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La mia prima volta. E con una donna.

By 8 Ottobre 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

I miei devono partire. Mancheranno da casa per circa 15 giorni. Non si fidano a lasciarmi da sola. Sono costretta a trovare ospitalità da qualche parente, oppure da qualche amico di famiglia. Dei miei parenti non mi va nessuno a genio. Amici di famiglia, già da qualcuno potrei trovarmi bene. Ma perché non posso restare a casa?
– Pà! Ma proprio da qualcuno devo andare a dormire? Non potete lasciarmi a casa? Ormai ho 18 anni non sono più una bambina.
– Chiara, con tutta la buona volontà non &egrave che non ci fidiamo di te. Sappiamo che sei responsabile. Ma a scuola chi ti accompagna? Ormai &egrave dicembre e mica puoi andare in motorino.
– Anche tu hai ragione. Da chi mi volete mandare?
– Allora, o vai da zia Flora o puoi andare da Enrico. Che ne dici?
– No zia Flora no! Enrico’ uhm’ Non lo so. Sua figlia sai che mi sta antipatica.
– E allora di tu da chi vorresti andare?
– Bh&egrave, a poter scegliere andrei da Katia. La considero una sorella ormai. E’ la mia migliore amica oltretutto.
– Va bene. Non voglio partire in pensiero. Chiamo subito Giovanni e gli chiedo questo piacere.
Mio padre prende il cellulare e chiama il suo amico.
– Ciao Giovanni!
– Ciao Franco. Dimmi.
– Sai io e Maria per lavoro saremo lontani da casa per 15 giorni. Potresti ospitare Chiara per quel periodo?
– Ma certo! Katia ne sarà contentissima. Vanno d’amore e d’accordo. E poi tua figlia &egrave una ragazza adorabile. Quando partite?
– Dopodomani.
– Va bene.
– Allora te la portiamo appena dopo pranzo. Ciao e grazie.
– Ma figurati! Ciao.
Non stavo nella pelle. Avrei passato due settimane con Katia. Sarebbe stato bellissimo. Prendo il cellulare e la chiamo.
– Ciao Katia. Hai già parlato con tuo padre?
– No, non sono a casa perché?
– Verrò a stare due settimane da te!!!
– Ah’ va bene.
La sento strana.
– Non sei contenta?
– Si che sono contenta’
Il tono della sua voce però non &egrave convinto.
– Guarda, con il rapporto che c’&egrave tra noi se c’&egrave qualche problema dimmelo pure mi organizzo diversamente.
– No e che, dobbiamo partire per la casa in montagna che abbiamo. Una settimana prima che chiuda la scuola per le vacanze di Natale. Ma adesso se ci sei tu, sicuramente rimanderemo la partenza.
– Ah, ho capito. Dai fammi sapere. Non voglio rovinarti la gita.
– Dai ti chiamo dopo. Un bacio.
– Ciao Katia. Baci.
Mi era caduto il mondo addosso. Per non pensarci vado in camera mia e mi metto a fare la valigia. Del resto da qualche parte sarei dovuta andare.
Passa una buona mezz’ora e suona il telefono. Era Katia era stata di parola.
– Ciaoooooooo.
– Ciao Katia.
Dico con tono distaccato al suo calorosissimo saluto.
– Ho parlato con papà. Mi ha detto che non si era dimenticato e che per una che come te ha tutti 10, perdere una settimana di scuola non &egrave certo un dramma. Non ha detto niente ai tuoi per fare una sorpresa a me e a te. Quindi verrai in montagna con noi per due settimane.
Mi veniva quasi da piangere per la gioia. La partenza dei miei, il rischio di andare dagli zii o parenti simili e la relativa tristezza, si erano trasformati in gioia e attesa per l’inaspettata vacanza in compagnia della mia migliore amica.
– Chiara! Ci sei? Mi rispondi?
– Ah, Kà! Scusa’ Ero troppo contenta. Non vedo l’ora. Ci vediamo dopodomani.
Due giorni passano in fretta. Eccomi con le valige pronte in macchina con i miei verso casa di Katia.
Arriviamo, i miei ringraziano, salutano, saluto, partono.
– Allora Chiara. Sali in macchina che si parte.
– Wow! Pensavo domani!
– Ma no, ci riposiamo e domani ci divertiamo sulla neve.
– Evvai!!!!
Arriviamo a casa. E’ stupenda. Il classico chalet di montagna. Entriamo e fa freddissimo, del resto con la neve fuori e i termosifoni spenti fa davvero tanto freddo. Ci sistemiamo. Intanto la casa inizia ad intiepidirsi e possiamo toglierci il piumino di dosso.
– Che ne dite se preparo la cena?
Ci dice la mamma di Chiara.
