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… e poi torniamo a vivere…

By 26 Febbraio 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

 

La mia immaginazione a volte è più fervida di quanto io stessa creda. Così mi sono trovata a vivere qualcosa che mi sembrava banale. Già… se ne sentono talmente tante… e se ne leggono ancora di più!

Che io di cose (cosacce a dire il vero) ne leggo tante. In fin dei conti cos’altro ho da fare?!?

Come tanti giovani della mia generazione non ho un lavoro e non studio. Non che io non ne abbia voglia, solo che studiare ormai non serve più, ho la laurea, pardon, il magisterium dato che mi sono fatta quel cazzo di 3+2 del tutto inutile. E di lavoro non ce n’è. Siccome non ho spintarelle, bustarelle, raccomandazioncelle non mi resta che starmene a casa o in un bar ad aspettare e ammazzare il tempo e lo ammazzo leggendo le cosacce che si trovano online.

Certo, ufficialmente compilo cv, cerco lavoro, rispondo a tutti gli annunci che trovo. E lo faccio sul serio, eh! solo che dopo un’oretta non è che rimanga molto da fare…

Così, per non dare pensiero alla mamma resto in giro.

Se posso mi imbuco in qualche biblioteca con il mio pc, oppure in qualche caffè. Ma se il tempo è bello come in quest’ultimo periodo prendo il mio scooter e vado a fare un giro o a trovarmi un posto dove bighellonare.

Beh… gironzolando in collina per strade che non conoscevo sono stata colta da un’epifania: il panorama più bello mai visto prima. Ho fermato lo scooter, mi sono tolta il casco e mi sono messa sul ciglio a guardare lontano, assorbendo la meraviglia della natura che mi circondava.

Lì in piedi, con la bocca semi aperta non so quanto tempo ci sono stata, ma dovevo essere completamente assorta perché non mi sono nemmeno accorta che qualcuno si fosse fermato dietro di me.

 

“ehi, dico a te!!!” trasecolo (che bello, ho sempre sognato di usare questa parola, ed ora posso!) e torno presente a me stessa.

“si?!?” rispondo girandomi.

“che, non hai mai visto questo posto? mai stata qui?”

“mai!”

Chi mi parla è un ragazzotto muscoloso in t-shirt (a febbraio! in t-shirt a febbraio!!!) che si sporge dal finestrino di un trattore tutto sporco di terra. anche un ragazzo non brutto, certo, non lo slavatino di città tutto fighetto e con le sopracciglia depilate che si vedono sempre in giro, un ragazzo… come definirlo… sano, sì, ecco, un ragazzo sano: colorito leggermente scuro di chi lavora all’aria aperta, muscoli definiti (almeno per quanto posso vedere), sorriso sincero…

“e devo dire che è veramente splendido!”

“ma da dove vieni tu?” dice con un sorriso.

“dalla città, oddio, in effetti ho guidato per 2 ore per arrivare qui… mi sono allontanata abbastanza dai miei percorsi abituali”

“e cosa ci sei venuta a fare qua???”

“avevo bisogno di aria…”

“ah aha ha ah ah ah qua ce n’è pure troppa di aria!!!”

Ride di gusto della sua battuta semplice. E mi accodo volentieri.

“e non è che magari avresti anche un lavoro per me???” aggiugno sempre ridendo.

Si fa serio di colpo.

“cosa intendi?”

“eh, no, nulla… in città non si trova lavoro e mentre giudavo mi è passata per la mente la follia che chissà, magari in periferia, in campagna… nulla, scusa, una sciocchezza…”

Mi vergogno improvvisamente della battuta idiota. Ma dato che il lavoro è il mio cruccio principale mi è sgorgata dal cuore senza pensarci.

“se devi avvisare qualcuno che farai tardi è meglio che lo fai subito, che dove andiamo i cellulari non hanno campo.” dice salendo sul trattore “vienimi dietro!” e riparte.

