Skip to main content

High Utility

Episodio 5

Per contattarmi, critiche, lasciarmi un saluto o richiedere il racconto in PDF, scrivete a william.kasanova@hotmail.com

Giada sembrava stesse facendo uno strano ballo sul posto, incapace di stare sul medesimo piede per più di qualche istante tra le sue amiche nel piazzale della scuola. Le loro stupide chiacchiere sui ragazzi erano un’insensata perdita di tempo, mentre lei aveva una novità incredibile che avrebbe fatto strabuzzare i loro occhi.
Chi mai aveva sentito parlare di qualcosa di tanto pazzesco e incredibile?
Valeria, una ragazza bionda dal viso di una bambola, la fissò, distratta dal suo racconto dell’uscita con Emanuele la sera precedente. – Cos’hai, Giada, le formiche nel culo? – domandò, irritata.
– È vero, Giada, – chiese Alice, una ragazza dai capelli castani e con una coda lunga quasi quanto la lista di amanti che sosteneva di aver portato a letto, – cos’è successo? Alla fine, Alessio ti ha fatta godere?
Giada si sentì finalmente in diritto di mostrare la sua novità. Prese dalla tasca il suo Samsung di ultima generazione, lo sbloccò con la tipica abilità di chi lo usa con frequenza ed un attimo dopo lo voltò con lo schermo a favore delle amiche. Jennifer, Alice, Valeria e Sofia si avvicinarono, fissando il piccolo monitor, studiando confuse l’immagine che vi campeggiava.
Jennifer, quella che si definiva una nerd, una bionda dall’aria noiosa ma che nascondeva una passione per la tecnologia e parlava di astronomia con la passione le altre mettevano discutendo di astrologia, sollevò lo sguardo dal telefonino, confusa, verso Giada. – Sì, è una ragazza in stile chibi – disse.
– A me sembra uno di quei disegni dei cartoni animati giapponesi – sostenne Alice.
– Sì, – spiegò Jennifer, sospirando, – il chibi è uno stile della tecnica manga. Lo si usa principalmente quando si vuole…
Sofia fece un gesto, come a scacciare le parole della lezione di storia dell’arte improvvisata. – Tutta questa eccitazione per un disegno? Potrei scaricarne uno anch’io da Internet senza tante storie.
Giada gongolò. – Non è solo un disegno. È un NFT. Vale ben tre decimi di Ether.
Le ragazze la fissarono confuse, come se avesse detto qualcosa privo di senso. L’unica a capire qualcosa fu Jennifer. – Hai speso quasi mille euro per questo?
– Cosa? – domandò divertita Sofia. – Spendi soldi per una .jpeg? Sei fuori?
Le altre due non sembrarono molto più convinte della cosa, sorridendo come se avessero davanti un moccioso che aveva appena fatto qualcosa di imbarazzante e non volevano apparire maleducate.
La fronte di Giada si corrucciò. – Io… ma… Non sapete cos’è un NFT?
– Un formato file di immagine? – chiese Alice. – Non ci si capisce più nulla tanti ce ne sono.
– No, – la corresse Jennifer, – è qualcosa che ha a che fare con la rete Etherium. Presente le criptomonete? – continuò, notando lo sguardo smarrito dell’amica. – È un… eh… contratto intelligente, mi pare si chiami così.
Alice non fu l’unica a mostrare una certa incomprensione nei tratti del viso.
– Non lo so, non mi sono mai interessata a queste cose – si giustificò Jennifer.
L’entusiasmo di Giada stava svanendo di fronte alla palese mancanza di invidia delle ragazze a favore di una sensazione di fastidio. E sì che la cosa era così interessante: l’aveva scoperto lei stessa la sera precedente, durante la chat con la sua amica Tina, una ragazza che aveva vissuto nella sua stessa via fino a due anni prima, quando, dati gli esami di maturità, si era trasferita in America con i suoi genitori, dove aveva iniziato a studiare economia all’università. Tina le aveva spiegato cos’erano blockchain, criptomonete, contratti intelligenti, wallet digitali e soprattutto gli NFT, dicendo che poteva essere un ottimo investimento se si conoscevano i trucchi adatti. Le aveva illustrato a grandi linee il mercato, accennando a scimmie, punk in pixel art e gatti blu, i rischi e la possibilità di fare molti soldi.
– In pratica, – spiegò piccata, – questo è una specie di azione fatta da una azienda che vuole aprire i battenti e fare anime in Giappone. Quando gli anime verranno trasmessi nel mondo, il valore del mio NFT aumenterà e quando lo rivenderò ci guadagnerò molti soldi.
Le labbra di Sofia si incurvarono in un sorriso che fece stringere il cuore a Giada, ormai abituata a vederlo prima che la sua autostima venisse presa a martellate da quella serpe castana. – E quanto dovrebbe salire? – sibilò.
Giada sentì mancarsi la forza nelle gambe, rinascere in lei l’insicurezza che l’aveva assalita prima di investire tutti i suoi risparmi in qualcosa che aveva compreso solo in parte. In minima parte, ad essere sincera. – Tina, – balbettò, mentre sentiva lo sguardo delle ragazze diventare simile a puntatori laser di fucili di precisione pronti a colpire ogni sua incertezza, – la… la mia amica… dice che certi vengono… venduti anche a mezzo milione di euro…
Il sorriso velenoso di Sofia aumentò di intensità. – Ah, certo, mezzo milione. Per il disegno di una vestita da scolaretta, con un coso che sembra un coniglio in testa e una spada. Come dire che non possono copiarlo e averlo aggratis, eh?
– Tecnicamente è una katana – la corresse Jennifer, la voce corrotta dal divertimento della gogna che si stava creando, – o magari è una wakizashi, che…
L’imbarazzo di Giada stava trasparendo sui suoi lineamenti. – Ma… tecnicamente non sono duplicabili… la bloc-cein non…
– La cosa? – domandò Sofia, incapace di trattenersi o, forse, decisa davvero a calcare la mano oltre il dovuto. – La cio-cio-cein?
Le altre tre ragazze scoppiarono in una risata tanto fragorosa da rappresentare alla perfezione il suono della frana che travolse e seppellì l’autostima di Giada, con gli altri studenti attorno a loro che si voltarono e guardarle, alcuni sogghignando per riflesso.
La ragazza si sentì sopraffatta da un’ondata di imbarazzo e derisione come mai prima aveva provato. Non tentò nemmeno di aprire bocca o, ne era certa, si sarebbe messa a piangere davanti a tutti, e il magone che le aveva serrato la gola come un anaconda con la sua vittima non le avrebbe permesso di emettere il più semplice vocabolo. Con la dignità ormai a pezzi, e per impedire che venisse polverizzata totalmente, si mise il telefonino in tasca e si voltò, cercando conforto nella compagnia di Luca e, dopotutto, anche in quella di Alessio. Quei due potevano comportarsi come dei pezzi di merda, ma non avrebbero potuto raggiungere il livello di quelle quattro troie nemmeno se si fossero messi d’impegno.

