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Erotici Racconti

Frau Hilde

By 14 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Di quando in quando, arrivava a casa nostra ad offrire qualcosa che sapeva interessare mia madre: Un fine merletto lavorato al tombolo, un delicato ed elegante pezzo di ceramica dai tratti precisi e dai colori armoniosamente pastellati.

Frau Hilde era una delle laiche del convento, quello arroccato sulla vetta del colle, ma vestiva come una suora. Aveva un volto sempre sorridente, bianco e rosso, come quello che avevo visto nel poster che pubblicizzava i soggiorni montani della Germania. Mancavano solo le treccine bionde, ma potevano spuntarle dalla cuffia da un momento all’altro.

Era in Italia da chissà quanto tempo, ma la sua voce non aveva perduto un certa gutturalità che ne testimoniava le origini teutoniche.

Era ‘ben piazzata’ e l’abito non riusciva a livellare del tutto le generose curve del petto e del sedere. Io e Nico, il mio compagno di studi, l’avevamo battezzata Frau TeC, tette e culo!

Quel giorno eravamo soli, Nico ed io, perché erano tutti usciti e noi c’eravamo trattenuti a studiare, in vista dell’esame di maturità.

Frau TeC non mostrò alcun disappunto. Chiese di poter lasciare i suoi pacchetti, e disse che, con comodo, potevamo farle sapere, in convento, se e cosa la mamma avrebbe trattenuto.

La facemmo entrare, nel salotto. Una delle stanze più fresche della casa.

‘Ach’ ‘fece la donna- ‘quì molto fresco, kuhl. Bene,’

‘Vuole una spremuta Frau Hilde?’

‘Grazie, volentieri. Non &egrave fastidio?’

‘Certo no. Segga. Si metta comoda, si riposi un po’, si rinfreschi, &egrave così chiuso quel suo abito.’

Nico disse che andava in cucina per la spremuta.

‘Tu sei Franz, vero?’

Era inutile ripeterle che ero Francesco, per gli amici Franco. Per lei ero Franz, e basta!

Annuii.

‘Non ha caldo Frau Hilde?’

‘Abbastanza, sono venuta a piedi. Anche se &egrave discesa &egrave sempre una bella passeggiata.’

‘Perché non toglie la cuffia? Starà meglio. Ma la porta anche in convento?

‘No, a casa no, ma la superiora vuole che tutte la indossiamo quando usciamo.’

‘Anche lei che &egrave laica?’

‘No, ma lo faccio per solidarietà con le suore.’

‘Provi a levarla per un po’. Beva in santa pace la spremuta, e quando riprenderà il cammino la indosserà di nuovo.’

‘Si, forse farò così.’

Tolse la cuffia. Ora era proprio quella del manifesto. Più bella, però. Aveva anche le trecce bionde, raccolte sul capo.

‘Lei sta benissimo, così. Non la metta più la cuffia.’

Mi sorrise, senza rispondere.

Nico era tornato con la spremuta.

‘Franco, io vado a seguitare l’esercizio.’

Salutò e tornò nello studio.

‘Adesso vado via, Franz. Finisco di bere.’

‘Non si affretti, mi fa piacere averla qui, sono curioso di conoscerla.’

Sorseggiava la bibita.

‘Cosa vorresti sapere?’

‘Qual’&egrave il suo paese, perché ha deciso di vivere in una comunità conventuale e’. quanti anni ha. Sono indiscreto?’

‘No, voi italiani chiedete per essere amici. Questo &egrave bello, &egrave indice di calore affettivo, di amicizia. Sono nata in una borgata al limitare della Schwarzwald, la selva nera. Ho studiato dalle suore, poi mi sono iscritta alle Belle Arti, dove ho conosciuto Hans.

Ci siamo sposati poco prima che partisse per il servizio militare, in aviazione. Eravamo d’accordo che sarei venuta in Italia per un corso di ceramica artistica. E qui, dopo pochissimi giorni, mi &egrave stata data la notizia che durante la scuola di volo Hans era precipitato, con altri quattro allievi. Non vi furono superstiti.

