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Racconti Cuckold

Il secondo lavoro

By 5 Gennaio 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

Anni fa, io e la mia compagna ci siamo trovati in uno di quei momenti complicati della vita, dove i sacrifici aumentano e si cerca in ogni modo di tenere la… testa fuori dall’acqua.
Eravamo prossimi ai quarant’anni (io trentanove e lei trentasette) e ci eravamo messi a vivere insieme da quattro anni.
Con i miei turni in fabbrica ed il suo lavoro come impiegata in uno studio professionale, avevamo deciso che era meglio pagare una rata di mutuo anziché un affitto e perciò avevamo comprato un piccolo ma grazioso appartamento, adatto a noi due.
Dopo circa due anni, però, il nostro equilibrio economico venne messo in pericolo dal suo principale che, avendo fatto degli investimenti sbagliati, dovette ridurre le spese e quindi propose ad Angela (prendere o lasciare!) un contratto part time con venti ore settimanali invece delle canoniche quaranta.
Ovviamente, anche il suo stipendio venne ridotto proporzionalmente e quindi diventò più complicato, per noi, far quadrare i conti.
Stringendo qui, rinunciando a quello, rarefacendo questo, potevamo farcela, ma capite bene che una riduzione del reddito non &egrave mai una cosa piacevole, sopratutto quando non entrano decine di milioni al mese (stiamo parlando degli ultimi tempi di quando c’era la Lira, ovviamente!).
Angela si sentiva -in modo tipicamente femminile- in colpa per questa riduzione delle nostre entrate e discutemmo a lungo sul fatto che lei, dopo aver passato la mattina in ufficio, si trovasse un’altra attività, nel pomeriggio.
Un giorno, entrammo in un bar per prenderci una bibita ed incontrammo Antonio, un mio conoscente che non vedevo da diversi anni.
Feci le presentazioni tra lui ed Angela e vidi il tipico brillìo negli occhi dell’uomo per la mia graziosa compagna che, pur piccolina di statura, aveva tutte le cose giuste al posto giusto.
Poi partirono le rituali domande del ‘come va? Cosa fai adesso?’ eccetera.
Lui mi disse che si era finalmente divorziato, che aveva rilevato un cinema (che io conoscevo: era un cinema a luci rosse in una zona abbastanza popolare) e che le cose gli andavano abbastanza bene.
Mentre parlava lo osservai, distrattamente; all’epoca doveva avere sui cinquanta-cinquantacinque anni, non era mai stato un bell’uomo e tra l’età, il peso che aveva lasciato aumentare e quei capelli troppo neri che denunciavano un ostinato ricorso alle tinture, oltre ai tratti del volto abbastanza volgari, non doveva essere una persona in grado di fare strage di cuori femminili…
Poi ci chiese come ce la passassimo ed il mio ‘Mah, abbastanza bene…’ venne scavalcato da Angela che subito gli raccontò delle sue traversie lavorative.
Lui meditò qualche istante, poi fece la proposta: ‘Beh, io sto cercando una cassiera per il cinema… quella che c’&egrave sta per andare in pensione… diciamo dalle quattordici a dopocena… ché tanto poi per la chiusura ci vengo io e la cassiera se ne può andare… Angela… sì insomma… (era snervante il suo parlare così, a frasi buttate lì ogni tanto!)… se vuoi provare… sai, finch&egrave non trovi di meglio…’
Nonostante io non fossi entusiasta (conoscevo il cinema e la gente che lo frequenta!), la mia compagna era entusiasta e sprizzava gioia da tutti i pori, tanto che si alzò e stampò un bacione sulla guancia ispida e flaccida di Antonio.
Così l’uomo pagò le consumazioni e ci invitò a seguirlo nel suo cinema.
Pochi luoghi sono più spettrali di un cinema vuoto e ‘spento’: le luci accese mostrano impietosamente gli strappi e le bruciature delle poltroncine, le ‘strane’ macchie lucide e biancastre sul retro degli schienali e sui braccioli, i punti dove la pittura delle pareti comincia a sfogliarsi, i chewing gum incollati sulle poltroncine o sul pavimento di linoleum.
La platea era in condizioni appena accettabili, anche se i servizi erano appena stati rinnovati, mentre la galleria, con le sue dodici file digradanti di poltroncine in due blocchi, affiancate dalle tre scalinate, era in condizioni appena migliori; per accedere ai servizi qui, bisognava andare in cima alla galleria e poi varcare un pesante tendaggio e scendere una scala di una quindicina di gradini: le piccole incongruenze delle vecchie sale cinematografiche!
Comunque, la postazione della cassiera era -ovviamente!- nell’atrio, con un piccolo televisore ‘per la noia’ -sorrise complice Antonio- ed era accettabilmente dignitoso, comodo e abbastanza riparato dagli spifferi della porta.
Antonio spiegò che semplicemente che Angela doveva stare lì a dare i biglietti per la platea o per la galleria e che aveva… necessità, poteva -rapidamente!- raggiungere il bagno privato, una porticina chiusa a chiave nei bagni della platea.
Mi cadde l’occhio sui prezzi e sussultai: ‘Antò, perch&egrave chiedi ottomilalire per la platea e ben cinquanta per la galleria??’
Lui sorrise, sornione: ‘Perch&egrave ho deciso di riservare la galleria alle coppie… sai, così stanno un pò più tranquille…’
Ci accordammo, infine, per la retribuzione e rimanemmo d’accordo che Angela avrebbe cominciato il prossimo sabato.

Il sabato seguente, pranzammo presto e poi la salutai con un bacio per andare a fare il mio turno in fabbrica, mentre lei, che si era vestita con gonna e pullover sopra una camicetta, sarebbe uscita insieme a me per andare col suo scooter al cinema Gioiello, quello di Antonio.
Trovai cinque minuti, appena prima della pausa-pasto delle 19, per chiamare Angela che mi rassicurò che il lavoro era solo noioso, ma per nulla sgradevole e che ci saremmo rivisti a casa, al mio rientro.
Quando arrivai a casa, poco prima di mezzanotte, mi aspettava a letto, leggendo un libro e mi salutò con un bacio dolcissimo.
Mentre mi spogliavo e mi preparavo a raggiungerla sotto le lenzuola, mi raccontò divertita della sua giornata, delle facce degli spettatori, delle manovre dense di vergogna di molti di loro, che entrano col bavero rialzato e mettono lì i soldi senza osare di guardarla in faccia, afferrano il biglietto e si precipitano nell’oscurità rassicurante della sala.
Mi raccontò che erano arrivate anche due coppie e che Antonio le aveva detto di fare entrare le coppie col biglietto da ottomila, anche se andavano in galleria.
In galleria erano andati nove singoli; uno arrivato prima che arrivasse la prima coppia, altri sette poco dopo l’entrata delle due coppie, intervallate di un’oretta e l’ultimo appena prima dell’inizio dell’ultima proiezione.
Mentre ero accanto a lei e cominciavo ad esplorare il suo corpo con indiscrete carezze, mi raccontò, divertita ma con anche un brivido di eccitazione, che aveva visto uscire la prima coppia, lui a ridosso dei sessanta e lei poco oltre i quaranta; il marito cercava di darsi un contegno, ma la moglie (col rossetto quasi tolto, i capelli un po’ scarmigliati ed una ciocca che pendeva incollata con aria sospetta, il rimmel sbavato ad un occhio) inalberava -come una bandiera- un sorriso soddisfatto che le veniva dal profondo ed uscendo la salutò con una strizzata d’occhio.
Mentre raccontava, sentivo Angela bagnatissima ed anche le sue mani mi afferrarono il cazzo e le palle, accarezzando e massaggiando, mentre la mia erezione svettava al massimo.
‘Cosa pensi, amore: la signora si sarà fatta toccare dai singoli, in galleria?’
Angela fece questa domanda, proprio mentre stavo pensando la stessa cosa, ma come certezza, non come domanda…
Ed ero anche pronto a scommettere che i singoli non si erano accontentati di toccarla: probabilmente avevano, come minimo!, rimediato un pompino…
Sull’onda di questa fantasia, facemmo l’amore con particolare furore; decisi di far scorrere i miei polpastrelli lungo la sua coscia fino alla fica, come fossi uno sconosciuto e lei divaricò le gambe al massimo, per facilitare al massimo la mia risalita fino al suo frutto rorido di umori.
Come raggiunsi il mio obbiettivo, me ne impadronii e le allargai le tumide labbra vaginali, cominciando subito a fotterla con tre dita: era fradicia e dopo pochi colpi decisi di infilarle anche il mignolo, mentre le mettevo due dita dell’altra mano nel culo -stavolta sforzando un pochino…- e cercando di divaricarle per allargarla bene anche nel culo: ho un cazzo di accettabili dimensioni (non piccolo ma neanche spropositato) ed adoro sentire gli orifizi della mia donna belli comodi, che mi sfiorino appena il cazzo… come scopare una nuvola lussuriosa!
Lei assecondò il mio progetto e rilassò al massimo i muscoli inguinali, godendo intanto come una pazza, mentre le succhiavo e mordicchiavo leggermente i capezzoli duri come chiodi.
Si contorse fino a raggiungere il cazzo, che cominciò a leccare, succhiare ed aspirare fino in gola, mentre le sue abili mani mi accarezzavano delicatamente i coglioni.
Dopo un po’ si divincolò, mi venne sopra e si impalò con la fica sul cazzo, passandomi i calcagni sotto le cosce e cominciando a fottermi a volte lentamente, altre con violenza.
Mentre le martoriavo dolcemente i seni con le mani, cominciai a parlarle (evento poco frequente, quando facciamo sesso): ‘Ti ha eccitato vedere la signora uscire dopo aver goduto tanto, stasera?’ ‘Sììììì!!!’
‘Sai, io credo che non l’abbiano toccata….’ ‘ma &egrave impooooossibile -disse sospirando di piacere- aveva gli occhi troppo brillanti…’
‘L’avranno toccata solo per avvicinarsi… ma io penso che l’avranno afferrata per i capelli e l’avranno fatta piegare a succhiargli i cazzi…’ ‘Ohhhhhhhh!!!!!!!! Ma…. tutti???’
‘E certo! Mica vorrai che qualcuno &egrave stato a vedere, no?’
Lei venne travolta da un’onda di piacere e si fermò qualche istante a riprendere fiato; poi ricominciò la dolce danza sul mio cazzo e, quando il piacere non le sembrava troppo lontano, mi interrogò: ‘Ma tu pensi che lei li ha sbocchinati tutti?’
Risi: ‘Certo! Glie lo davano a turno in bocca, mentre gli altri la fottevano in fica e culo, davanti al marito che si segava!!!’
L’immagine mentale dell’orgia la travolse e lei esplose in un furioso orgasmo; si fermò, stremata, ma la feci scendere e la misi con un cuscino sotto la pancia, sempre accarezzandola per non farle lasciare lo stato di estasi, in modo che il suo culetto ben tornito fosse ben offerto e che potessi infilzarla anche lì.
Lei si agitava come un’anguilla, travolta dall’orgasmo prolungato ed io non resistetti più di pochi minuti, prima di scaricarle in culo la mia copiosa sborrata.
Ci addormentammo lì a poco, ancora impiastricciati dei nostri succhi, teneramente abbracciati.

Come sempre, graditi commenti, pareri, critiche e suggerimenti a zorrogattoge@yahoo.it
Il giorno dopo, nonostante per gli altri fosse domenica, ripetemmo la routine del giorno prima, pranzando presto in modo da poter arrivare puntuali ai nostri posti di lavoro; la vita del turnista (e delle cassiere di cinema!) ha scansioni temporali diverse da quella delle altre persone.
Angela arrivò a tavola con una zuppiera di pastasciutta e sembrava danzare, allegra; evidentemente aveva apprezzato gli eventi della sera prima.
La guardai con affetto e notai che indossava un’ampia gonna di flanella ed un leggero golfino: ‘Ma come siamo inappuntabili, oggi!’
‘Dai, scemo… -mi sorrise- vado a lavorare, mica a fare un giro per negozi!’
Sembrò riflettere brevemente: ‘Che poi… sì, insomma… mica ho voglia che quella manica di arrapati ci provi con me, dai!’
Ridendo la attirai a me e la baciai, mettendole una mano sotto la gonna e accarezzandole le natiche.
Lei mostrò di gradire il trattamento, ma si divincolò: ‘Dai!!! Che poi facciamo tardi!!!’
Convenni che aveva ragione e ci dedicammo al pranzo.
Appena finito, la lasciai rigovernare e andai in fabbrica.

La sera, mi infilai nel letto, dove mi aspettava leggendo un libro e l’abbracciai, mettendole subito una mano nella fica che sentii già bagnata.
L’abbracciai, la baciai e la guardai, teneramente: ‘Allora, com’&egrave andata oggi?’
Lei ridacchiò: ‘Beh, per me &egrave un lavoro noioso, lo puoi immaginare… Però, trovo modo di svagarmi…’
La guardai, perplesso e lei rise, divertita, con la sua roca risata sexy, di gola: ‘Dai, non pensare male!! Mi diverto semplicemente a studiare chi entra, cercando di immaginarmi cosa sono, fuori da quel cinema… oppure scommettendo con me stessa dopo quanto tempo sarebbe entrata la prossima persona e se sarebbe andata in platea o galleria…’
La guardai con divertita perplessità: ‘Ma scusa… come fai a immaginare come sono, fuori?’
Lei sorrise, con una dispettosa aria da saputella: ‘Lo sai che sono una buona osservatrice… guardo le mani, le unghie, come vestono, come si muovono… faccio caso se mi guardano o se distolgono lo sguardo… cose così!
Ci sono gli operai, i meccanici con le unghie nere e le dita impregnate di morchia… compiti pensionati in fuga dalla moglie, i vedovi che hanno sempre quell’aria un po’ trasandata o quelli con lo sguardo languido che cercano chiaramente compagnia di maschi… quelli che cercano di non attirare l’attenzione su di sé, ma i loro sguardi ed i loro gesti parlano della loro professione o del loro piccolo potere da capo…
E poi le coppie… &egrave buffo che gli uomini vengano vestiti ‘da tutti i giorni’, mentre le donne arrivano vestite da… sì, va beh… da zoccole, ecco!’
Fece una piccola pausa, come per riordinare i ricordi: ‘Oggi ho visto arrivare altre tre coppie ‘da galleria’ oltre ad una anziana, andata in platea: questi erano inappuntabilmente vestiti… come se andassero al parco o per negozi… Tipi compiti, educati, davvero strani… come se fossero andati a vedere ‘Via col vento’, anziché un film porno…’
Le vedevo una ruga perplessa in mezzo alla fronte: ‘E le coppie andate sopra…?’
‘Beh, la prima era una coppia giovane, avranno avuto poco più di vent’anni, tanto che volevo chiedere un documento di lei che era anche imbarazzatissima, si vergognava e non osava guardarmi in viso; lui invece, alto magro e brufoloso, era evidentemente eccitatissimo, tanto che, tirando fuori il portafogli per pagare, se lo fece scivolare di mano e lo raccolse, sacramentando.
Poi, appena avuti i biglietti, prese la ragazza per un braccio e partì, quasi di corsa, per la platea; gli urlai dietro che per la galleria doveva andare su, a destra e lui sembrò quasi indeciso sul tornare indietro, quasi gli scocciasse perdere tempo…’
Angela sorrise, al ricordo.
‘Tempo neanche mezz’ora, li vidi sfrecciare via, lei in lacrime e lui disperato, che le correva dietro chiedendole scusa…’
Ero blandamente incuriosito dalla coppietta: ‘ma c’erano singoli, in galleria?’
‘Sì, un paio… un tipo sui trentacinque con gli occhi da predatore ed un anziano… sai? Di quelli convinti di essere ancora giovani!’
Mi immaginavo la scena di loro seduti, lui che le mette le mani tra le cosce, lei che prima rifiuta e poi che lo lascia fare e dopo un po’ un altro che si siede accanto alla ragazza (il predatore? L’antico giovanotto? Boh!), che allunga la mano sul ginocchio di lei e… scoppia il casino!
‘E le altre due coppie…?’
‘Una verso i quaranta e l’altra sui cinquanta…
Anche la quarantenne si vergognava, ma era ‘conciata’: trucco pesante, mini, calze a rete, camicetta con ampia scollatura…
Sono arrivati dopo poco che i ragazzi erano andati via e saranno restati un’oretta, mentre entravano altri tre singoli, in galleria.
Quando sono usciti, lei era ancora più vergognosa, ma aveva il trucco un po’ sfatto, il rossetto sbavato, l’aria… stropicciata, ecco!
Però mi ha lanciato un’occhiata severa, come… di sfida, non so se capisci…’
Annuii, pigramente, mentre rollavo tra le dita i suoi capezzoli, ormai durissimi.
L’altra coppia, invece, &egrave arrivata quasi alle sei e non l’ho vista uscire, quando son venuta via… Lei con la gonna troppo corta, per i chili di troppo che ha, ma avevano l’aria spiccia, pratica… come da navigati frequentatori, per intenderci!’
Avevo ascoltato la narrazione con moderato interesse, ma mi interessava molto di più il corpo della mia compagna ed i tesori che racchiudeva, per cui partii all’attacco della sua morbida fica e cominciammo a ‘giocare’…

