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Il problema di stare con donne da sogno è che a volte questi sogni possono diventare reali. A volte incubi della mente, a volte desideri incontrollabili e profondamente radicati nell’anima.

Quel giorno me ne stavo tranquillamente seduto sul divano. Era domenica e finalmente avevo un po’ di respiro dalla settimana lavorativa sfiancante. Un impiegato di banca come tanti altri, con un appartamento al quarto piano e una moglie bellissima. Capelli rossi come il rame lei, occhi verdi penetranti ed un fisico mozzafiato. Valentina.
Sposati da poco, una foto della luna di miele ad Haiti sul ripiano sopra la tv. Una coppia come tante altre. Ed io su quel divano a pensare a quanto fossi fortunato, al fatto che avevo tutto ciò potessi chiedere al mondo, mentre lei lavava i piatti del pranzo. Un ottimo pranzo tra l’altro. Aveva preparato un arrosto formidabile.
Proprio lì su quel divano si sarebbe consumata la piccola tragedia che mi ha cambiato la vita per sempre.

Il mio cellulare era sul tavolo della cucina, dove Valentina stava finendo di asciugare i piatti da moglie devota qual era. Tutt’a un tratto arrivò un messaggio, ma io ero in fase relax e troppo pigro in quel momento per andare a vedere. Era una mia collega, almeno così mi disse Valentina che guardò il telefono. Si trattava di Giulia, una ragazza degli sportelli della mia banca che mi stava chiedendo un resoconto. Dissi a Valentina di risponderle e di dirle che all’indomani gliel’avrei consegnato. Così fece. Il telefono squillò nuovamente. Giulia doveva aver risposto.
Valentina si avvicinò con un mezzo sorriso e con il mio telefono in mano. Mi guardava negli occhi con un sorrisetto molto sexy e non riuscivo a capire perché lo stesse facendo con il mio telefono in mano, mi accarezzò il viso e si sedette a cavalcioni su di me e io pensai che avesse voglia di fare l’amore. In realtà mi diede uno schiaffo molto forte, mi fece male davvero. Non ebbi tempo di chiederle perché che mi trovai con lo schermo del mio cellulare premuto contro il naso. Giulia aveva risposto “Grazie amore” con dei cuori ornamentali e delle altre emoticon.
Valentina era furiosa. Mi diede altri schiaffi. Se ne stava lì a cavalcioni su di me a prendermi a schiaffi con tutta la forza che aveva ripetendomi parole come “Figlio di puttana” e “pervertito”.
Tentai di spiegarle che non avevo fatto assolutamente nulla, che ne sapevo tanto quanto lei, che era la prima volta che quella collega faceva una cosa del genere e che io non avevo nessun rapporto con lei se non lavorativo, ma non servì a nulla. Più parlavo più valentina si arrabbiava.
Arrivò al punto di mettermi un ginocchio sulle palle e spingere con forza. Mi fece male. Mi mancò il fiato per un istante.
Non sapendo cosa fare iniziai a supplicarla, a chiederle umilmente scusa. Lentamente la convinsi che avrei fatto qualsiasi cosa per farle capire che lei per me era l’unica. Ed era vero.
“Qualsiasi cosa?” chiese Valentina. Annuii, ero disposto a tutto per davvero pur di porre fine a quel malinteso. “Qualsiasi?” replicò. Ero disposto a qualsiasi cosa veramente. Le dissi che se avesse voluto l’avrei autorizzata a picchiarmi ancora e mi rispose “Lo farò tesoro, lo farò”; le proposi di passare il resto della giornata assieme e annuì sussurrandomi “Faccio una telefonata veloce e poi stiamo assieme tutto il giorno. E tu tesoro mio troverai sicuramente un odo per farti perdonare!”. Io ribadii che avrei fatto qualsiasi cosa e lei “Hai detto qualsiasi, ricordatelo! Però scelgo io cosa dovrai fare per me”. Le chiesi cosa avesse in mente e mi rispose solo “Vedrai cucciolo. Aspettami qui che vado a fare una telefonata in camera.”
Dopo 5 minuti scarsi tornò. Si sedette di fianco a me ed esordì con “Ti ho mai parlato di Vittorio?”.
Subito pensai che fosse un’invenzione, un dispetto per vendicarsi, però lei continuò: “Vittorio arriva tra 10 minuti. Che fortuna era in zona! E’ un amico che ho conosciuto in palestra, verrà qui e farà da mediatore per aiutarci a chiarire questa storia, almeno sento un altro punto di vista e magari ti perdono.”. Pensai che fosse un’emerita stronzata. Non c’era bisogno che un estraneo che non avevo mai visto venisse a ficcare il naso in casa nostra per una stupida questione legata ad un malinteso. Poi io non avevo fatto niente di male e non mi andava a genio l’idea di avere una specie di consulente matrimoniale che mia moglie aveva conosciuto in palestra.
