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il racconto è immaginario. La storia e le persone non fanno riferimento a fatti realmente accaduti

Eccomi qui davanti allo specchio. Tra poco porterò i miei bambini a scuola. Mio marito è al lavoro. La casa è silenziosa, finalmente! Ho ancora indosso il body da notte. Un pezzo unico di estrema eleganza. Mi stiro arrotondando il fianco destro. Mi piaccio, D’altronde nell’ultimo periodo sono andata in palestra. Mi volto e ammiro il mio fondoschiena. Lodevole!
Fin da giovane ho concigliato il femminismo con la mia voglia di piacere e primeggiare nell’arte della seduzione. Ma non è tempo di raccontare questa storia. Come ho detto è mattino e quel che resta della casa dorme. Mi merito un premio! Sono qui davanti allo specchio con una voglia mattutina. Gli impegni mi hanno un po’ allontanato da mio marito. Il resto verrà da sé.
La mia mano va a sfiora il mio seno, lo fa uscire. Il capezzolo turgido non è la sola cosa che si riflette guardandomi. Si può facilmente intravedere la voglia nei miei lucenti occhi neri. Mi sistemo i lunghi capelli corvini, legandoli con una coda di cavallo. Mi sistemo nel letto e comincio ad usare il mio ovetto personale. Discreto e potente solo quanto un amante perfetto può esserlo. Peccato sia muto. Alle volte credo di tradire mio marito con questo aggeggio.
Il piccolo arnese rosa entra freddo nella mia intercapedine gocciolante. All’inizio la sensazione è fredda ma lentamente la vibrazione aumenta e la voglia di orgasmo cresce con lei. I miei pensieri diventano idee che profumano di accoglienza, sudore e forza.
Quello che mi piace del vibratore è che posso controllare la velocità. Mi piace partire piano e sentire il movimento che si crea nelle mie morbide pareti. La voglia di godere mi ha quasi interamente pervasa. Il ritmo del mio stuzzichevole passatempo è quasi al massimo. Non posso permettermi di urlare. Mi mordo un dito ma vorrei che mi tirassero i capelli. I secondi passano e il glaciale spasimante mi fa arrivare all’orgasmo. Ma mi libera soIamente a metà. I miei pensieri sono corpi ansimanti che si uniscono. Mordo più forte. Vorrei gridare invece l’orgasmo rimane sotto la mia pelle. Mi raggomitolo tremante e mi abbraccio. Vorrei sentirmi protetta, ma non so da cosa.
I piccoli si stanno per svegliare. Mi alzo faccio una doccia e fasciata dal mio accappatoio li vesto. Comincio a truccarmi mentre loro guardano la tv. Al mattino una giovane studentessa mi aiuta con i bambini. Gli accordi sono che io li faccio alzare e cambiarsi e lei prepara la colazione e li porta a scuola. Facendo così sono libera di prepararmi. Oggi è free code in ufficio. Decido di indossare pantaloni a righe sottili nere e dolcevita bianco. Ho bisogno di sentirmi fasciata. Mio marito era bravo nel farmi sentire protetta. Alla fine è quello che deve fare un maschio di casa: proteggere la sua famiglia. Purtroppo ultimamente gli impegni non ci fanno incontrare spesso. Alle volte ci vedevamo nel mio ufficio perché la ditta in cui lavoro è il suo principale cliente. Praticamente il direttor Formigoni è anche il suo capo.
Indosso i miei tacchi a spillo. Guardandomi allo specchio aggiusto il polsino del mio orologio d’oro. Salgo in macchina e parto con calma verso il lavoro.
La mattina sembra normale: i soliti saluti di rito, un caffè con Emanuela, due chiacchere e poi via al lavoro.
Alle 10, durante la pausa caffè, vengo approcciata da Paolo. Devo dire che è un ragazzo che profuma e si veste in modo elegante. Ma c’è qualcosina di viscido nei suoi occhi che non mi è mai piaciuto. Arrogante come sempre si avvicina mentre sto parlando con Manu. CI interrompe e con tono sicuro mi intima di passare nel suo ufficio durante la pausa pranzo. Aggiunge pure che è importante per me e per la mia famiglia. Nominandola ha voluto assicurarsi che io mi presenti. Mi conosce bene e sa che farei di tutto per i miei cari o per lo meno mi sono sempre presentata in questo modo. Proprio per questo alle 12:05 mi ritrovo a bussare alla porta dell’ingegner Paolo. “probabilmente suo padre ha pagato la laurea” penso. Vengo invitata ad entrare. Mi siedo nella poltroncina davanti alla scrivania e con aria di superiorità chiedo il motivo del perché sia stata presa ad oggetto la mia vita privata in un luogo di lavoro.
