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Racconti Gay

Michele

By 4 Novembre 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

Talvolta è veramente incredibile ed inspiegabile come, nella vita, non si smetta mai di imparare cose nuove. Soprattutto su se stessi.
Mi presento. Mi chiamo Stefano. Abito in un paesino alle porte di Novara. Uno di quelli in cui ci si conosce tutti. Mi sto avvicinando a quello che spesso definisco, scherzando, il mio ‘gran premio della montagna’. Gli appassionati di ciclismo sapranno certamente che il gran premio della montagna è il punto più alto di un determinato itinerario. Solitamente un colle. Fin lassù si arriva in salita, con fatica. Misurandosi, metro dopo metro, con i propri limiti e con le proprie energie. Cercando di capire ‘ e, quindi, di conoscere ‘ quanto ancora abbiamo da dare. Se ce la possiamo fare ad arrivare fin lassù.
Poi, finalmente, si arriva in cima. E, da quel punto, comincia la discesa. Verso il traguardo.
Ecco, i quarant’anni, rappresentano proprio il gran premio della montagna nella vita di ciascuno di noi. Tra l’altro, statistiche alla mano, rappresentano (più o meno) anche la metà della vita media di un uomo.
Io sto per arrivare alla fine della mia salita. Sono all’ultimo chilometro. Ormai dovrei conoscermi. Dovrei sapere quasi tutto di me stesso. Almeno così credevo. E invece no. E quello che sto per raccontarvi ne è la prova.
La vita di una persona, a quarant’anni, è, solitamente, abbastanza delineata. Ciascuno di noi, a quell’età, dovrebbe già avere il suo solco da seguire. Ed io rientro in quella parte di abitanti dello stivale che ha (o, forse, aveva) una vita piuttosto ‘regolare’.
Famiglia, figli, lavoro, amici. Partitella di calcetto ogni venerdì sera. Week-end nella casa al mare in Liguria.
E, devo dire, che mi va (o, forse, mi andava) benissimo così. Non ho mai sentito la necessità di ricercare altro. Non ho mai avuto relazioni extraconiugali. Ho una moglie bellissima. Più giovane di me di dieci anni. Alta quasi quanto me. Che pure sono alto 182 cm. Una di quelle che, quando cammina per strada, fa voltare le persone. Specie quando si veste in un certo modo.
Ed io ho sempre provato piacere nel vedere l’invidia dipinta sul volto delle persone che incontriamo per strada. Specie di quelle che non tolgono gli occhi di dosso da mia moglie. E che sicuramente vorrebbero portarsela al letto.
Anzi. Ho sempre richiesto a mia moglie di acquistare vestiti di un certo tipo. Di indossare scarpe di un certo tipo. E lei, che pure ci tiene ad apparire sempre al meglio, mi accontenta regolarmente.
Adoro vedere la mia donna con le gambe scoperte. Che indossa una minigonna. Con le gambe fasciate in collant velatissimi. E con ai piedi scarpe con il tacco altissimo.
E a mia moglie piace vestirsi così.

Poi, circa sei mesi fa, un pomeriggio stavo cercando uno ‘strumento di lavoro’ (anche se io direi ‘di tortura’) che io e mia moglie abbiamo deciso di condividere.
Tra poco vi dirò di cosa si tratta. Ma prima vi voglio raccontare di quando mia moglie, tempo fa, ha preso la decisione che nel mio corpo ci fosse qualcosa di troppo. No, non pensate male. Mi riferisco ai peli’
Una sera, circa un anno fa, se ne è uscita dicendo:
‘Stefano, che ne dici se domani facciamo un salto da Gaia?’.
Gaia è una nostra amica. Gestisce, insieme a tre dipendenti (due ragazze ed un ragazzo) un centro estetico a Milano.
Mia moglie mi aveva appena proposto (o meglio, ordinato) di depilarmi completamente!
Non che io fossi ricoperto da una folta pelliccia, intendiamoci. Però, sul petto, sulle gambe e sulle braccia, qualcosina c’era.
Conclusione? Oggi sono completamente glabro e, mai lo avrei pensato, mi piace esserlo.
E per questo quel pomeriggio di circa sei mesi fa stavo cercando il silk epil. Il mio strumento di tortura. Chi di voi lo ha provato capisce perfettamente perché’
Dovevo (e volevo) ripassare le gambe. Che, ormai, mi ero abituato ad avere lisce.

‘Ma dove lo avrà messo?’ mi stavo chiedendo quel pomeriggio.
Poi ho provato a vedere nel cassetto del comò di mia moglie, dove spesso infila distrattamente ogni cosa.
Infatti era lì. E, nel prenderlo, le mie dita hanno sfiorato un paio di collant di Valeria.
Non era certo la prima volta che mi capitava di toccare un paio di collant. Ma quella volta, vai a sapere perché, mi è venuta la curiosità di prenderli in mano.
La prima cosa che ho fatto è stata quella di annusarli. Poi, però, li ho rimessi subito nel cassetto e sono andato in bagno. A depilarmi le gambe. Il resto del corpo era già perfettamente liscio. Solitamente, mentre faccio la doccia, ripasso il mio corpo con il rasoio. Ma ho scoperto che, utilizzando il silk epil, i risultati, specie in ordine di tempo, sono decisamente migliori.
Poi, vai a sapere perché, mi è tornata quella strana curiosità.
Ero tutto nudo (indossavo solo un paio di boxer). Sono tornato in camera da letto e ho ripreso in mano quei collant.
Mi sono buttato sul letto e ho sfilato i boxer. Mi è sempre piaciuto girare per casa completamente nudo. C’è stato un periodo, prima che nascesse nostra figlia, che io e Valeria giravamo per casa completamente nudi. Per convenzione avevamo deciso che io dovessi indossare un paio di infradito e lei un paio di sandali, senza cinturino, con tacco alto e con un piccolo puff sulla fascetta che tratteneva le dita del piede.
Ma torniamo a me.
Nudo, sdraiato sul letto, ho sentito il bisogno di indossare quei collant!
E sapete una cosa? Appena ho visto il mio piede fasciato in quei collant color carne ho cominciato ad eccitarmi. Mi stava venendo duro!!!
Ho continuato ad indossare i collant. E, quando tutte e due le gambe erano completamente fasciate, il mio membro era già abbondantemente bagnato di liquido pre spermatico.
‘Cosa mi sta succedendo?’ mi sono chiesto.
