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Mi chiamo Antonella, ho ventinove anni. Sono sposata da poco con Michele, poco più grande di me. Stiamo provando ad avere figli, il nostro più grande desiderio.

Con Michele il sesso è sempre stato appagante, anche se negli ultimi anni un po’ calato. In fono stiamo insieme dalle scuole superiori, e qualcosa di certo può essersi incrinato.

Avevo sempre notato che in spiaggia gli piaceva accorgersi dello sguardo degli uomini su di me, anche dopo che gli chiedevo se la cosa non gli desse fastidio.

-Sei una bella ragazza, ci credo che ti guardano!

Il ragionamento non faceva una piega, e in effetti sono abituata a farmi guardare…ho una bella quarta di seno e mi tengo in forma facendo sport.

Tutto appunto rimase nei binari della normalità o quasi fino a che vicino a casa nostra non venne ad abitare il signor Manuzio. Un sessantenne molto vispo e operoso, tanto che in pochi mesi divenne il consigliere condominiale, era uno cui piaceva occuparsi di quello che tutti rifuggivano.

Capitava quindi spesso che venisse a suonare al nostro campanello, per risolvere piccole incombenze condominiali. L’arrivo degli elettricisti, un controllo ai balconi, la spazzatura. Piccole cose. Una sera Michele lo invitò ad entrare, stavamo io e lui bevendo un prosecco sul divano e chiese al signor Manuzio se ne volesse un po’. Lui accettò e ci trovammo tutti e tre sul divano a sorseggiare vino e chiacchierare. Notai che l’occhio, abbandonato con l’alcol l’atteggiamento formale dell’inizio, gli cadeva spesso sul mio seno. Guardavo Michele, che se la rideva sornione. Lo sapeva anche lui. Quando il signor Manuzio se ne andò via mi prese la canottiera e la abbassò, iniziando a leccarmi le tette. Era molto infoiato.

-L’hai fatto morire quel vecchio.

-Michele, sei il solito porco.

-Ora si starà segando pensandoti.

-Ma cosa dici, non sono mica tutti depravati come te.

Ma pensavo diversamente, gli occhi dei maschi ormai li conosco, e quelli del signor Manuzio erano gli occhi di chi voleva prendermi.

Ci incontrammo altre volte, alcune con Michele, altre mentre ero da sola. Continuava a guardarmi, io non mi sottraevo, e anzi quel gioco mi stuzzicava un poco, dovevo ammetterlo. Inoltre il lasciapassare di Michele mi dava l’assoluzione, stavo in fondo proseguendo il nostro gioco.

Gli raccontai una sera di aver incontrato il signor Manuzio nelle cantine, e subito Michele mi chiese dettagli.

-Ma guarda che non è successo niente.

-Come eri vestita?

-Jeans e magliettina.

-Avevi le tette in vista?

-Non particolarmente.

-E lui te le guardava?

-Ma no…non credo.

-Dimmi la verità.

-Forse.

-Poi cosa è successo?

-Ma niente, te l’ho detto. Lui ha finito di spiegarmi i lavori che avrebbero dovuto compiere gli operai e siamo risaliti insieme.

-Avete preso l’ascensore insieme?

-No, sono salita a piedi e anche lui.

-Davanti o dietro di te?

-Ma non lo ricordo! Dietro, forse.

-Si sarà goduto il tuo bel culo.

-Non riesci ad avere pensieri meno sconci?

Ma smise di parlare e iniziò a spogliarmi. Scopammo sul divano, e un paio di volte fece ancora cenno al signor Manuzio, e per la prima volta godetti anche io di quei pensieri, ma senza dirglielo….

Successe che una sera tornai a casa con la spesa, Michele era andato a mangiare dai suoi genitori ma io avevo da sbrigare alcune faccende di lavoro. Sul portone incontrai proprio il signor Manuzio, che si offrì di aiutarmi a portare su la spesa.

-Ma no, prendo l’ascensore.

-Non si preoccupi Antonella, la aiuto volentieri. E fare le scale mi farà bene, così faccio movimento. Sa, noi vecchi…

-Ma non dica così, lei è ancora un uomo molto in forma.