Il mercoledì successivo ero in turno di riposo, perciò nel pomeriggio feci una scappata al cinema a fare un po’ di compagnia ad Angela; mi intrattenni un’oretta accanto al suo gabbiotto, chiacchierando e facendo commenti sulla fauna umana che entrava, subito ingoiata dall’oscurità della sala: uomini sopratutto sopra i quaranta -alcuni- ed i cinquanta -i più- frammischiati a pochi giovani magri, con l’aria famelica e l’accento improbabile degli immigrati: ‘Marchettari!’, mi sussurrò Angela.
Nonostante il paziente appostamento, non vidi arrivare nessuna coppia, ma mi feci un’idea della noiosità del lavoro di Angela.
Difatti, dopo i divertiti resoconti dei primi giorni, anche questo suo lavoro entrò nell’ombra del lavoro routinario e ne parlavamo solo in caso di eventi eccezionali.
Con lo scorrere dei giorni e delle settimane, ad entrambi cominciò ad instillarsi l’idea che la nostra vita fosse sempre stata scandita dai ritmi attuali.

Verso maggio, però, avvertii qualche cambiamento: Angela mi sembrava più nervosa, più brusca, meno affettuosa; le chiesi con cautela cosa stesse accadendo, ma lei accennò nebulosamente al cambio di stagione ed io me ne stetti.
Un giorno (come il primo giorno, era sabato, io ero di secondo turno e pranzammo sul far del mezzogiorno) notai che aveva adottato una mise più… gradevole, meno castigata: una polo granata su un minikilt a piegoline, scarpe décolleté col tacco da sette centimetri e le calze a rete che mi piacciono tanto: ‘Ma come siamo ‘secsi’, oggi!!!’ commentai ridendo.
Lei sembrò arrossire: ‘beh… dai, non sono particolarmente sexy… &egrave solo che voglio stare comoda, lì nel gabbiotto… ed ormai la stagione fredda &egrave finita…’
L’attirai a me, l’abbracciai teneramente e la baciai, facendole però scivolare una mano sulla coscia e poi facendola risalire sotto la mini.
‘Ma hai le autoreggenti, non i collant!!!’ esclamai piacevolmente stupito.
‘Sì… sai… volevo mettere i collant, ma hanno uno strappo e così…’ replicò timidamente.
Accettai con un sorriso la sua spiegazione e subito dopo pranzo, la baciai e scappai al lavoro.
Come a volte capita, ebbi una giornata diabolica, ricca di seccature ed incazzature; tra l’altro un paio di uomini della squadra avevano telefonato dichiarandosi malati e mi trovai con l’organico all’osso.
Ovviamente, in perfetta sintonia della ‘Legge di Murphy’ (‘Se le cose vanno male, possono solo peggiorare’), alle sette e quaranta uno dei miei uomini si era fatto male (un taglio all’avambraccio: 8 punti di sutura e 10gg s.c. di prognosi) e mi ero trovato nella necessità di spostare sulla sua postazione il gruista, che avevo dovuto sostituire io, trovandomi ad andare avanti ed indietro per il magazzino col radiocomando del carroponte al collo.
Quindi, quella sera, arrivai a casa incazzato e con le gambe a pezzi: avevo percorso i duecento metri della campata magazzino non so quante volte e la tensione di fare un lavoro al quale non ero più abituato mi aveva stremato.
Perciò, appena toccai il letto, crollai addormentato, nonostante gli affettuosi approcci di Angela.

Poi, ovviamente, l’inchiesta per l’infortunio di quel sabato riservò la sua bella dose di seccature nella settimana seguente, nonostante l’operaio avesse dichiarato di essersi tolto i manicotti antitaglio appena dieci minuti prima dell’infortunio ‘…perché mi prudeva il braccio’
Naturalmente venni ammonito per non aver sufficientemente vigilato sull’uso dei D.P.I. (dispositivi di protezione individuale: calzature, indumenti, elmetti ed articoli specifici come guanti -secondo il tipo di attività- gli occhiali protettivi, gli indumenti antiacido, antivampa od antitaglio e quant’altro), ma -graziosamente!- non mi massacrarono più di tanto…
Preoccupato dalla faccenda, vedevo appena Angela: tra l’altro, lei aveva deciso che, per risparmiare tempo, durante la settimana non sarebbe passata da casa per il pranzo, ma dopo un panino veloce, sarebbe andata direttamente dall’ufficio al cinema.
Quindi ci si salutava la mattina e, durante la settimana, ci si vedeva la sera per cena, se non ero di secondo turno… magari, se ero di notte, giusto il tempo di cenare (tardi!), ma poi dovevo subito correre in fabbrica.
Però, dopo il rannuvolamento dell’inizio di maggio, la vedevo più serena, più allegra ed ero placidamente felice di ciò.
Dopo esserci andato qualche volta, avevo trovato noioso -e fonte di qualche impiccio per lei- il tenerle compagnia alla cassa del cinema, per cui avevo smesso di farlo.

Un giorno verso le quattro del pomeriggio, in un’altra fabbrica del gruppo, ci fu un grave infortunio dove morirono due operai; le rappresentanze sindacali, che già pressavano la Proprietà per i troppi infortuni negli stabilimenti del Gruppo, decisero uno sciopero di 24 ore in quell’impianto e di uno immediato da subito a fine turno.
Ero stanco ed incazzato: decisi -a costo di subire gravi censure da parte della Proprietà, poco tollerante con l’attività sindacale della categoria impiegatizia- di aderire allo sciopero e di uscire per un inaspettato pomeriggio libero.
Quando mi trovai nel parcheggio, accanto allo scooter, vidi che erano quasi le cinque e mezza e perciò decisi di fare un passo al cinema per fare una sorpresa ad Angela, invece di andarmene a prendere un po’ di sole sulla scogliera.
Per cui entrai nel cinema già sorridendo, pregustando la sua gioiosa sorpresa; guardai nel gabbiotto della cassa e… e vidi al posto di Angela un ragazzotto brufoloso: lo osservai meglio e dentro di me sentii il ‘click’ del riconoscimento: era il nipote -un po’ scemo…- di Antonio, che lui mi aveva indicato anni prima in un bar.
Mi avvicinai, esitante: non sapevo cosa fare… Quando fui davanti a lui, i suoi occhi mi guardarono con indifferenza, evidentemente non si ricordava di me; stavo per chiedergli di Angela, quando mi stupii nel sentire la mia voce chiedere un ‘Galleria’ e vedere la mia mano che estraeva il portafogli per pagare il salato biglietto e vedere che le mie gambe si avviavano verso la scala che mi portava al piano superiore.
Il mio demone, quello strano istinto che a volte prendeva il comando delle mie azioni, mi aveva portato lì, nella galleria, il luogo di perdizione… ed in effetti, vidi ‘movimento’: c’erano quattro singoli che circondavano una donna, due seduti accanto a lei che le frugano la fica succhiandole le tette ed altri due in piedi, coi cazzi duri ai lati della testa di lei che li spompinava alternativamente.
La scena sullo schermo era poco luminosa, per cui la sala era quasi buia ed indovinavo a malapena le figure e le posizioni dei cinque.
Pur tenendomi a distanza, mi avvicinai un poco per assistere meglio all’eccitante spettacolo, accarezzandomi il pacco poiché il mio cazzo aveva prontamente reagito, quando la scena sullo schermò cambiò ed una discreta luminosità mi permise di riconoscere nitidamente la lei: Angela!!!

Commenti, criche e suggerimenti sempre graditissimi a zorrogattoge@yahoo.it Restai impietrito per qualche secondo, ma lei non si girò verso di me e subito uno dei tizi accanto si alzò e, frapponendosi tra lei e me, la fece alzare e voltare verso il fondo della sala, con la mini elasticizzata raccolta intorno alla vita e la camicetta sbottonata e fuori dalla gonna.
Mi sedetti sulla poltroncina più vicina e mi raggomitolai, per poter osservare senza farmi notare, ma ero interdetto: la scena, invece di mandarmi su tutte le furie, mi stava eccitando tremendamente, tanto che dovetti estrarre il cazzo dai jeans e cercare sollievo in un raspone.
Nel frattempo, il tipo le aveva fatto appoggiare i gomiti sullo schienale, in modo che potesse continuare a spompinare i due tizi dietro, e le era andato dietro, inforcandola, mentre il quarto, restato seduto le succhiava un capezzolo e le manipolava l’altro seno.
Percepii un movimento, accanto a me e girai lo sguardo, vedendo una coppia che era appena entrata in sala, anche loro con lo sguardo fisso sull’ammucchiata, mentre salivano i gradini per andare a sedersi nella stessa fila di Angela (quella più larga, il passaggio a mezza altezza), pochi posti più in là.
Mentre mi sfilavano accanto, sentii la lei che mormorava: ‘Ah! &egrave la cassiera…’, con il tono placido di chi riconosce una situazione abituale… segno che la MIA Angela era diventata evidentemente un’attrattiva di quel cinema.
Nel frattempo, il tipo che stava montando la mia donna, tenendola per i fianchi, emise un roco grugnito e venne (dentro!)
Allora la donna si alzò dal suo posto e si accucciò dietro Angela, evidentemente per leccarla.
Il tipo che aveva appena goduto dentro Angela, si era accasciato su una poltroncina, per riprendere fiato e darsi una sistemata, pur guardando con sguardo rilassato lo spettacolo offerto dal gruppo.
Mentre il gruppetto si dava da fare (ora un uomo toccava la donna, mentre Angela si era piegata di lato per spompinare l’uomo accanto a lei), erano arrivate altre persone: due uomini, intervallati di un paio di minuti, sui trentacinque-quarant’anni ed un’altra coppia: i miei occhi si erano abituati alla poca luce della sala e perciò non feci fatica a riconoscere l’uomo cinquantenne, accompagnato da una una trentenne di colore: il principale di Angela!
Ero impietrito, affascinato -mio malgrado- dall’orrore della situazione sgradevolissima che si stava prefigurando per Angela; volevo restare, per assistere agli sviluppi della faccenda, ma riflettei che adesso anche il Capo poteva riconoscermi ed una vocina dentro di me, mi diceva di non farmi scoprire, di andarmene, di avere il tempo di metabolizzare gli eventi e di poter riflettere sulle mie future mosse.
Avevo deciso di alzarmi per andarmene proprio nel momento in cui il Capo ed Angela si riconoscevano reciprocamente, rimanendo come pietrificati qualche istante.
Poi vidi il Capo, che vedevo di sbieco, fare un sorriso da squalo e tirar fuori la nerchia, afferrando Angela per i capelli e spingendogliela in bocca; lei tentò di rifiutarsi, ma la ferrea presa dell’uomo la costrinse ad accontentarlo.
Ero combattuto tra il restare ed assistere agli eccitanti (pur se umilianti, per me) sviluppi, venendo sicuramente riconosciuto da Angela e sopratutto dal Capo -e questi avrebbe fatto moltissime elucubrazioni, di cui nessuna corretta!- o ripiegare per potermi riprendere dallo shock.
Perciò scivolai fuori dalla poltroncina e raggiunsi, senza attirare l’attenzione, l’uscita.
Passai davanti al nipote scemo di Antonio, che neanche mi vide uscire e mi trovai in strada, a respirare a fondo.
Dovevo riflettere, dovevo capire, dovevo decidere se chiedere spiegazioni o se, invece, far finta di nulla… Come disse Karl Marx (anche su altri problemi!): che fare?