Un si unanime viene pronunciato da tutti noi all’unisono.
Michela &egrave davvero una brava cuoca. In men che non si dica &egrave tutto pronto e ancora in meno tempo, dato che avevamo saltato il pranzo &egrave tutto nei nostri stomaci.
– Ragazze, che volete fare?
– Ma non so.
Rispondo io.
– Chiar&egrave, andiamo in camera. Ci sistemiamo. Una doccia e a nanna. Domani ci alziamo presto e andiamo o a sciare o dove vuoi tu.
– Va benissimo.
Saliamo al piano superiore ed andiamo in camera. Katia ha un anno meno di me. Frequentiamo lo stesso istituto. Non siamo parenti ma sembriamo gemelle. Entrambe biondissime. Occhi verdi, pelle bianca. Quasi teutoniche insomma. Le forme però sono differenti. Katia non ha seno ma un sedere da paura. Io porto una quarta ma non ho praticamente sedere. Sorge un problema. Siamo entrambe figlie uniche. Siamo entrambe timidissime. La felicità della vacanza ci aveva distratto da questo problema.
– Katia, come facciamo?
– Come facciamo cosa?
– Eh’ Dovrei andare a fare una doccia, spogliarmi’ Ci sei tu.
– Cavolo vero. Come possiamo fare?
– Non ne ho idea. Torno giù e come finisci mi vieni a chiamare?
– Non penso sia una buona idea. Mio padre ci prenderebbe in giro finch&egrave non ripartiamo, che tra ragazze dobbiamo vergognarci così!
– Si ma come facciamo? Non mi son fatta mai vedere nuda da nessuno. Siamo lo stereotipo del secchione. Non ci si fila nessuno. E la nostra timidezza non aiuta.
– Allora. Dobbiamo farci coraggio. Altrimenti non ci troveremo mai un ragazzo.
– Hai ragione. Ma ci vorrebbe qualcosa di divertente che non ci faccia pensare alla nostra inibizione.
– Un mazzo di carta. Chi pesca la carta più alta dice all’altro cosa deve fare.
– Mi sta bene.
Katia prende il mazzo di carte e toglie una serie completa, quella di picche limitandosi a prendere dall’asso al dieci. Le mette per terra e mi dice pesca.
Prendo la carta la guardo e la giro. E dico con voce triste.
– Asso di picche.
– Ahahahaha Allora non pesco neanche.
– Vero! Hai vinto. Cosa devo fare?
– Bh&egrave! Con questi scarponi credo che non ti stai godendo al massimo il parquet. Toglili!
Tolgo gli scarponi.
– Chiara, leva anche le calze! Altrimenti non hai fatto niente. Anzi. Levo pure io scarpe e calze e ricominciamo da zero.
Ridiamo tutte e due come cretine. Mi alzo e cammino scalza per la camera. E’ davvero stupendo aveva ragione Katia. Prendo le carte. Mischio e dico:
– Pesca!
– Non &egrave giornata. Guarda!
Mi gira la carta. Fortuna davvero. Aveva pescato il 10 di picche!
– Hai vinto nuovamente. Sono ai tuoi ordini.
Dico ridendo.
– Allora vediamo un po’. Vai di là ed apri l’acqua della vasca. Mi sa che con la fortuna che ho tra qualche minuto sarai nuda e potrai farti un idromassaggio rilassante.
– Si ma questa vale come pegno.
Mi alzo e non le do il tempo di replicare e scappo in bagno.
E’ davvero di lusso questa casa e il bagno non &egrave da meno. In sostanza la camera di Katia &egrave enorme e bene arredata. Il bagno &egrave suo privato. Ha una jacuzzi dove ci si sta comodi in tre, doppio lavandino, water, bidet, ed ogni tipo di creme, balsami e cose simili per corpo, viso, capelli. Mi avvicino alla vasca ed apro l’acqua. La metto bella calda come piace a me. La pressione non &egrave altissima. Ci metterà tempo. Lascio la luce accesa e torno in camera.
Katia ha già sistemato le carte e tocca a me pescare. Mi segue a ruota e pesca anche lei.
– Katia che hai preso?
– 5 di picche. Tu?
Non ci credevo, aveva vinto ancora. Aveva pescato il sei.
– Allora, prima mi hai fregato scappando in bagno. Ora se non avessi fatto in quel modo ti avrei detto di toglierti la maglia. Ora ti dico che devi toglierti la maglia e devi muoverti sinuosamente come una spogliarellista.
– No! Dai!
– No dai un corno! Fallo e basta.
Il gioco diventava duro per me, divertente per lei. Mi alzo e tolgo il maglione. Sono completamente rossa in volto. Mi siedo. In sintesi sono rimasta con una canottiera molto accollata, reggiseno, slip, pantaloni. Katia vedo che ha anche lei un maglione e dei pantaloni.