Il mio membro mi implorava di essere toccato. La mia ragione mi diceva di smetterla lì.
Come è finita? Mi sono masturbato eiaculando una enorme quantità di sperma, tutto sul mio addome.
Mi sono sfilato i collant ed, anziché rimetterli al loro posto, li ho infilati nel mio cassetto, ben nascosti tra calzini e boxer.
Per il resto della giornata ho pensato molto a quanto avevo fatto. Provavo un po’ di vergogna. Ma, soprattutto, ricordavo l’enorme quantità di piacere che quell’esperienza mi aveva procurato.

E così, due giorni dopo, trovandomi nuovamente solo in casa, ho tirato fuori dal mio cassetto i soliti collant. Questa volta sono riuscito ad indossarli completamente. Vedere le mie gambe velate e sentire il piacere che provavo strofinandole tra di loro mi ha fatto nuovamente e violentemente indurire il pisello. Ma ho aspettato a dargli soddisfazione.
Mi sono alzato dal letto ed ho passeggiato un po’ per casa indossando solo i collant. Sono andato nello stanzino in fondo al corridoio ed ho preso un paio di scarpe di mia moglie. Rigorosamente con il tacco altissimo. Ho provato ad infilarle ma erano molto più piccole del mio numero.
Però semplicemente immaginare il mio piede che indossava un paio di sandali da donna (peraltro molto sexy) ha provocato in me la necessità di masturbarmi rapidamente.
Mi sono seduto su una sedia in cucina ed ho poggiato le scarpe di mia moglie sul tavolo.
E, fissandole con gli occhi ed immaginando di indossarle, mi sono dato piacere.
Incredibile!!! Come vi ho detto mi è sempre piaciuto vedere la mia donna indossare lingerie, tacchi a spillo e vestiti sexy. Ora cominciava a piacermi anche vedere me stesso con gli stessi capi di abbigliamento!

Mi piacerebbe raccontarvi tutte le emozioni e tutte le sensazioni che ho provato nei due mesi successivi.
Ma, per lasciare più spazio alla descrizione di quanto racconterò a breve, mi limiterò a dirvi che, in quei due mesi, qualcosa di nuovo, inaspettato e imprevisto (e imprevedibile) è accaduto, fuori e dentro di me.
Ho scoperto di provare piacere ad indossare biancheria intima femminile. Di provare piacere a vestirmi da donna. Di provare piacere ad indossare scarpe da donna con il tacco altissimo.
In quei due mesi ho speso un sacco di soldi per costruire il mio guardaroba segreto.
Inizialmente appoggiandomi a quei negozietti di quartiere gestiti da cinesi (dove, comunque, trovi un po’ di tutto: parrucche, collant, autoreggenti, vestiti, articoli di bigiotteria, ecc.). Poi, necessariamente, appoggiandomi a qualche sexy shop (ed a Milano ce ne sono di rifornitissimi). Per poi concludere con i sexy shop on line. Che ti spediscono tutto a casa. In totale e completo anonimato.
Dopo due mesi ero riuscito a mettere da parte materiale a sufficienza per potermi permettere di vestirmi da donna, sia in maniera elegante, sia in maniera provocante.
Ed in quei due mesi avevo avuto la possibilità di provare tutto quanto ero riuscito a comprare.
Appena rimanevo solo in casa iniziavo la mia trasformazione. Mi spogliavo e cominciavo a diventare una donna.
Completata l’opera mi specchiavo e rimanevo stupito. Credo che se fossi uscito di casa vestito in quel modo nessuno mi avrebbe riconosciuto. Ed anzi credo che avrei suscitato negli uomini sensazioni molto simili a quelle che, solitamente, suscitava mia moglie quando passeggiava con me.

I genitori di Valeria abitano in un paesino in provincia di Milano. Spesso vengono a trovarci. Raramente andiamo noi da loro.
Poi, circa quattro mesi fa, la mamma di Valeria ha subito un piccolo intervento chirurgico. Nulla di grave. Ma, per un po’, non sono potuti venire a trovarci con la solita regolarità. Finché un giorno Valeria mi ha comunicato che il prossimo fine settimana sarebbe andata lei a trovare sua madre. Già sapeva che a me non avrebbe fatto molto piacere andare fin laggiù. Né ha provato a coinvolgermi nell’iniziativa. Si è presa Martina (nostra figlia) e, nella mattinata di un sabato primaverile, se ne è andata a casa dei suoi. ‘A domani sera’ mi ha detto chiudendo la portiera della macchina.
Tornato in casa sono andato in bagno e mi sono specchiato. Mi sono guardato negli occhi e mi son detto: ‘Ora o mai più’.
La decisione era presa. Quel giorno di metà maggio avrei provato la mia prima uscita pubblica in abiti femminili!!!
Ma dove andare e cosa fare ancora non mi era chiaro.
Nel dubbio sono andato, nel primo pomeriggio, in un cinema a luci rosse di Milano ed ho acquistato un biglietto per lo spettacolo delle venti.
La cosa non mi allettava per niente, ma non mi sono venute idee migliori.
Alle 18:30 è cominciata la mia trasformazione.
Per prima cosa ho applicato lo smalto sulle unghie dei piedi. Ho messo una smalto viola chiaro. Che usa spesso mia moglie. Poi ho atteso che asciugasse.
Ho indossato un paio di autoreggenti. Nere e velate. Un perizoma nero, con un minuscolo triangolino a rete a cercare di trattenere il mio membro ed un filo sottile, di dietro, in mezzo alle natiche. Sopra ho infilato un reggiseno imbottito ad hoc con della spugna.
Poi è cominciata la parte più difficile della trasformazione: il trucco. Ma devo dire che, alla fine, il risultato è stato decisamente al di sopra delle mie aspettative.
Fondotinta, rossetto, matita intorno agli occhi, ombretto, mascara e cipria è tutto quello che ho usato.
Poi ho indossato la parrucca. Ho optato per una con capelli neri, lisci e lunghi.
Poi mi sono vestita. Gonna corta fino a metà coscia. Nera. Con uno spacco dietro, centrale.
Maglia aderente, anch’essa nera. Che esaltava la forma del seno finto. Un po’ accollata e senza maniche. Una collana di perle adornava il collo.
Infine ho infilato un paio di decolletè. Tacco alto 15 centimetri. Leggermente aperte davanti.
Mi sono specchiato. Non credevo che potessi essere io. ‘Questa è proprio una donna!’ mi sono detto. Ed allora dovevo trovare anche un nome da donna adatto a me. Ho scelto Valeria. Il nome di mia moglie.