Per fortuna che va piano che altrimenti, tra telefonare, rimettermi il casco, chiudere il giaccone e girare lo scooter me lo perdevo!

No, macché!, e come facevo a perdermi questo enorme ammasso di ferraglia rossa che lascia tracce di fango sulla strada… male che andava seguivo quelle, come Pollicino.

Dopo un tempo che mi pare infinito, durante il quale ripercorro una parte della strada fatta per arrivare qui, svolta improvvisamente a destra, in una strada che io, se fossi sfrecciata con lo scooter di qua, non avrei nemmeno visto.

La vegetazione dapprima si infittisce e poi va di nuovo diminuendo, fino a trasformarsi in una distesa di campi arati. L’impressione è quella di un enorme giardino circondato da un muro verde. In mezzo al giardino, o meglio, alla distesa di campi, un casale. Mi viene immediatamente in mente l’immagine di quel film di molti anni fa che mi aveva colpito… un casale in mezzo ad un campo di girasoli, una meraviglia. Beh, qui i campi sono nudi, d’altronde… è febbraio…

Il trattore si ferma sull’aia. E come nei migliori film bucolici, un paio di cani accorrono abbaiando e scodinzolando, sotto lo sguardo di due gatti accovacciati presso il muro della casa. Il ragazzotto scende saltando giù dal suo potente mezzo e mi fa cenno di parcheggiare più sotto all’edificio.

“dentro forse c’è del lavoro per te” dice serio ma con una luce negli occhi.

“aspetta… in che senso?”

E con un braccione muscoloso mi cinge le spalle e mi spinge dolcemente verso l’interno della casa.

I cani restano fuori, i gatti ci seguono contenti e spariscono verso il fondo dell’ingresso.

“mà? dove sei? c’ho una ragazza che cerca lavoro!”

Mi invita ad entrare nella stanza anteriore del casale, un soggiorno enorme con una grande stufa e dei divani messi a C a creare una zona conversazione. I colori sono quelli della terra, come se il panorama fuori continuasse anche dentro. Un grande tavolino basso è in mezzo alla zona divani, sgombro. A dire il vero, nonostante la mole dei divani e del tavolino la stanza sembra stranamente vuota, come… disabitata: non ci sono riviste, né libri, né soprammobili, ma nemmeno mobili inutili, non c’è un televisore, non c’è una credenza. Ci sono un tavolo lungo e otto sedie, dall’aspetto usato, il legno scuro è liscio che sembra quasi cuoio. Nel suo sembrare vuota la stanza sembra però calda, è strana la sensazione che dà.

Da una porta in fondo alla sala compare una donna. Che poi… mà… avrà la stessa età del ragazzone, quindi non è di certo sua madre.

“carina… sicuro che possa voler lavorare per noi?”

“viene dalla città. ha detto che lì non c’è niente.” Parlano come se io non ci fossi.

“beh, dipende dal lavoro…” mi intrometto.

Mi guardano, mi scuadrano, mi studiano. Un lungo silenzio riempie l’aria scaldata dalla stufa.

“noi organizziamo cene slow food. e le offriamo sempre in modi particolari. e tu potresti esserci utile. ti crea problemi spogliarti davanti ad estranei?”

E’ mà che parla, tutto d’un fiato, avvicinandosi e scrutando il mio corpo.

“spogliarmi? scusa… non capisco… in che modo? cosa intendi?”

“dobbiamo proporre qualcosa di nuovo… ti pagheremmo bene… potresti servire in tavola nuda, o quasi nuda. magari con un grembiulino che copra davanti e lasci scoperto dietro…” dice lui facendo un passo indietro chiaramente valutando il mio culo.

Mà si avvicina e fa per allungare una mano verso il mio seno. La scarto e la blocco.

“un attimo… aspetta… stiamo parlando di servire nuda, nulla di più? quanto mi dareste? considera che comunque io ci metto due ore ad arrivare fino a qui…”

Si guardano. E la luce negli occhi ce l’hanno entrambi ora.

