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LETTERE DA COPENAGHEN – I IL PARADISO DI MIRABELLE

By 6 Ottobre 2008Giugno 28th, 2021No Comments

Africa Coloniale Tedesca, 21 Settembre 1917.

Amore caro, ho sognato e sognerò ancora i tuoi begli occhi, pieni di stelle e di desideri di felicità. Chiamami Eloisa, o Mirabelle, se più ti piace.
Tengo tra le mie mani tutti i tuoi diamanti, in attesa di riavere i nostri istanti, ma forse, &egrave troppo tardi.
Arrivo al villaggio con il treno dei forestieri, che &egrave quasi una tradotta. E’ estate, quell’estate perpetua e senza fine che si respira quaggiù, nell’Africa felice che nessuno ha mai raccontato. La locomotiva a vapore, nera, fa salire al cielo i suoi fumi bianchi e diffonde tutt’intorno il suo rumore vago, di pistoni, di macchine. Mi pare un gigante, fermatosi all’improvviso, per far riposare le sue membra.
La stazione &egrave fatta di legno. Ha le finestre dai vetri all’inglese e c’&egrave anche un orologio vecchio, un po’ sconnesso. Dai vagoni scende una piccola folla di borghesi, abbigliati con redingotes dai colori chiari, le belle pagliette sul capo, il bastone col pomolo d’avorio in mano. C’&egrave qualche ragazzo di colore, qualche nero facoltoso, con indosso la lunga tunica rituale, bianca o giallo opaca, che tanto fa risaltare quella carnagione scura, insieme alle scarpe lucide e alla papalina variopinta, ornata di ametiste, no, forse, di rubini. Sono ricchi.
E io guardo, guardo la dolce folla venire a me, gli occhi pieni di felicità, di voluttà, mentre i miei lunghi capelli volano nel vento, nel vento, sì, nel vento’ Sono giovane della mia eterna giovinezza, la mia pelle &egrave candida, i miei capelli sono di bambola.
E quello che mi sta intorno &egrave tutto il mio paradiso, dove tutti amano e nessuno odia. Sospiro, con il seno gonfio d’amore e di fraternità. Provo la sensazione di vivere un’illusione beata e senza fine, nella quale l’amicizia e l’amore portano un nome ed &egrave il mio. Mirabelle, così mi chiamavano, così mi chiamano.
E tutti sono miei fratelli e mie sorelle.
Mi trovo in un paese dove si viene per comprare e per vendere, per lavorare e fare i muratori o i falegnami. Ognuno pratica la sua arte e il suo mestiere, ma &egrave come se non esistessero fatica, morte, sofferenza, disagio.
L’amore &egrave in me, brilla attorno a me, sogna in me e con me, scintilla sui volti dei neri del villaggio, che mi chiamano signorina e mi salutano con le loro grandi mani. Le case sono capanne di paglia e di canne, alcune ospitano dei pappagalli dai piumaggi variopinti e delicati, che parlano con me. Di giorno fa caldo e si vedono passare dei mercanti di cammelli, mentre le donne sono al lavoro negli aranceti o sotto le palme e gli uomini costruiscono il mondo.
Le notti sono piene di luna e di stelle.
Non vi sono nubi se non di rado ed io, Mirabelle, mi sento la regina di quelle odalische e brillo quanto uno degli astri che ingombrano quei cieli sereni e tersi.
Non avevo mai visto l’amore prima d’ora. L’amore si consuma al lume di candela, nelle capanne, ed &egrave fatto dei corpi dei negri e delle negre, che si accoppiano dolcemente e teneramente, al suono dei tamburi di legno.
Vieni anche tu a visitare questo luogo! Mi mancano i tuoi sguardi ed i complimenti appassionati che mi fecero innamorare, mi fecero battere il cuore tanto forte, nella notte. E partiremo insieme, su una di quelle locomotive a vapore, per andare lontano, lontano, lontano, lontano, lontano’ Dicono che ci siano i leoni, i leopardi e le pantere. Ma non hanno mai fatto male a nessuno, perché mi trovo in un’ angolo remoto dell’Africa, dove gli animali non uccidono per mangiare. No, nessuno uccide e non vi sono malattie. Le mie labbra rosse si schiudono come boccioli di rose, nel desiderio di darti un bacio’ Chiamami Mirabelle’ Chiamami Mirabelle, per sempre. Morirei per le tue coccole e i nostri sospiri di tenerezza.

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