– Vai Chiara, pesca.
– Katia, 4 di picche. Penso che sta volta dovresti farcela.
– No. Tre di picche. Sfiga immane!
– Allora. Però se vinci sempre tu non mi diverto. Bisognerebbe inventarci qualcos’altro.
– Cosa?
– Il balletto di prima mi &egrave piaciuto. Il tuo imbarazzo era tangibile. Non so neanche come ci sei riuscita da parte mia non ne sarei mai stata capace. Forse ho avuto un’idea. Intanto però togli la canottiera.
Eseguo con evidente imbarazzo. Sono in reggiseno. Ed il mio decolté non passa inosservato neanche sotto ampi maglioni. Figuriamoci solo in reggiseno.
– Però complimenti. Sai che sono completamente piatta io?
– Dici davvero? Sai, vesti sempre in maniera sportiva, non ci avevo mai fatto caso.
Tutto ad un tratto la sensazione di imbarazzo si era affievolita. Ora la mia curiosità principale era quella di vedere il busto piatto di Katia. Provavo a scacciare questo pensiero, ma tornava prepotente.
– Allora che idea hai avuto?
– Avevo pensato di fare così! Spegniamo tutte le luci e restiamo al buio. E ci togliamo ogni volta un qualcosa. Riaccendiamo la luce 10 secondi 10. E la rimpegniamo e togliamo altro. Cosa ne pensi?
– Penso che si può fare. Che faccio mi rivesto o ti adegui al mio abbigliamento?
Indicando com’ero.
– Bh&egrave, spegni la luce. E togliamoci i pantaloni. Poi vediamo il da farsi ok?
– Va bene. Giusto perché siamo a casa tua.
Dico ridendo. Mi avvicino all’interruttore io della camera Katia del bagno. Uno, due, tre ed &egrave buio.
– Fatto Katia?
– Si fatto.
Uno, due, tre e luci accese. Contiamo fino a dieci ed &egrave di nuovo buio.
– Mi hai guardata vero?
Dice Katia.
– Certo. E tu a me?
Rispondo.
– Certo che si. Cosa hai notato?
– Che indossiamo lo stesso intimo! Ahahahahaha
– Vero. Allora tu sei in mutande e reggiseno. Io ho il maglione e il resto. Togli il reggiseno e io tolgo il maglione.
– Non vale Katia!
– Ti fidi di me?
– Si mi fido. Pronta.
Uno, due, tre. Luce. Pausa. Buio.
– Visto?
– Si. Sei rimasta anche tu un mutande. Ma come hai fatto a fare così in fretta.
– Allora non hai visto niente.
E riaccende la luce. Mi copro immediatamente.
– Cosa c’&egrave da mantenere?
Dice con un accenno di riso isterico e con voce stizzita. La luce resta accesa per un buon minuto. Non provo più imbarazzo. Vorrei avvicinarmi e vedere quel seno più da vicino. Sembra davvero un maschio. Non me lo sarei mai aspettato. Senza avvisarmi Katia riporta la stanza nell’oscurità.
Devo far qualcosa. L’ho vista tesa. Devo farmi coraggio. E dico con tono canzonatorio.
– Pronta a superare l’ultima barriera?
La sento sospirare e mi risponde, riprendendo il suo solito humor.
– E se sono un maschio? Una specie di Lady Oscar ma al contrario? Tipo i miei per prendere un’eredità e di vari milioni di euro dovevano rispettare un testamento che prevedeva che il loro primogenito dovesse essere una donna ed avere il nome della defunta?
Siamo sempre al buio. Resto allibita. Il suo petto sembrava davvero quello di un uomo. Anche leggermente palestrato. Ma era completamente glabro. Però a 17 anni tanti maschi sono glabri. Poi pensavo a quando andavamo in bagno per cambiarci l’assorbente. No dai non poteva essere un uomo. Però ormai mi trovavo qua. Uomo o donna si doveva continuare.
– Si lo dici per mettermi paura. Allora pronti via.
Uno, due, tre, buio. Ma nessuna di noi due riaccendeva la luce. La sento trafficare. Intuisco che si sta spostando.
– Allora non accendi la luce?
Mi dice con tono di sfida. Mi tremano le mani. Non può essere un maschio. Non può essere che la mia migliore amica &egrave un maschio.
– Allora non accendi la luce?
Ripete nuovamente. Quasi seccata, ma sempre sfidandomi. Sono nuda nella sua camera. La sento vicina Quasi a fianco a me.
– Allora?
Questa volta &egrave dolcissima la sua voce. Non può essere quella di un ragazzo. Non dai non lo &egrave. Allungo la mano verso l’interruttore e trovo la sua. Si era avvicinata a me. Del resto &egrave casa sua. Sa muoversi bene nel buio. Lo premiamo insieme.
