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– Come va, tesoro? Sei sola?

Teresa sollevò i suoi occhi dal drink che stava sorseggiando al bancone del bar verso il cielo, chiedendosi come facessero gli uomini ad avere una simile, pessima capacità nel presentarsi. Avrebbe preferito far finta di non aver sentito, con la scusa che la festa era troppo rumorosa, ma la mano dello sconosciuto si posò sulla sua spalla. Ormai non poteva più ignorarlo.

Doveva essere uno di quegli idioti che si credono dei gran seduttori, ma che non vedevano una fica da quando erano scivolati fuori da quella di loro madre, pensò girandosi, pronta a svuotare il bicchiere del drink sulla faccia dell’imbecille.

Ed invece, sorpresa, si trovò il fiato mozzato. Il viso del tipo non lo avrebbe definito bellissimo, ma il sorriso che illuminava quel viso scuro da sudamericano lasciava trasparire una di quelle personalità che faceva sempre battere il cuore ad una donna: sicuro, strafottente, un po’ maleducato. Sotto, la maglietta dozzinale di un grigio indefinibile un po’ troppo larga lasciava comunque indovinare i possenti muscoli delle spalle e del petto. Quelli delle braccia, invece, erano ben visibili, e la ragazza sentì le mutandine inumidirsi mentre la fugace immagine di quei bicipiti e tricipiti intenti a sostenerla, una mano sotto il suo culo ed una dietro la sua schiena, mentre la faceva scivolare e sollevare dal suo cazzo, riempiendola completamente, le attraversava la mente come l’ombra di un falco contro la luce del sole.

Dovette fare uno sforzo di volontà per non abbassare lo sguardo sull’inguine del ragazzo. Lo sollevò invece sugli occhi scuri e sorrise: – Bene, e tu? Ti va di farmi compagnia?

Lui si sedette nella sedia accanto a lei, ordinando lo stesso che stava prendendo lei: non ci volle molto prima che entrassero in sintonia, soprattutto perché lei scoprì di volerlo ancora più di lui.

In pochi minuti la ragazza venne a conoscenza di quasi tutto quello che poteva interessarle del ragazzo: il suo nome era Salvador, ed era nato a Fortaleza, nel nord del Brasile, 22 anni prima, ma poco dopo la sua nascita i suoi genitori si erano trasferiti in provincia di Verona per motivi di lavoro.

Teresa era davvero attratta da lui, e non voleva davvero farselo scappare. Forse sarebbe stata solo la scopata di una notte, ma era sicura che se la sarebbe ricordata per tutta la vita. E avrebbe fatto crepare di invidia le sue amiche, quando glielo avrebbe raccontato. Perché perdere tempo?, si chiese. Poteva anche considerarla una zoccola, ma che importava? Tanto lui era in giro a caccia di figa, e la sua era più che disponibile a farsi accalappiare.

Appoggiò una mano sulla gamba del ragazzo, facendolo voltare verso di lei, bloccandolo a metà di un sorso del suo drink. – Da me o da te?

In breve, decisero da lui: il suo coinquilino era tornato per qualche giorno in Sud Italia e l’appartamento era a dieci minuti a piedi da lì, mentre la casa della ragazza era a mezz’ora di macchina, fuori dalla città. E poi, ci sarebbero state troppe cose nella sua stanza che avrebbero richiesto delle spiegazioni che, dopo le prime volte, aveva deciso di condividere con il resto del mondo il meno possibile, almeno con quelli che si scopava fisicamente.

Michela è mia cugina, una ragazza molto carina, alta un metro e sessanta ed un bel corpo. Il seno non è particolarmente grande, ma è ben proporzionato al suo fisico asciutto. Il suo culo mi è sempre piaciuto, sebbene non fosse il più bello che abbia mai visto. Gli occhi sono neri, così come i capelli, che ha sempre portato a caschetto. In quel periodo frequentava l’università a Verona, nella facoltà di letteratura. Era al terzo anno, ma di certo non passava tutto il tempo sui libri: la palestra era una sua passione, e così anche gli uomini. Il suo bel culo, alto, sodo, che in pantaloni che sceglieva appositamente per apparire al meglio, era di aiuto nella loro ricerca, sebbene ultimamente avesse trovato la persona perfetta per lei. Forse un po’ troppo perfetta: come mi raccontava in alcune occasioni Veronica, amica sia di mia cugina che mia, Michela dimostrava un attaccamento un po’ troppo eccessivo nei confronti del ragazzo fortunato, raggiungendo spesso livelli di gelosia eccessivi. Il problema era che Salvador, una specie di pornostar mancata, simpatico, intelligente, con un sex appeal dirompente, doveva essere stato a spasso insieme a me quando distribuivano la fedeltà. Cosa confermata sempre da Veronica, la quale aveva sperimentato sulla sua pelle il suddetto sex appeal di Salvador ed il suo membro in altri punti del suo corpo. Così come ignorava dell’avventura con la sua migliore amica, Michela probabilmente ignorava anche altre scappatelle del suo fidanzato, sebbene, quando tornava in paese durante le ferie, era sicura che il ragazzo stesse intrattenendo qualche fanciulla caduta nella trappola del sorriso del sudamericano, cosa che non escluderei comunque a priori nemmeno io.

