciò che abbiamo intenzione di fare.
Scegliamo di sederci al centro dell’ultima fila in alto, in disparte, tanto ci importerà poco del film.
Ci accomodiamo e le luci si abbassano.
Comincia la proiezione, in platea cala il silenzio.
Il volume del film riempie la sala.
Ti prendo la mano e me la porto sul ginocchio. Indosso un abito corto, attillato e nero, come piace a te, con calze velate e stivali che mi fasciano i polpacci. Tu indossi una camicia bianca ed un paio di pantaloni casual.
Cominci ad accarezzarmi la gamba con tocchi dapprima leggeri e poi sempre più decisi. Appoggio la mano sulla tua e me la trascino fra le cosce. Scopri che indosso le autoreggenti, col pizzo che ti solletica le dita.
“Ho voglia che mi tocchi”, ti dico.
“Ho voglia che tu mi porti ad un livello di eccitazione insostenibile.”
Non te lo fai ripetere due volte. Sposti la mano sopra l’orlo delle calze, fino a raggiungere gli slip, percependo il mio calore attraverso la stoffa.
“Sei già eccitata…”, mi sussurri all’orecchio con tono soddisfatto.
Ti guardo. Nella penombra della sala, riesco a percepire il tuo sguardo sornione. Ti bacio, quasi a voler confermare le tue parole.
“Vuoi sentire quanto lo sono?”
Ti chiedo ammiccante.
Non mi rispondi. Sposti lo slip di lato e cominci a muovere le dita sul pelo della mia fica. Ansimo. Cerco di trascinare le tue dita dentro di me, ma tu non assecondi il movimento della mia mano e rimani in superficie, sfiorandomi la fessura.
Ci guardiamo. Il mio sguardo sta perdendo lucidità, annebbiato dall’eccitazione; il tuo è sicuro, hai in mano il potere e questo ti piace.
“Hai preso alla lettera la mia richiesta”, biascico io.
Mi sorridi. Continui ad accarezzarmi con le dita, in maniera leggiadra ed a tratti decisa, come fai sulla tastiera del pianoforte. Sono come uno strumento, sotto il tuo tocco sapiente; i musicisti hanno una sensibilità particolare nel dirigere le proprie mani, in quell’attimo ne sono ancora più convinta.
Non so per quanto tempo insisti a sfiorarmi, sto perdendo ogni cognizione, sento solo la mia voglia crescere a dismisura.
“Infila le dita dentro di me, ho bisogno che tu le infili dentro di me…”, la mia supplica rimane strozzata in gola ed inascoltata. Hai deciso di farmi soffrire, di farmi perdere la testa, solo sfiorandomi con le dita. Sto andando letteralmente a fuoco, brucio dal desiderio.
Non mi permetti neppure di toccarti. Posso solo immaginare il rigonfiamento dei tuoi pantaloni a livello dell’inguine. Immaginare e basta, senza poter vedere e tastare, è devastante; non fa che aumentare la mia arsura e la mia voglia di godere.
Ringrazio che il volume del film sia abbastanza alto, da riuscire a mimetizzare i miei gemiti. Però non ce la faccio più, la danza incompiuta delle tue dita mi sta annebbiando sensi e cervello. Sento la mia fica gonfiarsi a tal punto da provocarmi piccole fitte di dolore; non puoi essere così crudele, non puoi ignorare la mia urgenza di godere.
Finalmente decidi di spingerti oltre. Un sussulto ed un gemito più rumoroso dei precedenti ti fanno capire quanto la tua decisione mi stia compiacendo. Comincio a muovere il bacino sulla poltroncina, sono talmente bagnata che lascerò sicuramente traccia di me sul velluto verde. Ma non me ne frega nulla, ormai ho solo voglia di godere. Ora la tua mano è decisa, le tue dita perlustrano totalmente la mia femminilità, senza indugiare. Mi penetri con un dito. Sensazione devastante, lancio un mezzo urlo. Devo cercare di trattenermi e quella necessità mi rende la situazione ancora più eccitante.
“Non ce la faccio più, non ce la faccio più…”, sembro quasi singhiozzare.
“Sei fradicia…”, mi sussurri, “sei tanto bagnata e aperta, che, se infilassi la mano per intero dentro di te, non te ne accorgeresti neppure”.
“Fammi godere, dai!”, ti supplico io.
Scivolo in avanti sulla poltroncina, allargando quanto più posso le gambe, per accogliere le tue dita grondanti. Il loro ritmo dentro di me aumenta vertiginosamente, la mia vista si annebbia, serro gli occhi e finalmente le onde di un orgasmo dirompente mi sconquassano. Urlo. Non riesco ad evitarlo. Tu mi tappi la bocca con un bacio, per fare in modo che gli spettatori seduti qualche fila più giù non si accorgano di ciò che sta succedendo.