Dondolandosi spavaldo sulla sedia mi lancia un fascicolo minuto. Ci sono solo pochi fogli ma la cosa è chiara: ha scoperto il giochetto di mio marito.
Quando Davide mi parlò della sua idea non ne fui per nulla entusiasta. Lui ha una piccola ditta Hight-Tech e il direttor Formigoni in persona gli sollecitò un cambio di software. Il suo strampalato piano era quello di Applicare su larga scala il vecchio trucchetto di gonfiare i prezzi di mercato. In pratica rivendette alla mia ditta qualcosa che avevano già comprato. Cercai di convincerlo, il guadagno non giustificava il rischio. Ma lui volle provarci. Le cose andarono bene tant’è che Davide e il suo staff attualmente concorrono per un altro contratto che arricchirà ancora di più la ditta. La cosa non mette assolutamente in pericolo l’economia dell’azienda dove lavoro, ma per uno strano zelo Paolo e i suoi due amici avevano scoperto la cosa.
La situazione è grave ma non gravissima. È una cosa del passato. Non c’è il rischio di perdere i soldi ma quasi sicuramente si può perdere il prossimo appalto. Cerco di convincere lo squallido Paolo con una discreta somma di denaro, ma ben presto si fa chiara la sua risposta. Vuole scoparmi. Naturalmente non accetterei mai. Mio marito si ridimensionerebbe ma alla fine l’accaduto può benissimo essere dimostrato come errore davanti a dei giudici. E poi diciamocelo: Paolo non mi piace. Allora devo giocare con la mia femminilità per uscirne vincitrice. Ma la poca lucidità e l’effettiva voglia di piacere a tutti mi porta ad una serie di piccoli errori. Lui è disposto a perdere il suo inutile ma ben pagato posto di lavoro pur di uscire con in mano qualcosa! Questa sua inedita sicurezza mi cogli di sorpresa. Non ho altre alternative se non quella di offrire uno dei miei reggiseni in cambio del silenzio. Lui si fa rigido. Ha capito che vincerà qualcosa, ma continua a sparare troppo alto. Decide addirittura di aumentare la posta pretendendo il mio attuale perizoma. Senza pensarci alzo la voce: “OK DOMANI LO PORTO” rispondo stizzita. Gli ho dato un assist, non si grida tra colleghi. Rischio un richiamo. Lui pretende con fermezza il perizoma tolto e consegnato in sua presenza. Rimango di sasso. Ho perso la mano con un eunuco del suo calibro. Non ci posso credere. Non posso rischiare di perdere anche il reggiseno. I colleghi non hanno mai visto i miei abbondanti seni liberi di strofinarsi sull’esile maglioncino. È un indumento che va assolutamente indossato! Allora mi alzo e accenno a sfilarmi la gonna. Ma lui mi ferma. Penso che desideri più trasporto. Invece mi intima di trovarci in bagno alle 14:30. Mi da semplici indicazioni. Io devo solo entrare nella toilette delle donne e denudarmi nel cubicolo più spazioso, quello centrale. Al resto ci penserà lui. Mi assicura il massimo riserbo. In bagno non ci sono telecamere e lui sa benissimo come nascondersi in quel posto.
Sono le 14:25. Fra cinque minuti sarò nei servizi igienici di uno stabilimento qualsiasi di Milano. Mostrerò il mio sinuoso corpo nudo ad un porco che sicuramente si fermerà a masturbarsi sulle mie mutandine che ora sono bagnate dal pensiero. Mi chiedo “ma perché il mio corpo non mi aiuta a resistere?”. Non ho tempo per rispondermi. Devo agire per il bene della famiglia. Cammino verso il bagno indicato. Entro e con un gesto meccanico guardo verso l’alto. Lui è lì che osserva, sbavando. Cerco di fare un sorriso. Non ci riesco. Mi svesto e mi rivesto senza intimo davanti al suo sguardo libidinoso. Mentre lo faccio sento che si sta abbassando i pantaloni. E mi intima di andare piano. Non lo assecondo. Consegno la merce. Lui sorride e mi lancia un ripugnante bacio.
