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Linda la nerd – Capitolo 14

By 25 Febbraio 2021Maggio 17th, 2021No Comments

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Nelle puntate precedenti:
Nonostante quanto avesse promesso a Tommaso, il ragazzo che ama più della sua vita, Linda, spinta dal desiderio di vendetta che cova nella sua anima nei confronti dei suoi compagni che da tempo la trattavano come una pezza da piedi, decide di presentarsi alla gara di pompini, sebbene data come la perdente nella competizione. Di fronte a tutti i presenti nel piazzale della segheria abbandonata, però, la ragazza da fondo a tutto ciò che ha segretamente imparato da Tania, la sua maestra di fellatio, sfogando la sua rabbia sull’odioso Michele, il suo giudice, donandogli i due orgasmi migliori della sua vita, tanto intensi che al secondo il ragazzo ha un capogiro e crolla in mezzo alle ortiche: mentre il pubblico esplode in un boato di acclamazioni verso Linda, lei capisce che ha finalmente raggiunto tutto ciò che da anni agognava: l’amore di un ragazzo e l’accettazione dei suoi compagni.
O, per lo meno, questa è la sua convinzione perché non tutti sono stati colpiti positivamente dalla sua esibizione e la considerano un attacco diretto alla sua posizione sociale e ai progetti per il proprio futuro.

Capitolo 14

Linda si era convinta di aver compreso cosa si intendesse con l’espressione “camminare a un palmo da terra”. Mentre attraversava il corridoio del primo piano della N. Sandrini non respirava affatto quell’atmosfera di odio e disprezzo che aveva inquinato per anni la sua esperienza scolastica: anzi, sentiva il suo cuore battere felice mentre camminava a testa alta in mezzo ai suoi compagni, il viso, già meraviglioso come lo descriveva Tommaso quando stava per baciarla, ulteriormente ingentilito da un sorriso che le sgorgava dall’anima.
Se fino alla mattina precedente i ragazzi più educati non la guardavano in faccia o le parlavano alle spalle, in quel momento tutti si voltavano verso di lei, salutandola gentili, distogliendo la propria attenzione dalle attività che stavano compiendo per indirizzarla verso di lei. In quei pochi minuti aveva forse ricevuto più sorrisi che nel resto dell’anno scolastico.
Linda si fermò davanti al suo armadietto e vi trovò un fiore reciso attaccato con del nastro adesivo al metallo dello sportello. Era solo un garofano rosso scuro i cui petali erano bordati di bianco, probabilmente strappato dalla pianta che cresceva accanto all’ingresso del cancello della scuola, ma la ragazza a stento trattenne l’ondata di emozioni che la colse e che quasi le sfuggì dagli occhi. Lo staccò dall’armadietto, lo liberò dallo scotch e, dopo averne apprezzato il profumo discreto, lo mise nell’occhiello della zip del tascone frontale dello zaino.
– Che bel fiore. – constatò una voce maschile alle sue spalle.
La ragazza si volse, trovandosi davanti Manuele, un ragazzo di diciassette anni che studiava elettronica, sebbene nel suo caso il termine “studio” andasse preso decisamente con le pinze. Era carino, e molte ragazze erano state con lui, principalmente perché il padre aveva un’azienda e disponeva di parecchio contante quando usciva il sabato sera. Spesso, con il fratello, di un paio di anni più grande, andavano in macchina fino alla costiera romagnola per raggiungere le discoteche più rinomate della zona, con un paio di ragazze o tre al seguito in macchina; solitamente tornavano il pomeriggio successivo, le ragazze esaltate per essere state in qualche locale alla moda e aver visto qualche vip, i due con la soddisfazione ben visibile sul volto per aver soddisfatto i loro appetiti.
Forse un paio di anni prima Linda avrebbe potuto ancora essere interessata a vedere gli individui che comparivano sullo schermo della tv, ed essere abbastanza disperata da accettare dentro di sé il cazzo di uno il cui unico pregio era avere un fratello ancora più puttaniere di lui e con la passione per le guida, ma in quel momento non ci sarebbe nemmeno uscita al bar per bere un caffè. Nonostante questo, gli sorrise: in fondo, non faceva fatica a comprendere che ci stava provando con lei per quello che aveva dimostrato di saper fare il pomeriggio precedente, ma era comunque il suo primo fan a farsi avanti e parlarle.