-Grazie, accetto volentieri il complimento. Ma mai in forma quanto lei. Prego, vada avanti. La seguo.

Mi tornarono in mente le parole di Michele, e mi sentivo gli occhi dell’uomo addosso, sulla schiena, sul culo.

Mi voltai per vedere se avevo ragione, e lo beccai intento a fissarmi.

Non si scompose, sorrise. E io impercettibilmente iniziai a sculettare un po’ di più.

Lo feci entrare e lui posò le borse sull’isola della cucina.

-Vuole qualcosa da bere?

-Un po’ d’acqua andrà bene.

-Se vuole ho del vino fresco.

-Ma, non vorrei dare fastidio.

-Nessun disturbo. Mi cambio, metto la roba a posto e torno qui.

Perché lo stavo facendo? Mi piaceva quel gioco? Scrissi un messaggio a Michele dicendogli cosa stava succedendo. Lui mi rispose subito dicendo “fai la porca”. Non mi piacque quell’ordine così volgare. Gli risposi che era uno stronzo. Lui rispose ancora scrivendo “stasera mi racconti tutto”.

Tutto cosa? Cosa intendeva? Stavo solo offrendo un aperitivo a un vicino di casa.

Scegli un vestito corto, leggero. Faceva caldo. Misi ai piedi delle infradito, e mi legai i capelli. Avevo le spalle scoperte e il seno privo di reggiseno. Forse avrei dovuto…ma no. Sarei andata in cucina così.

Il signor Manuzio aveva svuotato le buste della spesa, per agevolarmi, così ci misi poco a sistemare tutto e aprire il vino. Mi sentii per tutto il tempo i suoi occhi addosso, e devvo dire che mi piaceva. Forse il risentimento verso Michele stava facendo il suo effetto, o forse stavo in effetti facendo la porca.

Il vestito che avevo addosso si prestava di sicuro, corto e slargato. Le tette mi ballavano e rischiavano di uscire ogni volta che mi chinavo. Forse ero stata imprudente…

Dopo un paio di bicchieri il signor Manuzio non mascherava più la sua attrazione nei miei confroti, mi riempiva di complimenti e mi guardava sfacciatamente. Io sorridevo, facevo un po’ la civetta e un po’ la smorfiosa.

Fino a che il suo tono cambiò del tutto.

-Abbassati le spalline.

Era passato al tu, e mi stava ordinando di spogliarmi.

-Cosa? Come dice?

-Hai capito benissimo, sorca. Abbassati il vestito e fammi vedere bene quelle tette.

-No, ma io…

-Mi hai fatto gonfiare il cazzo, e ora non puoi ritrarti. Sbrigati o ti lego.

-Ma signor Manuzio…

-Stai zitta, vacca.

Si avvicinò minaccioso.

-Non mi faccia del male.

Iniziai ad abbassare le spalline, e piano le mie tette vennero fuori in tutta la loro massa.

-Brava, Antonella. Brava.

Me le soppesò poi prese a giocare con i capezzoli. Sospirai, mi piaceva. Avevo le tette gonfie e i capezzoli duri.

-Adesso mi lasci andare.

Stavo giocando anche io? Lo sapevo che non mi avrebbe lasciato andare così facilmente.

-Girati.

Mi girai, tenendo il vestito a metà. Mi baciò la schiena e il collo. Ebbi dei brividi.

Mi spinse sul tavolo della cucina e mi alzò il vestito. Avevo il culo coperto solo da esili mutande.

-Che corpo da puttana che hai.

Quelle parole mi colpirono come uno schiaffo. Nessuno mi aveva mai trattato così, nessuno mi aveva mai dato della puttana.

Mi abbassò le mutande e iniziò a giocare anche con il mio culo, carezzando intanto la figa. Quindi sentii il suo respiro caldo tra le natiche e la lingua che finalmente iniziava a leccarmi. Mi lasciai andare, abbandonata sul tavolo, abbandonata a quelle carezze voluttuose che sicuramente da lì a breve avrebbero portato ad altro. La figa mi colava, il corpo implorava attenzioni da quell’uomo. Michele stava per diventare cornuto.

10
2
VVV

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