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LETTERE DA COPENAGHEN – VII I GIORNI DI MIRABELLE

By 13 Ottobre 2008Giugno 28th, 2021No Comments

*Riporto di seguito gli scritti della protagonista.
L’autore Dunklenacht.

Africa Coloniale Tedesca, 29 Ottobre 1917.

Mi avevano detto di ascoltare la voce del vento, tanti ricordi e quel silenzio’ Mi avevano detto che la giovane dai lunghi boccoli biondi doveva partire per un lungo viaggio, dal quale non avrebbe fatto più ritorno. Sussurrai a me stessa che quella non ero io’ Non sarei partita con quella nave, no’ Caso mai, se proprio il destino avesse voluto scegliere per me, sarei salpata con il traghetto successivo’ Verso dove? Chissà!
Per un attimo, mi parve di ricordare un’estate felice. Eppure, nel luogo in cui mi trovavo allora era sempre estate, tutti vivevano e gioivano di quella primavera mite e senza fine, lunga quanto un’eternità.
Vedevo tutt’intorno a me mille colombe bianche, che spiccavano il volo, una ad una. Mi sembrarono una nube di pensieri, di foglie tristi, appena staccatesi dagli alberi d’autunno, per poi donarsi al suolo. C’era il mare, oh, il mare, il mare, dalla schiuma bianca, che aveva carezzato i bagnanti per tutta la stagione balneare ed allora si apprestava ad entrare nel suo letargo, quel letargo triste che dura per l’intero inverno. Le sue acque sarebbero diventate di smeraldo.
L’estate svaniva, svaniva, c’era già stato l’ultimo concerto. Le ultime musiche della stagione felice si erano spente, nel silenzio. Erano state musiche di fanfare, di flauti, di grancasse allegre, le cantanti innamorate e dalle lunghe chiome scintillanti avevano cantato di amori felici e appassionati, avevano cantato di lusinghe, di corteggiamenti e di divertimenti. In giugno, in luglio, in agosto e persino nel dolce settembre era stato tutto uno spasso, le giovani donne avevano baciato ed abbracciato i giovani uomini, li avevate visti amoreggiare in ogni angolo, dietro ai cespugli lussureggianti, sotto i pini silvestri, sulle panchine, nelle pinete abitate da uccelli canori. Tutti si erano accompagnati a tutti, tutte avevano fatto l’amore con tutti, oh, avreste dovuto vedere le giovani donne, tutte agghindate, tutte con le loro scarpe più belle e colorate, rosse, laccate! Oh, e quelle loro belle gambe! Lungo la spiaggia c’erano le gru dalle zampe rosa, c’erano i fenicotteri, che passeggiavano nell’acqua, accarezzati dalla spuma delle onde. Io vedevo tutte quelle immagini amorose passare davanti ai miei occhi assorti! Vedevo le passeggiate nella pineta, i lunghi pomeriggi di agosto, passati pedalando, sì, pedalando, per le strade di un villaggio balneare, con lei allegra, in testa, piena di felicità e di voglia di vivere, che cantava, cantava, cantava di felicità, mentre il sole all’occaso carezzava con i suoi raggi le sue belle gambe nude, i suoi piedi aggraziati, racchiusi da morbide scarpine col tacco a spillo! Poi, un incidente, lei era caduta da quel tandem ed un clown, dal volto dipinto di bianco, di rosso e di blu, l’aveva aiutata a rialzarsi, ridacchiando. Non si era fatta niente.
Quando l’estate finisce, nulla &egrave più come prima. Il bacio sulla bocca non &egrave più lo stesso, la carezza sulla guancia perde ogni tenerezza, la giovinezza diventa come cenere al vento, sì, al vento, al vento’ Sembra che il sole tramonti per l’ultima volta sul mare deserto, in un fuoco malinconico fatto di sogni e di fulgori.
Avevano visto passare la balena bianca, non lontano dalla spiaggia’ L’avevano vista guizzare e sollevarsi maestosa, tra i flutti’ Poi, più nulla.
Apparizioni!
Un suono di violini mi destò dalla mia r’verie, che altrimenti sarebbe stata senza fine. Erano tre musicanti di colore, tre artisti di strada, che vivevano di elemosine e si esibivano vicino ad uno dei saloon. Vidi anche un cantastorie, con la barba bianca. Non faceva che parlare e canticchiare, accompagnando le sue parole con gesti d’ogni sorta. Gli artisti avevano tutti la pelle scura e portavano degli anelli d’oro, che risaltavano alquanto sulle loro lunghe dita nere.
Non so se fu per caso o per destino, ma mi fermai e chiesi a uno di loro di sposarmi.
– Ma signorina! Siete matta?
Questa fu la risposta’
Mi dissi che me l’ero meritata. Non facevo che pensare e ripensare al mio amore lontano, al mio tesoro. Mi mancava talmente’ Avevo tanto bisogno di rivederlo, di riabbracciarlo!
Lungo la strada che conduceva alla stazione vecchia incontrai di nuovo il cantastorie dalla barba bianca. Lo scambiai con il mio amato e gli dissi:
– Amore, torna presto da me’
Ero in preda alla mia follia amorosa.

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