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Colto sul fatto – Parte Seconda

By 19 Luglio 2021No Comments

Mentre davanti ai miei occhi scorrevano le immagini dalla donna scopata sul lettino e di altre tettone vogliose di cazzo di altri video, la mia mente andava alla situazione che si era creata, talmente assurda ed inattesa che facevo fatica a pensare che fosse reale.
Ogni tanto Sonia, canticchiando come al solito e come se nulla fosse, scendeva nel bagno di servizio per cambiare l’acqua o prendere dei prodotti.
Ero bloccato, dopo aver inizialmente ripreso a segarmi, mi ero interrotto, anche se il mio cazzo non accennava ad afflosciarsi e pulsava con forza.
Guardai l’ora, erano le 8:15, era passato circa un quarto d’ora da quando ero entrato in quell’universo folle e parallelo. Il tempo iniziava a scarseggiare e non volevo sprecare una eventuale occasione. Decisi che dovevo trarre ogni beneficio possibile da quella situazione e che la tranquillità di Sonia poteva solo giocare a mio favore. Era il mio lato esibizionista che parlava ed il fatto di avere una donna in casa che mi vedeva nudo e davanti alla quale potevo anche toccarmelo era il vero motivo per cui stavo mantenendo un’erezione che iniziava a farsi dolorosa per la voglia di usare il mio cazzo in maniera più degna.
Quando la sentii tornare mi feci coraggio e la chiamai.
“Dimmi”, rispose lei affacciandosi nella stanza.
“Abbi pazienza, ma… sei sicura che non ti crei problemi? Voglio dire… non è normale, no?”. Mentre parlavo avevo evitato di toccarmelo ma prima di finire la frase diedi un paio di colpetti lenti.
“Per come la vedo io – rispose in maniera cristallina – tu sei a casa tua e sono io che ho violato un tuo momento di intimità, quindi tu non devi farti problemi. E poi – aggiunse – quando si lavora nelle case degli altri credo che la prima regola è che non si deve né sentire né vedere nulla, altrimenti è un lavoro che dura poco”.
“Ah beh, credo che tu abbia visto abbastanza…” commentai continuando a toccarmi lentamente.
“Ma non sta a me giudicare ciò che vedo quindi ciò che vedo non sarà da me mai riferito a nessuno. E neppure ciò che vedrò in futuro”.
Quella frase aggiunta alla precedente ebbe in me l’effetto di una scossa. Involontariamente diedi due colpi più forti ed in risposta lei sorrise.
“No, scusami, davvero – le dissi, smettendo di segarmi ed andando verso di lei con il cazzo in tensione – la situazione all’inizio per me era davvero esageratamente angosciante; da qualunque angolazione si guardi, resta il fatto che un adulto sorpreso a farsi una sega non è il massimo”. Usai volontariamente il termine “sega” perché speravo che anche lei avrebbe cambiato registro e sarebbe scesa ad un livello più “popolare”, chiamando le cose con il proprio nome. “Paradossalmente, però, adesso mi sento ancora più tranquillo di prima. Anzi – aggiunsi – se posso dirlo è ancora più piacevole”.
“Davvero?”, chiese.
“Beh, sì. La situazione è così fuori dall’ordinario… io nudo che mi tocco davanti ad una bella donna che non è scandalizzata… Sapere che tu sai, che non mi devo nascondere, che non è un problema… è una fonte di stimolo per me”. In realtà Sonia non era esattamente “bella”, anche se per qualcuno sicuramente poteva esserlo. Ma in quel momento l’aspetto esteriore non contava, stavo partendo (o forse ero già partito) con la mente. E la cosa era ancora più eccitante. Decisi di calare le carte, ma di farlo a modo mio. “Non sai quanto ti ringrazio sia per la tua discrezione sia per la tua disponibilità, ma è meglio che io smetta perché questa situazione mi sta iniziando a piacere troppo”. Volevo capire quale fosse la sua posizione in quel gioco. Era neutrale o voleva farne parte? Dovevo saperlo.
“Perché vuoi smettere? Non per colpa mia spero! Te l’ho detto, io lasci che mio marito si seghi perché so che lo fas fogare e poi a volte credo che un uomo abbia voglia di farlo a prescindere dalla voglia che ha di fare l’amore con sua moglie”.
“Non è colpa tua, non hai capito. Il tuo comportamento mi rende le cose molto più facili ma so che se continuo poi… beh, quando un uomo perde la testa può non riuscire a restare molto educato”.
Sonia appoggiò il sedere al ripiano alle sue spalle e si sfilò i guanti da lavoro, per incrociare le braccia sul petto. Sorrise. “Siete tutti uguali voi uomini, fate gli spavaldi, vi mettete in testa uno schema ma poi appena questo salta non sapete più che fare”.
“Guarda che per me non è un problema continuare, ma sai, dopo un po’ che uno lo fa…”
“Lo so benissimo cosa succede se è per questo”.
OK, era il caso di scoprire le carte. Restando davanti a lei lo impugnai nuovamente e decisi di rischiare iniziando a muovere la mano su e giù. “Vedi che non è un problema? Anzi, se davvero non è un problema per te e se rimane tra noi… vorrei che guardassi”.
Calò il silenzio tra noi e per un attimo temetti di aver fatto un errore. Poi lei abbasso le mani, non più incrociate a mo’ di finto rimprovero, ma appoggiate sul ripiano ai lati dei fianchi.