Luca sollevò lo sguardo verso le quattro ragazze da cui Giada si stava allontanando, muovendosi nella loro direzione. – Certo che ne fanno di baccano, quelle oche – commentò.
– Sono ragazze, – tagliò corto Alessio senza nemmeno degnarle di uno sguardo, – ti aspetti qualcosa di intelligente da loro? Piuttosto, non interromperti con il racconto di ieri. Che intimo indossava Sam? – domandò, umettandosi involontariamente le labbra.
La voce di Luca cambiò come l’argomento, diventando più bassa e lenta. – Oh, un tanga rosa scuro che sembrava a stento coprire la sua passera, – descrisse, strappando un gemito di piacere al suo amico, che ne produsse uno ancora maggiore quando passò allo scarno reggiseno. – …che sarebbe più corretto definire nascondicapezzoli, visto quant’era piccolo.
Si avvicinò con la bocca all’orecchio di Alessio e, confessò: – L’ha anche sollevato, alla fine.
Le pupille dell’amico salirono talmente tanto che si scorse quasi solo il bianco degli occhi, inalando profondamente. Parve decisamente a disagio mentre accavallava in qualche modo le gambe.
– Ehi, cosa fate? – chiese Giada, la voce con una nota di dolore marcata mentre si fermava accanto ad Alessio. Si passò una mano sugli occhi e poi fece un sorriso che una parte di Luca sembrò più un pianto senza lacrime.
– Parliamo dell’esperienza di ieri del nostro fantastico, inimitabile Luca – le spiegò il fidanzato, decisamente sovraeccitato.
Il sorriso di circostanza che la ragazza aveva sfoggiato crollò dopo pochi secondi in un’espressione di sdegno. – State parlando di quella sgualdrina di Sam che ha cercato di portarsi Luca a letto? – esclamò ad una voce alta quasi quanto le risate delle sue amiche.
– Abbassa il volume, Giada – la rimproverò Alessio, muovendo una mano come per calmarla. – Non capisco cosa ci trovi di male. Voglio dire: è il sogno di ogni diciottenne farsi scopare da una milf. Merda, lui ha il culo di farsi rimorchiare da una donna simile, e io dico che deve approfittarne.
Giada si alzò in piedi, indignata, il bel viso ora simile a quello di un’arpia e le mani strette a pugno. – Che ragionamento fai? E finiscila di usare quel linguaggio osceno! Credi che a una donna faccia piacere essere appellata con i nomi delle categorie dei porno? Milf? Credi che Samanta piaccia essere chiamata così?
– Ma se tu stessa hai usato il termine “sgualdrina” nei suoi confronti – obbiettò il fidanzato.
Lei sembrò ignorarlo. – Mi chiedo quale termine usi per me… Teen?
L’espressione di Alessio fece quasi ridere Luca quando sembrò gli avessero chiesto piuttosto se l’acqua fosse bagnata. – No, bbilf – rispose con la massima naturalezza, sottolineando con la voce le due “b” all’inizio del termine coniato da lui stesso.
La ragazza lo guardò confusa, probabilmente ripassando nella memoria la pletora di sigle più o meno incomprensibili e neologismi legati alla sessualità. Solo quando abbassò lo sguardo e si ricordò del proprio grosso seno, comprese improvvisamente. Il “momento eureka” non condusse, in questo caso, ad uno stato di soddisfazione e allegria, ma suo contrario quando sussurrò: “big boobs I like…”
– Brutto stronzo! – esclamò indignata all’indirizzo di Alessio. – Per te sono solo una tettona che vorresti fotterti!
Il ragazzo non mutò la sua espressione di sorpresa confusione quando la corresse nuovamente: – Ovvio che no, sciocchina: la “l” non sta per “like” nel senso di “piacerebbe”, ma per “love” di “amo” perché… beh, in realtà ti scopo già.
