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In ospedale (prima parte)

By 19 Agosto 2021No Comments

Dell’incidente non ricordo quasi nulla.
La frenata, quella si’. Un rumore secco, molto sordo, mentre andavamo a sbattere contro il muro. Poi basta, non un suono, un odore. Non ricordo le grida, il fuoco, le sirene, la corsa verso l’ospedale. Nulla. me lo hanno raccontato, ovviamente, ma e’ come se fosse successo ad un’altra.
Sono bloccata a letto, in una stanza singola di quella che sembra essere un piccolo ospedale di provincia. Nessuno mi ha ancora detto dove mi trovo esattamente, credo di essere arrivata ieri notte, e mi devono aver sedata per vincere il dolore in attesa dell’operazione. Almeno cosi’ mi ha detto l’infermeria che ho visto questa mattina.
Femore e due costole rotte, bruciature su tutto il corpo.
Mi giro piano e noto la cannula inserita in introvena a sinistra. La piccola borsa appesa al mio letto lascia cadere lente gocce nella cannula: un sedativo, certamente. Il mio braccio destro e’ completamente bendato e in qualche modo bloccato, forse con una stecca. Insomma, sono immobilizzata a letto, ma per fortuna al momento non sento dolore.

La finestra e socchiusa, il caldo estivo entra nella stanza, dove non sembra esserci aria condizionata. Sento ora dei passi affrettati nel corridoio, e la porta della mi stanza si apre, lasciando entrare un signore sulla quarantina, con veste bianca e zoccoli bianchi. Non e’ un vero e proprio camice da medico, si tratta di un infermiere.
Si avvicina rapido al letto, con un gran sorriso.
“Buongiorno signora, come si sente?”
“Non ho dolore, grazie. Mi avete sedata, immagino?”
“Si’ certamente, protocollo standard in questi casi. Ha avuto una bella botta, ed e’ stata anche parecchio fortunata, sa?”
Io annuisco.
Lo guardo meglio. Alto e magro, con due braccia forti abituate a sollevarmi pesi o pazienti. Vagamente abbronzato, e con due occhi vispi che ispirano fiducia.
“Ora dovrebbe riposare ancora, piu’ tardi passera’ il medico,” disse.
“Mi dovrete operare?”
“Temo di si’. Ma il medico le dira’ tutto. Per il momento, ci chiami se il dolore dovesse aumentare, possiamo sempre aumentare un po’ la dose di antidolorifico”
Lo guardo e sorrido.
Lui ricambia il sorriso, e prima di voltarsi, noto che il suo sguardo si posa velocemente sul mio petto. Poi lo vedo girarsi e uscire dalla stanza con la stessa velocità’ con cui era entrato.

Io sono sui trenta (l’eta’ esatta non ve la dico) e ho sempre saputo di avere un bel seno. Una quarta molto ben tenuta. Palestra, ovviamente, ma anche tanto ghiaccio quando serve. Quanto posso, prendo il sole in topless, dunque le mie poppe non solo sono belle sode, ma anche magnificamente abbronzate.
Sono sicura che prima di uscire, l’infermiere non ha resistito e ha buttato un bello sguardo. Vedo che la camicia fornita dall’ospedale era leggermente slacciata e il mio cleavage ero bello in mostra. Un po’ troppo, forse. Sono abituata, ovviamente, e devo dire che le attenzioni dei maschi nei riguardi delle mie tette non mi dispiacciono.

La giornata passa noioso, e io mi dimentico completamente dell’accaduto. Un po’ dormo, un po’ guardo la piccola televisione in camera, un po’ sfoglio una rivista che trovo sul comodino.
Nel tardo pomeriggio, ecco il medico. Sulla sessantina, con una bella panciona, e anche lui con un gran sorriso amichevole. Si avvicina, guarda la mia cartella, mi guarda la gamba, le bende del braccio e mi punta della luce negli occhi. Una visita veloce.
“Il sedativo funziona, signora?”
Io annuisco.
Vedo che anche lui spesso posa lo sguardo sul mio seno. Questa volta la camicia e’ bella chiusa, ma si vede comunque che delle gran tette si nascondono timidamente li sotto.
“Cerchi di farsi una bella dormita questa notte, domani le parlerò’ dell’operazione”
“Bene, grazie,” rispondo mentre scendo la sonnolenza aumentare.
Ancora uno sguardo al mio petto, questa volta piu’ lungo. Poi si allontana anche lui.

Quella sera mi addormentai subito dopo cena.
Quando mi risvegliai, pensavo fosse già’ mattina.
Mi giro per guardare l’orologio sul comodino, e vedo che sono solo le 2:30. Poi mi blocco.
Sento un rumore, un respiro forse.
E’ tutto buio, non vedo nulla.
Eppure si’, questo è’ un respiro, anche abbastanza veloce.
Guardo meglio, e mi sembra di vedere un’ombra umana seduta nella poltrona di fronte al mio letto.
Sento il cuore battere forte, e d’istinto chiamo: “Chi e’?”
Nessuna risposta. Ora sono convinta che c’e’ qualcuno in camera, seduto in silenzio e nell’ombra, di fronte al mio letto. Mi guarda.
Sento un po’ di freddo. Mi guardo e scopro che la camicia e’ completamente sbottonata, con le mie tette libere di farsi ammirare. Faccio per muovere il braccio buono, ma mi accorgo che e’ bloccato al letto da una cinghia.
Sono legata?
“Hey!” Grido io.
La figura si alza.
“Cosa succede? Chi sei?”, grido ancora.
La figura si avvicina nella penombra.
Si avvicina al letto e senza dire una parola, mette una mane forte sulla mia tetta destra.
E’ l’infermiere, ora lo riconosco.
“Che fai? Lasciami subito!”, grido.
“Zitta, vacca!”, mi sento rispondere con un tone forte, aggressivo ma anche eccitato.

[…]

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A presto!
Mara

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