Tuttavia Valentina mi ricordò più volte nell’arco di quei 10 minuti che avevo promesso di fare qualsiasi cosa per lei e arrivai velocemente a pensare che se quella pagliacciata l’avesse fatta sentire meglio forse avrei fatto buon viso a cattivo gioco.

Vittorio non tardò. Suonò il citofono esattamente passati i 10 minuti.
Era un ragazzone tutto muscoli. Alto, moro, di bell’aspetto, ma con la faccia da persona poco raccomandabile. “E’ lui lo stronzo?” chiese rivolgendosi a Valentina appena varcata la soglia della porta. Valentina annuì. Non si presentò nemmeno. Io restai seduto sul divano per un istante, po valentina si avvicinò a me e mi sussurrò all’orecchio “Ricordi? Qualsiasi cosa!”.
Fu proprio quello il momento in cui capii che le cose si stavano mettendo male.
Chiesi a Valentina cosa avesse intenzione di fare e lei mi sussurrò “Avanti amore, mettiti in ginocchio per terra e va in ginocchio fino da lui a sbottonargli i pantaloni!”.
Era una cosa assurda! Rifiutai immediatamente e Valentina mi diede uno schiaffo urlando “Hai detto qualsiasi cosa idiota!”
Cercai di farle capire che non era una cosa sensata, ma non feci in tempo perché Vittorio mi prese per il colletto della camicia e mi ritrovai per terra davanti al divano. “Mettiti in ginocchio stronzo” gridò l’energumeno.
Mi misi in ginocchio e lui mi diede uno schiaffo fortissimo. Non feci in tempo a dire una parola che mi rifilò un calcio nelle palle da farmi mancare il fiato.
Supplicavo Valentina di farlo smettere, di mandarlo via. Mi sentivo una nullità a farmi picchiare davanti a lei, ma vidi che lei sorrideva.
Valentina si accovacciò vicino a me. Il suo naso mi accarezzava la guancia mentre mi sussurrava “Vuoi che Vittorio ti faccia male davvero? Non devi disubbidirmi tesoro. Fai come ti dico, sbottonagli i pantaloni e tiragli giù le mutande”.
In men che non si dica Vittorio era già a petto nudo. Statuario in piedi davanti a me. Era molto umiliante stare in ginocchio in quella posizione mentre Valentina mi guardava. Mi sentivo in qualche modo abusato. Lentamente tirai giù la zip dei pantaloni di quel palestrato marmoreo. Lui con due dita li abbassò fino alle ginocchia e poi fece lo stesso con le mutande.
Anche se non era in erezione notai subito che era molto dotato. Molto più di me. “Amore hai visto che cazzone?” incalzò Valentina, “Chissà da duro come diventa grosso” continuò, “Forza amore fammi scoprire come diventa il cazzo di Vittorio”.
Non riuscivo a capire cosa dovessi fare. Guardai Valentina. La guardavo e lei in piedi di fianco a me mi accarezzava la testa. “Prendilo in bocca amore!”
Cercai di spiegare a Valentina che quella non era una cosa che ero disposto a fare, ma non riuscii a finire di parlare che mi ritrovai a bocca piena. Solo la punta. Vittorio mi teneva per le orecchie e faceva avanti e indietro nella mia bocca. Io fissavo negli occhi valentina che nel frattempo si stava spogliando. Si toccava i seni e diceva frasi umilianti. “Che frocio che sei amore! Guarda come glielo succhia il mio frocio!”. Non riuscivo a tirarmi fuori da quella situazione. Vittorio era troppo forte, mi teneva la testa ferma mentre faceva avanti e in dietro con il bacino e intanto sentivo che nella mia bocca il suo membro diventava sempre più grosso. Mi riempiva tutta la bocca, mi arrivava fino in gola che non riuscivo nemmeno più a respirare. Quel cazzo enorme mi stava strozzando. Sbavavo, mi scendevano le lacrime e Valentina le toccava con le dita come se volesse asciugarmele. “Non piangere tesoro, io lo faccio sempre!”.