Giada fu troppo indignata per insultare Alessio, che secondo Luca, in questo caso, pensò avesse realmente esagerato. Il ragazzo, per l’ennesima volta, si chiese perché quei due stessero insieme se l’intesa tra loro fosse, anche arrotondando per eccesso, minima. D’accordo, poteva capire Alessio, che aveva la possibilità di godersi un corpo meraviglioso da modella di Giada, sopportando tutte le sue assurdità, obblighi e divieti da piccola dittatrice mai soddisfatta di nulla, ma lei cosa ci guadagnava? Aveva un numero imprecisato di ragazzi che le ronzavano attorno, molti più belli o servili di Alessio, ma lei restava con il suo amico, arrabbiata, delusa, ma imperterrita.
E per l’ennesima volta, lui si chiese come si sarebbe comportato nel caso si fosse trovato nella situazione di ognuno dei suoi due amici. Di nuovo, giunse alla conclusione che non avrebbe accettato ordini per del sesso da sogno e non sarebbe rimasto con una persona che non lo rispettava per… beh, qualsiasi obiettivo incomprensibile avesse Giada nella vita.
Giada, qualche secondo passato a muovere le labbra come un pesce senza emettere un suono, spostò lo sguardo sul ragazzo biondo.
– Luca, non voglio che vai con quella vecchia sgualdrina! – gli ordinò perentoria, sebbene l’effetto fosse smorzato dall’accento di pianto e furia che corruppe la voce.
L’angolo centrale delle sopracciglia del ragazzo si abbassò, mostrando tutto il fastidio che provò davanti a quel divieto. Aveva passato il pomeriggio e la sera precedente a pensare come comportarsi con Sam, e a scaricare in un pacchetto intero di fazzolettini per il naso l’eccitazione che gli provocava, lasciandolo stremato, molto irritato, soprattutto quando mingeva, ma ugualmente indeciso. La sua intenzione aveva oscillato tra un disperato ritorno dalla donna che l’aveva quasi sedotto ed una prammatica e dolorosa rinuncia, senza mai giungere ad una vera, definitiva risoluzione. Aveva sperato che, parlandone prima al telefono e poi di persona con Alessio, confessandogli i suoi dubbi, avrebbe trovato un epilogo, ma il loro discorso era stato più scurrile che filosofico, e si erano limitati a parlare di quanto fosse figa lei piuttosto di cosa avrebbe dovuto comportarsi lui.
Alla fine, lentamente, Luca aveva deciso che avrebbe lasciato perdere, che l’inazione, qualcosa che era diventata ormai la sua strategia con qualsiasi ragazza, sarebbe stata la conclusione di quella folle esperienza. Almeno finché Giada non gli ebbe ordinato lei stessa di non fare nulla.
Con una determinazione che lui stesso non riconosceva, come se fosse stato lo spettatore inerte rinchiuso nel corpo di un ragazzo con le palle, si alzò in piedi a sua volta e, fronteggiando la ragazza, un buon palmo più bassa di lui, ma che, con la rabbia che emetteva, sembrava sovrastarlo di mezzo metro, le disse che, invece, l’avrebbe fatto.
Subito la colpa e la vergogna lo assalì quando sembrò che Giada si sarebbe messa a piangere, e fu sul punto di chiederle perdono.
Ma Giada non si mise affatto a piangere. Per fortuna di tutti e tre, il più della folla che occupava il piazzale della scuola se n’era andata quando la ragazza gli urlò in faccia: – Vuoi scopare, Luca? Senti tutto questo bisogno? Perché non ne cerchi una della tua età? – Poi si afferrò i grossi seni, sollevandoli nemmeno li volesse sbattere in faccia al ragazzo, per colpirlo con una folle mossa di qualche arte marziale erotica. – Anche noi abbiamo le tette grosse e un buco del culo da scopare!
Luca rimase scioccato da quella scenata, scosso come mai prima di allora. Si ritrovò senza sapere cosa dire, pronto ad un’imbarazzante scena muta con lui e la ragazza che si sarebbero fissati le proprie scarpe, aspettando che gli eoni spazzassero via quella vergogna che li aveva sopraffatti. Invece, Giada ebbe la cortesia di risolvere l’impasse mettendosi le mani sugli occhi, voltandosi e fuggendo, questa volta finalmente, con le lacrime agli occhi.