Conta lei da sola fino a dieci e spegne. Non mi ha visto nuda. Io si. Praticamente si era messa con la parte anteriore del corpo incollata alla parete. Ho potuto vederla. Ho visto la sua schiena. Muscolosa. Mascolina. Il sedere un bel sedere. Ma l’effetto senza pantaloni era davvero strano. Pensavo di averne meno di lei, invece era l’esatto contrario. Anche da quel punto di vista sembrava un corpo maschile. Sudavo. Tremavo. Ero completamente inibita. Non riuscivo più a pensare. Non riuscivo più a parlare. Ruppe lei dopo qualche minuto il silenzio. Sentivo il suo respiro affannoso quanto il mio. L’emozione era tangibile. Era l’unica cosa di tangibile. Il resto era avvolto dalle tenebre. Dalle tenebre più profonde. Dai miei dubbi sul sesso della mia amica.
– Visto che sono un maschietto?
– Non &egrave vero. Non può essere.
Mi sento male. Inizio a singhiozzare.
– Dai non piangere.
– Come cazzo faccio a non piangere? Sei un ragazzo e non mi hai mai detto niente. Sei uno stronzo. Un figlio di puttana.
Faccio per scappare. Mi trattiene. Prende le mie braccia e se le mette sul seno. Accosto la testa alla sua. E’ una valle di lacrime la mia. La stringo forte.
– Vai giù con le mani e togliti ogni dubbio.
Si gira e mi da un bacio sulle labbra. Senza lingua dolcissimo. Ma mi sento tradita. E’ uno stronzo bastardo come tutti gli uomini. La spingo. Scappo.
– Se non la smetti mi metto ad urlare.
Dico piangendo.
– No dai basta. Non voglio farti stare male. Scusami non so che mi &egrave preso.
La sento allontanarsi. Mi siedo per terra. Sono sconvolta. Ma il pianto ha lasciato il posto alla rassegnazione. Del resto le voglio bene. Prima o poi doveva dirmelo. La sento muoversi ancora. Percepisco di fronte a me la sua presenza. Allungo la mano non riesco a toccarla. Vorrei abbracciarla. Le voglio bene!!!
– Dai basta. Rivestiti se vuoi e accendi la luce non sono più di spalle.
Non mi rivesto. La curiosità &egrave donna del resto. Non posso aspettare. Di scatto accendo la luce. La trovo per terra. Con i gomiti appoggiati sul pavimento. Il busto semi eretto. Sorridente e in colpa. Visibilmente imbarazzata. Abbasso lo sguardo. Le piante dei piedi sono sul pavimento le gambe strette. Non riesco a vedere il suo sesso se non un po’ di peluria biondissima come i suoi capelli. Apre le gambe pianissimo. Fino a spalancarle completamente. E non credo ai miei occhi. Ricomincio a piangere. Vedo davanti a me una vagina. Con pochissimi peli, stretta, senza labbra. La mia invece ce le ha pronunciate. Piango di gioia adesso. La mia amica non mi ha preso in giro. E’ stato solo uno scherzo un modo per rompere il ghiaccio. Le saldo addosso e l’abbraccio. La bacio. Le nostre bocche si incontrano e le nostre lingue si intrecciano. E’ il nostro primo bacio. Percorriamo i racconti delle nostre amiche che già avevano avuto esperienze. Sento la vagina bagnarsi. E’ una sensazione che conosco già. Più volte mi sono toccata con la mano. Sono contentissima. La sento bagnarsi sempre più. Come quando mi tocco da sola. Rifletto e solo adesso razionalizzo che &egrave Katia a toccarmi. Sono finita io a pancia in su e lei sopra di me. Mi lecca i seni. Mi succhia i capezzoli. Scende e bacia il mio addome. Fino ad arrivare davanti alla mia vagina. Baci delicati. Leggeri. Infantili. Senza esperienza. Però una donna sa qual &egrave il centro del suo piacere. Lei individua il mio ed inizia a leccare, a succhiare, a mordere. Sento un brivido salire lungo la schiena. Mi viene da mugolare come ho visto fare alle attrici porno. E una sensazione fantastica. Di abbandono completo. Mi sento completamente annientata. Questo deve essere l’orgasmo che le mie compagne mi avevano raccontato. Pian piano mi calmo. Il respiro affannoso cessa. Sento Katia che ferma la lingua.
– Piaciuto?
– Si. Posso fare lo stesso a te?
– No. Andiamo a fare il bagno. Abbiamo due settimane davanti a noi.

Per commenti. Suggerimenti per un’eventuale secondo capitolo. Scrivetemi su msn erosword@hotmail.com o una semplice mail.

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