Come sempre, graditi commenti, critiche e suggerimenti a zorrogattoge@yahoo.it Uscito dal cinema, recuperai lo scooter e cominciai ad aggirarmi tra le vie della città, senza destinazione, come se il rotolare degli pneumatici aiutassero il rotolare delle mie idee dentro la mia testa, come ghiaia in una betoniera.
Riflettevo sulla marea delle emozioni provate nel cinema: rabbia, certo! Ero stato imbrogliato dalla mia compagna che, evidentemente, era ormai avvezza a certe’ attività.
E rabbia anche nei confronti di Antonio, che da amico mi aveva tradito ancora peggio che se si fosse montato Angela (la mia mente visualizzava il suo massiccio cazzo, notato durante la doccia dopo le partite di calcetto, con un inspiegabile mio brivido…); l’aveva invece messa a disposizione di tutti i frequentatori del suo cinemadimmerda’ uomini e donne!
Poi, l’umiliazione: umiliato dallo scoprire di essere stato usato da Antonio ed anche dal comportamento di Angela…
La troia, evidentemente si divertiva, a farsi spupazzare e montare da quella marmaglia: non sembrava poi dispiaciuta, del trattamento’ anzi! Era addirittura’. Uhmmm’ sì, era addirittura eccitante, vederla usata da quella gente!
Ammisi a me stesso che, però, l’emozione più forte, vedendo COME Angela passava i suoi pomeriggi lavorativi, vederla in mezzo a quella tempesta di cazzi, era l’eccitazione!
La scoperta mi turbava profondamente, ma più ci riflettevo, più mi rendevo conto che era così.
Quella sera, comunque, le avrei detto che so tutto, che l’avevo vista mentre faceva la troia e ci saremmo chiariti’ Eccheccavolo!!!
Mentre l’asfalto scorreva sotto le mie ruote, riflettevo sul cosa e come dire, scartando un approccio ed una frase dopo l’altra, ma non riuscivo a trovare una soluzione soddisfacente.
Decisi che avevo bisogno di bere qualcosa, perciò aguzzai lo sguardo, in quella parte di città che mi era poco familiare ed alla fine accostai al marciapiedi ed entrai in un bar con l’intenzione di farmi una birretta.
Poi però, al banco, decisi che avevo bisogno di qualcosa di forte e ordinai un brandy.
Mentre il calore del brandy si irradiava dallo stomaco fino al cervello ed ero lì, al banco, a meditare sugli eventi, entrò un tizio che venne accanto a me e salutò un amico, accostato al bancone vicino a me.
Pur essendo preso dai miei pensieri, il nome del cinema dove Angela faceva la cassiera (mi corressi, con autolesionistico sarcasmo: la cazziera!!!), detto dall’ultimo arrivato, mi fece aguzzare le orecchie: ‘… e ti dico: una porca favolosa! Non tanto alta, riccioli neri, un bel culo ed una terza di tette…’ Cazzo! Ma stava parlando della MIA donna!!! ‘… fa dei bocchini da paura! Veramente brava!!! E poi ingoia o si lascia sborrare in faccia e lo prende sia in fica che in culo!!!’
Repressi la tentazione di girarmi e stendere il tipo con un cazzotto e restai ad ascoltare, mentre continuava.
‘… Antonio ha trovato davvero una straporca, guarda! Mi sono complimentato, uscendo e gli ho chiesto come ha fatto a trovare una troia così; ha detto che &egrave una conoscente e che, come tutte le donne, non sogna altro che poter fare la troia…’ I due risero, compiaciuti; stavo per mettere in atto il mio proposito bellicoso, ma mi resi conto che ero come paralizzato e che non potevo neanche muovermi: solo ascoltare, con insana avidità.
‘Pensa che uno si &egrave seduto e se l’&egrave fatta sedere sul cazzo, dandogli le spalle…’ ‘Nella fica?’ si informò l’amico.
‘Noooo!!! Nel culo! Ha un culo caldo largo morbido, bollente!!! vedessi che culo da troia!!!
Beh, ti dicevo: questa zoccola si incula ed io ero lì davanti… Prima glie l’ho dato da succhiare… poi mi sono un po’ abbassato e glie l’ho messo nella fica, mentre l’altro le spanava il culo!’ I due ridacchiarono.
‘Ma aspetta! Senti questa! Il tipo che la inculava, le ha fatto tirar su le gambe e le ha fatto appoggiare le caviglie sulle mie spalle… Non puoi immaginare che chiavata… Beh, ci davo dentro, da sfondarla, no? Ed &egrave uscito. Occazzo, ho pensato; me lo sono preso in mano e ho cercato di rimetterglielo dentro al volo… però ho sbagliato e glie l’ho messo in culo INSIEME all’altro!!! Dio, che troiona!!!’
‘Maddai…’ disse l’amico, incredulo.
‘Guarda, potessi non chiavare mai più se non &egrave vero! E non ha fatto una piega, la puttana: se li godeva tutti e due in culo!!!
Che poi, sai che il mio non &egrave piccolo; beh, toccando per capire dove lo avevo messo, anche l’altro era ben piazzato, come me: gli abbiamo fatto un culo come un garage, alla mignotta!!!’
Ormai la mia voglia di prenderlo a pugni era evaporata: un po’ perché in fondo, al suo posto, avrei fatto uguale: sia scoparla che poi andare a vantarmi con gli amici ed anche perché uno strano turbamento, una strana eccitazione mi stava sopraffacendo.
Un incomprimibile impulso mi spinse ad interpellare il tipo: ‘Scusa…’
Mi guardò con aria corrucciata, anche se la sua bocca conservava il ricordo del sorriso di prima.
‘Scusami, ma ho involontariamente ascoltato quello raccontavi… -feci un sorriso imbarazzato- ‘ ma mi intriga quello che raccontavi’
Gli strizzai l’occhio ‘Ma non ho capito dov’&egrave il posto che dici…’
Lui mi guardò, prima sospettoso e poi con la tipica supponenza di chi sa davanti a chi ignora; poi, con l’aria di farmi un grande onore, non solo mi disse il nome del cinema, ma addirittura mi spiegò dov’era e come arrivarci.
Per ringraziarlo, offrii il prossimo giro e questo, indubbiamente, lo mise in buona predisposizione d’animo nei miei confronti.
Dopo che ci furono serviti gli alcolici, che cominciammo a sorseggiare, continuai ad interrogarlo: ‘Ma questa tipa di cui parlavi… sì, insomma… si sa chi &egrave?’
Lui fece un’espressione saputa: ‘Beh, &egrave la cassiera… la nuova cassiera del cinema…
Il padrone del cinema trova sempre delle cassiere che siano graziose e… disponibili!’ Strizzò l’occhio, ghignante, allusivo e lascivo.
Lo incoraggiai con un sorriso ebete a proseguire: ‘Ma… sì, insomma… devi… pagarla?’
Scoppiò a ridere, divertito: ‘Mannò, figurati!!! Lei &egrave un… accessorio del cinema… -si strangolò quasi dal ridere, per la sua laida spiritosaggine- ‘ Tutto compreso nel biglietto! Ahahahah, hai presente? La poltrona, il film, i cessi e la troia per svuotarti le palle!!!’
Mi feci forza di ridere anch’io, come il suo amico.
Attesi fin quando il getto impetuoso delle nostre risate si ridusse ad un rivolo di sciocche risatine e posi un’altra domanda: ‘Ma quanti se ne fa, al giorno?’
‘Ahhh… -sorrise, pur perplesso- ‘ non so proprio: un pomeriggio di qualche giorno fa mi sembra che, in mia presenza, se ne sia fatti sei o sette, ma mica potevo restare a farle il contacazzi, non credi?’ Mi strizzò l’occhio, lascivo e risposi con una risatina, annuendo.
Un altro giro di bevute mi sdebitò dalle informazioni e -un po’ annebbiato, in verità- inforcai lo scooter per allontanarmi da lì.
Avevo un mulino di pensieri che mi vorticava in testa e raggiunsi una scogliera, che ricordavo lì vicino, per cercare di fare ordine nella mia mente.
Alla fine, trovai un cantuccio tranquillo, mentre il sole si avvicinava al tramonto e cominciai, senza dover essere concentrato sulla guida dopo aver bevuto, a riflettere sugli eventi. La mia mente mixava le immagini che avevo visto con ciò che mi era stato raccontato e quindi riuscii a visualizzare perfettamente Angela in questa sua insospettabile -per me, almeno!- attività.
Scoprii con stupore e disappunto che il film assolutamente osceno che mi girava in testa, mi stava in realtà eccitando terribilmente.
Con sgomento notai che il visualizzare la MIA compagna, offerta ai cazzi di chiunque abbia comprato il biglietto di galleria di quel cinema, invece di farmi incazzare o farmi venire la gastrite per la gelosia… mi eccitava.
Tanto che, vista l’ora ‘stupida’, il luogo deserto, l’angolo molto riparato nel quale mi ero rintanato… non resistetti: abbassai la lampo dei jeans, litigai con la possente erezione che avevo e, dolcemente, cominciai a masturbarmi, come non facevo da anni…

Come sempre, graditi commenti e suggerimenti a zorrogattoge@yahoo.it Dopo essere venuto, mi ripulii alla meno peggio e poi decisi di andarmene a cena in una trattoria, di cui vedevo l’insegna poco lontano.
Pasteggiai a minerale, perché mi sentivo ancora gli effetti dei tre brandy ed intanto rimuginavo sugli eventi e sul come affrontarli.
La cameriera, una ragazzotta sui venti-venticinque anni, con un bel culetto svelto e due tette niente male, mi ronzava attorno, ma registrai l’evento solo dopo essere uscito; probabilmente mi considerava più interessante dei tre vecchi che, ognuno al suo tavolino, mangiavano ammantati di un astioso silenzio.
Rimuginavo su Angela, che avevo scoperto così sconfinatamente puttana, nonostante le arie da santarellina che si dava (aveva sempre stroncato sul nascere ogni mio tentativo di portarla in un club privé), riflettevo sulla nostra storia -che procedeva senza scosse già da qualche anno-, ma sopratutto riflettevo su di me, scoprendomi -con enorme sorpresa!- più eccitato che geloso, rabbioso, offeso…
Impeti d’ira si alternavano, dentro la mia mente, a immagini di lei che mi eccitavano grandissimamente e, francamente, non riuscivo a decidere il comportamento da tenere.
Alla fine, la camerierina insistette perché accettassi un limoncello, offerto da ‘la casa’, che apprezzai come cadeau.
Però, risalendo sullo scooter, mi resi conto che si era andato a sommare ai brandy e quindi dovetti usare molta cautela per guidare.
Arrivai sulla passeggiata a mare e decisi di fare due passi per smaltire l’alcol.
Camminando, assorto nei miei turbinosi pensieri, i miei piedi scelsero una stradina che scendeva sulla scogliera ed infine mi trovai tra gli scogli, spaesato dall’essermi trovato lì.
Sentii dei gemiti provenire da dietro uno scoglio e subito pensai a qualcuno che stesse male; mi affacciai dietro la massa rocciosa e restai basito: i gemiti erano di una ragazza che si stava godendo una sontuosa pecorina da parte di un giovane che la fotteva con vigore; i miei riflessi erano rallentati dall’alcol e perciò restai lì, brasato, probabilmente stagliato contro le lontane luci della strada, tanto che il tipo girandosi verso di me, mi vide ma, anziché inveire come pensavo fosse logico facesse, mi sembrò che mi strizzasse l’occhio e poi si mise l’indice verticale sulle labbra, come a invitarmi a non farmi sentire da lei.
Lo spettacolo era decisamente eccitante ed il tipo, mentre la montava profondamente, le palpugnava le tette, in pratica mungendola, mentre la ragazza gemeva di piacere e lo incitava a fotterla ancora più profondamente.
Restai qualche momento incantato a guardarli, ma poi la mia mente sostituì le fattezze della giovane donna con quelle di Angela e questo sovrapporsi di immagini mi provocò di nuovo un’erezione.
Come mi resi conto della cosa, scappai via, spaventato da questa insospettata mia vena di… (come lo chiamano?) ah, sì: cuckoldismo.

Quella sera arrivai a casa alla solita ora, come se fossi uscito alla solita ora dalla fabbrica.
Mi accolse col solito calore, anche se -ora che sapevo!- mi sembrava che un’ombra le appannasse il sorriso e lo sguardo.
La raggiunsi tra le lenzuola, ma la cercai con una rudezza che mi era insolita: già mentre la baciavo, le strinsi il labbro inferiore tra i denti e l’afferrai per i capelli, pilotandola poi con forza verso il cazzo.
Lei mi guardò, stupita del mio cambiamento, ma la obbligai a imboccarselo tutto con un ‘Succhia, troia!!!’
Lei cominciò a succhiarlo ed accarezzarlo con la lingua, dentro la bocca e l’afferrai per le orecchie, come fossero due maniglie, e la scopai in bocca, spingendoglielo tutto dentro fino alla gola.
Ero indeciso se sborrare così o cambiare ‘gioco’ ma, quando ormai ero quasi arrivato, decisi di incularla e perciò me la sfilai dal cazzo, l’afferrai di nuovo per i capelli e la costrinsi ad inginocchiarsi alla pecorina.
Con un unico colpo le fui dentro al culo e -adesso che sapevo!- lo percepii davvero più largo, più allentato.
Stavo per dirle che sapevo tutto, che era una schifosa troia, che l’avevo vista che si faceva montare al cinema e che era già una leggenda nei bar della città e che mi faceva schifo e che… il fiotto di piacere annegò la mia mente e mi bloccò le parole in gola; solo ululando di piacere, mi svuotai i coglioni nel suo intestino.
Poi, ritornato -grosso modo!- in me, mi accasciai sul letto, esausto.
Lei si avvicinò con gli occhi brillanti di piacere, era evidentemente arrivata anche lei al piacere, mi diede un bacio sulle labbra e commentò: ‘Non mi hai mai presa, così…’ con tono sognante.
Stavo per dirle che da quella sera sarebbe cambiato tutto, che sapevo, che…
‘Beh, non mi sembra che ti sia dispiaciuto, no?’ Le chiesi con un sorriso.
Lei annuì e mi sorrise a sua volta.
Avevo deciso di aspettare a rivelarle che sapevo; volevo analizzare la situazione e valutare tutte le possibili evoluzioni della faccenda.
Ci addormentammo abbracciati.

Tre mattine dopo, dovetti andare in centro per fare diverse commissioni, per cui mi alzai praticamente insieme ad Angela.
Appena alzato, puntai verso il bagno ed aprii la porta; Angela era davanti alla specchiera e stava facendo scendere l’orlo del vestitino estivo che indossava, già truccata per andare al lavoro.
Mi sorrise, non mi baciò per non sbavare il rossetto e mi lasciò la stanza a disposizione, uscendo sculettando.
Le sorrisi ed incominciai a lavarmi il viso, ma poi la mia mente ripassò alla moviola la scena di quando avevo aperto e lei si stava sistemando l’abitino a fiori… eppure… ma sì: avrei giurato che, nel lampo del rapido movimento, le avevo visto il ciuffetto del pube!
Quindi, non aveva mutande!!
Ma come cazzo ci andava, in ufficio, a lavorare??
Anche questa volta, decisi di tenermi per me quest’altra scoperta (e più ci pensavo, più richiamavo alla mente l’immagine che avevo fissato nella mente, più ero certo che lei fosse nuda, sotto il vestito!), ma ovviamente si apriva un altro capitolo di domande…

Tra i vari giri, dovetti anche andare all’anagrafe per rinnovare la carta d’identità che stava per scadere; per cui mi feci le tradizionalmente orribili foto alla macchinetta e poi entrai nell’edificio, presi il numeretto e mi sedetti ad attendere con pazienza il mio turno.
Presi il giornale dalla tasca e cercai di dargli una scorsa, ma i pensieri su Angela mi turbinavano in mente… non nascondo che questi pensieri mi portavano ad immaginare situazioni e scene che indubbiamente mi avvolgevano nel caldo abbraccio dell’eccitazione.
Una potente pacca sulla spalla, mi fece sobbalzare, insieme ad un vocione che mi chiamava per cognome; mi girai per capire l’origine di questa specie di uragano che mi aveva investito e vidi un tipo ancora più alto e massiccio di me, che mostrava non meno di cinquanta denti nel sorriso più ampio che avessi mai visto.
Quel viso… quel viso mi diceva qualcosa… la mia mente lo affiancò ad un altro viso, senza i segni degli anni, senza quei baffoni alla Peppone, con una testata di capelli neri al posto del luccicante cranio glabro e… ‘Zamboni!!! Occazzo, proprio tu?’
Il mio mitico compagno di banco delle superiori, il sarcastico, acuto, curioso, brillante Zamboni… Armando Zamboni!
Mi alzai e ci abbracciammo, scambiandoci le solite banalità d’uso.
Quasi subito venne il suo turno e mi lasciò dicendomi: ‘Non provare a sparire per altri vent’anni! Ci troviamo al bar qui accanto, appena abbiamo finito queste menate!’ e fece partire una delle sue fragorose risate.