Il ragazzo la guardò sconvolto. – Mi spiace – disse in un fiato, sebbene si rendesse conto che lei non avrebbe potuto sentirlo.
Alessio seguì con lo sguardo la fidanzata. – Che rompicoglioni… – borbottò, alzandosi in piedi, poi guardando Luca. – Tu, questo pomeriggio, vai da Sam e la castighi per bene perché deve imparare che una donna della sua età non deve sedurre un bravo ragazzo come te. Poi domani mi racconti fino all’ultimo particolare, quindi vedi di fartela in ogni suo buco. Ora, perdonami, ma devo andare a fare il bravo fidanzato e consolare la mia dolce dea: se mi va di culo, magari ci scappa finalmente un pompino.
Luca scosse la testa, incapace di crede cosa fosse appena accaduto, chiedendosi di nuovo come quei due potessero stare insieme pur essendo così diversi l’uno dall’altra. E improvvisamente sentì le gambe tremargli quando pensò che, ormai, si era segnato da solo la sua stessa condanna: quel pomeriggio sarebbe dovuto andare a fare sesso con…
– Luca… – lo chiamò dolcemente una voce femminile alle sue spalle, facendolo sobbalzare.
Si girò, trovandosi davanti Olivia, che cercava a fatica di guardarlo negli occhi. Era leggermente girata da un lato, una gamba con il ginocchio piegato davanti all’altra; si passò una mano davanti alla bocca e sembrò fare violenza su sé stessa per riuscire ad abbassarla. Era una ragazza dai capelli castano chiaro, ondulati, che le arrivavano fino alle spalle. Aveva il viso lungo e con il mento a punta, e delle labbra carnose, senza l’ombra di rossetto, anonimo ma a Luca sembrava fosse incredibilmente simmetrico. Gli occhi avevano le iridi scure, grandi, molto espressivi ma, quasi più del ragazzo stesso, lasciavano trasparire una timidezza quasi patologica. Era alta poco meno di Luca, e dal fisico longilineo, molto magra, ma, ciò nonostante, indossava sempre abiti molto larghi, soprattutto, aveva notato il ragazzo, da quando era entrata nella pubertà, forse a nascondere delle curve di cui si vergognava, ma più probabilmente per far notare che non ne aveva abbastanza per la sua autostima incerta.
La si vedeva spesso da sola, intenta ad ascoltare musica con delle cuffiette dotate di cavo, scomode e probabilmente necessarie per non perderne una, dimostrando, secondo Luca, una tendenza al disordine, sebbene lo stato perfetto degli abiti e i capelli sempre ben curati suggerissero il contrario. Frequentava una classe diversa da quella di Luca, probabilmente addirittura un altro indirizzo di studi, ma era pronto a scommettere che fosse una secchiona, un po’ come lui, in realtà.
La mano che aveva coperto per un attimo la bocca scivolò, quasi involontariamente, sui capelli, spostando una ciocca e facendo apparire l’orecchio sinistro e il lato del collo. La ragazza continuò a guardare a terra quando riprese a parlare: – Ehm, Luca… io… ehm… ho visto che fai belle foto… ho visto il tuo album su Instagram e… Ho una fotocamera e…
– Sì – rispose Luca, che sentì una sensazione di fastidio per il balbettio della ragazza e del tempo che gli stava facendo perdere, blaterando di fotografie quando lui aveva un problema che non sapeva come risolvere. – Sono felice per te – disse, cercando di essere gentile ma non mettendone nemmeno un soffio nella voce, – Adesso devo andare. Ciao.
Se in quel momento non avesse avuto la mente piena del terrore di recarsi da Sam, lo sguardo di dolore della ragazza gli avrebbe spezzato il cuore, ma l’unica cosa che Luca riusciva a pensare, mentre si avviava verso casa, era che si era messo in un cazzo di guaio.

Continua…

Per contattarmi, critiche, lasciarmi un saluto o richiedere il racconto in PDF, scrivete a william.kasanova@hotmail.com

2
1

Leave a Reply