Valentina si accovacciò nuovamente di fianco a me, mi afferrò per i capelli e mi tirò in dietro, e poi di nuovo avanti con il cazzo di vittorio che ormai mi stava scopando in gola facendomi starnazzare come un’oca e facendomi sussultare per la mancanza d’aria. Sbavavo sempre di più e Valentina vedendomi paonazzo in faccia si rivolse a Vittorio e disse “Piano, piano, così lo ammazzi. Lui non è come me, per lui è la prima volta”. Sentite quelle parole Vittorio tirò il suo cazzo fuori dalla mia bocca. Presi fiato finalmente e iniziai con il respiro affannato a supplicare Valentina di far cessare quella situazione. Vittorio mi diede uno schiaffo talmente forte che per un istante rimasi come ipnotizzato. Non capivo più nulla, vedevo solo valentina leccare il buchino sulla punta del cazzo di vittorio mentre con una mano gli palpava i testicoli. Poi se lo infilò in bocca e lui iniziò a fare la stessa cosa che aveva fatto con me. La vedevo lacrimare e sbavare, la sentivo starnazzare per il cazzo in gola a strozzo e sentivo i suoi versi da mancanza di fiato. Mi venne da piangere, singhiozzavo di fianco a lei, ma non riuscivo a distogliere lo sguardo. I suoi seni ballavano e io mi stavo eccitando tantissimo. Iniziai a baciare la sua schiena mentre l’energumeno continuava a spingerglielo in gola. Valentina stava iniziando a sudare. Una gocciolina di sudore le scendeva lungo la riga della schiena. Iniziai a leccare la sua schiena e ogni tanto la supplicavo di smettere, le sussurravo che avrei dimenticato tutto, che saremmo andati avanti e avremmo fatto finta di niente. Lei si staccò da Vittorio, mi prese per i capelli gridando “Succhia frocio almeno stai zitto” e Vittorio ricominciò a spingerlo nella mia gola, sempre più forte. Questa cosa durò parecchio. Ogni tanto Valentina mi faceva staccare dal cazzo di Vittorio per farmi prendere fiato e alzava un braccio ordinandomi di leccarle l’ascella, sudatissima per il caldo che faceva.
A un certo punto chiesi a Valentina, che era in piedi di fianco a Vittorio, se non mi fossi già fatto perdonare abbastanza e la sua risposta fu mettermi un piede in faccia e ordinarmi di leccarlo. Lo feci. Ormai ero eccitato da morire anche io. Amavo i piedi di mia moglie. Amavo vederla prendere il potere su di me. Leccavo il suo piede come quello di una dea, ma lo feci per poco perché poi con il suo piede premuto forte in faccia mi ritrovai sdraiato a terra.
Valentina si sdraiò su di me, a pancia in giù. Avevo i suoi seni perfetti proprio in faccia.
Era sudata fradicia iniziai a leccarla tra le tette. Mi resi conto che stava andando avanti e indietro su di me e che stava godendo mentre Vittorio la scopava. Ero diventato il loro materasso.
Lei mi guardava negli occhi fisso. Ogni tanto i dava un bacio sulle labbra e a un certo punto mi sussurrò “Hey frocio. Vuoi tradire? Si fa così!” e poi continuò ad ansimare.
Godeva come non l’avevo mai vita. Sbavava. A un certo punto si mise con le tette sulla mia faccia come se volesse soffocarmi e mentre morivo nel suo profumo e nel suo sudore dolce mi resi conto che tremava, contraeva tutti i muscoli, stava ansimando fortissimo e a un certo punto mi diede un colpo in faccia col petto che sentii il suo osso dello sterno che mi stava quasi spaccando il naso.
Dai versi che faceva, e dai movimenti che non riusciva più a controllare al punto di spingere così tanto col petto sul mio viso da farmi mugugnare capii che lei stava venendo.
Mi sussurrò “Hai sentito come mi ha scopata? Tu la scopi così quella stronza? No vero? Non sei abbastanza uomo. Frocio! Ti è piaciuto succhiare il cazzo frocio?” io ero eccitato al punto che il pene quasi mi faceva male, ma allo stesso tempo mi sentivo umiliato, abusato.