– Sì, – rispose, e aggiunse, conscia che non sarebbe di certo stato Manuele a farlo: – mi chiedo chi me lo abbia donato.
Il ragazzo sollevò le spalle, come a indicare che quelle erano sciocchezze da marmocchietti. Preferì usare il suo trucco collaudato anche con Linda, iniziando a vantarsi di aver visto questo e quel vip nelle settimane precedenti durante le sue incursioni nella costa adriatica. Alzò le sopracciglia e annuì come a sottolineare il proprio valore sociale quando aveva chiesto l’autografo ad un tipo che la ragazza non era sicura di aver mai sentito nominare.
– Ah, piantala di disturbare la ragazza con queste idiozie. – sbottò seria una voce che proveniva dal corridoio.
Voltandosi in direzione di quelle parole, i due videro avanzare Alessio. Manuele gli scagliò uno sguardo di disprezzo, mentre Linda non poté trattenere un sorriso: la ragazza ammirava la sua bellezza e la sua strafottenza le faceva battere il cuore. Non poteva nascondere a sé stessa che ne era innamorata e, prima di conoscere Tommaso e trovare in lui l’uomo della sua vita, Alessio era stato spesso il protagonista delle sue fantasie erotiche, quando la sera era chiusa nella sua stanza, nascosta sotto le calde coperte, dopo una giornata da schifo, e si dava piacere da sola. Nella sua mente, Alessio era un amante poco propenso alle effusioni, che la prendeva con la forza, spesso legandola al letto e possedendola senza porre alcuna importanza ai bisogni, soprattutto emozionali, della ragazza. “L’esatto contrario di Tommaso” si rese conto Linda in quel momento. In effetti, pensò, non l’avrebbe cambiato con lui per nessun motivo. Ma, dovette ammettere con un sospiro di apprezzamento, Alessio era veramente bello con quegli occhi di un profondo azzurro. Aveva uno di quei visi poco virili, con tratti che sembrava presi da un volto femminile, adatto a quello di un cantante da boyband, le labbra grandi sempre alzate in un sorriso come se fosse a conoscenza del fatto che ogni ragazza volesse baciarle. I capelli erano castano scuro, lunghi, ma sempre in ordine grazie all’uso del gel. Doveva essere alto più o meno quanto Tommaso, ma molto più esile, sebbene compensasse con ore e ore di palestra che lo avevano dotato di un corpo gradevolmente robusto.
La voce del ragazzo era profonda, tanto da eccitare Linda con le sole parole. – Dai, levati dai piedi che la stai annoiando. È una ragazza intelligente che merita di meglio di qualche pettegolezzo su qualche cantante che tra un paio di anni non lo vorranno nemmeno ai matrimoni e attori che non andrebbero bene nemmeno alle recite di Natale.
Manuele sembrò non essere troppo d’accordo, preparandosi ad affrontare il nuovo arrivato, ma questo, evidentemente abituato a trovarsi in situazioni del genere, quasi senza nemmeno accorgersene si passò prima la mano sinistra sul braccio destro, poi il contrario, ritirando le maniche fin quasi alle spalle e mostrando la pelle priva di peli e modellata da una serie di muscoli che a Linda sembrò esagerata, ma sentì crescere dentro di sé il desiderio di scoprire che sensazione desse sfiorarli con le dita. Si chiese come fosse sotto la maglietta.
L’esperto di vip sembrò comprendere l’antifona, soprattutto quando l’altro incrociò le braccia davanti al petto e parve alzarsi di un paio di pollici. Lanciò una nuova occhiataccia al suo contendente, che finse di non accorgersene nemmeno e che se ne andò con la coda tra le gambe e senza salutare.
Come se nulla fosse accaduto, Alessio si appoggiò con una spalla al muro di armadietti sorridendo a Linda. Sapeva di essere bello, di essere considerato tale da quasi tutte le ragazze della scuola e non sembrava farsi problemi nell’approfittarne. Fissava la ragazza negli occhi, e di tanto in tanto abbassando lo sguardo sulle sue labbra, cosa che, inconsciamente, la eccitava. – Era da tempo che volevo conoscerti, Linda. – le disse.
