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LETTERE DA COPENAGHEN – XLVII LA FERITA DI FRIEDRICH

By 14 Dicembre 2008Giugno 28th, 2021No Comments

Africa Coloniale Tedesca, 20 gennaio 1918.

Il sangue sgorgava fatalmente dal petto del mio Friedrich, la sua Mirabelle cercava di fermarlo con i suoi baci, dopo essersi precipitata su di lui. Ella non voleva che morisse, no, non voleva che morisse’
– Friedrich! Friedrich, rispondimi! Sono qui con te, sono la tua Mirabelle! Non lasciarmi! Non morire! Non voglio’ Aiutatelo! Qualcuno lo aiuti! Chiamate un medico!
Così gridavo, disperatamente.
Gli premevo le mani sul petto, per arrestare l’emorragia, avevo la sensazione che stesse perdendo i sensi, tra le mie braccia, tentavo invano di tenerlo sveglio con i baci delle mie labbra, forse era tutto inutile.
– Friedrich! Io ti salverò!
Il mio urlo aveva qualche cosa di amoroso e tragico ad un tempo. Esso si smarrì in mezzo agli alberi, mentre una piccola folla si appressava a noi.
– Sei solo ferito, non gravemente ‘ gli sussurravo, con immenso affetto. ‘ Non ti lascerò morire’ Vieni qui! Riapri gli occhi! Alza le palpebre, fallo per amor mio! Oh, grazie al cielo sei ancora qui con me! Quanto ti amo! Riprenditi! Sono qui con te, per farti coraggio! Se muori, anche il mio corpo sarà gelido meno di ventiquattro ore dopo! Friedrich, non abbandonarmi! Non abbandonare colei che ti ama più della sua stessa vita!
Abbassai le palpebre, mentre un singhiozzo profondo uscì dalle mie labbra e delle lacrime d’argento sfuggirono alle mie lunghe ciglia nere.
Ricordo che vennero due infermieri vestiti di bianco, con delle berrette d’egual colore sul capo: portavano una barella grande. C’era anche un medico, con il camice bianco indosso: parlava con voce grossa e dava ordini agli altri. Erano venuti a prendere il mio Friedrich.
– Dove lo portate? Si salverà, vero? Lasciate che venga con voi! ‘ gridai, giungendo le mani.
Caddi in ginocchio davanti a loro, ma non ero disperata, perché la speranza non mi aveva abbandonata e delle parole amiche mi rincuorarono all’istante. Infatti, mi sentii dire che il mio amato non sarebbe morto.
– State tranquilla, &egrave poco più di un graffio ‘ disse uno degli uomini vestiti di bianco.
Il mio amante ferito stringeva forte la mia mano. Ricordo che alcune gocce del suo sangue mi avevano macchiato il seno, lasciato in parte nudo dalla scollatura del mio abitino. Ero talmente graziosa! Mi ero vestita bene, come una bambola, sperando di fare bella figura in quell’incontro galante, disturbato dai banditi senza cuore.
– Friedrich, &egrave come se avessero ferito anche me ‘ gli mormorai. ‘ Sto soffrendo con te, piangendo con te e se muori, io morirò con te!
Ma era una sofferenza amorosa, mescolata a sprazzi di felicità.
Le nuvole grigie del silenzio avvolsero quelle immagini vaghe, rammento il volto insanguinato del mio uomo, le mie mani bagnate di sangue, al pari del mio petto. Ricordo altresì che, ad un tratto, mi ero in parte spogliata, fino a rimanere a seno nudo, per stringere forte ad esso la testa del mio amante ferito. Poi, qualcuno mi aveva scostata ed ero rimasta immobile, appassionata, con le tette che penzolavano nel nulla, i capezzoli grandi toccati dal vento.
E gli angeli del porto soccorsero il mio Friedrich. Egli riacquistò tutto il vigore di un tempo. In occasione del nostro successivo incontro, egli mi prese tra le sue braccia forti e mi sollevò da terra, mostrandomi quanto si fosse ripreso, mentre una nuvola dorata, che brillava, ci avvolgeva teneramente, appassionatamente. Pensate che io gli ero corsa incontro, gridando di felicità!
Era come se carrozze tirate da cavalli bianchi ci corressero intorno, mentre le luci del porto di Amburgo si spegnevano una ad una, nell’aurora.
Ricordo che prendemmo l’abitudine di andare a visitare la vecchia Scuola del Violoncello, in un paesino che si trovava nelle vicinanze della città portuale, dove entrambi vivevamo ardentemente la nostra vicenda amorosa. L’istituto era una sorta di villa, piena di stanze, dove un tempo insegnavano l’arte della musica ai vagabondi, affinché avessero di che vivere. Tutt’intorno c’era un parco, avevano da poco ridipinto di giallo cupo i muri esterni, al riparo dei quali, anni prima, i vagabondi e i giramondo potevano trovare vitto e alloggio, dopo le lezioni. Erano state delle anime buone a fondare la Scuola del Violoncello, dove una giovane studentessa, una giorno, s’era innamorata. Per la verità, tutti gli allievi dell’istituto s’innamoravano. Li vedevate baciarsi sulla bocca affettuosamente, all’ombra degli alberi del parco, nelle estati piene di luce fredda e bagliori languidi. Le tortore volavano di ramo in ramo e ripetevano al vento i loro versi rochi e sentimentali, una folata improvvisa poteva sollevare nell’etere melodioso gli spartiti. Allora, i fogli bianchi, ricoperti di crome, semicrome, chiavi di sol, di fa, di note che sembravano virgole o arabeschi, s’involavano nelle solitarie stanze, per poi spargersi disordinatamente fuori dalle finestre spalancate, come una nube incantata.
Una giovane allieva della Scuola del Violoncello s’era innamorata, vi dicevo’
Poi, però, un brutto giorno, erano arrivati la Morte, la Sofferenza e il Destino ed avevano fatto sì che l’istituto di cui vi parlo chiudesse i battenti. Tutti gli amori e le illusioni che vi erano sbocciate svanirono e la bella innamorata di cui vi parlai morì in un incendio, divampato all’improvviso, non so bene per quale ragione. Tutti i violoncelli finirono bruciati, lei si era sacrificata per salvare il più bello e se n’era andata, stringendo quell’amato strumento tra le sue braccia.
– Baciamoci come si baciavano gli allievi di un tempo ‘ chiesi al mio Friedrich, vaneggiando. ‘ Sono io la tua studentessa, l’allieva del tuo cuore’
– Sì, lo farò, anche se una delle ultime volte che ci siamo visti la sventura ti ha strappata alle mie braccia! Non vorrei che fosse il destino a volerci divisi ‘ mi rispose lui.
– Il destino &egrave in questi istanti ‘ mormorai, follemente. ‘ Forse, moriremo anche noi tra le fiamme, al pari dell’innamorata di cui ti narravo. Sì, tra le fiamme del nostro eterno affetto’
Socchiusi gli occhi e fu come se entrambi avessimo una visione. Accadde all’improvviso, non saprei dire perché. Le fiamme divoravano gli amanti’ Ci vedemmo abbracciati ardentemente, mentre un fuoco giallo e rossastro ci avvinceva e ci divorava, non sapevamo da cosa si fosse sprigionato, né perché esistesse.
La Scuola del Violoncello era davanti a noi, avvolta dalle nebbie.

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