Valentina si alzò. Poi si mise sul divano, a pancia in su. “Vittorio vieni qui!” e lui le salì a cavalcioni sulle gambe. In quel momento ero così profondamente umiliato che non sarei riuscito a sopportare il fatto che lui le venisse addosso. D’istinto mi voltai e presi in bocca il cazzo di Vittorio. Preferivo farmi sborrare in gola piuttosto di vedere lo sperma di quel palestrato sul corpo di mia moglie. Ormai avevo perso la dignità. Avevo dimostrato a mia moglie che per lei ero disposto a tutto, anche alle umiliazioni più dure, quelle che ti porti dentro per sempre. Però il mio gesto non piacque. Vittorio mi spinse via. Valentina gridò “Ti ho detto di succhiarlo?” e io iniziai a supplicarla di non farsi sborrare addosso, supplicavo come un condannato a morte che lotta per la vita. Lei mi intimò di tacere, ma io continuai. Si arrabbiò sul serio e in men che non si dica era seduta sul divano e io che stavo in ginocchio per terra misi la testa tra le sue gambe, arrivai col naso sulla sua rosa, ancora tutta bagnata. “Annusa coglione! Senti come mi ha fatta venire un uomo vero! Lui sì che è un uomo, non come te. Frocio! Volevi ancora succhiare il cazzo? Ti è piaciuto vero? Sei un frocio di merda!” mi prese per i capelli, allontanò la mia testa dalla sua rosa e mi diede uno schiaffo. “Se vuoi ancora il cazzo ti dovrai accontentare di un gioco. Il cazzo di Vittorio da adesso è solo mio”. Si alzò, andò in camera da letto e tornò con un dildo e dell’olio per massaggi. Mi fece succhiare il dildo, poi lo unse. Mi fece sdraiare a pancia in su sul divano e si mise accovacciata tra le mie gambe. Me lo fece entrare violentemente. Urlai. Faceva malissimo. Supplicavo di farlo uscire, sta volta praticamente urlando, ma non mi ascoltò. Andava avanti e indietro. A un certo punto sentivo che stava toccando qualcosa dentro di me. Improvvisamente avevo voglia di venire, senza nemmeno toccarmelo. Mi stava mungendo la prostata con quel cazzo di gomma. Nemmeno io riuscivo più a capire se stessi urlando dal dolore o godendo come un matto. Quello che so è che mi uscivano dei versi molto acuti, quasi femminili. “Senti come gode il mio frocio! Quanto ti piace prenderlo nel culo?” lei mi prendeva in giro, imitava i miei versi. “Sei proprio un cane, non vali un cazzo come uomo e presto anche la tua Giulia lo scoprirà! Sei frocio! Non sei mai stato in grado di scoparmi come ha fatto Vittorio oggi!” e intanto io mugugnavo e mi sentivo sempre più vicino a venire. Sentivo la gocciolina fare capolino dal buchino della cappella. Mia moglie Valentina mi stava facendo venire solo con la stimolazione prostatica, ero estasiato dal potere immenso che aveva lei su di me. Si fermò di scatto con il dildo dentro di me. Io riuscii a malapena a sussurrarle un “Ti amo” che subito lo spinse fino in fondo con un colpo violentissimo. Mi sembrava quasi che mi stesse sfondando, che stesse rompendo il fondo del mio culo ormai devastato. Tornò in dietro ancora, poi una spinta più violenta di prima e io urlai e sentii chiaramente che lo spruzzo, stavo venendo. Schizzai talmente lungo che il mio stesso sperma mi arrivò in faccia.
Respiravo affannoso, mi sentivo esplodere, travolto dalle emozioni, intontito, ipnotizzato, abusato e stuprato, umiliato fino al midollo. Non ero più un uomo. Non ero più nemmeno un maschio. Mi aveva tolto anche la dignità, aveva ucciso il mio senso del pudore Valentina.
Demolito, mi accasciai a terra e misi la faccia sul divano dove Valentina giaceva sdraiata a pancia in su. Ansimavo come un morente, mi sentivo senza forze, ero distrutto nel corpo e nell’anima.
Supplicai Valentina di far venire Vittorio, di far finire questo supplizio.
Vittorio tornò in posizione sopra Valentina. Iniziò a segarsi.
Io annusavo e leccavo l’ascella di Valentina. Profondamente dentro di me sentivo come il dovere di pulirla, di asciugarle il sudore. La guardavo negli occhi mentre lei non mi degnava di uno sguardo, ma fissava Vittorio.
A un certo punto Vittorio schizzò. Direzionò il suo pene mostruoso direttamente nell’ombelico di Valentina. Lo riempì tutto.
La sborra calda di Vittorio colava sui fianchi di Valentina. Lui si tolse. Io non potei resistere, ormai per Valentina avevo avuto un rapporto omosessuale completo. Osservavo l’ombelico perfetto di Vale e una voce nella mia testa mi fece scattare la molla: iniziai a limonare il suo ombelico pieno dello sperma del suo amante. Leccai tutto. Le infilavo la lingua nell’ombelico più profondamente che potevo e lei si mise a ridere “Mi vuoi sfondare la pancia? Lecca piano! Sei proprio frocio! Ti piace anche leccare la sborra!”
Io con le labbra piene dello sperma del palestrato, con il suo sapore di maschio alfa in bocca, senza più le forze per tirarmi su e con il culo dolorante guardai negli occhi Valentina e mentre appoggiavo la testa sul suo ventre come se fosse un cuscino le dissi una sola parola: PERDONO.

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