La ragazza sapeva benissimo che non era affatto così, e glielo avrebbe ribattuto in faccia… ma era così bello, e come pronunciava il suo nome… sembrava glielo stesse sussurrando in un orecchio, abbracciandola nuda in un letto sfatto, dopo aver fatto l’amore per tutta la notte… Lei abbassò lo sguardo, sorridendo imbarazzata a quel pensiero.
Lui fraintese. – Sto pensando che potremmo frequentarci: che ne pensi? D’accordo, mi vedo già con un paio di ragazze, ma credo che tu sia una persona interessante, Linda, e dotata di grande intelligenza.
– Grazie, Alessio. – rispose lei, più per educazione. – Ma sto già con un ragazzo, e stiamo organizzandoci per il nostro fidanzamento.
Alessio sembrava non essere nuovo a situazioni simili. Anzi, Linda sapeva che non era la prima volta che insisteva con una ragazza al punto tale da spingerla a rompere con il suo fidanzato, ritrovarsi a letto con lui un paio di volte e poi, stanco il ragazzo di vederla o trovando qualcuna che ritenesse migliore, lei finiva in lacrime in mezzo alla strada, senza nessuno che l’amasse, o per lo meno spergiurando che fosse così. Linda ammetteva che era un comportamento stupido gettare tutto all’aria per uno stronzetto carino, ma… La ragazza ebbe problemi a terminare il pensiero quando lui si passò una mano tra i capelli, scostandoseli, e poi mettendo il broncio.
Diavolo, quanto le sarebbe piaciuto andarci a letto, almeno una volta, ammise tra sé e sé…
– Capisco, – ammise lui, – ma sei sicura che lui possa davvero essere il ragazzo adatto per te? – E dette queste parole finse di stirarsi e mostrò i pettorali sotto la maglietta, muovendo il collo come se gli dolesse ma mettendo in evidenza le spalle muscolose.
Linda trattenne un sorriso. – Sì. – disse, senza possibilità di rimostranza.
Alessio sembrò accettare la situazione, ma propose comunque a Linda di scambiarsi il numero di telefono. Lei accettò, ma consigliò al ragazzo di non approfittarne o l’avrebbe bloccato. Lui finse di risentirne, la salutò con educazione e se ne andò, probabilmente escogitando già un nuovo piano per sedurla e portarsela a letto.
Linda scosse la testa, divertita. Per anni avrebbe venduto l’anima al diavolo per passare una notte di passione con Alessio, e adesso lei lo mandava via. Come cambiavano le cose quando si era innamorate…
Comunque, cosa stava facendo prima che Manuele la distraesse? Stava prendendo dei libri dal suo armadietto o li stava depositando, in vista di una…
– Ehm, scusami, Linda… – la chiamò con educazione una voce femminile alle sue spalle.
Voltandosi incuriosita, la ragazza si trovò davanti Nadia, la ragazza dai capelli rossi che aveva gareggiato il pomeriggio precedente contro di lei, e che Linda aveva considerato la sua avversaria più pericolosa, sebbene non avesse poi fatto nulla di così eclatante, almeno rapportato alla sua esibizione. Era stupita dal fatto che le stesse rivolgendo la parola non solo garbatamente, ma pure con una certa… soggezione? Soggezione, si domandò la ragazza, era il termine corretto? Le sembrava strano, visto che le altre due sue avversarie, Adriana e Piera, non avevano preso particolarmente bene le loro meschine figure alla gara e si erano scagliate contro di lei, la prima di persona, quella mattina, e l’altra già il giorno prima, sulla pagina dell’evento su Facebook, sostenendo che Linda non aveva fatto un semplice pompino ma qualcosa che non era riuscita a comprendere, nascondendo ciò usando termini da pornografia come se questo avesse posto Linda ad un’immaginaria categoria superiore nello sport dedicato al sesso orale. Andava comunque detto che Piera era stata prontamente coperta di insulti dagli altri utenti, pronti a definire la prestazione di Linda come qualcosa di eccelso e ineguagliabile.