(un rigraziamento ad un certo lettore per gli efficaci suggerimenti)

Graditissimi commenti e suggerimenti a zorrogattoge@yahoo.it Così, con Armando, ci trovammo al bar, proprio lì accanto all’anagrafe.
Ci sedemmo ad un tavolino fuori e lui propose di prendere un aperitivo, vista l’ora; quando arrivò la ragazzotta a prendere le nostre ordinazioni, ordinai un analcolico alla frutta e lui scoppiò in una delle sue celebri risate. ‘Maddai!!! Quella &egrave roba che beve mia madre!!! Dai, ordina qualcosa di serio!’
Leggermente contrariato, ordinai una pinha colada e lui chiese un margarita; cambiai la mia ordinazione e mi feci portare anch’io un margarita, sotto il caldo sguardo di approvazione dell’amico.
Mentre la cameriera portava i vari stuzzichini caldi e freddi e gli aperitivi, Armando mi interrogò sul cosa avevo combinato negli ultimi vent’anni.
Riassunsi le cose, gli parlai della fabbrica dove, partito dal livello più basso, ero diventato capoturno ed in odore di passare a vicecaporeparto, poi accennai alla convivenza con Angela e lui colse una certa venatura non serena nella mia voce tanto che mi chiese, sollecito ‘Cosa succede?’
Feci un gesto tipo ‘va tutto bene e non ho voglia di parlarne’, aggiunsi qualche dettaglio di poca importanza, risposi a qualche sua domanda fatta con complice malizia e poi dissi: ‘E tu, invece…?’
gGià: io…’ e subito una potente risata.
Poi cominciò a raccontare che, subito dopo il diploma, si era iscritto a giurisprudenza ed aveva fatto domanda in polizia ed era entrato quasi subito.
Laureato, aveva fatto una insoddisfacente carriera per una quindicina d’anni e poi aveva dato le dimissioni, mettendosi a fare l’investigatore privato… ‘Ah!’ esclamai.
Mi guardò con simpatia, mentre cominciavo a sorseggiare il secondo margarita e poi, col suo rassicurante tono di voce basso e carezzevole mi chiese: ‘Cosa c’&egrave? Pensi di aver bisogno dei miei servigi?’
gMa no, dai… dicevo così…’
Lui aggrottò le sopracciglia, poi mi sorrise e mi disse: ‘Ovviamente se non ne vuoi parlare, sei padronissimo, ma mi sembri una persona con un problema…
Qualche perplessità sulla tua compagna? Guarda che l’infedeltà coniugale &egrave, se così possiamo dire, la mia specializzazione…’
Feci una smorfia ed un gesto di diniego, ma lui restò lì, pazientemente, ad aspettare; da sottile psicologo, lasciò che fosse la fiducia e l’amicizia che provavo per lui a far capitolare le mie difese.
Non dovette aspettare troppo, prima che la corazza del mio naturale riserbo cominciasse ad incrinarsi.
gE’ che… Ma sì, sai… proprio stamattina ho notato che Angela… sì, insomma: va a lavorare vestita in un modo che mi lascia… perplesso, ecco!’
Il suo caldo sorriso comprensivo mi avvolse come un caldo plaid: ‘Vestita… uhmm… intendi dire… senza niente sotto?’
Annuii, mezzo sollevato dalla sua capacità di aver subito capito e mezzo depresso al ricordo del fatto e delle mie elucubrazioni al riguardo.
Lui annuì a sua volta e mi sorrise: ‘Beh, se te la senti di levarti i dubbi… e guarda che potrebbe non essere che un suo sfizio, ma potrebbe anche trattarsi di qualcosa di vero! Sta a te decidere se tenerti i dubbi o avere certezze!
Dicevo. Se vuoi fare chiarezza, non ci sono problemi: potrei metterle in ufficio delle cimici… scusa, intendevo dire dei microfoni e magari una microcamera per filmarla sul lavoro…’
Lo guardai col vago sorriso di chi si sente sul punto di essere salvato, ma subito mi rabbuiai.
Lui intuì: ‘Senti, se &egrave l’aspetto economico che ti lascia dubbioso, non preoccuparti: siamo vecchi amici e semmai ti farò pagare solo le spese vive… e comunque, troveremo un modo per metterci d’accordo’ disse, strizzandomi l’occhio.
Affrontai la cosa come un caso teorico e lui capì e fu pronto e soddisfacente a rispondermi ed a fugare i miei dubbi.
Mi spiegò che si sarebbe introdotto nell’ufficio deve lavorava Angela come un tecnico informatico, dopo aver staccato il collegamento internet, per ripristinare la connessione; mi disse che sarebbe riuscito a distrarre la mia compagna il tempo sufficiente per installare sia le cimici che le microcam… che avrebbe anche ‘infestato’ l’ufficio del capo, dopo che gli avevo detto che sospettavo che il capo potesse entrarci qualcosa (ovviamente, mi guardai bene dal raccontargli di quando il capo l’aveva sicuramente riconosciuta al cinema!), che l’indomani mi avrebbe dato un cellulare uguale a quello di Angela, con una cimice, da sostituire con quello della mia compagna, che comunque potevo chiamarlo quando volevo per sapere se aveva notizie e che,al massimo! tempo una quindicina di giorni sarebbe stato in grado di farmi un rapporto completo.
Un po’ frastornato dai margarita (che alla fine erano diventati ben tre; mi sentivo ubriaco come un marinaio russo, mentre Armando invece sembrava che avesse bevuto acqua fresca: io non sono abituato a bere… e così tanto, poi, mentre evidentemente lui era ben allenato…) lo salutai, rendendomi poi conto che mi ero ormai sputtanato, che avevo messo il mio antico compagno di scuola nella condizione di capire quanto la mia donna fosse troia.
Però la cosa, invece di irritarmi, stranamente mi dava un’euforia eccitata.

Avevo deciso di non far assolutamente capire ad Angela che sapessi qualcosa, perciò mi sforzai di essere ‘normale’, di comportarmi alla solita maniera; tuttavia il suo istinto femminile avvertiva che qualcosa di diverso c’era in me.
Mi chiese se fossi preoccupato e distratto per qualcosa ed io accennai a certi problemi e scazzi sul lavoro.
Decise di accettare la spiegazione e cominciò a fare la gattina; allora la tirai verso di me e la baciai con passione.
Lei rispose con entusiasmo e cominciammo a spogliarci reciprocamente, amoreggiando; ci baciammo ovunque, percorrendo la pelle dell’altro con polpastrelli, labbra e lingua e alla fine mi tuffai tra le sue cosce per leccarle la fica.
Lei smise di spompinarmi e divaricò al massimo le gambe, spingendomi poi la testa contro il suo pube, schiacciandomi il naso contro il suo monte di venere, per gustasi al meglio il vorticare della mia lingua nella sua vagina e sul clitoride, che tenevo scappucciato con due dita.
Alla fine, mi implorò di scoparla, per cui le andai sopra e sprofondai nella sua accogliente e rovente fica.
Cominciai a fotterla variando la velocità, la profondità, il ritmo, l’angolazione dei miei affondi e la sentii arrivare al piacere diverse volte, mentre continuavo a prenderla.
Cambiammo posizione più volte, facendola venire sopra di me, poi prendendola da dietro mentre eravamo sdraiati sul fianco e per finire la pecorina, che adoro.
Mi sorpresi a valutare la capienza della sua fica (e del culo, quando glie lo misi, poco prima di sborrare), immaginando la schiera di cazzi che avevano percorso i due orifizi, negli ultimi giorni e scoprendo che mi piaceva scoparla più larga: anziché massaggiarmi, me lo sfiorava con le pareti della fica e lo sfintere e mi sembrava come… non so. Come scopare una nuvola… una nuvola appassionata e libidinosa.

come sempre, graditissimi commenti e suggerimenti a zorrogattoge@yahoo.it Dopo cinque giorni, non resistetti; presi il telefono e chiamai Armando: ‘Ciao… Allora? Novità?’
Lui mi propose di incontrarci in un bar per l’aperitivo, quella stessa sera. Ovviamente, accettai.
C’era un fastidioso venticello fresco e perciò potemmo sederci nei tavolini fuori senza essere alla portata di orecchie estranee.
Nonostante fossi ansioso di sapere, attesi fremente che, dopo averci portato le ordinazioni -due margarita, ormai diventati rituali- Armando cominciasse ad assaporare il suo e poi parlasse.
“Dunque… il giorno dopo che ci siamo visti, ho subito agito e, come ti avevo spiegato, mi sono introdotto, fingendomi un tecnico della società informatica, nell’ufficio dove lavora Angela.
Ho avuto la fortuna di entrare nel portone proprio mentre il suo capo stava uscendo, direi con due clienti, per andare al bar d’angolo.
Quindi, ho potuto tranquillamente non solo infestare l’ufficio e l’interfono di Angela, ma anche quello del suo capo.
Poi, ho cominciato l’ascolto, facendomi aiutare da due dei miei ragazzi.’
Bevve, flemmaticamente, un sorso del cocktail, sgranocchiò qualcosa, masticò con cura e visibile piacere i tre ravioli che ci avevano portato come stuzzichini (direi godendosi la mia aria ansiosa e preoccupata) e poi, quietamente, proseguì.
I rapporti tra di loro sono formali: lui le dà sempre del Lei: ‘Signora Angela per favore venga qui, faccia questo, mandi questo fax, scriva quella email’ eccetera.
Però.. però lui ha fatto qualche misteriosa allusione al cinema dove lei lavora, nel pomeriggio… allusioni che non sono riuscito a ben interpretare.
Così mi son preso la libertà di mandare uno dei miei ragazzi anche lì, a mettere cimici.
Solo che, da quanto ha appurato, Angela a volte lascia la cassa e va in galleria, così proprio oggi &egrave tornato al cinema per installare una microcam ad alta sensibilità anche in sala.
Non so com’&egrave andata questa installazione, perch&egrave il mio collaboratore non l’ho ancora visto…’
Io inghiotti a vuoto, ormai travolto dall’inarrestabile sputtanamento che avevo scatenato su di me e su Angela; decisi di bere l’amaro calice fino in fondo: ‘Ma… e col capo…?’
Mi guardò, con uno sguardo carico di compatimento, anche se una luce divertita gli brillava in fondo agli occhi: ‘Beh.. ii capo… diciamo che… che la mette… sotto, ecco!’
“in che senso??’
“Nel senso che, alla fine della mattinata di lavoro, la chiama col dittafono e…’ ‘E…?’
“E la prega di andare di là, nel suo ufficio…’
Non capivo: ‘Beh… ma &egrave normale!’
Lui fece un sorriso indulgente, fintotriste: ‘Poi, quando sono nel suo ufficio, le dice ‘Angela, si inginocchi!’; lei esegue senza esitazione, lui se lo tira fuori e glie lo dà da succhiare; allora lei lo spompina finch&egrave lui non viene, tenendole la testa per farla ingoiare, poi la lascia andare, lei si rialza, si pulisce le labbra con un un kleenex, poi va nel bagno privato del capo, si ridà il rossetto e va via, salutandolo con soggezione’
Ero assolutamente stupefatto: mai e poi mai avrei immaginato che Angela, la MIA Angela, fosse in grado di degradarsi così col suo capo… e tradendomi poi così…
L’irritazione montò violentemente dentro di me, tanto che mi pervase tutto, provocandomi anche una potente erezione.
Cio&egrave… in realtà l’erezione era dovuta ad un vortice di inaspettate sensazioni che stavo provando e che mi sconvolgevano, scompaginando completamente le mie certezze, le mie idee, le mie pulsioni.
Mi resi conto di essere come avvolto dallo sguardo di Armando, in un certo qual modo quasi protettivo, nei miei confronti e lo guardai: ‘ma… così, per parlare… cosa pensi di Angela?’
Si prese qualche istante per decidere cosa rispondere: ‘Beh… &egrave indubbiamente una… (mi stavo preparando a sentire una qualche crudissima e volgare espressione, ma…) ‘ una splendida donna, ecco!’
‘sì, che &egrave bella lo so… -dissi, rassegnato- ‘ lo capisco dagli sguardi degli altri, quando siamo in giro insieme e penso che molti se la vorrebbero fare…’ ‘Altroché!’ esclamò Armando, con un sorriso.
Lo guardai fisso, con una certa aria di complicità: ‘Te la vorresti fare anche tu?’
‘Beh… -capii che annaspava, in cerca della risposta ‘giusta’ da darmi- ‘ indubbiamente un pensierino varrebbe la pena di farcelo… ma poi dai! E’ la tua compagna! Non mi permetterei mai!!!’ disse, sorridendo marpione come pochi.
Capii con nitidezza che, pur non volendo -per rispetto a me- creare l’occasione, se però si fosse presentata, non avrebbe esitato un secondo a montarmi la compagna.
Mi ascoltai, con stupore, mentre gli dicevo ciò che avrebbe fatto irrimediabilmente precipitare la situazione, condannandomi, oltre alle corna, anche ad il suo sicuro dileggio:
‘Mi hai detto che, al cinema,lei lascia la cassa e va in galleria…’ Annuì, pensosamente ‘… non capisco cosa possa andarci a fare… Ti dispiacerebbe appurare anche questo aspetto? Magari… sì, di persona?’
Lo sguardo gli si illuminò di un lampo di malizia: ‘Ma certo, se vuoi, per un amico farò anche questo, tranquillo!’
Non aveva capito che io sapevo, ma evidentemente aveva scoperto abbastanza da voler proprio fare un sopralluogo in galleria di persona, alla faccia mia e vedere se era possibile fottere la donna del suo antico amico.
Decisi di fare la figura dell’ingenuo fessacchiotto e perciò lo ringraziai sentitamente di quanto avesse preso a cuore la cosa, avendo però capito, da quel certo luccichio dei suoi occhi, che aveva progetti di fornicazione a mie spese.

Passò qualche giorno e, stavolta, fu lui a chiamarmi per fissare un appuntamento al solito bar.
Superammo i riti dell’ordinazione e dell’arrivo delle bevande, poi non resistetti più, davanti al suo atteggiamento flemmatico e gli gettai uno sguardo inquisitorio: ‘Allora?’
Lui guadagnò qualche istante bevendo un sorso del suo drink, poi mi guardò con una vena di compatimento e -mi sembrava- vergogna: ‘Beh… tu mi hai detto di andare a fare un sopralluogo al cinema, ricordi?’ Annuii: ‘Vai avanti!’
‘Beh… ci sono stato.. volevo dire andato… al cinema…’
Provai una strana sensazione di divertimento nel vederlo imbarazzato, a narrare e perciò decisi di costringerlo a raccontare tutto: ‘Bene. Allora racconta… qualunque cosa, senza omettere nessun particolare; fai conto che io sono sia il compagno di Angela, ma solo una terza persona che, senza coinvolgimento emotivo, ti abbia dato l’incarico di fare questa inchiesta su di lei!’
Mi guardò sgranando gli occhi e inghiottendo visibilmente: ‘Come vuoi… Solo una domanda, anzi due, prima di cominciare; la prima &egrave: vuoi che racconti prima il mio sopralluogo e dopo le risultanze della microcam o il contrario? E la seconda: posso parlare in modo esplicito?’
Risposi quasi subito: ‘Racconta come vuoi, anche in modo crudo: fa nulla! E prima dimmi del tuo… sopralluogo. Vai!’
Annuì, guardandomi con un’espressione strana, un misto di compatimento, vergogna, malevolenza e sollievo.
‘Sono andato al cinema ieri pomeriggio, alle cinque in unto e sono entrato proprio mentre lasciava la cassa, facendosi sostituire da un ragazzotto brufoloso ed ho preso un biglietto di galleria.
Diciamo che sono entrato in sala circa un paio di minuti dopo di lei e l’ho vista sedere.
La galleria di quel cinema &egrave divisa in quattro parti, dalla scala centrale e da un corridoio a metà altezza; si entra dal basso a sinistra, dando le spalle allo schermo ed in cima, sulla stessa parete c’&egrave la scala dove, scendendo una decina di gradini che porta ai servizi.
Dicevo che lei si &egrave seduta… -aggrottò la fronte, come per ricordare meglio- ‘ in una poltroncina del corridoio centrale, la quarta a partire dal centro.
In sala, a parte un numero imprecisato di persone in platea, c’erano tre uomini da soli; mentre salivo la scala, dall’atrio alla galleria, ho usato il trucchetto di tenere chiuso un occhio in modo che, quando sono entrato nella sala abbastanza buia, almeno un occhio era già abituato alla poca luce e perciò ho subito potuto vedere nitidamente…’
Mi guardò, chiedendomi con lo sguardo se doveva proprio andare avanti.
Decisi di non aver pietà, né per lui, né per Angela, né -tantomeno- per me stesso.
‘E cos’hai nitidamente visto?’ Chiesi, in tono vagamente sarcastico.
‘Bevve un altro sorso del drink,prima di rispondere: ‘I tre uomini erano uno sulla sessantina e gli altri tra i trentacinque ed i quaranta; l’anziano era seduto in cima, a destra, uno degli altri due era accanto alla scala di sinistra, a metà del blocco superiore ed il terzo invece era seduto nel primo posto verso il centro della seconda fila del blocco in alto a destra.
Come lei si &egrave seduta, quest’ultimo si &egrave alzato ed &egrave andato a sedersi alla sua sinistra, lasciando un posto libero.
L’anziano, invece, si &egrave messo nella fila dietro di lei, tre posti verso sinistra e l’ultimo invece,dopo che gli altri due si erano seduti, subito a destra di lei.
Io mi ero seduto nella poltroncina in alto a sinistra del blocco accanto all’ingresso, ho negligentemente buttato il braccio sullo schienale del posto accanto al mio, in modo da poter comodamente tener d’occhio la situazione ed ho cominciato a far finta di seguire il film, anche se davo soventi occhiate dietro.
Il tipo accanto a lei ha subito provato a mettere una mano sul ginocchio di lei -che stava seduta composta, braccia sui braccioli, ginocchia accostate-, ma &egrave trasalito quando un altro uomo -alto, sulla cinquantina- &egrave entrato in sala, andandosi subito a sedere esattamente dietro a lei’
Capivo l’importanza dei dettagli, ma lo spinsi a proseguire.
‘beh, il tipo accanto le ha rimesso la mano sul ginocchio e poi &egrave subito risalito verso… ehm!’ Travolsi la su esitazione: ‘La fica?’
Mi guardò, grato: ‘Sì, fino alla fica… e mentre le prendeva il mento tra due dita e le faceva girare il capo per baciarla sulla bocca.
Quello dall’altra parte, allora, ha allungato la mano ed ha cominciato anche lui ad accarezzarle la coscia e poi, scalando di posto, ha cominciato a toccarle anche lui la fica, insieme all’altro, mentre il cinquantenne ha cominciato ad accarezzarle il collo, le spalle e poi, sbottonandole la camicetta, ha cominciato a palparle i seni ed a stringerle i capezzoli tra le dita…’