Ho concluso l’opera indossando bracciali, orecchini a clip e anelli. Per ultimo ho messo lo smalto sulle unghie delle dita delle mani. Rosso.
Sono uscita di casa salendo direttamente in auto. Erano le 19:30 di sabato. Stava iniziando la mia nuova, prima esperienza pubblica ‘en femme’.

Alla fine ho deciso di non andare al cinema. Mi sembrava troppo banale.
Devo dire che guidare con i tacchi alti non è affatto facile. Ma mi sono abituata in fretta. Guidavo e guardavo le mie gambe velate. E già mi stavo eccitando.
Non avevo un piano ben preciso. Non sapevo dove andare e cosa fare.
D’istinto ho optato per una strada appartata. Di quelle fiancheggiate da capannoni industriali. Dalle mie parti ce ne sono molte.
Ho parcheggiato lungo il marciapiede ed ho spento il motore. Ho aspettato un po’. Iniziava a fare buio. C’erano delle macchine abbandonate parcheggiate lì vicino. Non si vedeva nessuno.
Ho fatto un respiro profondo, ho aperto lo sportello e sono uscita.
Ero in mezzo alla strada, vestita da donna. Ed era fantastico.
Ho chiuso la macchina ed ho poggiato le chiavi sopra la ruota.
E, piano piano, mi sono allontanata.
Mi piaceva camminare con i tacchi alti. Più mi allontanavo dalla macchina più acquistavo sicurezza. Non mi sentivo affatto a disagio. Anzi, mi dispiaceva che non ci fosse nessuno a vedermi.
E, neanche a farlo apposta, ecco che da una porta di uno di quei capannoni industriali sono usciti due uomini. Due operai, sicuramente. Fumavano e ridevano. Distavano da me circa venti metri. E, soprattutto, erano tra me e la mia auto. Cioè, passeggiando avevo già superato quella porticina. E dovevo per forza ripassare da lì per tornare verso la mia macchina.
‘E adesso cosa faccio?’ mi sono chiesta. ‘Mi sa che ho fatto una cazzata”.
Due erano le possibilità: fare il giro dell’isolato o tornare indietro passando praticamente accanto a quei due uomini.
Che, nel frattempo, si erano accorti di me. Avevano smesso di ridere e mi fissavano.
‘Chissà cosa staranno pensando?’ mi sono domandata’
Ho valutato rapidamente le due ipotesi ed ho optato per la seconda.
Anche perché fare il giro dell’isolato avrebbe significato camminare per strade trafficate (da auto e da pedoni) e, soprattutto, camminare per chissà quanto su quei tacchi altissimi.
I due uomini continuavano a fissarmi. Ogni tanto si scambiavano qualche cenno di intesa.
Ho preso coraggio e sono tornata indietro. L’unica precauzione è stata quella di attraversare la strada e passare sul marciapiede dal lato opposto.
Il cuore batteva a mille. Ma la cosa che mi ha sorpresa e stupita di più è stata quella di sentire il mio uccello irrigidirsi.
Cioè mi stavo eccitando. E credo che non sono riuscita neppure a tenerlo nascosto. La forma del mio pisello era chiaramente visibile sotto la minigonna.
Non so se quei due uomini abbiano capito chi realmente fossi. Non so se si siano accorti della mia eccitazione. Ma quando gli sono passata davanti ed ero a pochi metri da loro mi sono sentita spogliata con gli occhi. Ho la presunzione di ritenere che per quei due uomini io fossi semplicemente una donna, chissà per quale motivo in quella strada e vestita in quel modo.
Non mi hanno detto o chiesto nulla. Non mi hanno tolto gli occhi di dosso finché non ho raggiunto la mia auto. Quando mi sono piegata per recuperare le chiavi ho volutamente cercato di far vedere a quegli uomini che indossavo delle autoreggenti. Ho proteso il sedere verso l’alto. Ho piegato solo il busto. Io stessa vedevo il bordo di pizzo delle autoreggenti uscire vistosamente dalla minigonna che indossavo.
Poi sono salita in macchina e sono partita, ripassando davanti a quei due operai.

Ero eccitatissima. La minigonna aveva una piccola macchia in corrispondenza del mio uccello. Si era bagnata. Sentivo la necessità di menarmi l’uccello. Ma non volevo ancora.
Ho guidato per un po’ senza una meta. Ormai era buio.
E’ stato un fulmine. Ma il pensiero che mi è venuto in quel momento è stato talmente forte che ho dovuto rallentare e fermarmi.
Sentivo la necessità di completare l’opera. Quei due uomini avevano fatto nascere in me la voglia di sentirmi veramente e completamente donna. E, per sentirsi veramente e completamente donna, non basta uscire in abiti femminili. No, per sentirsi veramente e completamente donna bisogna fare l’amore con un uomo.
Ecco. In quel momento desideravo fare l’amore con un uomo.
Ma dove trovarlo? Chi? E, soprattutto, quando?
Michele!!! Mi è tornato in mente improvvisamente. Michele è il ragazzo che lavora da Gaia. La mia amica del centro estetico.
Il giorno che sono andato a depilarmi completamente speravo che una delle due ragazze che lavorano da Gaia si prendesse cura di me. Invece quel giorno c’era solo Michele e così è toccato a lui occuparsi di me.
Sapevo già che Michele era gay. Ma non pensavo che ci potesse provare con me proprio sul posto di lavoro!!! Per di più conosceva benissimo mia moglie e sapeva che eravamo amici della sua titolare.
Ma non si è fatto problemi. Mi ha detto apertamente che gli piacevo. Che ogni volta che accompagnavo mia moglie nel centro estetico la mia presenza turbava le sue giornate.
Avrei potuto alzarmi di scatto e andarmene. Andare da Gaia e dirgliene quattro.
Ma poi ho pensato che quando accompagnavo Valeria in quel posto lei richiedeva insistentemente di essere seguita da Michele. Perché, diceva lei, era il migliore nel suo campo. Ed io, sapendo che era gay, non mi preoccupavo più di tanto.
Ho detto a Michele di smetterla. Che non mi interessava affatto. E di limitarsi a fare bene il suo lavoro.
E così ha fatto. E’ stato bravissimo. Talmente bravo che alla fine mi sono permesso di chiedergli il numero di cellulare per fissare i prossimi appuntamenti. Lo avrei chiamato prima per sapere se fosse stato in servizio e ci saremmo messi d’accordo su quando incontrarci. Siamo diventati amici.