Non sono più andata via.

Sono trascorsi quasi dodici anni.

Allora ne avevo ventitré.’

Essenzialità e precisione teutonica. Solo gli occhi di Hilde mostravano l’emozione che la voce non aveva tradita.

Si alzò, e disse che doveva andare. Chiedeva di poter andare al bagno per rimettere bene la cuffia. Le risposi che sicuramente era meglio lo specchio dell’armadio, in camera da letto. Replicò che preferiva il bagno. Ve la accompagnai. Entrò, chiuse la porta a chiave. Con molta circospezione guardai dal buco della serratura, m’era presa una specie di morbosa curiosità.

Vedere le gambone di Frau Hilde m’attizzava.

Quando s’alzò dalla tazza, tirò su le piccole mutandine.

Non erano ‘gambone’, anzi. Ben tornite, anche se non certamente magre. Il triangolo del pube era ben visibile, una deliziosa prominenza. Pelo o grasso? Mah! Si voltò, tenendo bene su la gonna, sembrava guardare qualcosa per terra. Accidenti che chiappe, belle rosa, ben tonde, con un solco centrale che era un fascino. Ero proprio eccitato, arrapato. S’avviò allo specchio, aggiustò le trecce, rimise a posto la cuffietta. Mi precipitai in salotto ad attenderla.

Eccola, la bella Hilde. E chi poteva immaginare il ben di dio che custodiva sotto la gonna. Vidi con la mente anche le tette, erano certamente della stessa pasta.

La donna se ne andò. Raggiunsi Nico, che studiava.

‘Sai che ti dico, Nico’, che Frau Hilde mi tira da morire, me la farei proprio di gusto.’

‘Ma non &egrave un po’ fuffa, troppo grassa, e anche alquanto tardona?’

Gli raccontai, minutamente, cosa avevo visto attraverso il buco della serratura, con particolari eccitanti.

‘Piantala, Franco, mi sta divenendo di sasso.’

^^^

Fu due giorni dopo che Frau Hilde telefonò.

Voleva sapere dalla mamma se e cosa le fosse piaciuto di quanto aveva lasciato. Le dissi che avrebbe trattenuto tutto (io ero stato determinante della decisione materna), e che era già pronta la busta per lei.

‘Posso venire subito, Franz? Approfitterei dell’auto della superiora che deve recarsi in arcivescovado.’

‘Certo, può venire subito.’

‘C’&egrave mamma?’

Le mentii assicurandole che era in studio, a visitare.

Passarono pochi minuti e Frau Hilde bussò.

Sembrava più carina dell’altro giorno.

Invece della cuffia aveva un leggero foulard, che non riusciva a trattenere i riccioli d’oro. Sulla gonna scura, plissata, che doveva essere di morbida stoffa leggera, per come si notava il muoversi delle natiche, indossava una bianca blusetta, graziosa, fermata con bottoncini tondi, di stoffa.

‘Prego, Frau Hilde, si accomodi. Oggi &egrave molto estiva, sta benissimo. Si accomodi.’

La feci entrare nel salotto, le indicai il divano.

‘Posso salutare la mamma?’

‘Ah, si scusa, ma &egrave stata chiamata d’urgenza in ospedale. Subito dopo la sua telefonata. Ma non si preoccupi, ha lasciato quanto le ho detto. Adesso vado a prendere la busta. E le porto anche un spremuta fresca. Tolga il foulard, intanto,profitti della frescura della casa.’

‘Non ti disturbare.’

‘Ma quale disturbo, e sarà un vero piacere fare quattro chiacchiere con lei, interrompere un po’ lo studio. Sa che la sua storia, che ha avuto la bontà di raccontarmi l’altro giorno, pur essendo triste, &egrave molto interessante?

Aspetti, vado e torno.’

Non le lasciai il tempo di dire nulla.

Andai in cucina, a prendere la spremuta che avevo conservato in frigo. Non m’ero affatto sbagliato. Frau Hilde era una di quelle ‘bonazze’ che ti tirano da schiantare e ti fanno pensare solo a quello. Tornai immaginando le sue tette che fissavo intensamente, mentre rientravo col vassoio dove avevo messo la busta coi soldi e due bicchieri di spremuta.