Graditissimi commenti esuggerimenti a zorrogattoge@yahoo.it Mi sentivo stringere la gola per l’eccitazione; visualizzavo perfettamente ciò che mi narrava e quella specie di film, che il suo racconto scatenava nella mia mente, mi stava arrapando assurdamente.
Lo incitai a proseguire: ‘E poi?’
Lui simulò un certo distacco; mangiò una tartina, bevve un sorso di margarita e proseguì: ‘Vuoi proprio tutti i dettagli?’ Annuii deciso.
“Come credi.
Lei, evidentemente, gradiva le manipolazioni, tanto che dopo cinque minuti era tutta bagnata…
Il tipo dietro si &egrave alzato in piedi ed ha cominciato a strusciarle la fava sulla guancia; allora lei ha girato la testa ed ha cominciato a spompinarlo, mentre ormai lei masturbava i due accanto e nel frattempo l’anziano si accontentava di guardare dal suo posto, segandosi.
I due ai lati, però, le hanno pilotato la testa sulle nerchie, facendosi succhiare a turno e lei non sembrava per nulla contrariata dal trattamento.
Poi, uno dei due accanto si &egrave alzato, le ha afferrato le caviglie appoggiandosele sulle spalle e glie lo ha messo in fica, fottendola con lunghi colpi profondi, mentre &egrave arrivato un giovanotto sui venticinque ed anche lui &egrave andato dietro, ad aspettare il suo turno per essere spompinato; difatti lei li succhiava alternativamente.
Dopo un poco il tipo che la montava &egrave venuto dentro, si &egrave sfilato ed allora l’altro l’ha afferrata per un braccio, l’ha fatta alzare dal suo posto e se l’&egrave fatta impalare sull’uccello, restando seduto.
Allora quello sui cinquanta ha lasciato che la bocca di Angela si occupasse solo del cazzo del giovane; &egrave uscito dalla fila, le &egrave andato dietro e si &egrave accucciato per leccarle bene il culo; poi, li ha fatti fermare un attimo, glie lo ha appoggiato nel culo e glie lo ha spinto tutto dentro, scopandola in sincrono con l’altro.
Lei evidentemente godeva ed allungava le mani per avere cazzi da menare… e li ha trovati, così era impegnata con cinque cazzi…’
Mi venne un dubbio: ‘E l’anziano continuava a guardare da distante e si masturbava?’
E lui: ‘Sì, esatto!’ e mi sorrise.
Capii, ma volli essere certo: ‘Ma tu… per sapere che era molto bagnata, dovevi esserti avvicinato parecchio…’
Lo vidi a disagio:’Beh… sì’
Lo incalzai: ‘Tanto che uno dei cazzi in gioco era il tuo…’
Annuì, distogliendo lo sguardo.
Intuii che non si era accontentato di quello, ma nel frattempo il suo racconto proseguiva: ‘Nel cuore dell’azione, &egrave arrivata una coppia relativamente giovane, sulla trentina, piuttosto alti entrambi; entrata in sala, ha osservato per qualche istante il groviglio di corpi, poi si sono andati a sedere proprio accanto ed hanno cominciato a toccarsi tra loro, guardando.
La ragazza era accanto a me ed ho cominciato, così, a toccare anche lei… e mi lasciava fare.
Quando il tipo che inculava Angela stava per venire, lo ha sfilato e le ha sborrato sulle chiappe e sulla schiena; allora la ragazza si &egrave alzata ed ha cominciato a leccargliela via e poi si &egrave piegata in avanti -culo all’aria e gambe ben aperte e solidamente piantate sul pavimento- per leccarle il culo.
Allora mi sono alzato, le sono andato dietro ed ho cominciato a fotterla… la ragazza, intendo.
Lei per un po’ c’&egrave stata e mi ha lasciato fare, poi si &egrave scostata, ha preso le spalle di Angela e l’ha fatta inarcare indietro, mentre il tipo continuava a chiavarsela da seduto, ha messo un piede, calzato con un sandalo con un’alta zeppa e poi le ha messo la fica sulla faccia.
Angela ha cominciato a leccarla e lei, passandosi la mano tra le chiappe, l’ha afferrata per il ciuffo e quando l’ha così immobilizzata, le ha pisciato in bocca.
A sentire tutte le porcherie alle quali la mia compagna si era assoggettata, più che dall’ira e dalla gelosia, fui travolto dall’eccitazione, incontenibile, potente!
Non so se Armando lo abbia notato (ma non credo che uno che faccia il suo lavoro si lasci sfuggire certi segnali!), ma indubbiamente la mia voce si era come arrochita: ‘Ma… sì, insomma… beh… Angela… sincero, eh!… Te la sei fatta?’
Lui assunse un’espressione sostenuta: ‘Io di solito non mescolo mai il lavoro al piacere!’
Poi, però valutò che la mia reazione non sarebbe stata sgradevolmente scomposta: ‘… però in questo caso, non ho saputo resistere…’
Mi guardò, da sotto in su, spiando la mia reazione, non del tutto convinto di come l’avrei presa.
Io annuii, con fare rassegnato: ‘E… cosa hai fatto, nel dettaglio?’
Mi guardò interdetto, poi: ‘Beh… hai una gran femmina… glie l’ho messo sia in bocca, che in fica che nel culo… Anzi: l’ho inculata mentre il mio collaboratore, che era tornato nel cinema a mia insaputa, si stava facendo sbocchinare…
Quel pomeriggio, la tua compagna -perché avvertii una piccola nota di sadica crudeltà in quel ‘tua compagna’? E perché la cosa mi diede una sferzata di arrapamento?- si &egrave fatta in tutto otto cazzi, oltre ad aver leccato la ragazza ed averla ripulita dopo che il marito ed un altro l’avevano montata’
Vedevo che gli occhi gli brillavano di maligno piacere: in effetti, montarsi la compagna di un vecchio amico e potersene poi vantare proprio con lui, senza rischiare pugni in faccia, doveva essere una sensazione davvero raffinata…
Ormai ero partito per la tangente: ‘Ma… cosa ne pensi di lei… come femmina, intendo!’
Assunse un’espressione sognante: ‘Ah, una grandissima baldr.. ehm, donna da letto, indubbiamente! Sembra non avere limiti e accetta docilmente tutto…’
Il suo celebre sorriso a cinquanta denti si mostrò, abbagliandomi come un potente riflettore.
Decise di caricare la dose: ‘Anche il mio collaboratore &egrave restato estasiato; lui, poi, lo ha particolarmente grosso e si &egrave stupito di aver trovato una che si lascia inculare da lui senza fare storie…’
Poi decise di tornare coi piedi per terra: ‘Ma… adesso… cosa conti di fare?’ mi chiese, con una vena di preoccupazione.
Non o sapevo neanch’io, ma risposi quasi di getto: ‘Mah, per adesso non farò nulla: devo pensarci un po’ su… sai -precisai ipocritamente- non mi aspettavo assolutamente quello che mi hai raccontato e… beh, devo farci mente locale…’
Lui annuì, condividendo il mio punto di vista.
Poi, un pensiero galoppò nella sua mente: ‘Ma allora… per adesso le cose resteranno così?’
Annuii e mentre lo facevo capii che, in pratica,gli avevo dato altre occasioni per montarsi la mia donna… magari in coppia col suo collaboratore cosìdotato o, magari, con tutti i suoi collaboratori, insieme…
‘Una domanda, Armando: quante persone lavorano con te?’
Lui sembrò non capire: ‘Beh, tre ragazzi ed una ragazza che &egrave un genio dei computer… perch&egrave?’
Mi resi conto che avevo fatto d’impeto una domanda sciocca e pericolosa e cercai di svicolare: ‘Ho l’atroce sospetto di non potermi permettere di continuare la sorveglianza di Angela…’ Dissi, con voce mogia.
La sua risata risuonò, potente: ‘Ma no tranquillo! Per un amico una cosa del genere la faccio anche in rimessa!’
‘Una cosa del genere’? Cosa intendeva dire? Sorvegliare la mia compagna o fottersela?

graditissimi commenti e suggerimenti a zorrogattoge@yahoo.it Avevo deciso di farmi del male fino in fondo e assecondando questa mia vena masochistica, per cui affrontai l’altra parte, quella che riguardava gli avvenimenti nell’ufficio dove lavorava la mia compagna.
“Ma… e sul lavoro, invece?’
Lui cambiò espressione, assunse un’aria vaga, leggermente colpevole: ‘ No, sul lavoro, sai…’
“Sai, cosa? -lo incalzai- Cosa risulta da tutti i tuoi ambaradan elettronici? Dimmi, dai!’
Lui esitò qualche istante, come per riordinare le idee, poi fece un profondo sospiro e cominciò a parlare: ‘Beh, ecco… non so come dirtelo…’
Mi guardò con aria fintamente dispiaciuta e proseguì: ‘Sì, insomma… da quanto abbiamo visto… e ascoltato, sembra che il capo abbia… sottomesso Angela…’
Mi lasciò lì, con la frase in sospeso.
Attesi qualche istante che proseguisse, ma mi resi conto che avrei dovuto incitarlo.
‘In che senso, sottomessa? Spiegati e parla chiaro, una volta per tutte!!!’
Lui sembrò raccogliere per un momento le idee e poi parlò: ‘Da ciò che abbiamo ascoltato, il capo la obbliga a… a prestazioni sessuali; cio&egrave, non sembra che lei si faccia troppo pregare, adesso: lui chiede, con educata fermezza e lei esegue’
Sentivo il mio… fratellino che si irrigidiva: ‘Esegue… cosa?’
‘Beh, da quanto abbiamo ascoltato e… visto -si raschiò la gola- il capo le chiede di fargli dei… sì, dei pompini…’ ‘Pompini, in ufficio?’ Lui annuì, con gravità.
‘Ma lui, dove viene?’ Mi rendevo conto di aver, ormai, perso il controllo e la prudenza, ma mi rendevo anche conto che la mia parossistica eccitazione mi stava facendo uscire di testa… e che Armando pensasse pure il cazzo che voleva!!!
‘Beh, dipende… E’ una cosa strana, perché lui le si rivolge chiamandola ‘signora’ e dandole inappuntabilmente del lei, ma insultandola pesantemente, minacciandola…
Spesso, le viene in bocca, ingiungendole di ingoiare tutto, ma a volte preferisce schizzarla sul viso… quando si accontenta di farsi spompinare…’
Ero strabiliato: ‘Perché -feci il falso ingenuo- a volte non si accontenta?’
‘No -disse l’investigatore- a volte la… penetra’
‘Ma dici… in fica?’
‘Beh, &egrave successo anche che, dopo averla chiavata in fica, glie lo abbia messo dietro, venendo poi lì’ ‘Lì… intendi nel culo?’
‘Sì, esatto’
Un mulinello di pensieri ed emozioni mi travolse la mente ed ormai ero condannato dalle mie pulsioni di sapere, sapere tutto!
‘Ma… hai detto che la minaccia… Cio&egrave? Cosa le dice?’
‘Beh… le rinfaccia di essere, testuale!, ‘una troia da cineporno’ e che può solo ringraziare se non la licenzia e non la lascia su una strada, come meriterebbe.
Poi cambia tono e dice che se continua ad essere così servizievole, potrebbe riprenderla a tempo pieno,ovviamente col relativo trattamento economico, ma… ‘Ma lei, signora, dovrà essere mooolto gentile con tutti i clienti, sopratutto con quelli che le indicherò io… magari, qualche volta, avrà anche l’occasione di fare qualche ora di straordinario e poi, chissà?, se mi reputerò soddisfatto potrei anche darle qualcosa fuoribusta’
Comunque, le impone di indossare corte minigonne o minitailleurs sul lavoro, con tacchi a spillo e senza intimo, truccata in modo un pochino pesante…’
Mi guardò, con uno sguardo vagamente compassionevole: ‘Adesso che hai saputo… vuoi che… ripuliamo l’ufficio?’
Mi stupii nel sentirmi rispondere: ‘No, per favore, continua! Voglio sapere se il capo darà corpo alle minacce!’
Mi guardò con un’occhiata strana, con forse un’ombra di sorriso nello sguardo: ‘Come preferisci… E… per il cinema?’
Mi accorsi che stavo annuendo: ‘Anche per il cinema… lasciamo tutto così…’
Mi guardò con una vaga speranza nello sguardo ed io dissi ciò che sperava di ascoltare: ‘Continuate anche lì a… sorvegliare…’
Fu una cosa rapidissima, un mezzo lampo, ma riuscii a percepire il sorriso goloso che stava per affiorargli sul volto, ma che riuscì prontamente a far sparire dietro un’espressione professionalmente imperscrutabile.

Quella sera, Angela arrivò a casa normalmente, affettuosa e tenera: se soltanto non avessi visto ed ascoltato ciò che era successo, che succedeva, difficilmente avrei potuto sospettare.
Facemmo l’amore, prima di addormentarci, con tenera passione e, mentre prendevo la decisione che non le avrei detto nulla, di ciò che avevo scoperto, mi resi conto che -in effetti- percepivo Angela diversa… non riuscivo a capire se come modo di donarsi o proprio come cambiamento dell’elasticità delle mucose vaginali e dello sfintere anale.
Leccandole la fica, durante i preliminari, mi sembrò di percepire il sentore di sperma maschile e dovetti faticare per riuscire a far scendere la mia eccitazione ed evitare di venire subito.