Sono le 14:50 chiedo al mio capo di staccare prima. “Ho il ciclo in arrivo” esclamo. Lui mi chiede semplicemente se l’assenza sarà prolungata. Rispondo di no. Ci salutiamo. Una quindicina di minuti dopo entro nella mia villetta. Lascio la mia borsa in corridoio. Vado verso la stanza da letto che è collegata con un bagno interno. Mi svesto in fretta. Entro nella doccia e apro l’acqua cerco di lavare via la vergogna ma non si stacca dalla mia pelle
Mi ricompongo. Mi adagio sul letto. Alle 17:15, quando la mia famiglia ritorna mi trova in condizioni semi normali. Dichiaro di non stare bene, ma nulla di grave. Mi corico presto, non leggo, spengo la luce. Cerco di non pensare. Non è facile ma mi addormento.
Sono di nuovo le 8. Solita rutine ma oggi non chiamerò in aiuto il mio amante. Mi sento spenta. Tolgo la camicia da notte nera. È molto sexy ma anche molto comoda. In pratica è una canottiera con mutande. Ma il dettaglio è curato al massimo. Il seno è completamente sostenuto da un’avvolgente coppa e la forma della camicetta si fa stretta sui fianchi per poi allargarsi come una campanellina. La sua stoffa si ferma a ridosso dell’inguine coprendo a malapena il tanga nero. Adoro questa camicia e oggi mi piace ancor di più perché è scura come il mio umore. Per fortuna è il giorno bianco/nero in ufficio. Quindi opto per una semplice camicia bianca e una gonna con colori scuri. Fascio le mie gambe con delle classiche calze nere ricoprendole fino al ginocchio con gonna a quadri quasi impercettibili. Prendo la borsetta con chiavi e cellulare. Sono pronta. Indosso tacco 8 e esco di casa. Il viaggio in macchina è tranquillo. Ascolto un podcast dove si parla della pressione psicologica da parte della società verso le madri.
Arrivo in ufficio, solite cose: saluti e caffè con Manu. L’unica differenza è il ribrezzo nel vedere lo sguardo di Paolo che si sofferma guardandomi. “Segaiolo” penso! La giornata scorre lenta. Sembra tutto normale tranne una strana occhiata da parte del mio capo: Giacomo Costa. Lo vedo parlare con il gruppetto di Paolo. La cosa mi preoccupa un po’. Spero che quel bastardo non abbia parlato ma non credo sia così subdolo da farlo. Scaccio l’idea e tutto segue i piani fino ad arrivare a letto. Lì avrei preferito sentire la carne nodosa di mio marito entrarmi dentro con forza ed inondandomi ancora una volta con il suo dolce seme. Avrei preferito addormentarmi con il suo sperma che scorre tra le mie cosce. Purtroppo, lo trovo addormentato. “farò la doccia da sola” penso sollevando le ciglia. Sono rassegnata.
Entro nel box-doccia. Nuda. Non appena l’acqua scorre sui miei grandi capezzoli rosa, l’eccitazione entra inaspettatamente in gioco. Senza volerlo, immagino un uomo generico che non è mio marito. Lo immagino segarsi annusando le mie mutandine, sentendo il profumo del mio fragile sesso. Lo vedo inebriato dai miei umori di donna, di una donna che ha ceduto al piacere. La mia mente come per magia riflette l’immagina di un fallo ritto pronto a scoppiare. Come un obelisco si erge verso il celo. Le immagini sono vivide. Mi sembra di sentirlo scoppiare. Immagino quei poderosi schizzi che escono dalla cappella. Mi è sempre piaciuta la sborra. E pensandoci non tardo ad attorcigliarmi su me stessa. Gli spasimi della mia vagina non sono ancora una volta sufficienti a colmare la voglia che ho di gridare. Ho bisogno di urlare il mio piacere. Indosso la camicia da notte verde. Vado sotto le coperte. Mio marito dorme sul fianco. Lo abbraccio da dietro e gli sussurro: “Davide aiutami tu”. Cerco di nascondermi sotto la sua larga schiena e mi addormento come una bimba con il suo papà.