Aveva detto una settimana prima che quei giorni li avrebbe trascorsi con un’amica d’infanzia che era tornata dall’estero dove lavorava, ma questa, all’ultimo momento, aveva scoperto che le ferie erano state annullate e non aveva avuto modo di tornare in patria: Michela si era trovata così senza nulla da fare e, se la sera precedente l’aveva passata con Veronica a vedere un film e a bere, quella invece aveva avuto voglia di vedere il suo ragazzo e soprattutto del suo cazzo. Come sostiene Veronica, lo stile del ragazzo nel chiavare era davvero pessimo, la conoscenza dell’anatomia femminile scarsa e sembrava già tanto se sapeva dove infilare la sua grossa nerchia, ma quando lo faceva tutto questo passava in secondo piano.

Aveva quindi deciso di fargli una sorpresa, presentandosi nell’appartamento che condivideva con un altro ragazzo che, a quanto sapeva, era tornato in Puglia per qualche giorno. Finalmente si sarebbero fatti una bella scopata per tutta la notte, senza il problema che quell’idiota sarebbe tornato ubriaco fradicio o fatto come una merda.

E gli avrebbe dato il culo, dopo tanto tempo che glielo chiedeva. Mia cugina era vergine tra le chiappe, e iniziarlo con un cazzone di quelle dimensioni non sarebbe stata l’opzione migliore. Ma lei amava Salvator, e, sotto sotto, era comunque attratta dal sesso anale. Molte sue amiche le confidavano che un amante incapace di dare piacere con la lingua, in alcuni casi riuscivano a portarle all’orgasmo attraverso l’attività anale. Non era qualcosa di scritto nella roccia, lo sapeva anche mia cugina. Ma per quanto amasse Salvador ed il suo cazzo spropositato, sentirlo dentro a riempire completamente la sua figa iniziava a non bastarle più: un orgasmo ogni tanto, qualcosa che andasse oltre ad una semplice sensazione di benessere, sarebbe stato davvero ben accetto.

Forse le sarebbe bastato dirglielo, confidargli che limitarsi a mettere dentro e spingere finchè il suo corpo non riversava dentro di lei una secchiata di sborra, per poi sdraiarsi accanto e perdere ogni interesse verso di lei, non era ciò che lei voleva. Ma, al pari di molte altre donne, mia cugina sembrava credere che gli uomini usassero l’uccello anche come antenna per captare i pensieri femminili e non ci fosse modo di spiegare loro che quanto facevano era privo di senso e che a rimetterci erano soprattutto loro.

In ogni caso, Michela aveva indossato dell’intimo sexy nero, una maglietta ed un paio di pantaloni e, per precauzione, come gli era stato consigliato dalle sue amiche, aveva messo nella borsetta anche un lubrificante. Aveva quindi preso la sua auto ed era arrivata davanti al condominio dove viveva il suo ragazzo, parcheggiando davanti. Erano le dieci quando diede attacco alle scale, eccitata e intimorita allo stesso tempo. Le sarebbe piaciuto? Le avrebbe fatto male? Beh, male di sicuro, almeno la prima volta. Guardava i porno quando non aveva modo di avere dentro di sé Salvador, e, sebbene non volesse ammetterlo, alcuni dei suoi video preferiti avevano come soggetto donne che soffrivano mentre perdevano la verginità anale, sbattute da uomini superdotati che non avevano molto rispetto per il loro ano. Li trovava eccitanti, sentiva il bisogno di darsi piacere nel vedere quel dolore. Non aveva idea del motivo che la portava a farlo, e quella perversione, un po’, la intimoriva. Al tempo stesso, proprio quello la rendeva consapevole che all’inizio non sarebbe stato facile, ma poi, sperava, la sua vita sessuale sarebbe migliorata.