Il giorno dopo, andai a lavorare, pur con poca concentrazione: la mia mente sembrava un mulino che macinava insieme frammenti di conversazioni con Armando, immagini viste ed immaginate, nuove interpretazioni di ogni posa, gesto, parola o sguardo di Angela, ottenendo una farina che mi faceva l’effetto del viagra.
Verso le dieci, ricevetti una telefonata dal mio capo, che mi diceva di trovarci davanti all’ingresso della palazzina degli uffici lì a un quarto d’ora.
Presi il mezzo di servizio (all’interno dello stabilimento usiamo veicoli usati, formalmente demoliti -e quindi senza più targhe- ma ancora in discrete condizioni) e raggiunsi la palazzina.
Il mio capo mi accolse, insieme agli altri responsabili di linea e ci condusse, insieme ad altri, nella grande sala riunioni.
Lì, fummo presentati al nuovo direttore di stabilimento: restammo tutti abbastanza stupiti, nel vedere che il nuovo direttore era, in realtà, una bella signora, anche se con un’aria decisa ed efficiente… proprio da Direttore!
Le venimmo presentati uno ad uno, ma la mia mente non era troppo concentrata e credo di averle dato l’idea di essere poco interessato a lei, a differenza di qualche mio collega che non seppe trattenere il solito sorriso viscido e servile o frenare il suo gallismo, attirando a volte occhiatacce da parte dei rispettivi capi e sguardi venati di sarcasmo da parte del Direttore, l’ingegner Lorella Spadavecchia (piacere-piacere!).
Mentre si allontanava da me, colsi una sua occhiata perplessa, come se si fosse aspettata chissacch&egrave da me, ma non una mia -pur cortese- voglia di sbrigarmi per passare ad altro (i miei personali e familiari fantasmi, ma lei non poteva certo immaginarlo.

Sempre graditi commenti e suggerimenti a zorrogattoge@yahoo.it Passarono i giorni ed ormai sentivo frequentemente Armando, che mi aggiornava telefonicamente sui -praticamente nulli- sviluppi della storia tra Angela ed il capo.
Doveva aver capito, ormai, che la cosa mi intrigava difatti, pur non segnalandomi nulla di sostanzialmente nuovo, cominciava ad indulgere in piccanti descrizioni o riferendomi brani di conversazione dal quale era sempre più chiaro quanto fosse consenzientemente troia la mia donna.
Un giorno mi disse che era andato a fare un sopralluogo al cinema… lasciando la frase in sospeso e costringendomi quindi a chiedere: ‘E… cosa hai fatto?’
E lui, con tono estremamente normale, disse: ‘Nulla di particolare: mi son montato la tua donna insieme ad uno dei miei assistenti ed un altro e poi ho smontato l’attrezzatura, che mi serve per un altro lavoro’
la domanda, furiosamente, sgorgò da sola dalle mie labbra: ‘Come sarebbe, che hai smontato l’attrezzatura?’
Mi resi conto un lampo di aver fatto la domanda sbagliata e il tono beffardo della sua voce lo sottolineò: ‘Sai, caro: ormai abbiamo perfettamente capito quanto sia troia Angela e il materiale costa… Non preoccuparti, comunque: faremo sopralluoghi abbastanza spesso, io ed i miei ragazzi, così terremo d’occhio se ci saranno sviluppi…’
Ormai, oltre ad essere completamente sputtanati, anche l’ultima sottile, striminzita, patetica foglia di fico era caduta: entrambi sapevamo quanto la situazione mi intrigasse ed, a giudicare dalla totale disponibilità di Angela, anche lei era intrigata dalla situazione.
Quella stessa sera, quando rientrò, avevo una disperata voglia di fare l’amore con lei, di scoparla in bocca, fica e culo fino a sentirmi male, a rimanere stroncato sul suo corpo.
Avevo il cazzo durissimo -come lo avevo a vent’anni, con tanta voglia e poca fica!- e subito dopo cena glie lo appoggiai nel solco delle chiappe.
“No, amore, scusami… stasera non mi sento tanto bene’ mi disse, dandomi un bacio.
Non riuscii a decidermi di approfittare del suo bellissimo ed invitante corpo e mi buttai sul divano, a rincoglionirmi con la tele, mentre lei se ne andava a letto a dormire.

Ovviamente, la tele aveva fatto il suo effetto ed ero crollato addormentato sul divano, svegliandomi nel cuore della notte dolorante ed infreddolito; mi ero trascinato fino al letto, per dormire ancora le pochissime ore che mi separavano dallo squillo della sveglia e poi, come uno zombie, me n’ero andato a lavorare.
Mattina solita, anche se la notte trascorsa in modo scomodo influiva sul mio umore, rendendomi meno disposto a prendere la vita con un sorriso.
Verso le dieci e trenta, ricevetti una telefonata di Giovanna, l’immarcescibile segretaria-del-direttore, dicendomi che l’ingegner Spadavecchia voleva parlarmi.
Ci misi qualche istante, a ricordare che l’ingegner Spadavecchia era il nuovo direttore, l’affascinate Lorella.
Presi la mia macchina di servizio e raggiunsi la palazzina della direzione.
L’ingegnere mi fece fare solo un paio di minuti di anticamera, ma appena uscì Lanzoni, un collega, mi chiamò con un sorriso nel suo ufficio.
Mi fece sedere su una poltroncina davanti alla sua scrivania ed io mi sedetti come mio solito (evitando di esprimere ansia stando sulla punta o eccessiva rilassatezza, stravaccandomi) e mi pose molte domande sulla linea, anche inaspettate!, dimostrando una padronanza dei termini e dei processi produttivi davvero notevole e, alla fine, mi chiese se avevo qualche suggerimento o proposta da fare.
Raccolsi un attimo le idee -per spiegare nel modo più conciso ed efficace un paio di cose che, secondo me, potevano migliorare l’efficienza e la sicurezza del mio reparto- ma contemporaneamente considerai, con un angolo della mente, che dovevo essere davvero stanco, ad averla trattata come UN ingegnere, anziché considerare che era anche una bella donna.
Feci, però, mentalmente le spallucce ed esposi il mio punto di vista, rispondendo poi a tutte le pertinenti domande del… direttore (avendo deciso di non variare il mio approccio molto professionale e tecnico con lei)
Alla fine, mi regalò un sorriso abbagliante e disse: ‘Bene, mi fa piacere scoprire di avere collaboratori decisamente all’altezza, come lei, con una mente acuta ed una vera passione per il lavoro che svolge.
Stia tranquillo che ne terrò conto: in questo stabilimento ci saranno dei cambiamenti e vedrò di trovarle un posto di maggiore responsabilità…’
Tutto mi sarei aspettato, da quell’incontro, meno che un così ampio apprezzamento e la promessa di un avanzamento di carriera, per cui rimasi lì come un deficiente, prima di ringraziarla; lo stupore, però, mi portò a non dimostrare esteriormente quanto apprezzassi tutto ciò, come mi resi conto, ripassando alla moviola mentale i miei gesti e mie parole.
Lei, dopo un breve istante di perplessità, sembrò comunque gradire e, dopo un altro ampio sorriso, cambiò posizione, assumendone una più rilassata, meno… da direttore.
‘Sa… -mi disse- una cosa che ho apprezzato in lei &egrave che, a differenza di molti suoi colleghi, lei mi ha considerato prima il suo superiore gerarchico e solo dopo… e pochissimo, comunque, una donna.
Se sono arrivata nella mia posizione e sopratutto in un ambiente squisitamente maschile come la fabbrica, &egrave ovviamente perch&egrave ho fama di essere una persona capace, prima di tutto e POI una donna; lei capirà bene che una donna, per emergere nel mondo del lavoro, deve sbattersi il doppio di un uomo e quindi, quando si arriva in certi ruoli rilevanti, la cosa più odiosa &egrave imbattersi in dei cascamorto.
Lei, lo ammetto, mi ha favorevolmente colpito anche per questo aspetto… un aspetto di serietà,professionalità… Dicono che sono abbastanza capace di valutare le persone ed in lei non leggo, come in altri che in questo ufficio non hanno fatto sfoggio del loro ridicolo machismo, una vena di disinteresse nei confronti delle donne…
Lei &egrave sposato, suppongo… da molto?’
Il suo tono era morbido, rilassato, voleva fare conversazione con una persona, non con un sottoposto.
‘Beh, vivo con una persona… da quattro anni, ormai’
Lei sembrò apprezzare il tono della mia risposta e sorrise.
‘Immagino, allora, che siate una coppia felicissima! Se non mi ha parlato di figli, probabilmente non ne avete e quindi avete la massima libertà di disporre della vostra vita…
E… e questa persona, lavora?’
‘Sì, sì, lavora… &egrave segretaria d’azienda e lavora nello studio di un professionista… solo che, per difficoltà dello studio, da qualche tempo fa part-time e, avendo il mutuo della casa da pagare, ha trovato un altro lavoro….’
Mi resi conto che stavo raccontando troppo e lasciai morire il discorso, ma lei mi incalzò: ‘Ah, davvero? E cos’altro fa?’
Detesto raccontar balle, sopratutto perch&egrave poi si &egrave costretti a ricordarle ed a inventarne altre per sostenere la prima: ‘E’ cassiera nel cinema di un amico… in periferia!’ precisai con una certa secchezza, in modo da farle capire che non gradivo approfondire l’argomento.
Lei probabilmente avvertì il limite che avevo posto: ‘Beh, allora le cose non vi vanno poi male… siete felici allora, suppongo…’ ‘Ma sì!’ dissi, con meno cordialità di quanto era giusto aspettarsi.
Lei mi guardò con uno sguardo strano: vagamente torbido, come un pitone che puntasse ad un coniglio: ‘Sì, capisco… -capiva? Capiva cosa??- ‘ io non ho mai voluto crearmi una… famiglia, proprio per evitare che, dopo un certo periodo, la storia finisse…sulle secche, ecco!
Lei mi sembra una persona seria, quadrata, quindi immagino che se c’&egrave qualche difficoltà, non viene da parte sua…’

commenti e suggerimenti sempre graditi a zorrogattoge@yahoo.it Decisamente l’ingegner Spadavecchia aveva lasciato il posto a Lorella!
“Beh, come lei senz’altro saprà -dissi, sorridendo in tono conciliante- quando una coppia ha qualche difficoltà, raramente le responsabilità stanno tutte da una parte sola…’
Lei rifletté un instante: ‘Beh, questa sua frase le fa onore, quantomeno… tanto più che lei non mi sembra proprio il tipo del ‘in questa casa i pantaloni li porto IO!’, sbaglio?’
Sorrisi, blando: ‘sì, non fa parte del mio carattere…’ ma volevo uscire dall’impantanamento dei miei cazzi personali ‘… so che i miei uomini mi apprezzano perché mi considero un primus inter pares, non ‘il Capo’!
Vede? -dissi, tirando fuori dalla tasca sinistra dei pantaloni della tuta un paio di guanti da lavoro- se vedo un qualcosa di imprevisto da fare, dico ‘facciamo’, non ‘fate!’. Non mi &egrave mai piaciuto, quando ero operaio, il capo che sa solo dare ordini e che ha i suoi amici: io parlo e scherzo con certi piuttosto che con altri ma poi, quando DEVO fare il capo, non guardo in faccia a nessuno e cerco di essere equanime… Preferisco avere una squadra, dove so che Tizio &egrave più bravo a fare questo e Caio a fare quello; io non mi definisco ‘il capo’, ma il Coordinatore… e questa linea di condotta ho cercato di trasmetterla anche ai capisquadra, con evidenti risultati: abbiamo pochissimi infortuni, la produttività aumenta anno dopo anno, pochissima mutua e, in genere, pochi litigi’
L’ingegnere annuì, con un piccolo sorriso interno: ‘Sì, mi sembra una sensata maniera di gestire un reparto…
Va bene… adesso vada pure in reparto e faccia una cosa per me: mi prepari una valutazione scritta dei suoi immediati collaboratori e me la mandi entro oggi via fax’
Detto ciò, si alzò dalla scrivania, mi diede la mano -una bella stretta asciutta e ferma- e mi guardò uscire dal suo ufficio.
Tornai in reparto, feci un giro per accertarmi che tutto fosse tranquillo, poi mi chiusi nell’ufficetto a ‘fare i compiti’ per il direttore.

Quel pomeriggio, quando uscii, ero irrequieto: il mio stato d’anima variava dalla contentezza per i risultati dell’incontro con Lorella (ops! Il Direttore, cio&egrave!) ad una indefinibile agitazione, una sensazione strana e non esattamente positiva.
Presi lo scooter e girai, così a casaccio, per la città; anche andarmene in spiaggia a prendere il sole ed a nuotare, non mi attirava e trascorsi così -inutilmente- parecchio tempo.
Alla fine mi trovai, senza averci deliberatamente voluto arrivare, all’inizio della strada dov’era il cinema di Antonio… dove Angela lavorava… così tanto!, aggiunsi mentalmente con sarcasmo.
Presi immediatamente la decisione di andarci e, dopo aver lasciato lo scooter nei pressi, entrai nel cinema.
Come mi aspettavo, Angela non era nel gabbiotto della biglietteria, rimpiazzata dal nipote di Antonio.
Pagai senza batter ciglio il cinquantone che mi chiese per accedere alla galleria e salii le scale, assalito da dubbi, perplessità, una certa apprensione ed una vaga eccitata aspettativa erotica.
Arrivato davanti al pesante tendaggio, feci un profondo respiro e poi, come ci si butta nell’acqua fredda, entrai nella sala illuminata soltanto dal tremolante chiarore che proveniva dallo schermo.
Feci subito ricadere il panneggio dietro di me, per evitare di rimaner stagliato contro la scala illuminata, ma i miei occhi -abbagliati dalla forte luce solare- impiegarono qualche tempo per adattarsi alla semioscurità.
A poco a poco, riuscii a notare un gruppo di persone, più o meno all’incrocio tra la scalea centrale ed il corridoio trasversale, che non si resero neanche conto, penso, del mio ingresso in sala, presi com’erano dalle loro attività.
Nella seconda fila sopra il corridoio, c’era un vecchio, leggermente discosto, che stava contemplando la scena, a poca distanza da lui: una donna (Angela, ovviamente!) che teneva la testa voltata all’indietro, spompinando un tipo che, in piedi, gli offriva il cazzo da succhiare, mentre -leggermente curvato- le pastrugnava le tette.
Due, ai lati di Angela, la stavano toccando ovunque mentre lei, a cosce spalancate, con la canotta abbassata fino alla vita contro la minigonna arrotolata fino in cima, si lasciava leccare da un tipo accoccolato davanti a lei.
Quasi subito, il tipo accoccolato si rialzò, estrasse l’uccello teso dai pantaloni e afferrò le caviglie della mia donna, appoggiandosele sulle spalle; poi, ovviamente, la penetrò, cominciando con colpi lenti e profondi ma, via via, aumentando il ritmo.
Afferrò il mento di Angela e la distrasse dal pompino, baciandola quasi con furore.
Mi resi conto con orrore che il tipo era Armando e che i due dimostravano un discreto affiatamento sessuale…
Evidentemente, Armando aveva continuato a fare sopralluoghi, nel cinema…
Decisi di mettermi in una posizione defilata, con l’orrore di essere riconosciuto -sia da Angela che da lui- e la torbida attrazione dell’assistere alla monta della mia donna.
Smise di baciarla e subito quello dietro la fece tornare al bocchino di prima, mentre uno dei due seduti si era affiancato a lui, per essere alternativamente spompinato.
L’altro seduto, invece, armeggiava con la mano tra la coscia di Armando e il sedere della mia compagna: immaginai che le stesse esplorando con le dita il buco del culo…
Dopo un pochino, Armando lo sfilò e potei notare il suo cazzo, luccicante di umori, di dimensioni davvero ragguardevoli.
La prese per un polso e la tirò in piedi, facendola voltare; poi, premendole tra le scapole con la mano, la fece chinare in avanti, fino a farle appoggiare i gomiti allo schienale della poltroncina,in modo che potesse dedicarsi a spompinare di nuovo i due dietro.
Le divaricò le chiappe con le mani e le diresse, muovendo il bacino, la cappella contro lo sfintere; giunto nella posizione esatta, esitò un attimo e poi la inculò completamente in un unico, secco colpo, facendola trasalire visibilmente.
Poi cominciò a pomparla furiosamente, mentre le tirava i capezzoli verso il basso, come mungendola e gettò un’occhiata nella mia direzione.
Io mi ero ranicchiato nella poltroncina, per non essere tradito dalla mia alta statura e difatti lui distolse subito lo sguardo, disinteressato, per concentrarsi nel finire l’inculata della mia compagna.
Difatti, lì a poco si inarcò e diede una serie di lenti, profondi colpi nel culo di Angela, evidentemente scaricandole una copiosa sborrata nell’intestino.
Poi si sfilò e si lasciò cadere, esausto, su una poltroncina, mentre il tipo che era restato seduto lì accanto le andava dietro ed, evidentemente, le appoggiava il cazzo tra le labbra della fica; poi, tenendole una mano sulle reni, spinse lentamente fino a sprofondarle nella vagina.
Poi, una volta preso pieno possesso della fica di Angela, cominciò a pomparla.
Nel frattempo, uno dei due spompinati le era venuto, con un gemito, sulla faccia ed i capelli, mentre un altro uomo era entrato in sala e si era subito avvicinato al gruppetto, già tirandosi fuori il cazzo dritto: evidentemente, la scena non era una sorpresa, per lui.
Mentre guardavo, torbidamente affascinato, la scena, sentii cigolare il sedile al mio fianco ed un’oscillazione della poltroncina mi fece capire che qualcuno si era inaspettatamente seduto al mio fianco.
“E’ davvero una grandissima troia, la tua donna! Averti visto qui a spiarla, poi, mi ha fatto sborrare subito!’ disse Armando, con tono sarcastico.
Lo guardai, sentendomi in colpa come un ragazzino ed abbassando lo sguardo.
Lui si stava pulendo la verga, di buone dimensioni anche se ormai floscia, con un tovagliolino e stava per rimettersela nei pantaloni, ma interpretò male la direzione del mio sguardo.
‘Non &egrave male, vero? Scommetto che tu, oltre che cornuto, fai anche pompini…’ Rimasi senza parole! Prima che potessi controbattere, mi afferrò per il collo e mi piegò verso il suo cazzo, che stava sussultando mentre ricominciava ad indurirsi.
‘Dai, fammi sentire se sei più bravo di quella baldracca della tua donna a succhiarmi il cazzo!’
Ero come paralizzato dallo stupore e lui, spingendomi giù la testa, mi forzò la minchia in bocca.