“beh… dipende se poi sei anche disponibile ad essere una pietanza oppure no… ma ci possiamo accordare…”

“una pietanza???”

 

…to be continued…

“si, farti mangiare…” dice mà.

 

Sono sempre più perplessa. Ok, ho sentito di cene servite da personale più o meno discinto. E ho anche sentito di cene servite usando persone come piatti (beh, l’ho pure visto in Sex and the City… e Sam era strafiga in quella scena!!!) ma come pietanza…

 

Leggono la mia perplessità.

 

“mà, forse è il caso che le spieghi meglio… sarebbe brutto perderla, guarda che corpicino!!!” dice il ragazzone dandomi una pacca sul culo.

 

“ehi! sono contraria ai rapporti troppo stretti con i datori di lavoro!”

 

Ridono. Di gusto. Ma non era una battuta. Ho già perso un posto a causa di sguardi troppo penetranti che si sono trasformati in penetrazioni di altro tipo… mannaggia… ed era un posto ben pagato… certo c’è da dire che il capo ne valeva la pena: un corpo da sballo che sapeva usare in modo egregio!

 

“mmmm…” pensa, mà pensa… “la mia idea è di preparare un cibo particolare… si tratta di una pasta che si accordi con il gusto di chi la serve…”

 

Uddiu… mi sta sorgendo un dubbio su dove vuole andare a parare questa.

 

“ecco, sì… la mia idea sarebbe di assaggiare il tuo gusto e fare in modo, con bilanciamenti particolari dei gusti, che la pasta si accordi con te. e poi servirvi in tavola, te e la pasta, in modo che i commensali possano avere un po’ di lei e un po’ di te. ovvio che per questo dovrai essere pulitissima, ma non disinfettata, cioè, si dovrà sentire il tuo sapore caratteristico. ovviamente non dovrai mangiare pesce per almeno una settimana prima della performance che sennò non è possibile armonizzare… spero tu abbia un buon sapore” aggiunge con un sorriso.

 

Beh, si, avevo capito bene. Questi sono fuori come poggioli!!!

 

“mà, guarda… non so se me la sento. cioè, voglio dire… la cosa è… sembra sexy, e anche divertente… però…”

 

“stai tranquilla, ti assaggio solo io. da vicino, intendo. poi loro assaggeranno te solo come condimento… e come piatto, ovviamente, che non potrei presentare in altro modo che su di te.”

 

La mente mi si popola di immagini… scabrose! Lei tra le mie cosce. Il ragazzone che ci guarda, con una mano impegnata. Me su quel tavolone con della pasta appoggiata sulla pancia… a meno che non voglia offrirla in modo più… spinto…

 

“approfondiamo un attimo… com’è che dovrei fare il piatto???”

 

“io ti vedo semiseduta sul tavolo, piedi appoggiati, gambe aperte… il grosso della pasta sulla pancia e un po’… beh, dentro di te, così il condimento è servito direttamente dal contenitore…”

 

E sorride sorniona…

 

Mentre parlava sono diventata rossa, viola, verde, blu… già solo il pensiero mi eccita e mi imbarazza…

 

“non posso… no, no, no….” faccio gesti di diniego con le mani facendo passi indietro verso la porta… mi vedo già sfrecciare via con il mio bolide quando le due manone del ragazzone mi si piazzano sui fianchi.

 

“non scappare, bocconcino. Sono curioso da morire di sapere se si può fare l’idea di mà… sono curioso se il sapore del tuo corpo può passare alla pasta, se viene buona, se viene uguale… certo dovrò assaggiarti per capirlo… io assaggio tutte le creazioni di mà”

 

E mentre dice tutto questo mi spinge in avanti costringendomi verso il tavolo e avvicinando le labbra al mio orecchio.