Ora avevo il cellulare il mano e sul display c’era scritto ‘Michele’.
Ho contato fino a tre ed ho premuto il tasto di invio chiamata.
Michele ha risposto al quinto squillo, quando ormai ero certa che non mi rispondesse più.
‘Ciao Stefano!’ ha risposto. E si sentiva che era contento di aver ricevuto quella telefonata. ‘Devi venire a fare qualche trattamento?’
Non sapevo cosa dire. Stavo per riattaccare quando dalla mia bocca sono uscite le seguenti parole: ‘No, cioè si, cioè no’scusami Michele. E’ che pensavo se era possibile incontrarci un attimo”.
‘Cosa ti succede Stefano? Si, certo che possiamo incontrarci. Richiamami domani mattina e vediamo di fissare un appuntamento per la prossima settimana’.
‘Si, va bene’anzi, io mi chiedevo se era possibile vederci adesso”.
‘Adesso? Ma stai bene, Stefano? Così mi fai preoccupare. Cosa è successo?’
‘No, niente. Ma se sei impegnato facciamo un’altra volta’.
‘Guarda, stavo uscendo con alcuni amici. Ora gli telefono e disdico l’appuntamento. Ti aspetto a casa mia. Sai dove abito?’.
L’ho ringraziato. Mi ha dato l’indirizzo e sono partita verso casa sua. Un’ora e mezza dopo ero sotto un condominio della periferia sud est di Milano.
Fissavo le finestre illuminate chiedendomi quali fossero quelle dell’appartamento di Michele. Mi chiedevo cosa potesse succedere, nelle prossime ore, dentro quell’appartamento che, a breve, avrei raggiunto.
Poi, guardandomi vestita in quel modo, non ho faticato molto ad immaginare cosa sarebbe accaduto. E che poi era proprio quello che in quel momento desideravo di più.
Che poi è quello che è accaduto veramente.
Con mille dubbi in testa sono scesa dalla macchina guardandomi intorno con attenzione. Non c’era nessuno. Ho citofonato. Michele mi ha aperto il portone dicendomi di abitare al quarto piano, cioè l’ultimo.
‘Cazzo! L’ascensore è occupato’ mi son detta mentre ormai stavo prendendo la decisione di salire a piedi.
Ma, proprio in quell’istante, si è aperta la porta automatica dell’ascensore.
C’era una coppia. Grosso modo della mia età. Mi hanno salutato con educazione facendomi segno di entrare pure in ascensore. Ho fatto un sorriso ed un cenno di ringraziamento con la testa e sono entrata in ascensore. Dallo specchio interno non mi è sfuggito che l’uomo si è voltato a guardarmi con interesse. Fissando principalmente le mie gambe.
Poi ho premuto il tasto del quarto piano.
Vergogna, paura, emozione ed eccitazione erano le sensazioni che provavo in quel momento.
L’ascensore si è fermato. Le porte automatiche di sono aperte. Mi sono ritrovata su un pianerottolo con tre porte. Tutte chiuse. Ho letto i cognomi sui campanelli ed ho suonato a quella di Michele.
Dall’appartamento proveniva della musica. Mi sembra che fosse una canzone di Mia Martini.
‘Ciao Ste”. Le parole gli sono rimaste strozzate in gola. Non riusciva a capire cosa i suoi occhi stessero vedendo.
Poi deve aver realizzato.
Mi sono soltanto permessa di dirgli: ‘Ciao Michele. Vorrei soltanto che tu mi chiamassi Valeria. Posso entrare?’.

Gli occhi di Michele hanno cominciato a brillare. Era scalzo. Indossava una tuta aderente. Era, tuttavia, un bel ragazzo.
Si è spostato e, senza dire una parola, mi ha fatto cenno di entrare. Sorrideva.
‘Ci ho sempre sperato, lo sai. Ma non credevo che potesse succedere così”. Sono state le prime parole che mi ha detto dopo avermi accompagnata per mano fino in salone.
‘Si, lo so. E non credevo neanche io che potessi arrivare fino a questo punto. E ancora non so perché. Ma ormai sono qui”.
‘E non te ne pentirai” ha detto sorridendo.
Credo che fosse appena uscito dalla doccia. I capelli erano ancora bagnati.
‘Sai, Valeria, che sei veramente sexy?’ ha detto. Dopodiché mi ha baciata.
Mi si è gettato al collo. Mi ha abbracciata e si è intrufolato nella mia bocca con la sua lingua.
Stavo baciando un uomo!!! E la cosa mi piaceva!!! I dubbi e le paure che mi avevano accompagnata fino al pianerottolo erano improvvisamente spariti. Rimanevano soltanto l’emozione e, soprattutto, l’eccitazione.
Orami ero in quell’appartamento con Michele. E sarei uscita di lì solo dopo aver soddisfatto tutte le mie voglie.
La lingua di Michele mulinava dentro la mia bocca. Le sue mani erano scese ed ora afferravano il mio sedere e lo spingevano verso di lui. Sentivo la sua eccitazione e lui, allo stesso modo, sentiva la mia.
‘Vieni con me” ha detto. Mi ha presa per mano e mi ha portata in camera da letto.
Mi ha ordinato di poggiare le mani sul comò. Ho fatto quello che mi ha chiesto.
Intanto si era sfilato la tuta. Era rimasto con un paio di slip che faticavano a contenere la sua erezione.
Mi ha sfilato il perizoma. Che era completamente bagnato.
‘Ma sei proprio eccitata, allora” mi ha detto.
Poi ha fatto una cosa che non mi aspettavo e che mi ha sorpresa.
Ha flesso le gambe ed ha cominciato a leccarmi il buchino.
Dio, era fantastico!!! Le sensazioni che provavo in tutto il corpo erano violente. E tuttavia piacevolissime.
Cercava di allargarmi il sedere con le mani ed intanto, con la lingua, leccava il buchetto.
Poi ha cercato di entrare dentro. Sempre con la lingua. E ci è riuscito.
Mi stava scopando con la lingua!!!.
‘Valeria, tu sai che io sono gay. E sai anche che sono solo attivo. Sei sicura di quello che stai facendo? Sei sicura che è quello che vuoi?’ ha detto Michele.
‘Michele, se in questo memento sono qui con te è perché lo voglio. Poi, dopo, mi preoccuperò dei miei dubbi’ gli ho risposto.