All’indomani mi sveglio meglio. È venerdì. Al venerdì tutto è più bello. Persino le proteste dei bambini sono divertenti oggi. Mi preparo con cura per andare in ufficio. Oggi mi sento discretamente bene e decido per un colore più caldo. Come sempre prima di uscire mi do una controllata allo specchio.
Capelli raccolti da una moletta, occhiali neri per nascondere in parte l’ormai vaga tristezza nei miei occhi. Un leggero make-up. Maglioncino granata, leggero ed attillato. Si può notare il segno del push-up: ho comunque bisogno di qualcosa che mi sostenga anche se sono già ben allenata. Il perizoma anch’esso rosso viene coperto da un’elegante gonna alle ginocchia con spacco posteriore. Le mie gambe sono ben depilate. Le stiletto che indosso richiamano rigorosamente il colore degli indumenti intimi e del maglioncino. Sono pronta per partire. Salgo in macchina. Parcheggio e devo fare un piccolo vialetto pullulante di persone. Noto gli sguardi. Mi piace essere ammirata, tranne quando l’occhiata è critica e cattiva. Entro nello stabilimento, i soliti sorrisi di rito e poi finalmente il caffè la mia amica. Forse lei è un po’ troppo vistosa ma sa controllare gli eccessi. Io, al contrario, mi lascio trasportare. Sembro difficile da piegare, ma la verità è che trovo piacere nell’essere guidata. Manu ha sempre la parola giusta per farmi stare con la schiena dritta, ma questa volta non mi può aiutare. Non le posso confidare che Davide è stato scoperto e che per coprirlo ho fatto uno strip-tease a Paolo. Lo so, ho avuto problemi ben più grossi in passato e non riesco a capire il perché il fatto successo con il bavoso mi crei così tanto turbamento. Forse, alcuni piccoli dettagli che ho notato mi mettono in guardia o forse mi sento solamente in colpa con mio marito.
Ma la cosa che mi fa sprofondare arriva non appena saluto Man, il mio capo si avvicina. Sento il cuore battere, spero non centri Davide. Quel problema doveva essere risolto. Dopo i saluti di rito il dottor Costa arriva al dunque: mi vuole vedere nel suo ufficio alle 16 perché deve parlarmi in modo confidenziale. Sento il fuoco divamparmi dentro. Probabilmente centra Davide, quel confidenziale lo lascia intendere o forse è soltanto per l’urlo lanciato al mio subdolo collega. Riesco a malapena a scacciare la preoccupazione. Anche durante il pranzo con Manuela sono un po’ assente. In qualche modo arrivano le 16:05
Entro nella piccola reception del mio capo. La sua segretaria, una donna di mezza età senza alcuna pretesa di bellezza ma con un’aurea da prima della classe, sta mettendo via le mie cose. Cortesemente mi annuncia al citofono. Il dottore risponde di farmi entrare e la saluta con un “ottimo lavoro come sempre, ci vediamo domani alle 8”. Rimarrò sola con il mio capo, dopo l’orario di lavoro. È la prima volta che capita. La cosa non mi mette a mio agio anche perché arriva a ridosso di questa ormai terribile storia. Sento il tocco freddo della segretaria, ritorno alla realtà. Devo andare.
Apro la porta. Ho oltrepassato questa soglia svariate volte, ma questa ha un sapore differente. Il dottor Costa ha una chiamata importante in attesa. Mi invita a sedermi e servirmi un drink mentre lui conclude la chiamata. Opto per un cabernet rosso. All’improvviso sento parlare dell’ufficio vendite e di come i ragazzi siano stati bravi e del bisogno di fare alcuni spostamenti in quel ufficio. È la squadra di Paolo. La cosa mi piace sempre meno “e se quel bastardo ha parlato?”. Questa idea pervade la mia mente e cado in un limbo. Mi gira la testa. Mi siedo e cerco il sostegno del bracciolo, accavallo le gambe a mo’ di sirena. Mi sento persa. Sorseggio il vino rosso e solo in quel instante sento lo sguardo del capo su di me. Rimetto in moto i miei sensi. Lo sento dire di proseguire e finalmente riconosco la voce dell’interlocutore, è il direttor Formigoni. La sua voce è ferma e calda. Sembra indispettito, come stesse perdendo tempo. Lo sento chiaramente dire che “quegli acquisti gonfiati non vanno bene, c’è da trovare una soluzione che faccia piacere a tutti”. A quel punto il capo si permette di fermarlo dicendo “La signora è qui con me, sono sicuro che lei saprà venire incontro alle nostre esigenze”. Il megadirettore conclude la chiamata dicendo che confida nelle capacità del dottor Costa per risolvere la questione . Da quel momento il vuoto.