 

“… e ora assaggerò… affonderò la lingua dentro di te, per capire come sei… e lo farà anche mà, che poi andrà in cucina a cercare la giusta armonia… e allora ti assaggerò un po’ meglio…”

 

Le manone dai fianchi, senza che me ne renda conto sono arrivate ai polsi. Mà si è piazzata davanti a me e mi ha slacciato i jeans sfilandoli facilmente dai piedi lasciando cadere le mie ballerine.

 

“no, non voglio essere la vostra pietanza!”

 

Con gesto rapido mi ritrovo col busto piegato in avanti, la pancia distesa sul tavolo, le mani dietro la schiena nella stretta della manona del ragazzone che con l’altra mano mi accarezza la schiena alzandomi la camicetta.

 

“lo sapete che questa è violenza sessuale, vero?!?” dico in un filo di voce con una lacrima che mi scia la guancia, facendo appello a un minimo di senso etico.

 

“bocconcino… guarda che ti paghiamo dopo, anche per l’assaggio…”

 

“ma, cazzo!, ma non potete cercarvi una escort??? Quelle sarebbero sicuramente eccitate all’idea!!!”

 

“pure tu, bocconcino, sei eccitata all’idea…” gongola come un pazzo passandomi una mano tra le gambe e infilando un dito sulla fessura. “sei fradicia come mà mentre cucina!”

 

Mi chiedo cosa intenda se mà sudi parecchio o se gode fisicamente mentre cucina. Ma non sono lucida a lungo, dato che il suo dito ha incontrato il mio clitoride e ha iniziato a stropicciarlo rudemente.

 

Cerco di opporre una debole resistenza ma tra un lamento e un mugugno… prevalgono i mugugni. Maledizione! Le situazioni un po’ rudi mi eccitano sempre!

 

Sento il peso sulle braccia spostarsi. Sento la mano allontanarsi dalle cosce. Sento un respiro sulle natiche nude ed esposte.

 

“fatti assaggiare…” è la voce di mà che arriva dall’altezza della mia fessura.

 

Senza molti preamboli le sue dita allargano la mia intimità e la lingua si insinua dentro. Si agita, zampilla, spinge. Mi scappa un gemito. La lingua si ritrae, le labbra si avvicinano. Aspira.

 

Una sensazione strana mi prende nel basso ventre.

 

Rumore come di tappo, una sensazione di risucchio. Un dito si insinua in me. E si agita. Poi due. Gemo.

 

“si, così, che devi produrre un po’ più umori, sennò non riesco a comporre…”

 

Il piacere sta iniziando a crescere e mi faccio sempre più liquida.

 

“brava, ora ne raccolgo un po’”

 

Sento qualcosa entrarmi dentro, è freddo e non particolarmente grande. Lo muove avanti e indietro continuando a stimolarmi e facendo crescere la mia voglia di godere.

 

“fatto, ora puoi continuare tu” dice mà con un piglio burocratico. Mi stappa e vedo cosa stava usando: un barattolo di vetro con un collo sottile, quasi una bottiglia di quelle della birra ma con un vetro più sottile. Mette un tappo di sughero e girandosi va via come se io no fossi nemmeno lì, come se non fossi mai esistita, con la mia voglia appesa e il mio piacere a metà. Mi ha lasciato lì con il ragazzone dietro di me. Quello che ha detto che ho un bel culo.

 

Oio… no, spetta… ho voglia… però…

 

“no… mà… non lasciarmi con lui…”

 

Niente, non ha nemmeno sentito. È sparita dietro la porta che presumo porti alla cucina.

 

“non devi avere paura di me…”

 

Di nuovo la manona tra le mie cosce… ho un brivido di paura: se il ragazzone è tutto proporzionato e ha una mezza idea di usare la sua dotazione mi sa che non sarà una passeggiata! Speriamo non abbia strane idee…

 

“tranquilla…”

 

Sento di nuovo un alito caldo sulle natiche. E una lingua sapiente che affonda.

 

 

 

…to be continued…

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