‘Bene. Allora divertiamoci’ ha concluso lui.
Ha ripreso a leccarmi e poi ha fatto un’altra cosa che mi ha sorpresa.
Mentre mi leccava ha afferrato il mio uccello con una mano e ha cominciato a masturbarmi.
Dio, era fantastico. Un uomo mi stava scopando con la lingua e mi stava menando il pisello. Che era in completa erezione.
‘Smettila, lascialo perdere’ gli ho detto. ‘Altrimenti vengo subito”.
Ha smesso di masturbarmi ma non di leccarmi.
Poi ha cominciato a prepararmi per quello che, da lì a breve, sarebbe successo.
Ha iniziato ad inserire un dito dentro di me.
Poi, però, si è fermato. E mi ha infilato il dito in bocca. Mi ha chiesto di leccarglielo.
L’ho accontentato.
E così e tornato a mettermelo dentro.
Lo inseriva e lo toglieva. Mi diceva di rilassarmi. Che non mi avrebbe fatto male.
Io cercavo di rilassarmi, ma non è certo facile quando un uomo ti sta infilando dentro un’cazzo, sono diventati due!!!.
Michele aveva aggiunto il medio all’indice.
Ora mi stava dilatando il buchino con due dita. Che faceva ruotare una volta che le aveva ben inserite dentro di me.
‘Dai, così, da brava’ mi diceva intanto.
Certo, un po’ di dolore lo provavo. Ma era molto di più il piacere. La voglia di essere presa da un uomo aumentava secondo dopo secondo.
Avevo ormai capito che rilassando i muscoli anali e spingendo il culetto verso l’esterno provavo meno dolore e più piacere. E Michele, che pure se ne intende, deve averlo capito. Perché ha aggiunto un terzo dito. Ora cercava di violare il mio buchino anche con l’anulare.
Infilava tutte e tre le dita e, una volta dentro, le ruotava. Mi stava aprendo. Il dolore era ormai sparito. Il piacere, invece, aumentava ad ogni istante.
Avrei voluto dirgli di sbrigarsi a mettermelo dentro. La mia voglia era talmente tanta che faticavo a mascherarla. Cominciavo a sentirmi veramente una donna. Volevo regalare la mia verginità a Michele.
Nel frattempo anche la sua eccitazione era enorme.
Dalla mia posizione riuscivo a vedere il suo membro. Era cresciuto ed era ben in tiro.
Mi chiedevo se mi avrebbe fatto male.
Poi ha smesso di leccarmi e di dilatarmi.
Mi ha fatta alzare e mi ha detto che, ormai, ero pronta per lui, ma lui ancora non era pronto per me.
‘Tu sei tutta bagnata là sotto, ma io ancora no. Il mio uccello è ancora asciutto” mi ha detto sorridendo.
Ho capito al volo cosa intendeva. Non lo avevo messo in conto. Avevo pensato solo al mio piacere. Non anche a quello del mio uomo.
Ma ho rimediato subito.
Questa volta le gambe le ho flesse io.
E, per la prima volta in vita mia, ho avuto il pisello di un uomo a pochi centimetri dalla mia faccia. Anche Michele era completamente depilato. Avevamo tutti e due il pisello completamente glabro.
L’ho afferrato con una mano. Ho cominciato a masturbarlo.
Michele mi ha detto: ‘Non così. Ti ho detto di bagnarlo”.
Ho contato fino a tre e mi sono decisa.
L’ho preso in bocca.
Il sapore. L’odore. Entrambi forti. Ma meravigliosi.
Mia moglie, che pure è abbastanza disinibita nei rapporti sessuali, si è sempre rifiutata di praticare il sesso orale. E’ stata lei, invece, a chiedermi, tempo fa, di provare un rapporto anale. Ne aveva parlato con alcune sue amiche e si era decisa a provare. Lo abbiamo fatto soltanto due volte. La prima credo abbia provato soltanto dolore. Allora ci ha voluto riprovare. Ma anche la seconda volta non deve essere andata tanto meglio. Infatti non me l’ha più chiesto.
Solo un paio di partner occasionali mi hanno preso in bocca l’uccello. E, comunque, è successo tanti anni fa.
Ora ero io che stavo prendendo in bocca il pisello di un uomo. E mi piaceva!!!
Ho cominciato a muovermi con regolarità. Lo infilavo fin tanto che entrava e poi lo tiravo di nuovo fuori. Poi mi sono soffermata solo sul glande. L’ho baciato, l’ho leccato e poi l’ho ripreso in bocca.
‘Ma sei veramente brava’sei sicura che è la tua prima volta?’ ha detto Michele.
Mi sentivo bene. A mio agio. Non provavo vergogna per quanto stavo facendo. Ed allora ho cominciato a pompare ancora più forte.
Michele doveva senza dubbio gradire quanto gli stavo facendo.
Ogni tanto alzavo lo sguardo e vedevo dipinto sul suo volto il piacere che gli stavo regalando. Per di più le dimensioni del suo uccello erano cresciute ancora.
Adesso era in erezione completa. Ed io lo stavo pompando a dovere.
Mi sentivo donna. E mi vedevo donna.
Michele, peraltro, ci sapeva fare. Si vedeva che era esperto.
Mi ha poggiato una mano sulla nuca e ha cominciato a dettare il ritmo del pompino.
Non ero ancora sicura che volessi arrivare fino in fondo. Non sapevo quanto potesse durare ancora Michele. Non volevo deluderlo dicendogli che avevo paura che mi venisse in bocca.
‘Voglio riempirti la bocca”, ha invece detto il mio uomo, come si mi avesse letto nel pensiero.
Le sensazioni che stavo provando mi incitavano ad andare avanti. La voglia di sentire il suo sapore aumentava.
Michele mi ha preso la testa con due mani, poggiandole, grosso modo, vicino alle mie orecchie.
Ed ha continuato a dare il giusto ritmo al pompino che gli stavo facendo.
Mi stringeva forte. Io, a mia volta, gli ho messo le mie mani sul sedere.
Lo sentivo spingere dentro la mia bocca come un forsennato.
Con il rossetto gli avevo sporcato l’asta. Con la saliva, ora, gliela stavo ripulendo.
Poi, con una mano, ho cominciato a giocare con i suoi testicoli. Li ho presi tutti e due nella mia mano, li ho stretti leggermente, li ho massaggiati.
Michele continuava a spingere. Gemeva. Ogni tanti diceva ‘Dai’così’brava’ancora”.