Nadia, riconobbe Linda, era una ragazza carina, ma doveva buona parte del proprio successo al colore infuocato dei propri capelli. Era davvero magra e alta, dando l’idea di essere fragile e goffa, sebbene non lo fosse affatto. Aveva gli occhi di un bel color marrone e sul viso, sempre illuminato dal sorriso, non c’era traccia di efelidi, rendendo Nadia probabilmente l’unica rossa al mondo a lamentarsi di non esserne dotata. Bisognava dire che non sembrava avere la minima capacità di vestirsi bene, indossando in quel momento un paio di jeans blu pieni di pieghe, una maglietta sformata dello stesso colore ed una maglia grigia sbottonata. Non che ad un uomo sarebbe interessato, si disse Linda: aveva i capelli rossi, e sapeva fare buoni pompini, e anche se fosse stata vestita con un sacco di juta sarebbe stata ugualmente la partner sessuale perfetta.
– Ciao, Nadia. – salutò con calore Linda, sorridendo. – Sei stata davvero brava ieri. Ho davvero avuto paura che mi battessi.
Il viso della rossa assunse lo stesso colore dei capelli. – Grazie, anche se so che stai mentendo… Tu sì che… Comunque, venerdì, io ed un paio di mie amiche avevamo intenzione di… ehm… andare in un locale qui vicino e… beh, ci farebbe piacere se facessi parte della nostra compagnia.
Linda avrebbe voluto battere le mani e saltellare tanto era felice. Allora, pensò, l’essere stata vincitrice della sua giornata di gara stava dando i suoi frutti, dato che una ragazza l’aveva invitata nel suo gruppo. E niente meno che quella che aveva battuto, nonostante i suoi sforzi.
– Sei gentilissima, Nadia. – rispose. – Chiederò al mio ragazzo se ha altri impegni per quella sera e sarà mio dovere avvisarti in tempo.
La rossa mise una mano dietro alla nuca, abbassando lo sguardo. Per essere una che ieri aveva spompinato il bel Daniele davanti ad una trentina di ragazzi, giudicò Linda, sembrava essere diventata parecchio timida. Che fosse lei la causa?
– Ecco, sì… il tuo ragazzo… – balbettò Nadia, continuando a non avere un contatto visivo con la sua interlocutrice, – potrebbe venire anche lui… Noi… ehm, saremmo felici di conoscerlo.
Non seppe come, ma Linda trattenne a stento una risata. Quindi era questo il loro piano: invitare lei, creare un’atmosfera conviviale e d’intesa, e poi farle spiegare i segreti dei suoi pompini. O, meglio ancora, far venire anche Tommaso e convincerlo a permettere a Linda di dimostrare la propria tecnica. Diavolo, quella rossa era un genio del male.
Linda si chiese se sarebbe piaciuta a Tommaso. Magari avrebbero potuto accoglierla qualche volta nella loro alcova e permetterle di imparare davvero a spompinare con maestria. La ragazza sorrise deliziata all’idea di renderla la sua schiava sessuale, la sua troia personale, e costringerla a darle piacere come pagamento per la sua istruzione. Tania, a quanto pareva, si rese conto, non le aveva aperto gli occhi solo su come usare la bocca per dare piacere, ma anche permesso di scoprire un lato perverso della sua sessualità che ignorava di possedere ma che, adesso, avrebbe voluto esplorare con gusto e approfonditamente…
Annuì cortese a Nadia. – Ne parlerò con lui. – le promise, anche se sapeva che Tommaso aveva il turno del pomeriggio e non avrebbe potuto certo lasciare a casa la sua trombamica e andare per locali con lei. Ma sarebbe durato ancora per poco, sapeva, e questo allargò il suo gentile sorriso.
Si salutarono per poter andare ognuna nella propria classe quando sentirono il suono della campanella, Linda elettrizzata dall’idea che i suoi compagni avessero finalmente iniziato a guardarla con occhi nuovi. Manuele e Alessio, sapeva, volevano solo portarla a letto, ma Nadia e le sue conoscenti, condividendo qualche segreto, avrebbero potuto essere sue amiche.
Quello era il giorno in cui era nata la nuova vita di Linda, si disse convinta, e non avrebbe fatto che migliorare. Dopo diciotto anni, trascorsi ad essere insultata ed evitata da tutti, finalmente la gente cominciava a volerla frequentare, e tutto questo grazie ad una ninfomane a cui stava per portare via il ragazzo… Sì, forse non tutti l’avrebbero amata, pensò divertita.