Riprendo il controllo della situazione quando il mio capo si avvicina. Prende in mano un bicchiere da whisky. Se ne versa mezzo. Si siede abbastanza vicino a me da poter sentire il suo profumo intenso. Tamburella le dita sul bicchiere. L’atmosfera si fa densa. Comincia a parlare ed io mi concentro solamente sulle sue parole: “ci sono problemi con l’ufficio acquisti, i ragazzi lì sotto hanno scoperto una cosa che farebbe comodo a tutti rimanesse segreta in caso contrario la notorietà della sua famiglia sarà legata ad uno scandalo finanziario e noi perderemmo la credibilità come azienda, come facciamo?” chiede perentorio.
Mi sento cadere in un vortice, Paolo ha parlato. Non ci sono altre spiegazioni. Ma al momento non posso pensare a quel microcefalo. Ho bisogno di uscire indenne da questa storia e so già che dovrò mettere a lato i miei principi di moglie e madre perfetta. Rispondo con malizia: “beh insomma siamo qui nel suo ufficio da soli, la segretaria non c’è, di sicuro ha in mente qualcosa, ma attento posso anche dire di no, conosco i miei diritti di donna” Nel finale ho volutamente passato al tu dando da intendere che sono disposta ad un incontro più intimo del solito e nel farlo gli accarezzo la cravatta.
Lui è intelligente, calmo e non ha fretta. Cerca un dialogo, ma io non ho tempo per i convenevoli. Allora Giacomo passa alle maniere dirette: “Siamo sul posto di lavoro e tu mi hai toccato in maniera intima e vista la confidenzialità dell’incontro lo farò pure io” Il suo tono non ammette repliche, la cosa mi è chiara. Gli rispondo “solo in modo gentile e garbato senza ferire” Non voglio tornare a casa con dei segni sul corpo. Allora comincia ad accarezzarmi i seni. Si sofferma all’altezza dei capezzoli. Sono turgidi ma non li può vedere.
Mi intima di togliermi la parte sopra, bevo il resto del Cabernet. Mi sposto leggermente da lui e abbassando lo sguardo. Rimango a seno scoperto. Mi alza il mento. Il suo sguardo penetra nei miei occhi fino a toccarmi l’anima. “è per il bene di tutti”. Sorrido compiacente. Sfiora i miei capezzoli. Ansimo e l’eccitazione cresce. Noto la sua erezione, faccio scorrere la mia mano sulle sue cosce. Mi prende la mano e mi ordina di rimanere con i tacchi a spillo. Mi alzo, mi dà una leggera pacca sul sedere. Mi volto e gli sorrido. È il segnale che mi sto dando a lui. Mi tolgo in modo lento la gonna. Sfilo le scarpe e con modo aggraziato appoggio prima un piede e poi l’atro sulle sue ginocchia mentre arrotolo le calze nere. Lo faccio con un certo trasporto. Ma devo prendere un ultimo bicchiere di vino prima di continuare, lui lo capisce e me lo serve.