Non so se Frau Hilde s’accorse del mio sguardo che le toglieva di dosso camicetta e tutto il resto. Fatto sta che si erse ancor più sul busto, e le tette sembravano voler esplodere dalla blusa.

Sedetti accanto a lei.

Tutta una manovra perché, nel porgerle il bicchiere sul piattino, riuscissi a sfiorarle il petto. Tattica perfettamente riuscita. Il dorso della mano, poi l’avambraccio saggiarono la consistenza di quelle tette.

Erano granitiche!

Frau Hilde non accennò a spostarsi, anzi mi sembrò percepire che si sporgeva ancor più in avanti.

Dovevo cercare di comprendere, accertare, se fosse stata solo una mia sensazione.

Per darle il tovagliolino mi accostai a lei, la coscia era contro la sua, la mano aveva ancora sfiorato la tetta. Lei era intenta a bere. Alzò gli occhi dal bicchiere e mi guardò fisso. I suoi occhi azzurri erano profondi, non riuscivo a cogliere il significato di quello sguardo che mi frugava dentro, insistentemente, che non sapevo se voleva esprimere timore od altro.

Mi sembrò di leggere come una implorazione: di non essere tentata.

‘Non mi indurre in tentazione: Und fuhre mich nicht in Versuchung”

Allungai la mano per prendere il bicchiere, ormai vuoto, e poggiai l’altra sulla sua gamba. Era dura come il marmo, ma nello stesso tempo deliziosa. Ebbe come un trasalimento, ma non disse nulla.

‘Ora debbo andare, Franz.’

La voce non era quella di prima.

‘L’aspetta qualcuno?’

Scosse la testolina bionda, sempre con quell’espressione un po’ impaurita negli occhi.

‘Allora stia un po’ con me, la riaccompagno io, con l’auto.’

Mi sorrise, senza pronunciare parola. La mia mano era ancora sulla sua coscia. La strinsi un po’. Decisi di tentare la fortuna. Le posi il braccio intorno alla vita, avvicinandola a me. Divenne morbida, appoggiò la testa sulla mia spalla, e quando accennai a carezzarle il seno, da sottobraccio, vi poggiò sopra la sua mano. Ero indeciso se stringere i tempi, o procedere cautamente. Era meglio puntare sulla tenerezza. La baciai delicatamente sul volto, sulle labbra, mi ricambiò con piccoli baci, come quelli dei bambini. Poi cercai la sua lingua, che ricambiò con dolcezza il mio sfiorare. La sua bocca sembrava una calda coppa di miele, e il capezzolo s’induriva sotto il tocco della mano che s’era fatta strada nella blusa. Aveva socchiuso gli occhi, e ogni stringersi delle dita intorno a quella piccola ciliegia le provocava un sussulto del bacino.

Stimai giunto il momento di insistere nell’esplorazione. Sotto la gonna, su, sempre su, scostare lateralmente le piccole mutandine, palpeggiare il vello che le avvolgeva il sesso, sentire che dischiudeva le gambe, intrufolarsi in quella meravigliosa, almeno al tatto, fica della selva nera. Ma volevo vedere la selva bionda. La scoprii, m’inginocchiai dinanzi a lei che, ormai partecipava ardentemente al giuoco, e credo che quello sia stato il miglior cunnilingus della mia vita, ed anche della sua, a giudicare dal come venne accolto, dalle conseguenze. Era in preda a un orgasmo indescrivibile, fuori di sé. Gemente e sconvolta, con i capelli che seguivano il muoversi ritmico della sua splendida testolina. Quando mi allontanai da lei, l’ammirai. Sembrava un campo di messi dorate, di seta. Le presi la mano.

‘Vieni..’