Poi è venuto. Tutto nella mia bocca.
Un fiume di sperma mi ha invasa.
E sapete una cosa? Mi è piaciuto. Mi è piaciuto portarlo a godimento, mi è piaciuto sentirlo svuotare dentro di me, mi è piaciuto il suo sapore.
Fino a qualche mese fa era impossibile immaginarmi in questo ruolo, in questa posizione.
Poi qualcosa è successo dentro di me. E mi ha travolta. Ed ora mi sento donna. E mi sto comportando da donna.
Michele, intanto, si era sfilato dalla mia bocca. Il suo pisello stava perdendo vigore, pur rimanendo ancora in tiro. La mia bocca era piena del suo seme. Non sapevo cosa fare.
‘Brava Valeria’sei stata fantastica’mi hai svuotato per bene’dai, da brava, ora ingoia tutto” mi ha detto (ordinato!) Michele.
Ed io l’ho accontentato. Ho contato fino a tre ed ho buttato giù tutto.
L’odore dello sperma non sarà dei migliori, ma il sapore, quello si. Mi è piaciuto!!!
Avevo appena fatto il mio primo pompino ad un uomo. Che mi aveva appena detto che ero stata bravissima. E, soprattutto, mi era piaciuto tantissimo. Mi era piaciuto prendere in bocca il membro di Michele. Baciarlo e leccarlo. Pomparlo con voracità. E poi svuotarlo. Tutto dentro di me.
Mi sentivo soddisfatta. Vedevo che anche Michele era soddisfatto. Ma sentivo che l’opera non era ancora completa. Avrei preferito che Michele avesse riempito anche il mio altro buco. Ma adesso lo vedevo rilassato. Non pensavo che ne avesse ancora voglia. Ma, soprattutto, di voglia ne avevo io. Che ero ancora eccitatissima.
Pensavo di masturbarmi, ma non volevo. Avrei desiderato altro.
‘Non credere che sia finita qui” ha detto improvvisamente Michele, come se mi avesse letto nel pensiero ancora una volta.
‘Aspettami qui’ mi ha detto. Si è alzato. E’ andato in bagno. Ho sentito l’acqua scorrere. Sicuramente si stava lavando l’arnese.
Io, intanto mi sono alzata. Lì vicino c’era uno specchio. L’immagine che ho visto mi ha turbata. Ho visto una donna. Con il trucco un po’ in disordine. Specie il rossetto. Soddisfatta di aver appena fatto un pompino ad un uomo. Di aver ingoiato il suo seme. E, soprattutto, un po’ impaurita e preoccupata per quello che di lì a poco sarebbe successo. Perché sicuramente Michele voleva rendermi completamente donna. Sicuramente mi avrebbe fatta sua. Sarebbe entrato dentro di me, mi avrebbe aperta e riempita. E, incredibile, era quello che in quel momento desideravo di più’
Mi sono seduta sul bordo del letto ed ho accavallato le gambe.
Michele è uscito dal bagno. Completamente nudo. Con il pisello a riposo.
Ha aperto il cassetto di un mobile e ha rovistato all’interno. Credo che non abbia trovato ciò che stava cercando. Perché poi ha aperto un altro cassetto e questa volta deve aver trovato quello che gli interessava. Ha afferrato qualcosa e poi si è voltato verso di me. Con le mani dietro la schiena.
‘Ora riprendiamo i nostri giochetti, Valeria” mi ha detto Michele.
In mano aveva una benda e delle palline. Una era più grande di una pallina da golf.
‘Metti questa’ mi ha ordinato, porgendomi la benda.
Mi sono bendata da sola. Era una benda nera, con un bordo di pizzo.
L’ho messa su e tutto è diventato buio.
‘Non la togliere mai, qualunque cosa succeda. Fidati di me. Non te ne pentirai’ ha detto Michele.
Non ero proprio tranquilla e serena. Ma ero troppo eccitata per pormi problemi. E così gli ho detto che non l’avrei tolta.
Mi ha preso per mano. Mi ha fatta alzare. Mi ha tolto la minigonna. Mi ha sfilato la maglia e mi ha slacciato il reggiseno.
Ora indossavo soltanto le autoreggenti e le scarpe con il tacco. Ero completamente nuda e indifesa.
Michele mi ha baciata. Non si è preoccupato del fatto che avessi ancora in bocca il sapore del suo sperma.
Poi mi ha portata in un’altra stanza. Mi teneva per mano. Non vedevo niente ma mi fidavo di lui.
L’ho sentito aprire una porta e poi ho sentito un po’ d’aria sulla mia pelle.
‘Dove mi stai portando?’ ho chiesto.
‘Siamo sul terrazzo di casa. Non ti preoccupare, siamo all’ultimo piano. Nessuno ci può vedere’ mi ha risposto.
Mi ha fatta sedere da qualche parte, credo che fosse una sedia di paglia.
E mi ha chiesto di prenderglielo il bocca.
Ho ricominciato a pomparlo. Ed in breve sono riuscita a riportarlo in completa erezione.
Mi ha fatta alzare e mi ha fatto poggiare le mani, credo, sulla ringhiera del balcone. Mi ha chiesto di piegarmi con il busto. Mi ha messa a novanta gradi.
Con la mente mi immaginavo in quella posizione. Mi sarebbe piaciuto vedermi. Ma Michele mi aveva ordinato di non togliere la benda.
Poi ha ripreso a leccarmi il buchino. Che, nel frattempo, si era asciugato.
Ha inserito nuovamente un dito dentro di me. Subito sono diventati due. E poi tre. Poi le ha tolte ed ha poggiato sul mio buchetto qualcosa. Credo fosse una delle palline che aveva preso dal cassetto.
‘Rilassati. Non ti farò male’ mi ha detto Michele.
Poi ho sentito qualcosa a contatto con la mia bocca.
‘Leccala’ mi ha detto. ‘Così entrerà meglio’.
Ho aperto la bocca. Ma la pallina era enorme. Non riuscivo a metterla tutta dentro la bocca.
‘Non vorrai mettermela nel culetto! E’ enorme. Mi farai male’ mi sono lamentata.
‘Stai tranquilla Valeria. So cosa faccio. Ti piacerà, vedrai’.
Mi sono fidata di lui ancora una volta.
Delicatamente e con dolcezza ha poggiato la pallina sul mio buchino ed ha cominciato a spingere.