Feci un passo verso di lei continuando a menarmelo ed il sorriso di lei mi spinse a fare un altro passo finché ci trovammo vicini, distanziati solo da un pezzo di carne duro che stava sfiorando la sua coscia.
“Per questo avrei dovuto smettere”, le dissi.
“Hai fatto bene a non farlo”, replicò lei in un sussurro allungando la mano sul mio cazzo ed iniziando a massaggiarlo lentamente.
Ebbi un attimo di cedimento alle ginocchia grazie alla sensazione della sua mano che mi segava, ma mi ripresi immediatamente. La lasciai prendere il ritmo con convinzione, poi allungai la mano per sollevare la sua maglietta e dopo poco mi trovai a posarla sul tessuto del suo reggiseno. Palpai con movimenti circolari il suo seno sinistro per qualche secondo poi afferrai la maglietta da entrambi i lati e feci il gesto di volergliela togliere. Quando lei mollò la presa lasciando il cazzo al suo destino mi resi conto di aver fatto male i calcoli; ma una volta rivelato interamente il suo reggiseno nero fu bellissimo essere nuovamente accolto tra le sue dita. Il ritmo della sega stava salendo, evidentemente la situazione l’aveva coinvolta quanto speravo. Il silenzio tra noi era rotto solo dal sottofondo dell’ultimo video trasmesso dal cellulare alla televisione ma molto di più dal rumore dello scappellamento del mio glande ormai bagnato. Con un gesto le sollevai il reggiseno e lei mi aiutò a toglierlo senza slacciarlo. La visione di un bel paio di tette circa di terza misura con delle grandi areole mi eccitò, se possibile, ancora di più. Soprattutto perché da quelle areole si ergevano dei capezzoli duri che non tardai ad assaporare. Appena iniziai a toccarli con la lingua e succhiarli lei emise un paio di gemiti, mollò il mio cazzo e mise entrambe le mani sulla mia nuca. Non mi dispiaceva che avesse smesso di segarmi, non volevo venire, non in quel momento. Evidentemente lei apprezzava molto la mia attenzione verso i suoi capezzoli e per esserne certo le infilai una mano tra le gambe, dentro i fuseaux. Non fui sorpreso di trovarla bagnata.
Mi regalai ancora qualche secondo di paradiso tra quei capezzoli, poi mi inginocchiai e mentre mi abbassavo portavo con me verso il pavimento i suoi pantaloncini e le sue mutandine.
Adesso eravamo entrambi nudi ed eravamo entrambi parte dello stesso gioco.
Avvicinai la bocca tra le sue gambe, che lei aprì per facilitarmi l’accesso. Ogni colpo di lingua corrispondeva ad un suo gemito ed io cercavo di darle un ritmo che non le lasciasse tregua. Quando si lasciò sfuggire un paio di “Sì!!” ed iniziò a tremare con il ventre le lasciai godersi tutto il suo orgasmo e poi, senza chiederle nulla, la feci voltare, le allargai le gambe e la penetrai da dietro.
Era da tempo che non scopavo così. Era proprio “scopare”, non era “fare l’amore”, né “fare sesso”. Era scopare nel senso animalesco, quel modo di farlo che con mia moglie non potevo permettermi. Era una penetrazione rude, affondavo in lei non gradualmente come di solito facevo con mia moglie per godermi ogni momento; lo facevo con forza, serrando forte i suoi seni nelle mani e sentivo che lei, cercando di coordinarsi al mio ritmo, spingeva il sedere verso il mio ventre con la forza che aveva a disposizione. Avevamo preso un ritmo stupendo, sottolineato dal rimore delle mie palle che sbattevano contro di lei e dei nostri sessi completamente fradici.
In quel momento mi resi conto che preso dalla foga ero entrato senza alcuna protezione. Avrei dovuto fermarmi per indossarne uno ma li avevo in camera, se fossi uscito per andare a prenderlo temevo che l’incantesimo si sarebbe spezzato. “Vai fino in fondo”, disse lei quasi leggendomi nella mente. “Prendo la pillola”, disse gemendo. A quel punto decisi che era venuto il momento che io mi prendessi il godimento che attendevo dalla sera prima. La afferrei per i fianchi e con le ultime energie aumentati sia il ritmo degli affondi sia la forza. lei ebbe un paio di sussulti dai quali capii di averle fatto male, ma dopo poco il mio orgasmo si riverso dentro di lei, intenso come non mi capitava da mesi.
Senza fiato, continuai a muovermi finché mi sembrava di continuare a schizzare. Poi, sfruttandola per sorreggermi, la appoggiai la fronte alla schiena ed iniziai a riprendere fiato.
Ero ancora dentro di lei quando guardai l’ora e capii di essere in tremendo ritardo.
iniziai a sfilarlo ma dopo pochissimo tornai a spingerlo dentro di lei.
“Porco”, sussurrò lei con un sorriso.
“Credo tu lo abbia capito subito”, le risposi.
Lo sfilai lentamente e grosse goccie di sperma davvero sul pavimento.
Lei rimase appoggiata in quella posizione per riprendere fiato ed io inizia ia palparle il culo, cosa che non avevo fatto prima e che mi era mancata. Con il dito giravo intorno al suo ano e quando feci per entrarle dentro con il medio, Sonia mi fermò: “Non vogliamo riposarci un attimo?”.
Presi il cellulare e mandai un messaggio al mio responsabile: “Scusa, stamani non sto per niente bene…”.

Come per la prima parte del racconto, chiunque avesse commenti o critiche può inviarle a clamartinel78@gmail.com.

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