‘Mi guardò con gli occhi sbarrati, la fronte increspata. Ma mi seguì senza parlare. Andammo nella mia camera. Vicini al mio letto. Dovevo, volevo, vederla nuda’ Seguitò a guardarmi mentre le sbottonavo la blusa, le slacciavo il reggiseno che liberò due floride tette. Fu poi la volta della gonna, delle mutandine. Si decise, allora, a muovere li suoi ditini delicati, a togliermi la camicia, ad allentare la cintura dei pantaloni. E allorché fui nudo, come lei, gli occhi le divennero ancor più splendenti, ma un po’ lucidi quando li abbassò sulla mia prepotente erezione.

‘Ach, Franz, non credevo”

L’avvicinai a me, facendole sentire il fallo tra le gambe, baciandola, titillandole il capezzolo.

Non disse altro, si lasciò condurre al letto. Si sdraiò , si acconciò con le ginocchia alte, le gambe divaricate, e sollevò il bacino. Fu lei, a separare le sue rosee grandi labbra, a mostrare l’ingresso fremente della vagina, il pulsare del suo piccolo clitoride, il suo bocciolo d’amore. Entrai in lei lentamente, molto lentamente, fin quando potei, fin quando non sentii d’aver raggiunto il fondo di quell’infuocato fodero che m’avvolgeva palpitante.

‘Aaaaaah!……… Gut’ gut’sehr’sehr’seeeeeeeehr gut’ Franz, ich komme’komme’so’.so’. Franz!’

E sembrò svenire. Chissà da quanto tempo non scopava.

Mi carezzava la schiena, i fianchi, le natiche, sempre restando con gli occhi chiusi. Il suo respiro andò quietandosi. Mi guardò, come trasognata.

‘Sei eccezionale, meravigliosa”

‘Wunderbar..Franz’wunderbar’ non lo facevo da dodici anni, zwoelf jahren’ ‘

Mi sdraiai a fianco a lei, si poggiò su un gomito e prese ad osservarmi, con un’espressione estatica, beata, le nari tremati, più colorita che mai, un po’ accaldata.

‘Piccolo grande Franz, lo sapevo che sarebbe accaduto, lo sapevo da tempo’ Sono ridicola, vero? Per te sono quello che voi dite una tardona..’

‘Non scherzare, Hilde, sei la più bella donna che si possa immaginare, un corpo delizioso, una carnagione che, tu sai, &egrave chiamata la pelle d’angelo”

‘No, Franz, non dovevo farlo’. Ma da qualche tempo mi sentivo sconvolta al solo vederti’Poi’quando ho sentito la tua mano’.’

Stava eccitandosi di nuovo, e la cosa era altamente’ contagiosa. Lo notò subito, lo carezzò teneramente con le sue lunghe dita, curate, e sembrò compiacersi nel sentirlo sempre più aumentare di volume. Decise di profittarne, Si acconciò su di me, sollevò il bacino, portò il glande scarlatto al palpitante ingresso del suo sesso, vi si impalò avidamente ed iniziò a muoversi con sempre crescente voluttà, con il biondo del pube che si fondeva al corvino del mio. Quando stava per raggiungere l’acme, mormorò, roca: ‘Jetzt’ Jetzt’adesso”

E accolse il tepore del seme come un balsamo ristoratore.

Dopo alcuni minuti, trascorsi sul mio petto, ebbe come un risveglio. Mi guardò sorridendo.

‘Devo alzarmi’ so dove &egrave la toilette’posso andare?’

‘Certo.’

Si levò, alzò le braccia, come a stiracchiarsi, col capo rovesciato. Era uno spettacolo incantevole, statuario.

Così, completamente nuda, andò nel bagno.

Malgrado avesse rifiutata la mia offerta, insistei nell’accompagnarla con l’auto. Si era rivestita con calma. Ogni tanto mi guardava, sorridente.

Stavo salendo lentamente le curve del colle.

‘Quando posso rivederti, Hilde?’

‘Vuoi?’

‘Come, vuoi? Che domanda.’

‘Non so.’

‘Sono spesso solo a casa, specie nel pomeriggio, Papà, come sai, &egrave chirurgo e si divide tra ospedale e una clinica privata; mamma, ginecologa, riceve in casa solo un giorno la settimana, poi &egrave sempre fuori.’