Quando riprendo il controllo di me, ti guardo e ti domando: “E adesso? Che cosa dovrei fare io adesso per fartela pagare?”.
Non mi rispondi, ti limiti a sorridere beffardo. Poi ti porti le dita al naso e le annusi. Adoro il tuo sguardo, quando mi fissi così, quando ogni tabù lascia il posto alla voglia di godere.
Mi porto la tua mano alle labbra e comincio a leccarti le dita, il sapore acre del mio sesso mi pervade la bocca. Ti slaccio due bottoni della camicia e comincio a baciarti. Ti accarezzo il torace, sfiorando delicatamente i capezzoli del tuo petto, poi scendo più giù, per tastare finalmente il tuo sesso. Non rimango delusa, il rigonfiamento fra le tue gambe mi dice quanto tu ti sia eccitato durante il nostro gioco.
Ti strofino l’inguine. Adoro sentire il tuo cazzo crescere sotto la stoffa dei pantaloni, prima di slacciarli.
“Voglio giocarci un po’ io, adesso.”
Ti piacciono le mie carezze. Me ne accorgo dal tuo fiato sempre più corto. Ti massaggio vigorosamente, immagino il tuo sesso già arrossato in punta.
“Vuoi che te lo tiri fuori? Ti va? Dimmelo…dimmi quanto ti va…”.
Mi accarezzi il viso, guardandomi dritto negli occhi. Ora lo sguardo annebbiato è il tuo.
Ti sbottono i pantaloni, le mie dita sfiorano la stoffa umida dei tuoi boxer.
“Sì”, ti sussurro io,”sei eccitato. Come piace a me…”
Te lo accarezzo ancora, in tutta la sua lunghezza. Ma non te lo tiro fuori. Mi sposto per quanto possibile verso di te sulla poltroncina, mi abbasso e con le labbra ed i denti tasto delicatamente la tua eccitazione. Non sono sadica come te e decido che è il momento di tirartelo fuori. Ti chiedo di abbassarti i boxer e lui scatta sull’attenti come un soldatino.
Eccolo. Turgido. Il tuo sesso è tutto per me. Posso decidere di ignorarlo oppure di ingoiarlo. Riprendo ad accarezzartelo, il contatto con la sua pelle liscia e calda mi eccita. Tu gemi, confermandomi che stai gradendo le mie attenzioni. Ti sfioro le palle, ti accarezzo il cazzo in tutta la sua lunghezza, quasi a volerne pregustare consistenza e sapore. Ti voglio. Ora. Sei una calamita per me, non riesco ad indugiare come hai fatto prima tu con me.
Mi abbasso su di lui e lo lecco, con piccoli guizzi della lingua, soffermandomi sulla cappella gonfia. Ti sento gemere, sospirare e la tua mano sulla mia testa mi assicura che sto facendo ciò che desideri. Sono eccitata anche io, sentendoti così grosso e duro nella mia bocca. Lo lecco, lo accarezzo e lo faccio ritmicamente sprofondare in gola, regalandoti un pompino che ti manda in estasi. Tra i sospiri, ti sento pronunciare il mio nome e poi sconcezze varie.
“Fammi venire, dai, ho voglia di sborrare, non ce la faccio più…”.
Sollevo la testa dal tuo cazzo, per guardarti. Hai gli occhi socchiusi, ti mordi il labbro e gemi forte. Ti bacio, ho voglia di sentire il sapore della tua bocca. Poi mi calo di nuovo su di lui e lo faccio sparire in bocca. La tua eccitazione mi spinge a proseguire, sento che stiamo imboccando la via del piacere senza ritorno, quella in cui è impossibile fermarsi e trattenersi.
Tu vuoi esplodere. Io voglio sentirti. Non conta altro in quel momento.
Così avviene.
Sento un movimento deciso del tuo bacino, il tuo cazzo inturgidirsi ancora di più e il tuo piacere inondarmi la bocca. Ti lascio sborrare completamente così, assecondando il flusso delle contrazioni, tra i nostri gemiti soffocati.
Rimaniamo fermi. Un istante.
Un attimo per riprendere il controllo.
Mi ripulisci le labbra con un bacio. Dobbiamo ricomporci. La fine del primo tempo del film è imminente. Quando le luci in sala si accendono, ci scambiamo un sorrisetto complice.
Ti guardo con gli occhi luminosi e ti domando: “Che dici? Vogliamo fermarci anche per il secondo tempo?”

laras72@hotmail.it

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