Lanciò un’ultima occhiata a Nadia che si allontanava, notando un paio di ragazze, dall’altra parte del corridoio, che la guardavano sul viso, interrogandola con lo sguardo su quale fosse stata la risposta alla loro proposta. Il movimento delle spalle e le mani che si aprivano della rossa furono la silenziosa, affrettata risposta.
La ragazza chiuse l’armadietto, girò la chiave e se la mise in tasca, sollevò lo zaino mettendoselo in spalla e si avviò verso la sua aula. Molti ragazzi si voltarono per salutarla e qualcuno si complimentò con lei, spesso lamentandosi scherzosamente che la propria fidanzata non aveva nemmeno lontanamente le sue capacità; alcune compagne la guardarono con disprezzo, voltandosi disgustate per non vederla, ma un paio arrivarono a chiederle consigli o se nel pomeriggio avesse già impegni.
Poi successe quello che non si sarebbe mai nemmeno sognata: a pochi metri dalla porta dell’aula dove si sarebbe svolta la prima lezione della giornata, una voce gentile la chiamò. Voltandosi, Linda ebbe un tuffo al cuore nel vedere il bel Daniele sorriderle.
Lui allungò una mano, accarezzando il viso di Linda. Lei avrebbe voluto afferrare quella mano e strofinarci una guancia, in adorazione. Sentì le mutandine inumidirsi a quel pensiero.
– Sei stata davvero brava, ieri pomeriggio. – le disse con una voce che le fece aumentare l’umidità fino a renderla gocce di desiderio. – Non ho mai visto nessun’altra ragazza con uno stile come il tuo, fanciulla. Michele è stato davvero fortunato, e, detto tra noi, penso non se lo meritava.
Linda si sentì avvampare a quell’apprezzamento, con la testa che le diventava improvvisamente leggera. E sì, aveva ragione: Michele non se l’era meritato, o per lo meno, non si era meritato la parte piacevole. Ma finire gambe all’aria e diventare la battuta del giorno, come sentiva bisbigliare tra risolini lungo il corridoio, quello sì. Però era anche vero che avrebbe di gran lunga preferito essere stata al posto di Nadia, ritrovandosi in bocca il cazzo di Daniele.
Lo guardava fisso negli occhi, rapita da tanta bellezza. Si sarebbe voluta gettare in ginocchio davanti a lui senza distogliere lo sguardo dal suo viso, prendere il suo pene dei pantaloni e poi fargli provare un piacere ancora maggiore di quello sperimentato dal pezzo di merda del pomeriggio precedente. Lo avrebbe fatto sotto gli occhi di tutti, urlando che era la sua puttana, che lui era il suo padrone e avrebbe gustato la sua sborra con lo stesso piacere con cui gli dei dell’Olimpo assaporavano l’ambrosia. Sarebbe stato il più grande onore della sua vita.
Inconsciamente stava per allungare una mano verso l’inguine del ragazzo, quando lo stesso la riportò alla realtà. – È meglio che vado, o poi si incazzano perché faccio tardi a lezione. – confidò, facendo un passo di lato. Le sorrise di nuovo. – Potremmo vederci, di tanto in tanto.
– Sì. – disse con un soffio la ragazza, che si accorse solo in quel momento che non aveva respirato per tutto il tempo che Daniele le era stata accanto. Inspirò profondamente, riempiendosi i polmoni del profumo della pelle del ragazzo, colmandosi l’anima del suo afrore di maschio. Lo seguì con sguardo languido, chiedendosi, e nel farlo le sembrava di bruciare nel petto, che sapore avessero il suo glande e il suo seme…
Distolse l’attenzione da Daniele quasi con uno sforzo fisico, e si trovò a fissare qualcuno a cui avrebbe potuto chiederlo. Un sorriso di scherno emerse sul volto di Linda: all’altro capo del corridoio Francesca la fissava, gli occhi fuori dalle orbite, le labbra arricciate in un’espressione di puro odio. No, pensò divertita la ragazza, lei non le avrebbe proposto di uscire insieme la sera, o scongiurata di confidarle qualche segreto su come migliorare il proprio fellatio. Poi si rese conto dell’ironia dietro a tutto questo: il sorriso le si ingrandì ricordandosi che era stata la stessa Francesca, quel venerdì, all’uscita della scuola, a farla iscrivere alla gara, quindi, pensò, la nuova Linda era in pratica una sua creatura.