Cercarsene uno che non avesse un cazzo lungo meno di una spanna e grosso quanto un polso, ma che sapeva distinguere il clitoride da una tibia? Suppongo sia stato un pensiero che non è mai nemmeno affiorato nella mente di mia cugina.

Quando giunse al piano giusto, si avvicinò alla porta, e lì si accorse che la porta era socchiusa. “Strano”, pensò: solitamente Salvador, nonostante tutto, era una persona attenta a quello che faceva, e si ricordava di chiudere le porte. Forse era entrato qualcuno che l’aveva lasciata aperta.

Temette fosse qualche suo amico, qualcuno con cui aveva organizzato un torneo ai videogiochi, o peggio ancora quel rompicoglioni depresso che parlava solo di politica: sarebbe stato impossibile mandarli via e lei avrebbe perso la sera senza concludere nulla. Peggio ancora, le sarebbe toccato passarla in loro compagnia… Meglio quindi entrare di soppiatto, scoprire chi c’era, sempre ammesso ci fosse davvero qualcuno oltre a Salvador, e poi decidere se tornarsene a casa e mantenere il culo vergine o far finta di nulla e suonare il campanello per annunciarsi.

La porta per lo meno non cigolò quando entrò, ma le ci volle poco per comprendere che qualcos’altro stava scricchiolando nell’appartamento, accompagnato da gemiti di piacere.

“Cosa cazzo sta succedendo?” pensò Michela, pronta a scattare in modalità gelosia.

Ma, per qualche motivo, le sovvenne alla mente una sua amica che studiava psicologia e le aveva consigliato di trattenere le sue scenate e proposto di provare ad aiutarla a curarla. “Forse sta solo guardando un porno, o qualche film spinto… Non è detto che stia facendo sesso con qualcuno.”

Attraversò silenziosa il corridoio, anche aiutata dal fatto che, nonostante non fosse alta, non indossava mai nulla che non fossero scarpe da tennis.

Si accostò al muro e, sporgendosi appena oltre la porta della stanza da letto del suo ragazzo, sbirciò oltre l’angolo. Lo spettacolo che le si palesò davanti fu quanto non avesse mai voluto vedere: la schiena di una donna si dibatteva, mentre il suo culo si muoveva avanti e indietro, la figa che scivolava sul cazzone del suo ragazzo, il tutto accompagnato da gemiti di entrambi i protagonisti di quella scopata, il letto che mormorava sotto l’azione dei colpi della ragazza.

Michela trattenne il fiato mentre sentiva montare dentro di sé una furia omicida. Avrebbe preso un qualche oggetto pesante, sarebbe saltata dentro la camera e avrebbe colpito la troia in testa, fino ad ucciderla; già vedeva il sangue sparso ovunque sulle pareti e le lenzuola, poi avrebbe fatto l’amore con… Si riebbe, all’improvviso. Salvador. Non poteva di certo farle del male davanti a lui, o cosa avrebbe pensato? Non l’avrebbe più voluta!

No, doveva aspettare che finisse di scoparsi il suo fidanzato e l’avrebbe seguita, per poi vendicarsi. Salvador non avrebbe saputo nulla di tutto ciò, e lei avrebbe potuto finalmente dargli il culo.

Ora doveva uscire dall’appartamento senza farsi vedere.

Ma proprio in quel momento la voce dell’uomo che amava si fece sentire: – Sì, bimba, sto venendo! Sei fantastica!

Michela, che aveva fatto un paio di passi verso l’uscita, tornò ad appiattirsi sullo stipite della porta della camera, guardando all’interno. Sul letto, il suo uomo iniziò a dimenarsi, mentre l’altra inclinava all’indietro la testa, si appoggiava con le mani sulle gambe di Salvador.

– Salvador… – sussurrò la ragazza, – riempimi tutta… Sì…

Rimasero qualche secondo così, mentre entrambi erano succubi di un orgasmo, poi lei si sollevò in ginocchio, il grosso cazzone che scivolava fuori dalla sua fica, con una ragnatela di sborra e ambrosia che continuava ad unire i loro due sessi.

– Dai, bambina, succhiamelo.

L’altra si sistemò meglio, lo afferrò con entrambe le mani e appoggiò la bocca sulla cappella. – Sì, – rispose, – non vedo l’ora di averlo in bocca.