“Sei una brava dipendente”. Sorseggio il vino, lui libera il membro che esce eretto dalla patta dei pantaloni. Non servono parole, so qual è il mio dovere. M’inginocchio come una Geisha. Lo guardo negli occhi. Prendo in mano la situazione. Faccio scorrere le mie sinuose dita sul suo glande. Strofino la lucente cappella. Lui ansima. Mi fa sedere, sempre inginocchiata ma di fianco a lui. Si sfila i pantaloni e le mutande. Sorseggia il suo whisky. Sorride spavaldo. Mi abbasso, ricomincio a menarlo e a quel punto lui mi fa passare le sue grossa dita sul clito. Lo massaggia. Il ritmo delle nostre mani vanno all’unisono. Ho voglia di prendere in bocca quel venoso pezzo di carne. Sfioro la cappella con le labbra. Il pene si muove come sotto effetto di uno spasmo. Sembra invitarmi a leccarlo. Tamburello la mia lingua sulla sua asta. Scorro verso la base. Mi ritrovo ad ammiralo dal basso. È grosso. Lui si muove cercando una posizione per potermi penetrare con le sue dita. Sembra invitarmi a prendermi cura dei suoi gioielli. Due perle gonfie di piacere. Ne risucchio una. Nel farlo sento il suo dito medio farsi strada nella mia di carne. È pronta. Non oppone resistenza. Quasi lo avvinghia in una morsa di piacere. Voglio sentire di più. Risalgo il suo membro. Bacio il prepuzio. Apro la mia bocca, faccio scorrere le labbra. Lo sento pulsare. Mi fermo risucchio. È grosso.
Le sue dita diventano due e con il pollice gioca con il clitoride. Seguo il suo ritmo. Prendo fiato uso la mano. Comincio a sentire i nostri orgasmi vicini. Il suo pene ha una leggera curva verso destra ha la pelle liscia e con una vena grossa che ne percorre la discreta lunghezza. Appoggio la mia testa sulla sua pancia pelosa. Gli accarezzo le palle. Lui entra deciso in me. Vuole che continui con la bocca. Non lo faccio attendere. Lo cingo con le mie labbra. Ormai è vicino, inarca la schiena. Sento gli schizzi colpirmi la gola, trattengo l’istinto di ritrami, lo accolgo stando ferma. Lui muove le sue mani al ritmo delle sue anche. Gioca velocemente con il mio clito. Vengo! Non posso trattenere un grido di piacere. Ho gridato di nuovo sul posto di lavoro. Devo stare attenta altrimenti riceverò una punizione.
Non c’è tempo per i convenevoli. Lui si alza. Guardo l’ora. Sono le 17:00. Il suo telefono squilla, Lo sento trovare delle scuse banali. Probabilmente è la moglie. Mi rivesto. Ho varie chiamate da parte di mio marito. Dovrò adottare la stessa tecnica del dottor Costa con Davide. Mi rivesto. Lui sta guardando fuori dalla grande finestra. Sullo sfondo s’intravede il duomo di Milano. Si gira mi fa sedere sulla sedia di fronte alla scrivania. L’incontro ritorna formale.
“Signora … per quanto mi riguarda la faccenda è sistemata. Ho notato con piacere che lei sa tenere la bocca saldamente chiusa nel momento in cui l’azienda ne ha più bisogno” si riferisce al mio ingoio, lurido porco. “Vista la soddisfacente riunione di oggi, le verrà sollecitato un incontro con il direttor Formigoni nei prossimi giorni. Si faccia trovare pronta”.
Non ho il coraggio di proferire parola, dalla mia bocca esce solamente un sottomesso “grazie”.
Sono in macchina. Estraggo il cellulare. L’ultima chiamata di Davide è alle 16:55. Forse il momento esatto in cui un altro uomo mi riempiva la bocca con il suo sperma acido. Mi faccio coraggio. Lo chiamo, trovo una scusa assurda. Nomino la palestra ed Emanuela. Mi marito sembra crederci. Il tragitto verso casa è stranamente sereno. Mi sento liberata. Certo, la faccenda sembra essere chiusa, ho salvato la stabilità finanziaria della famiglia. Non ho tradito ma quel grido mi fa ritornare in mente tette le sensazioni provate. È stato bello, non posso farmene una colpa. Forse ho tradito un po’. Entro in casa. È serata di pizza. La mia mente è sgombra come un qualsiasi venerdì. I ragazzi si comportano bene. Mio marito ed io abbiamo finalmente un momento per noi. Facciamo l’amore. Lo faccio con tanto sentimento. Percepisco un’aurea calda, protettiva. Non viene direttamente da lui. È la mia anima che si è riconciliata con qualcosa che prima era nascosto. Ci addormentiamo felici. Ho fatto la cosa giusta per tutti.

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