‘Ah!’

‘Ti aspetto domani, morgen!’

‘Ja, morgen.’

Eravamo arrivati dinanzi al convento.

Riassunse un’aria compunta, mi salutò, s’avviò alla porta.

Decisi di andare a fare un sopralluogo nel grande capannone che avevamo in riva al lago, che serviva da rimessa per la nostra barca, e come deposito per gli attrezzi di spiaggia: ombrelloni, sdraie, lettini, materassini, salvagente’. Era tutto in ordine.

Presi un lettino e lo andai a sistemare nel vasto spazio tra la barca e la parete, vicino alla porta del bagno, vi posi sopra un materassino, di quelli in gommapiuma, dall’armadio tolsi un telo a spugna, celeste, lo distesi sul materassino, completai il tutto col cuscino di gomma, semigonfio, avvolto in un lenzuolino bianco.

Voilà, il mio appartamentino riservato era pronto.

Hilde fu puntualissima stessa ora del giorno precedente, stesso abbigliamento. Del resto, dato come e dove viveva non credo che abbia avuto possibilità di variarlo.

Disse che aveva pensato a lungo sull’accaduto e che era venuta solo per parlarmene.

‘Benissimo, vieni sulle mie ginocchia, ti ascolterò meglio.’

Ero sulla grossa sedia e, presale la mano, la tirai verso me. Sedette, con le grosse tette proprio sotto il mio naso, e le sode natiche che sembravano volersi appropriare della mia già notevole erezione.

‘Ma così’Franz”

‘Sì, dimmi.’

Intanto le avevo infilato una mano nella blusa.

‘Volevo dire che per me ieri &egrave stata la giornata che non potrò e vorrò mai dimenticare, ma”

‘Allora?’

La mano era entrata nel reggiseno e la palpeggiava”

”ma così non riesco a dirti’.’

‘Cosa?’

Mi prese la testa e mi baciò con impeto.

Andammo nella mia camera, e tutto fu più bello del giorno precedente.

Prima di ricondurla al convento, le dissi che volevo farle vedere una cosa. La portai al capannone, le feci vedere l’angolo che aveva preparato. Mi guardò con aria sorniona, maliziosa. Sedetti sulla sponda del lettino.

‘Vieni.’

Si accostò a me, le alzai la gonna, e feci scendere le mutandine prima di farla adagiare, a cavalcioni, sul grosso fallo che avevo estratto dai pantaloni e che la penetrò baldamente, ricevuto con particolare diletto. Sembrava volesse dimostrarmi qualcosa, per come mi baciava, mentre le mie mani le artigliavano le poderose e irrefrenabili chiappe. Quando sentì di avermi condotto al massimo della voluttà, andava stringendomi in lei, con un particolare muoversi, serrando sul pene le pareti palpitanti della vagina, fin quando, invasa dal mio seme, non s’abbandonò al lungo gemito che testimoniò il suo orgasmo, così lungo che sembrò ripetersi all’infinito.

Rimanemmo così. E sembrava non volesse allontanarsi dal mio sesso.

Mi sussurrò, all’orecchio.

‘Vorrei tenerlo in me, sempre.’

Riuscii a districarmi egregiamente, soprattutto con la complicità di Nico, mantenendo un soddisfacente ritmo d’incontri con Hilde, e superando la maturità con esito lusinghiero.

Papà a mamma si complimentarono, e mi dissero che avendo notato uno strano comportamento, in me, in questo ultimo periodo, temevano qualche spiacevole sorpresa scolastica. Evidentemente, il lungo tempo che avevo trascorso da Nico, a studiare, era stato proficuo.

Nico mi raccomandava di’ non caderci dentro’ e mi gridava che per quanto impegno vi avessi messo sarebbe stata sempre lei ad averla pronta’

‘Sai, Franco, ricordati che &egrave la donna che lo racchiude tra parentesi, lo eleva alla massima potenza, ne estrae la radice ennesima’ ma lo riduce, poi, ai minimi termini!’