Michela non vide altro che il culo e la figa della ragazza, su due gambe tornite e con un accenno di muscoli. Un paio di belle tette pendevano dal busto, ondeggiando al ritmo della spompinata. Dal sesso cominciò a gocciolare il seme del suo ragazzo, che la troia, di tanto in tanto, raccoglieva con una mano, abbandonando la presa sulla nerchia, e se la metteva in bocca, gustandola con lunghi gemiti. Sebbene mia cugina fosse furiosa, una vaga ombra di eccitazione cominciava a calare sulla sua rabbia.

Arrivò anche ad immaginare di vedere sé stessa intenta a spompinare Salvador. Avrebbe quasi voluto unirsi a loro, costringere la troia a leccargliela mentre il suo ragazzo le sverginava il culo.

Ma no, non l’avrebbe fatto: la sua vendetta si sarebbe abbattuta furiosa su di lei, e sarebbe stata spaventosa.

La ragazza continuò il suo lavoro per diversi minuti prima che Salvador venisse di nuovo. Il suo gemito fece perdere un colpo al cuore di Michela, facendole chiudere gli occhi che si stavano riempiendo di lacrime.

La tipa continuò a lavorare sull’uccello per qualche altro secondo, probabilmente per sorbire il succo del ragazzo, poi si stese accanto a lui. Salvador non perse tempo a metterle una mano su una tetta e a stringerla. Lei si appoggiò su un suo fianco e si avvicinò alla bocca di lui.

– Ah, cosa vuoi fare? Baciarmi dopo che mi hai succhiato il cazzo e bevuto la mia sborra? Che schifo! – ribatté l’altro, scostandosela di dosso.

La ragazza rimase un attimo sdraiata, poi si alzò, cercando i suoi vestiti e cominciando ad indossarli.

– Te ne vai di già? – domandò il ragazzo. – Se mi lasci un dieci minuti, posso scoparti di nuovo.

Lei finì di infilarsi i pantaloni e li abbottonò. – Mi spiace andarmene, è stata una scopata fantastica. – rispose, guardandolo con un sorriso che più falso era umanamente impossibile, – Domani mattina, però, mi devo alzare presto, quindi…

Lui non si alzò dal letto. – Ehi, chiamami la prossima volta che vuoi un vero cazzo che ti sbatte. Anzi, dopo ti mando la sua foto così puoi vantarti con le tue amiche, eh!

Lei lo ringraziò, finendo di mettere la giacca. – Ci conto. Saranno invidiosissime.

Michela, furente quanto la ragazza era bugiarda, scivolò fuori dall’appartamento, scendendo al piano terra e uscendo. Attraversò la strada e si mise dietro la propria auto, in attesa.

Teresa chiuse la porta, profondamente delusa. Una serata di sesso che sembrava promettere davvero bene ed invece un dildo grosso quanto un braccio piantato nella sua fica avrebbe dato più soddisfazione. “Un cazzo di venticinque centimetri in mezzo alle gambe e quel coglione potrebbe farsi dare consigli da un pastore tedesco che ti scopa una gamba su come essere un amante migliore.” pensò, iniziando a scendere le scale, “Poveraccia la tipa che se lo tiene come fidanzato.”

L’aria fresca della serata la rinfrancò un po’, facendole passare un po’ di malinconia.

– “Ti mando la foto del mio cazzo” promette. – disse tra sé e sé, con un filo di ironia. – E io ti spedisco quella del manuale di sessuologia che leggeva il mio ex, prima di cacciarmi le dita nella fica. – aggiunse, morsa dalla tristezza. Lui non poteva certo vantare un cazzo fuori dal comune, ma scopava da dio. Peccato che il lavoro che lei aveva deciso di intraprendere, sfruttando il suo bel corpo, assieme ad una certa predisposizione per l’esibizionismo ed un’anima di imprenditrice, aveva finito con il compromettere la loro relazione e li aveva allontanati.

Aprì la portiera dell’auto, a poche decine di metri dall’edificio dove viveva Salvador, e salì a bordo, accomodandosi sul sedile dell’autista. Mentre avviava il motore, si chiese se il suo ex guardava mai i suoi spettacoli, magari segandosi pensando di essere ancora con lei, magari pagandole un paio di volte qualche orgasmo.

Allontanò quei pensieri, immettendosi nella strada illuminata dai lampioni. Il traffico era minimo in quella zona della città, solo un paio di auto che andavano nella direzione opposta alla sua. No, si corresse, eccone una un po’ dietro che anche lei usciva dal parcheggio e prendeva la sua stessa direzione.

CONTINUA…

Per contattarmi, potete scrivere all’indirizzo email william.kasanova@email.it

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