Sentivo il mio ano che si dilatava. Poi ho cominciato a sentire dolore. L’ho detto a Michele. Che ha fatto finta di non sentirmi, continuando a spingere.
Cominciavo ad agitarmi. L’aria primaverile mi faceva accapponare la pelle. La mia eccitazione, nonostante il dolore, era enorme, anche se il mio pisello non era più in completa erezione.
Michele continuava a spingere la pallina dentro di me. Il mio buchino si stava aprendo. Il dolore aumentava. Volevo scappare via.
Poi, improvvisamente, ho sentito la pallina entrare completamente dentro di me. Deve essere sparita dalla vista di Michele, inghiottita completamente dal mio buchino.
‘Sei stata bravissima’ora non sentirai più dolore’ ha detto il mio uomo.
Una seconda pallina era pronta per entrare dentro di me. E credo che questa seconda fosse leggermente più grande della prima. Sentivo la prima pallina che risaliva il mio intestino, spinta dalla seconda.
La nuova sensazione mi piaceva. Mi sentivo violata. Mi sentivo piena. Eppure ero sicura che, quando mi avrebbe fatta sua, le sensazioni provate sarebbero state ancora più intense.
Sentivo dolore. Immaginavo di vedere il mio buchino oscenamente dilatato dalla seconda pallina. Che, nel frattempo, era entrata tutta dentro, spingendo la prima che, ora, sentivo distintamente nella pancia.
‘Brava Valeria. Sei proprio un tesoro’ mi diceva intanto Michele.
E non era finita. Perché Michele, con le dita, ha cercato di spingere le palline ancora più su. E ci è riuscito. Le sentivo risalire dentro di me. Mi sentivo aprire in due. E mi piaceva tantissimo.
Credo che è riuscito ad infilare completamente le dita dentro il mio buchino.
Poi mi ha fatta alzare. Mi ha baciata e mi ha presa per mano.
Camminavo su quei tacchi altissimi e sentivo quelle due palline muoversi dentro di me.
Poi, sempre rimanendo sul terrazzo, mi ha fatto nuovamente poggiare le mani sulla ringhiera e mi ha detto di far uscire le palline. E di farlo delicatamente e lentamente. Per permettergli di godere dello spettacolo del mio buchino enormemente dilatato, pronto per la penetrazione.
Ho cominciato a spingere, cercando di trattenere la pallina proprio nel punto in cui potesse dilatare al massimo il mio buchetto.
E ci sono riuscita.
‘Sei bellissima qua sotto’ mi ha detto Michele. ‘Sono di nuovo eccitatissimo’ ha proseguito.
Lentamente, come voleva Michele, sono riuscita a far uscire tutte e due le palline.
‘Ora sei pronta’ ha detto Michele.
‘Finalmente!’ ho pensato.
Mi ha fatta alzare. Mi ha presa per mano e mi ha portata dentro l’appartamento. Nuovamente in camera da letto.
‘Voglio prenderti come una donna. Da davanti’ mi ha detto Michele.
‘Voglio che mi baci mentre entri dentro di me’ gli ho risposto.
Mi ha fatta sdraiare sul letto. In posizione supina. Mi ha messo un cuscino sotto il sedere. Mi ha aperto le gambe. Si è avvicinato ed ha poggiato la punta del suo pisello sul mio buchino.
‘Voglio prenderti senza preservativo. Voglio sentire quanto sei calda là dentro’, ha detto lui.
‘Sono disposta a tutto. Fammi quello che vuoi”, ho detto io.
Ha cominciato a spingere. La dilatazione a cui mi aveva sottoposta poco prima mi ha aiutato a farlo entrare senza grandi difficoltà.
Stava entrando dentro di me. Si stava facendo strada. Mi stava aprendo e mi stava riempiendo. Mi stava rendendo donna. Volevo diventare la sua donna.
Sentire dentro di me qualcosa di vivo, di caldo, qualcosa che pulsava mi stava restituendo sensazioni nuove e fantastiche!
Michele spingeva con dolcezza, ma anche con forza. Il suo bastone era quasi completamente dentro di me.
E’ stato a quel punto che si è chinato e mi ha baciata.
E’ entrato violentemente dentro la mia bocca con la sua lingua. Ed intanto continuava ad entrare dentro di me con il suo membro.
Ero totalmente sua. Avrebbe potuto farmi di tutto. Non avrei opposto resistenza.
Mi ha tolto la benda. Avevo il suo viso attaccato al mio. La sua lingua dentro la mia bocca. Il suo pisello dentro il mio culetto. Le sue mani avvinghiate alle mie natiche. Il mio uccello, schiacciato dal suo peso, aveva ripreso vigore e faceva male tanto era la mia eccitazione e la voglia di menarlo.
Lo sentivo risalire dentro di me. ‘Sei bellissima. Sei sexy. Mi fai impazzire” mi stava dicendo Michele.
‘Rendimi donna, Michele. Voglio essere la tua femmina’ gli rispondevo io.
Era tutto dentro. I suoi testicoli a contatto con il mio sedere.
Lo sentivo pulsare dentro.
Ha cominciato a pompare. Avanti e indietro. Lo tirava quasi tutto fuori e poi, con forza, lo rimetteva tutto dentro.
Mi sentivo impotente sotto le sue spinte. Un oggetto nelle sue mani.
Michele spingeva. Ed io stavo impazzendo di piacere.
Mi baciava.
Le mie gambe erano aperte. Michele mi ha flesso le gambe e mi ha afferrata per le caviglie. E continuava a spingere. Dentro e fuori.
Ormai non provavo più dolore. Soltanto piacere. E una voglia matta di essere scopata.
‘Voglio farti assaggiare il tuo sapore” ha detto Michele nel momento in cui si sfilava da me e sostituiva, nella mia bocca, la sua lingua con il suo pisello.
Mi piaceva. Ma preferivo sentirlo dentro di me.
E lui c’è tornato subito.
Prima, però, mi ha chiesto di voltarmi. Mi sono girata in posizione prona.
Michele mi ha aperto le natiche, esponendo il mio buchino alla sua vista. E’ rimasto a contemplarlo per un po’, facendomi sentire un po’ troppo imbarazzata. Poi è tornato ad inserire tre dita dentro di me. E poi ha rimesso dentro il suo uccello. Sembrava addirittura cresciuto. O forse era soltanto la posizione diversa. Ma lo sentivo meglio.
Mi ha chiesto di mettermi in ginocchio. Alla pecorina.