Graditi commenti e suggerimenti a zorrogattoge@yahoo.it Rimasi come paralizzato dalla sorpresa: sentii quel… corpo estraneo forzarmi le labbra, superarmi la chiostra dei denti, sfregare sulla lingua e riempirmi la bocca e arrivare fino alla glottide.
La mia lingua percepì una serie di sapori, sensazioni, che il mio cervello cercò istantaneamente di analizzare, riconoscendo il sapore del sesso di una donna (Angela, la mia donna!), frammischiato ad un sapore dolciastro ed insieme acidulo -quello dello sperma?- ed un retrogusto salmastro e come di portacenere.
Ma il mio corpo scattò e mi rialzai all’istante, contrastando la spinta della mano di Armando sul collo e sulla nuca: ‘Ma che cazzo fai? Per chi mi hai preso? Guarda che io sono etero!!’
Lui mi guardò con uno sguardo tra l’ironico e l’interdetto e superò l’imbarazzo della mia reazione con una risatina nervosa: ‘Sì, sì… visto che sei così etero, vai ed approfitta anche tu di quella troia’ disse, indicando con un movimento della testa la parte di galleria dove Angela era ancora impegnatissima coi singoli.
Sentendomi sfidato, mi alzai e raggiunsi in gruppetto variamente intrecciato: la mia donna era seduta in grembo ad uno dei tizi, che le aveva piantato il cazzo in fica, mentre un altro le stava farcendo il culo di cazzo; intanto altri assistevano, la tocchignavano ovunque o si facevano masturbare o spompinare.
Provavo imbarazzo, vergogna, ma anche -devo ammetterlo!- una fortissima eccitazione: mi sentivo il cazzo duro da far male e mi dava l’impressione che stesse per esplodere, mentre mi avvicinavo e la guardavo così sconfinatamente oscena, aperta, penetrata, usata.
Il tipo che la inculava si scaricò dentro di lei con un grugnito soffocato e si sfilò subito scostandosi, con fare colpevole.
Mi avvicinai ed accarezzai le natiche divaricate di Angela, mentre il tipo sotto di lui se la faceva sobbalzare sul cazzo.
Le mie dita, come guidate da una volontà propria, si diressero verso il suo culo e due di loro si insinuarono all’interno, superando facilmente lo sfintere allentato e viscido di secrezioni sue e degli uomini che l’avevano inculata.
Sentivo contro le dita, appena oltre il sottile diaframma, le rugosità della nerchia che la stava penetrando e la cosa mi eccitò moltissimo; levai le dita per infilarci il cazzo, ma il suo culo era una pozza di sborra e quindi colavano addirittura.
Studiai mentalmente come recuperare il fazzoletto dalla tasca per pulirmele, ma poi mi colse un’ispirazione e le forzai nella bocca di Angela, accanto ad un bigolo di notevole taglia e lei -con naturalezza, come fosse un atto assolutamente abituale- me le succhiò con cura.
La cosa mi eccitò ancora di più ed avevo un’erezione tale da far quasi male, per cui glielo spinsi in un colpo nel culo e cominciai a fotterglielo, nello sciaguattio dello sperma che le lubrificava il culo e colava fuori, lordandole parte delle natiche.
Come le superai la comoda soglia dello sfintere, sentii scivolarle il cazzo dentro e, così dilatato, mi sembrava di fottere una nuvola, anziché il culo che avevo faticosamente aperto anni prima: invece di sentire attrito, resistenza, avvertivo un lievissimo, delicatissimo massaggio, appena uno sfioramento!, alla superficie di tutto il mio cazzo e la cosa mi mandò ancora di più in estasi.
Alzai lo sguardo e vidi Armando che ci osservava, masturbandosi lentamente con un sorriso ironico stampato sulla faccia.
Decisi di ignorarlo e continuai a fottere il culo dilatato della mia donna.
Stavo per venire ed allora la afferrai per i capelli e le voltai la testa, sfilandole il cazzo che ospitava in bocca e la baciai.
Lei si lasciò passivamente baciare per un attimo, rispondendo automaticamente, poi sgranò gli occhi, terrorizzata, riconoscendomi.
Le tenni la lingua piantata in bocca (quanto sapeva di cazzi poco puliti e di sborra!), bloccandole la testa con la mano e scaricandole il succo dei miei coglioni nel culo.
Mi ripresi in un istante e mi sfilai: notai che il culo le rimaneva spalancato, mentre un rivolo di sborra le colava pigramente fuori.
Le strofinai l’uccello sulle chiappe, per pulirlo alla meno peggio, poi me lo rimisi nei pantaloni e me ne andai, senza dire una parola né a lei né ad Armando, che conservava l’espressione sorniona mentre, lentamente, si segava sorridendo.

Lasciai il cinema, con un uragano di pensieri in mente e decisi che quella sera non sarei andato a casa a farmi i soliti due fili di pasta, no: me ne sarei andato a cena fuori…
Mentre salivo sullo scooter, mi venne in mente una graziosa trattoria dove ricordavo che si mangiava abbastanza bene e ad un prezzo onesto; elaborai mentalmente il percorso e partii, mentre analizzavo mentalmente il turbine di emozioni che mi aveva assalito poco prima.
Riflettevo che ero irritato, offeso, tradito… nonostante quanto avessi visto, nonostante ciò che mi aveva ampiamente riferito Armando, tant’&egrave la mia mente aveva rifiutato, fino a quando non l’avevo inculata -buon ultimo!- nel cinema, che la cosa fosse diversa da un perverso miraggio, un incubo… o un sogno?
Decisi di mettere da parte tutta la questione sull’orgoglio, la rabbia, le corna, la fiducia e quant’altro: erano tutti argomenti già affrontati e sviscerati cento e cento volte; ma cercai di focalizzare l’attenzione su quel flusso di pensieri ‘scandalosi’, sconvolgenti, che mi avevano travolto la mente e sconvolto i miei punti fermi.
Dovevo ammettere a me stesso che il sapere che la mia compagna di vita si lascia usare sessualmente da sconosciuti (stuoli di sconosciuti!), mi eccitava enormemente; l’averla vista in azione, poi, ed anzi averne fruito ‘anonimamente’ frammisto agli altri -e per giunta sotto lo sguardo maligno di Armando!- mi aveva mandato letteralmente in estasi.
Anzi, perfino l’umiliazione di essere stato -cortesemente, per carità!- respinto qualche sera prima con vaghe e false scuse, mentre sapevo che era esausta per essere stata riempita di cazzi per tutto il pomeriggio, in un certo perverso qual modo, era fonte di eccitazione…
Mi ero sentito… eccitantemente umiliato, ecco!
Del resto, a dirla tutta, non ero sicuro che il fraintendimento di Armando in sala, poco prima, mi fosse stato… totalmente sgradito, ecco!
Dio, come stavo cambiando… Queste riflessioni mi provocavano una strana sensazione al pube ed una rapida toccatina mi permise di verificare che mi era diventato mezzo duro.
Ossantocielo!!!
Per fortuna, l’essere arrivato alla trattoria mi distolse da questo uragano di considerazioni ed imbarazzanti scoperte su me stesso e sulla mia vera natura, per cui entrai e cercai un tavolo libero; l’ora di cena canonica era leggermente passata, per cui tutti i tavoli erano occupati da gente alle prese con frutta, caff&egrave o dolci, ma un uomo si alzò in quel momento da un tavolo là in fondo e quindi andai subito ad occuparlo.
Mentre attendevo, con sguardo perso nel vuoto, che la cameriera finisse di apparecchiarmi il tavolino, mi sentii chiamare per cognome da una gradevole voce femminile; girandomi -mezzo irritato e mezzo sorpreso- fu grande il mio stupore a veder Lorella -pardon! L’ingegner Spadavecchia!- seduta ad un altro tavolo poco più in là -da sola!!!!- che mi faceva ampi cenni e mi sorrideva contenta.
Indossai un sorriso e l’andai a salutare: ‘Ingegnere…’
Lei rise, cristallina: ‘Non sia formale! Fuori dallo stabilimento anche Lorella va bene!
Vedo che &egrave da solo: se non aspetta nessuno, perch&egrave non viene a sedersi qui? Giuro -disse, con una risatina ed alzando la mano destra- che non parleremo di lavoro!’
Accettai di buon grado e mi sedetti, mentre la cameriera trasferiva a quel tavolo il mio coperto.
‘Anzi -riprese lei- fuori dallo stabilimento mi urta usare il lei… sopratutto coi miei commensali’ disse, con un sorriso malizioso.
Annuii, con un cortese sorriso: ‘Va bene, come preferisci’
Notai che aveva solo sbocconcellato un panino, ma che ancora non aveva cominciato a cenare e ne fui assurdamente contento: sarebbe stato… imbarazzante essere spiato mentre cenavo da qualcuno che che -magari- avrebbe voluto alzarsi ed andarsene.
La cameriera ci portò i primi praticamente insieme e cominciammo a cenare chiacchierando di lievi banalità e ridendo.
Lorella però, aveva mandato il quartino di rosso-della-casa ed aveva ordinato una bottiglia di Rossese, stupendosi -per giunta- nel sapere che, pur non avendo nulla contro il vino egli alcolici in genere- normalmente pasteggiavo ad acqua; mi riempì il bicchiere dell’ottimo vino, facemmo un piccolo brindisi e cominciammo a bere.
Alla pasta seguì il secondo, col contorno ed al primo bicchiere ne seguirono altri ed anche una nuova bottiglia ed all’iniziale chiacchiericcio allegro e banale, mentre i tavoli intorno a noi si vuotavano, seguirono discorsi sempre più complessi, intimi ed al momento della pannacotta mi resi conto che Lorella era, come si dice, un durissimo pugno di ferro in un guanto di affascinante velluto.
Dopo il caff&egrave ed il whisky che aveva preteso che bevessimo, nel nostro angolino, mi costrinse -praticamente!- a confidarle che Angela andava con altri (anche se riuscii a non entrare in imbarazzanti dettagli sulle modalità!) e lei, invece di usare le solite, banali frasi di conforto, mi guardò fisso negli occhi e mi sibilò: ‘Tu sei un debole, un succube!’
Riflettei un attimo: non era una domanda, era un’affermazione e quindi, quasi automaticamente, annuii a testa bassa.
Rialzai lo sguardo su di lei ed il suo sorriso trionfante, mi spaventò un poco.

