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La prima volta di Elena – cap 3 ed ultimo

By 24 Dicembre 2020One Comment

Di una cosa era certa. Antonio mi piaceva molto, ma non ne ero innamorata. Era proprio un passatempo da vacanza come dicevano le mie amiche più grandi e più disinibite.

Certo non mi sarei mai scordata di lui, ma non avrei sofferto per la sua assenza. Tanti nostri amici erano già partiti e decidemmo di trascorrere l’ultima sera solo noi due.

Per la sera prima della partenza strappai, come ogni anno ai miei genitori, la possibilità di rientrare un’ora dopo. Dovevo essere a casa per l’una e mezza, ma sapevo di aver margine sino alle due.

Andammo nel nostro solito posto e facemmo due belle scopate con tanto di preservativo colmo di sperma. Avevamo ancora molto tempo da trascorrere prima del mio rientro e presi da una nostalgia anticipata decidemmo di andare a sederci sul moletto al mare preferito dalla compagnia.

Della compagnia sul moletto quella sera c’eravamo solo noi due. Non era un moletto per le barche, ma era un frangiflutti. Ve ne erano diversi perpendicolari alla spiaggia e mi avevano spiegato che servivano ad evitare, o meglio a limitare l’erosione della spiaggia di sabbia dal mare.

Se avevano un difetto è che delimitavano al fianco lo specchio di mare e quindi si era inchiodati per fare il bagno tra due moletti, ma andava bene lo stesso.

Erano lunghe lingue di cemento, penso di una cinquantina di metri, che si addentravano nel mare; in testa e di fianco erano circondati di scogli contro i quali si infrangevano le onde.

Quando il mare era piatto, quasi sempre in estate, i più coraggiosi si stendevano sugli scogli piatti per prendere il sole. Io non l’ho mai fatto, troppo duri per la mia schiena.

La sera invece andavamo a sederci sugli scogli per stare isolati dalle altre compagnie, si può dire che ognuna avesse il suo moletto.

Nell’intimità della sera si cantava, parlava e potevamo fumare senza che gli adulti, magari conoscenti, ci vedessero. A tarda ora della sera immagino fossero frequentati anche da coppiette alla ricerca di un loro spazio.

Noi, Antonio ed io, avevamo un altro spazio a noi dedicato e non ci era mai capitato di andarci.

Quella notte un po’ di tristezza ci portò lì.

Arrivammo in cima al molo e con attenzione raggiungemmo uno scoglio sufficientemente piatto sul davanti che permetteva di sedersi poggiando i piedi su uno scoglietto sotto.

Quella sera, per festeggiare l’ultima sera, indossavo la mia gonnellina più bella, leggera e a pieghe, colore panna, ed una camicetta bianca.

Quando fu il momento di sedersi realizzai che l’avrei sporcata e chi l’avrebbe poi spiegato a mamma?

Questo mio imbarazzo fu superato da Antonio che non avendo il problema mi disse: siediti qui sulle mie gambe.

Mi sedetti di schiena a lui e parlando guardavamo il mare.

Per un miglior appoggio, senza malizia, mi appoggiai al suo petto. Parlavamo e sentivo il suo alito caldo sul collo.

Dopo breve iniziò a baciarmi il collo vicino le orecchie provocandomi dei brividi deliziosi. Pensavo che dopo il tempo “trascorso” nel nostro posto non avesse più velleità goderecce e un po’ mi stupii quando da dietro mi sbottonò la camicetta; prima carezzo il pancino e poi risalì alle tette in alto. Fece scivolare il reggiseno verso il basso e tenne le tette tra le mani. Il calore delle sue mani ed il suo toccare contribuirono a riscaldarle e un delizioso tepore si diffuse in me  tanto che girai il viso offrendogli la mia bocca e la lingua.

Mi accorsi che stava muovendo il bacino sotto il mio culetto strofinandomi proprio sotto le mutandine.

Non avevo pensavo che il mio culetto sul suo bacino avrebbe potuto risvegliare il “fratellino”.

Con le mani mi allargò le gambe e sentii il pacco duro premere la mia intimità. Mi ritrovai partecipe e agevolai i suoi movimenti. Pensavo fosse più un gioco che altro quando mi disse: un attimo. Facendomi leggermente sollevare calò pantaloni e slip fino a farli cadere per terra liberi. Finalmente, disse: stretto com’era si stava schiacciando.

Mentre stavo risedendomi su lui realizzai che avevo sotto me il suo uccello nudo e con mia ulteriore sorpresa nel farmi ridiscendere tenne il mio gonnellino aperto e mi trovai il bastone duro proprio contro la vagina.

Dopo pochi secondo di contatto e scivolamento avevo le mutandine bagnate dai miei umori. Sentivo le “labbra aperte” da cui uscivano stille del mio piacere.

Non pensavo potesse succedere così in fretta. Ma non era finita lì.

Mi fece alzare e in un attimo le mie mutandine era a terra sospese su un solo piede.

Mentre nuovamente mi calavo pronto a sentire la sua nudità mi aveva preparato una sorpresa. Sentii la testa del pene, puntato in corrispondenza della vagina, infilarsi tra le grandi labbra. Fermai un attimo la mia discesa, ma era un movimento irreversibile.

Guidata dalle sue mani mi sedetti lentamente su lui accogliendo, pezzo per pezzo, con gran piacere, il suo pene sino a trovarmi seduta sui testicoli.

L’avevo tutto dentro

Da quel momento, ben poggiata con i piedi per terra, guidata dalle sue mani mi alzavo e sedevo sul suo pene sentendo come ben mi riempiva.

Poi mi disse: adesso fai tu mentre portò ambedue le mani ai miei seni, una mano per tetta.