Mi sono sollevata senza che lui uscisse da me.
Nuova posizione, nuove sensazioni.
Ora Michele era praticamente in piedi. I suoi piedi erano più avanti delle mie ginocchia. Il suo uccello entrava dentro di me praticamente in verticale. Con le mani cercava di aprirmi il più possibile le natiche e con il pisello mi stava dilatando enormemente il buchino.
Ogni tanto sfilava il suo bastone e sentivo che il mio buchetto rimaneva oscenamente aperto. Poi lo rimetteva dentro e riprendeva a spingere.
Sempre rimanendo in piedi ha piegato il suo busto, facendolo aderire alla mia schiena. Mi ha infilato un dito in bocca e con l’altra mano ha afferrato il mio pisello.
Mi stava scopando come un forsennato. Mi aveva aperta. Risaliva dentro di me. Mi scopava in bocca con le dita e mi menava l’uccello.
Non ricordo di aver mai provato sensazioni simili. Avrei voluto che non finisse mai. Ma sentivo l’orgasmo vicino.
Michele deve averlo capito, perché ha smesso improvvisamente di masturbarmi.
Sono rimasta un po’ delusa. Ma è durato poco. Perché Michele è tornato a mettermi l’uccello in bocca.
‘Mi stai facendo impazzire’non credo che resisterò ancora molto’hai un culetto meraviglioso’orami mi appartiene, é mio’tu sei mia’ ha detto Michele.
‘Voglio essere la tua donna, Michele. Voglio essere scopata da te tutti i giorni. Voglio che tu mi dica che non smetterai mai di desiderarmi” gli ho risposto.
Ed intanto mi aveva fatto sdraiare nuovamente sul letto. Mi ha fatta mettere su un fianco. Lui si è posizionato dietro di me. Mi ha sollevato una gamba. Ed è rientrato dentro il mio culetto.
In quella posizione riuscivamo anche a baciarci. E ci baciavamo eccome. Mi scopava e mi baciava. Mi baciava e mi scopava. Mi sentivo donna, ormai. Pensavo che avrei avuto difficoltà a riprendere la vita di tutti i giorni. Volevo che quei momenti non finissero più.
Lo sentivo gemere. Eravamo sudati.
Con una mano ho iniziato e toccarmi. Non ce la facevo più.
‘Lascialo stare, non è ancora il suo momento’ mi ha invece detto Michele.
E’ uscito da me. Mi ha fatta alzare. Le gambe mi tremavano. Ora era ancora più difficile tenersi i piedi su qui tacchi vertiginosi.
Si è seduto sul bordo del letto. E mi ha detto di impalarmi sul suo uccello. Dandogli la schiena.
L’ho subito accontentato. Anche questa posizione era fantastica. Lo sentivo risalire dentro di me ancora meglio. Ero praticamente in piedi. Poggiavo tutto il mio peso sui tacchi. E mi muovevo su e giù con il suo arnese dentro.
‘Ora puoi toccarti” mi ha detto.
Mi muovevo come una cagna. E mi stavo masturbando.
Il suo respiro aumentava. Si faceva più affannoso.
Le sue spinte ed il mio movimento ci stavano portando all’orgasmo.
Sulla mia destra c’era uno specchio.
Ho guardato l’immagine riflessa.
Una donna che cavalcava il suo uomo.
‘Vengo” ha detto Michele.
E, proprio nel momento in cui il mio uomo rilasciava dentro di me un’enorme quantità di seme, denso e caldo, anche io, finalmente, ho raggiunto l’orgasmo.
I fiotti di sperma di Michele risalivano dentro di me. I miei erano finiti tutti sul mio addome. Il primo, a dire la verità, era arrivato fino ai capelli, bagnandomi anche una guancia.
Non avevo mai provato sensazioni simili. Il mio corpo era tutto un fremito. Non riuscivo a smettere di godere. Dal mio pisello, ormai, non usciva più niente, ma io provavo ancora un enorme piacere. Piacere di sentirmi, di vedermi donna, di sentire ancora, dentro di me, il sesso del mio uomo che non perdeva vigore.
E’ stato l’orgasmo più violento che abbia mai provato. E se dovevo diventare donna per provare ancora sensazioni simili, ebbene lo sarei diventata.
‘Sei un tesoro, Valeria. Sei stata bravissima. Era troppo tempo che non godevo così’ mi ha detto Michele.
Sollevandomi di peso è riuscito a buttarmi sul letto. Sentivo il suo liquido caldo uscire da dentro di me. Ne sentivo tanto.
‘Fai quello che vuoi e che ritieni sia giusto” mi ha ancora detto Michele.
Non ho ben capito a cosa facesse riferimento, ma in quel momento ritenevo giusto non sprecate tutta quella crema. Ho messo una mano sotto al mio buchino ed ho aspettato che si riempisse. Poi l’ho portata alla bocca ed ho ingoiato tutto.
‘Fammi dormire qui, Michele. Domani sono libera tutto il giorno. Potremo giocare nuovamente, se vorrai”.
‘Io non voglio dividerti più con nessuno, Valeria. Non c’è regalo più grande che il mio partner possa farmi che quello di diventare donna per me. Tu lo hai fatto. E vorrei che tu diventassi soltanto la mia donna’ mi ha risposto Michele.
Ci siamo baciati. Ci siamo abbracciati e poi ci siamo addormentati.
In quegli attimi di silenzio, prima di addormentarmi, ho capito una cosa. Quella sera era nata una nuova persona. Da quella sera la mia vita era cambiata per sempre.
Questa è la storia della mia prima volta. Che, finora, è anche l’ultima.
Michele esiste veramente. Se mai leggerà questa storia non potrà non riconoscersi.
Oggi sono single. E sto disperatamente cercando un altro Michele.
Che, invece, non potrà proprio leggerla questa storia.
Perché Michele non c’è più.
Dieci giorni dopo avermi resa donna ha avuto un incidente stradale.
E’ stato in coma per due settimane e poi si è spento.
Voglio che sappia che l’ho amato. E che lo amo tuttora. E che lo ringrazio per quanto ha saputo regalarmi, seppur in una sola notte.
Continuo con la mia doppia vita. Stefano di giorno e Valeria di notte.
Ma Valeria non è stata più con nessun uomo.
Esco vestita da donna. Mi trucco. Continuo a fare acquisti. Mi sento donna. Più volte ho pensato di regalarmi un paio di tette vere. Chissà’
Intanto continuo a cercare un altro Michele’

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