Graditissimi commenti e suggrimenti a zorrogattoge@yahoo.it o su FaceBook, al mio account Angelo Olegna La sua espressione trionfante svanì subito, tanto che ebbi il sospetto di averla solo immaginata, ma mantenne un sorriso cordiale, leggermente girata verso di me, che sedevo alla sua sinistra.
Mentre glie lo osservavo, notai che si’ cristallizzava, che svaniva dai suoi occhi e che rimaneva solo sulle labbra, come un rictus.
Subito dopo, le cadde il tovagliolo ‘anzi: ho idea che l’abbia deliberatamente lasciato cadere, con un gesto leggermente plateale- e per naturale istinto cortese mi chinai a raccoglierlo, anche se, stranamente, non lo trovai accanto a lei ‘come sarebbe stato logico- ma in mezzo ai suoi piedi; senza pensarci, mi intrufolai sotto il tavolo, ma mentre ero lì, la sua voce, pur tenuta bassa e tornando al formale ‘Lei’ e con un tono imperioso, mi disse, chiamandomi formalmente per cognome, come sul lavoro: ‘Già che &egrave lì, per favore, mi baci anche un piedino” alzando il destro all’altezza del mio viso.
Non so cosa mi prese, in quel momento, ma DOVEVO onorare quel delizioso piedino snello ed abbronzato, calzato da un sandaletti con sottili strisce di cuoio dorato e con un acuminato tacco alto almeno sette centimetri e perciò appoggiai morbidamente le labbra sull’arco delicato dl suo piede.
Subito dopo, mi sentii umiliato e vergognoso, di quel gesto così intimo e perciò, confuso, mi rialzai precipitosamente, porgendole imbarazzatissimo il tovagliolo.
Lei mi osservava sorridendo, con un’espressione soave: ‘Grazie, caro: sei davvero un gentiluomo, cortesissimo”
La ringraziai dell’apprezzamento con un sorriso confuso, disorientato da questo suo dualismo: ero indubbiamente turbato.
Lei giocherellò con un pezzetto di pane avanzato e, sempre guardandolo, cominciò a parlare: ‘Vedi’ mi piace la tua maniera di essere a capo di un gruppo ed ho intenzione di farti salire, nella gerarchia dello stabilimento e poi, chissà?, magari anche del gruppo’
La ascoltavo con estrema attenzione, gratificato dall’apprezzamento, felicemente confuso dalle prospettive che mi si schiudevano, ma anche molto perplesso dalla piega che la conoscenza stava prendendo.
‘Voglio circondarmi di persone toste, capaci e ‘possibilmente- devote’ ma per te ho in mente un ruolo particolare”
Mi guardò negli occhi, con uno sguardo diretto, severo, che mi scavava dentro.
” Però, in cambio, da te pretendo la massima devozione’ -mi sorrise, divertita- per citare il sergente di ‘Ufficiale e gentiluomo’, in pratica e concluse con una risata cristallina.
Risi anch’io.
‘Allora, accetti?’
Ci riflettei per meno di cinque secondi: ‘Accetto’ SIGNORA!!!’ dissi, riproducendo il tono della battuta del film.
Lei rise a sua volta, ma poi strinse gli occhi e mi guardò con determinazione, abbassando la voce: ‘Allora, affare fatto, ma ti avverto: Ingannami e te ne pentirai’ molto amaramente!
Ah: un’ultima cosa: a qualunque mia domanda, e sottolineo qualunque!, tu risponderai subito e con la massima sincerità; d’accordo?’
Mi porse la mano, da sopra il tavolo ed io la strinsi annuendo, siglando così l’accordo.
Mi sembrò rilassarsi, allora e mi fece un sorriso sereno, da bella donna e ben conscia di esserlo.
Fece un risolino tra sé, poi appoggiò il mento sulle mani intrecciate sostenute dai gomiti puntati sul tavolo: ‘Cominciando con le domande’ quando ti sei chinato per raccogliermi il tovagliolo’ sì, insomma’ lo hai fatto per guardarmi’ le gambe?’
‘Mannò!’ protestai decisamente ‘Era solo un gesto di normale cortesia’ L’ho fatto automaticamente, son stato educato così”
‘Quindi’ -aggiunse in tono suadente- ‘ non hai visto il colore delle mie mutandine?’
‘No, assolutamente!’ Risposi, mentre un leggero velo di sudore cominciava a velarmi la fronte.
‘Uhmmm’ E dimmi: secondo te, di che colore sono?’ mi chiese, guardandomi con finta indifferenza.
‘Mah, non so’ -farfugliai, prendendo tempo- potrebbero essere di qualunque colore”
Lei mi incitava a rispondere con un gesto della mano, godendosi visibilmente il mio imbarazzo.
‘Considerando il tuo abitino bianco, mi sembrerebbe logico che siano bianche’ oppure di un colore pastello molto chiaro”
In realtà non l’avevo neanche vista in piedi, quella sera e quindi non avevo proprio idea di cosa diavolo indossasse, sotto l’abitino estivo.
Lei rise, divertita: ‘Beh, se non altro usi la logica’ Vuoi vedere se avevi ragione?’
Credo di essere violentemente arrossito: avrei voluto, fosse stato per me, non solo sapere il colore delle sue mutande, ma anche strappargliele via, in un letto, appena prima di scoparla in tutti i modi’ Ma mi limitai ad annuire.
‘Affacciati un attimo, che ti faccio vedere’ mi sussurrò; io gettai un’occhiata circolare nella trattoria e solo allora mi resi conto che eravamo gli unici clienti rimasti: ad un tavolo, accanto alla cucina, stava cenando il personale del locale.
Mi affacciai così oltre il bordo del tavolo e Lorella, con una lentezza snervante, fece lentamente risalire l’orlo dell’abitino, mentre divaricava le cosce, fino a scoprire il pube’ sul quale vidi solo una strisciolina di peli accuratamente regolati.
Strabuzzai gli occhi: l’ingegner Spadavecchia aveva decisamente aspetti poco conosciuti che valeva però la pena conoscere’ più a fondo.
Rialzai lo sguardo e cercai i suoi occhi: lei mi guardava con sicurezza: ‘Guarda, guardala bene, tutta’ mi disse, mentre con due dita si schiudeva le labbrine della fica fino a mostrare il tenero rosa, luccicante di umori, della parte più interna ed il canale vaginale che si schiudeva appena più sotto.
Poi, di scatto, tolse la mano, serrò le ginocchia e riabbassò l’abitino fino a metà coscia: ‘Hai visto bene? Te ne sei fatto una nitida idea? L’hai ben memorizzata?’
Annuii, con un sorrisino.
‘Levati quel sorriso idiota dalla faccia: l’hai vista stasera’ diremo come contentino, ma adesso non la vedrai più per un pezzo! Qualcosa in contrario???’
‘No, no, tranquilla” la rassicurai.
‘Io sono tranquillissima, ma questo non cambia le cose.
Magari, con l’andar del tempo, ti chiederò di fare qualcosa per la MIA soddisfazione sessuale, ma comunque levati dalla testa che tu possa avere altro piacere che non sia quello di aver fatto contenta la tua PADRONA! Sono stata chiara?’
Ero psicologicamente travolto: ‘Sì, signora”
‘Bene, &egrave importante mettere subito in chiaro le cose… -fece un sorriso da squalo- ‘ e adesso spiegami: come mai sei qui a cenare da solo, senza la tua compagna? E’ con un altro?’
Ormai ero asservito alla sua volontà: anzi, forse VOLEVO che lei mi straziasse l’anima, mi facesse a brandelli la dignità,mi calpestasse…
‘No, Lorella…’ ‘Lorella mi chiamano gli amici -mi interruppe- per gli altri sono l’ingegner Spadavecchia o il Direttore… per te, in questi ruoli, Signora e dandomi del rispettoso Lei, andrà più che bene…
Ho grandi progetti, per te, ma mi dovrai cieca ubbidienza: dammi SEMPRE del Lei; sarò io a dirti quando potrai passare, volta per volta, ad un più colloquiale Tu’
Mi sentii mancare il respiro, come se fossi precipitato in una piscina d’acqua gelata, ma ormai ero in ballo: ‘No, signora: &egrave… -o meglio, era- al lavoro…’
‘E che lavoro fa?’ chiese, inquisitoria.
‘E’ cassiera in un cinema… -il suo sguardo mi faceva capire che la risposta così sintetica non la soddisfaceva- ‘ in un cinema porno…’ e dissi il nome della sala.
Lei mi guardò alzando un sopracciglio, perplessa: ‘E non si fa sifonare dal padrone, suppongo…’ disse, con acre sarcasmo.
‘No, il titolare &egrave un amico… ma… beh, sembra che lei a volte lasci il gabbiotto della cassa e vada… sì, vada in sala…’
Mi guardava con occhietti malevolmente divertiti e la sua voce sibilava, sarcastica: ‘Già… gli amici non si sifonano mai le donne degli amici… quasi mai, insomma!
Ma la signora va in sala perché &egrave un’appassionata del genere, suppongo…
Immagino che nessuno la disturbi, visto che sicuramente sarà in sala vestita con burqa…’
Capivo che queste sue apparenti affermazioni, in realtà erano domande a cui DOVEVO rispondere: ‘No, non credo che il padrone abbia… sifonato Angela’
Colsi un suo sguardo sarcastico a questa affermazione, ma proseguii a farmi calpestare, fino alla fine: ‘E non va in sala con burqa, ma vestita succintamente e.. per farsi… molestare dagli spettatori’
La vidi sgranare gli occhi, indubbiamente stupita.

Graditissimi commenti e suggerimenti ad Angelo Olegna su Facebook o a zorrogattoge@yahoo.it ‘Cio&egrave??’ Mi chiese con tono incredulo, ma accennando un sorriso vagamente crudele ‘Spiega meglio: va in sala per farsi montare dagli spettatori????’
“Ehmm… sì… signora!’
Si rese conto che la sua battuta sarcastica era stata travolta dalla realtà delle cose e trasalì: “E tu -mi chiese, strizzando gli occhi come per scrutarmi nell’anima- come lo sai? Te lo dice lei? Te lo hanno detto? L’hai vista?’
“Beh… signora… lei fino ad oggi non sapeva che ero al corrente…
Invece, lo sapevo da tempo: una strana combinazione di cose mi ha portato a sentir parlare della cassiera di quel cinema in modo… diremo mascolinamente elogiativo, ecco; così sono andato e l’ho vista in sala…’
Mi interruppe subito: ‘Vista… vista come? A fare cosa?’
Provavo un perverso e sordido piacere a risponderle, ad umiliarmi davanti a lei: ‘Beh, ho visto che era al centro di un gruppetto di uomini e che… lei li assecondava in ogni loro voglia. Da quello che mi era stato confidato, da uno sconosciuto che non sapeva che lei fosse la mia compagna, quello era il suo comportamento… abituale.
Ero andato praticamente di nascosto e quindi l’ho… spiata… l’ho vista senza che lei sapesse che la stavo guardando…’
“Uhhhmmm’ disse Lorella, mentre assimilava quanto le avevo appena confidato ‘Hai detto che si chiama Angela? -annuii- Beh, Angela non mi sembra troppo adatto, non credi? -annuii nuovamente, anche se dubbioso- Gli angeli sono asessuati, angelici… e poi conosco troppe Angela per bene, per rischiare di confondermi… Meglio che le troviamo un altro nome… Direi che Troia può andare più che bene, sei d’accordo?’
Non si interessò neanche del fatto che fossi d’accordo o meno e proseguì, sadicamente, facendomi domande soavi e cercando come di giustificare Angela… Troia, volevo dire: ‘ma sei sicuro che lei lo faccia regolarmente… Cio&egrave: non &egrave che, dopo quella volta, abbia smesso di comportarsi così? O l’hai nuovamente controllata…’
Avevo un groppo alla gola, ma inghiottii l’amaro boccone: ‘Un investigatore privato ha verificato…’
Lei ridacchiò, sinceramente divertita: ‘Cio&egrave, tu sei stato così coglione da pagare un investigatore privato per controllare quanto la tua Troia sia baldracca??’
Risposi piccato: ‘No, non l’ho pagato: &egrave un amico!’
Scoppiò in una sonora risata, tanto da attirare l’attenzione dell’oste grasso e pelato, del cuoco africano e delle due cameriere dall’aria sfatta, che stavano ormai finendo la loro cena, mandandoci sguardi malevoli.
“Fammi capire: sei così coglione da aver mandato un tuo amico detective a controllare quanto la tua troia si dia da fare?’ chiese, con un tono di voce così alto che il personale non poteva fare a meno di sentire.
“Sì…. signora’ mormorai.
“Non ho sentito: parla più forte’ disse, con lo stesso tono di prima.
Ripetei l’affermazione con un pochino più di voce.
“Ripeti, più forte: non sento!!!’
“SI’, SIGNORA!!!’ Urlai, ormai snervato.
Mi cadde lo sguardo sul tavolo accanto alla cucina e notai sorrisini e parlottii divertiti, tra loro… immaginai a mie spese.
“E questo detective, ha scoperto che si fa montare… solo lì od anche altrove?’
Ormai ero in trappola… ‘Il suo capo l’ha sorpresa al cinema e…’ stavo dicendo, con un tono di voce adatto alla delicatezza dell’argomento, ma Lorella mi interruppe esclamando: ‘Non bisbigliare: non si capisce niente!’ poi si girò verso il tavolo del personale con un sorriso ed incassò cenni di approvazione e sorrisi dai due uomini e da una delle donne.
L’altra cameriera, la meno anziana, si girò però verso l’oste e notai che stavano discutendo con una certa animazione.
L’oste, allora, gettò un’occhiata al polveroso orologio a muro, poi sbuffò e si diresse con passo stanco verso di noi: ‘Signori, scusate… &egrave che noi si dovrebbe chiudere… &egrave che, sapete, quando l’ultimo cliente va via, noi si abbia ancora da pulire…’
Lorella si girò verso di lui, alzandosi in piedi ed abbagliandolo con un sorriso radioso: ‘E’ vero, ha ragione, siamo imperdonabili…
Anzi: per farci perdonare, le metto a disposizione la persona che &egrave con me che vi aiuterà a pulire tutto… Intanto, ecco i soldi del conto’
L’oste era visibilmente confuso: ‘Ma no, signora… vi ringrazio, ma davvero noi si &egrave in grado di fare da soli…’
Lei sorrise, gelida: ‘Non MI ringrazi… questa persona fa TUTTO ciò che io voglia e quindi… mi trovo ad insistere’ Per far capire quanto insistesse, aggiunse una banconota da cinquanta ai soldi già sul piattino per il conto.
“Ci tengo, davvero!’ aggiunse, soave.
Lo sguardo dell’oste luccicò, avido: ‘Mah, signora, non so se…’
“La prego!’ Disse in tono fermo Lorella, sfilando un altro cinquantone dal portafogli ed aggiungendolo all’altro: ‘Qualunque lavoro, anche gravoso, anche particolarmente sporchevole… &egrave il minimo che il mio schiavo… -ecco: l’aveva detto!- possa fare per farmi perdonare. Eseguirà QUALUNQUE ordine voi vorrete dargli… e intendo davvero qualunque!’
Uno sguardo vagamente lubrico passò negli occhi dell’oste: ‘Vabbé… devo un attimo parlare con gli altri, a vedere se gli va bene…’
Lorella gli concesse licenza con un regale cenno del capo e l’oste andò a confabulare con gli altri che, durante la discussione, ogni tanto guardavano verso di noi, facendo a turno delle risatine.
Tornò dopo poco col cuoco e con la cameriera più anziana, mentre la più giovane spariva nella toilette e poi usciva, salutando distrattamente con la mano.
“Beh, vista la sua gentilissima offerta -disse a Lorella, ignorandomi totalmente- ci sembrerebbe scortese rifiutare… Però devo avvertirla che ci vorranno almeno un paio d’ore per rassettare come si deve…’
“Nessun problema… -disse Lorella con un sorriso- ‘ il mio schiavo &egrave ansioso di fare tutto ciò che vogliate fargli fare… Sbaglio?’ Disse, guardandomi fissamente.
Annuii, ma mi resi conto che la mia padrona (ormai pensavo a lei già in questi termini!) non era soddisfatta del cenno, per cui risposi: ‘Certo. A… completa disposizione…’ pensando di aver volontariamente messo la testa nel cappio di una forca.
L’oste fece un avido tentativo, avendo capito il gioco della cliente: ‘Ma… mi domandavo… QUANTO accetterebbe di fare lavori davvero sgradevoli?’
Lorella alzò lo sguardo al cielo; aveva capito l’antifona e rimise mano al portafogli, estraendo una terza banconota supplementare: ‘Assolutamente nessun problema, le ho detto! Guardi: &egrave lì che aspetta i vostri ordini per potervi obbedire in tutto e per tutto!’
Mi gettò un’occhiata come per sfidarmi a smentirla ed io, docilmente, annuii.
I tre si guardarono con sguardi pieni di significati, sogghignando e il cuoco mostrò una bianchissima chiostra di denti: ‘Allora… mentre Giovanna spazza la sala, io porto… lo schiavo -e fece una risatina, divertito della novità- in cucina per fargliela pulire per bene’
L’oste annuì, con un sorriso complice ed offrì a Lorella un ammazzacaff&egrave.
Il cuoco mi condusse in cucina e mi disse: ‘Io sono Ahmed, ma tu puoi chiamarmi PADRON Ahmed…’ Mi guardò, divertito, spiando la mia reazione.
“Come desidera, padron Ahmed’ Ormai, mi ero arreso.
Lui sembrò stupito e divertito dalla mia capitolazione, ma si riprese subito: ‘Visto che dovrai fare lavori dove ti sporcherai molto, sarebbe meglio cambiarti… Però non abbiamo nulla da darti, che ti vada bene… -Lo vidi sorridere tra sé, divertito- ‘ quindi spogliati ed appoggia i tuoi abiti su quel piano’ mi disse, indicandomi un piano d’acciaio.
Non potevo far altro che ubbidirgli e mi tolsi perciò la polo ed i jeans, ricalzando i mocassini.
“No, anche le tue scarpebelle: potresti macchiarle e rovinarle… -mi ordinò, ridacchiando.
Così rimasi con solo i boxer e lui mi valutò con occhio critico: ‘Sì, puoi andare bene’
Così restai in attesa del primo lavoro, che fu pulire una grossa teglia incrostata di cibo bruciato.

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