Io andavo su e giù sul cazzo mentre lui un pò mi manipolava le tette e un po’ sempre mediante le stesse mi suggeriva il movimento del mio culo sull’uccello.

A tratti i miei occhi si perdevano nell’orizzonte e nel buio che univa cielo e mare, ma non rinunciavo a scoparlo.

Non poteva durare molto. Quel modo di far sesso era veramente libidinoso e penso che anche la pericolosità del posto contribuisse a far crescere la nostra eccitazione e il nostro piacere.

Era stata una cosa improvvisata e coinvolgente e nessuno dei due aveva pensato al preservativo. Ed onestamente neanche nel durante della scopata ci avevo pensato.

Mi godevo le penetrazioni e non ero lontana dal venire quando mi disse: girati; voglio vederti in faccia mentre godiamo.

Mi alzai, girai e mi sedetti su lui riprendendo nella vagina il suo sesso; ma adesso non avevo più i piedi per terra.

Mi trovai obbligata a mettere le gambe intorno ai suoi fianchi. In quella posizione mi parve entrasse ancor più in me. I testicoli erano poggiati contra la vagina e non entravano in lei solo per la loro dimensione

Stretti abbracciati, con viso e lingue unite, facevamo l’amore in quella stupenda atmosfera. Era un amplesso profondo e gaudente Quando poco dopo parlò, quasi svenni: posso venirti dentro?

 Sul momento le sue parole mi spaventarono. Non so se le avesse dette per provocarmi o seriamente.

Gli dissi: sei pazzo?

E lui serio. Proprio non si può?

Feci velocemente le mie riflessioni visto che oltretutto per avere con sicurezza la nostra relazione sessuale sotto controllo quasi giornalmente controllavo il mio periodo di mestruazioni.

Sapevo che non ero nel mio periodo fertile, qualche giorno dopo avrei avuto le mestruazioni ed ero una molto regolare. Inoltre ero preparata sull’argomento, vivevo in un paese, ma non ero scema. Studiavo. Leggevo. Sapevo tutto dell’ovulazione e dei periodi fertili o sicuri. E poi ero in un momento particolare dove il sentimento ed il piacere ti fanno abbassare le difese.

Non dissi no.

Il mio silenzio lo interpretò correttamente come un puoi farlo. Facciamolo.

Mi disse: stringi più le gambe.

Ero incastrata al suo corpo, uniti dal suo pene profondo in me. I nostri sessi coperti dalla mia gonnellina

Adesso non posso più scappare. Limoniamo mentre spingo la mia passera contro il suo pene e lui che ha il controllo della mia vagina muovendo il bacino verso l’alto e aiutandosi con le mani ai miei fianchi.

E’ un movimento così incalzante, profondo, che mi fa velocemente godere e mentre gli dico: vengo, vengo;

sento lui dire: anch’io.

Mi schiaccia verso lui, siamo uniti come non mai. Non posso e non voglio sottrarmi al suo orgasmo e al suo sperma che entra in me

E’ stata una sensazione strana sentire quel liquido caldo nella vagina. (La mia prima volta) Dopo siamo rimasti fermi, con lui dentro me, mentre a breve ci saremmo detti addio.

Mi alzai divaricando le gambe; toccai con mano il suo sperma scendere dalla vagina e con la mano cercai di evitare mi sporcasse la gonnellina.

Per fortuna mi diede subito dei fazzoletti di carta. Mi pulii accuratamente.

Avevo fatto una nuova scoperta.

Non parlammo della cosa.

Era tardissimo, ormai il tempo limite della mia uscita era stato già raggiunto. Rimisi le mutandine.

Tornammo velocemente all’auto ed arrivammo in prossimità di casa mia. Il tempo era pochissimo. Un bacio frettoloso, un ciao, un forse ci vediamo l’anno prossimo e la mia vacanza era terminata

Dopo questo ultimo remind misto al presente tornai alla realtà. Mi guardai intorno. Ero nel mio soggiorno, sul divano, davanti al televisore. In pochi secondi avevo rivisto un pezzo del mio passato come se fossi lì.

Era il passato.

L’estate successiva a quei fatti Giulio ed io ci sposammo e come immaginato facemmo il nostro viaggio di nozze in Jugoslavia andando con la mitica Cinquecento rossa. La prima notte di nozze finalmente facemmo sesso completo. Nella sua ingenuità non si accorse che la sua fresca sposa non fosse più vergine.

Io mi sentivo ancora in colpa per l’estate precedente ed anche perché avevo concesso ad un altro la mia verginità che gli spettava d’amore e di diritto.

Per una sorta di mia compensazione, già pensata durante il mio rapporto con Antonio, alcuni mesi dopo gli diedi la verginità anale con la premessa che sarebbe stata l’unica volta. Feci un sacrificio che oltretutto per inesperienza fu abbastanza doloroso.

Lui non capì mai perché volli fare sesso anale, non l’aveva mai chiesto e a quel punto non capì perché non potessimo più farlo; fatto una volta….

Fui irremovibile, gli dissi che avevo voluto fargli un regalo in quanto mio marito, ma era e sarebbe stato il regalo di una sola volta.

Infatti nessuno più ebbe il piacere del mio culo.

In mezzora davanti ad una tv avevo rivisto mentalmente le vacanze a Riccione dei miei 18 anni

 

Per i curiosi

Non tornai più a Riccione e non vidi più Antonio ne gli altri amici ed amiche. Mi tenni in sporadici contatti telefonici per un anno dopo quell’estate con due amiche di vacanza, ma anche quel contatto fini e per concludere: un unico marito, Giulio, e tre figli e mai nessun altro tradimento.

 

Ps: se qualcuna vuole che scriva la sua “reale storia” sono qui

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