E giù una grassa risata e una robusta pacca sulle spalle.

Hilde si congratulò a modo suo, e devo dirle che fu generosa.

Mi suggerì di andare in Germania, insieme. Lei avrebbe detto in convento che desiderava trascorrere qualche giorno a casa.

‘Vedrai, Franz, il Baden Wurtenberg &egrave splendido..come te. La Selva Nera &egrave incantevole’ come la tua’ ‘

A casa dissi che mi si era offerta la possibilità di seguire un seminario pre-universitario a Todthau (era il paese dove Hilde m’aveva detto che saremmo andati) organizzato dall’Università di Heidelberg.

Ci pensarono un po’, poi furono d’accordo. Dissi che la durata era di due settimane, ma io avrei fatto anche un giretto, Tubinga. Friburgo, Stoccarda.

Non vedevo l’ora di dirlo ad Heidi. Mi sentivo molto legato, a lei, e non era soltanto sesso.

Ebbi anche l’autorizzazione di andare con la mia auto. Piccola, ma comoda.

Sì, andavo solo, Nico non sarebbe venuto. Certamente avrei fatto delle amicizie, a Todthau, ci sarebbe stata gente di varie nazionalità.

Partii subissato di raccomandazioni, al capolinea dell’autobus mi aspettava Hilde.

Il viaggio fu fantastico. Appena al di là del confine, comprammo qualcosa di civettuolo per Hilde. Era felice, sembrava mia coetanea.

La casetta di Todthau era alla periferia, al limitare di un boschetto.

Dormivamo insieme, era sempre tra le mie braccia, sempre nuda, e voleva sentirmi sempre vicino a lei, in lei.

S’addormentava col mio fallo tra le sue natiche meravigliose, o, come dicevo io, tra la panna: tra le sue bianchissime tette ornate da rosse e irrequiete fragoline.

Eravamo in auto, sulla strada del ritorno, quando mi disse, carezzandomi la mano, che non aveva nessun dubbio, era mamma!

Restai attonito. Anche se ero conscio di non aver adottato alcun accorgimento, non m’aspettavo una notizia del genere. Hilde lesse sul mio volto il mio smarrimento.

‘E’ bellissimo, Franz, lo chiamerò Franz, come te, perché ne sono sicura, &egrave un maschio. Oppure Franziska. E tu potrai venire a vederlo quando vorrai. Mi ritirerò a Todthau”

Per lei era bellissimo, semplice, facile’..

Eravamo quasi tornati a casa ‘lei aveva avvertito il convento- quando disse di avere un piccolo disturbo e, sorridendo, aggiunse che era del tutto regolare per una prossima mamma.

I disturbi aumentarono nei giorni successivi. Le suggerii di interpellare la mamma. Lo fece, anche se, mi confidò, c’era pericolo che scoprisse il suo stato.

La mamma disse che doveva ricoverarla per accertamenti.

Per qualche giorno non potei rivedere Hilde.

Eravamo a cena, Hilde era in ospedale da quasi una settimana.

Mamma si rivolse a papà.

‘Tu conosci Frau Hilde, vero?’

‘Certo. Ho saputo che &egrave in ospedale, perché?’

‘Anche Franco la conosce, &egrave stato lui a riceverla quando io non ero in casa.’

Papà non si mostrava curioso, io ero sulle spine. La mamma seguitò.

‘Povera ragazza, perché &egrave giovane, sapete, ha poco più di trentacinque anni. E’ incinta.’

Papà alzò le spalle.

‘Alle donne capita, no?’

‘Ma non &egrave questo il suo male. E’ affetta da una rara e galoppante forma mieloblastica.’

Papà la guardò.

‘Poverina.’

M’inserii.

‘Perché poverina, non ci sono terapie adatte?’

Fu papà a rispondere.

‘No Franco, finora non abbiamo nulla, e l’evoluzione &egrave drammatica. C’&egrave solo da sperare che sia breve.’

Dieci giorni dopo, con la mamma che si stupiva di come fossi colpito dall’evento, andai ai funerali di Hilde, e di Franz jr, o Franzisca?

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