“Dovrei ringraziare quella stronza” si disse sogghignando, ma proprio in quel momento Francesca aveva mosso le sue labbra pronunciando silenziosamente qualche maledizione, poi si era girata con i pugni stretti e se n’era andata.
Linda sollevò le spalle, indifferente e divertita, e fece ingresso in aula.

***

Si accorse che era forse la prima volta in vita sua che non era tra i primi ad entrare in classe, ma bensì l’ultima. Anzi, la penultima, considerando che non si vedeva ancora l’insegnante, che spesso la prima ora faceva qualche minuto di ritardo, probabilmente intenta a finire la sigaretta, godendosela fino in fondo, o bevendosi un ultimo caffè nell’aula professori per trovare la carica necessaria a sopportare un centinaio di studenti per tutta la mattina.
Tutti i suoi compagni erano già in aula, seduti, e si girarono a guardarla. Linda rimase sconcertata nell’essere di nuovo sotto l’attenzione dell’intero gruppo, sebbene avrebbe dovuto farci l’abitudine. In fondo, era per quello che entrava sempre per prima in classe: mettersi al suo banco e scomparire dalla vista degli altri, ignorata completamente.
Questa volta, invece, trattenuta nel corridoio, la cosa non le era stata possibile, e ora tutti la fissavano, stupiti. Poi qualcuno le gridò che era stata fantastica, un altro le disse che era bellissima, uno scroscio di applausi si diffuse per la classe e Linda avanzò verso il suo posto a testa bassa, sorridendo, cercando di mostrarsi umile, sebbene avesse voluto urlare dalla fottuta soddisfazione. Un paio di mani si allungarono dai banchi e le diedero delle pacche di congratulazione, molti le sorrisero; qualche ragazza, che fino al giorno prima non l’avrebbe degnata di uno sguardo, la guardava con il desiderio di essere sua amica del cuore.
Forse l’unica nota stonata era seduta al banco accanto a quello di Linda, si rese conto la ragazza quando appoggiò a terra lo zaino, spostò all’indietro la sedia e intercettò lo sguardo di Marianna.
Marianna, aveva sempre giudicato Linda, vantava un viso splendido, con due occhi azzurri che lei le aveva sempre invidiato, e capelli color dell’oro per avere i quali, la ragazza dalla chioma quasi platinata, avrebbe ucciso. Peccato che sul suo volto regnasse sempre uno sguardo di astio verso qualsiasi cosa o persona.
Ma a Linda la cosa non interessava, quel giorno tutto sembrava fossero rose e canti di fringuelli. – Ciao, Marianna. – salutò, sorridendo.
Lei le piantò lo sguardo negli occhi. I suoi erano arrossati dalla rabbia. – Non mi importa cos’hai fatto ieri, stupida puttana, ma alla finale vi batterò tutte. Tu per prima. – aggiunse, dimostrando nel frattempo che il suo sguardo arrabbiato poteva diventare ancora più truce.
Linda esibì un sorriso di circostanza, poi si allontanò inconsciamente dalla compagna di qualche centimetro. Forse, in una stupida gara che avrebbe decretato la più brava a succhiarlo ad un gruppo di pervertiti che avevano voglia di farsi spompinare da ragazzotte senza rompersi le balle con l’offerta di bevande al bar e coccole a letto c’era ben più competizione di quanto si sarebbe aspettata.

***

L’insegnante di matematica e informatica non pronunciò una singola parola riguardo a quanto era accaduto il pomeriggio precedente o al fatto che Linda fosse diventata una delle ragazze più popolari della scuola. Di certo non ne sapeva nulla della gara, così come ne erano all’oscuro chiunque avesse più di ventun anni, ovvero l’età di Adriano, il giudice che aveva conosciuto Tania in termini biblici. Oltre a Tommaso, ovviamente. Probabilmente sarebbe sorto un caos totale se fosse trapelata la cosa, e una riunione con i genitori sarebbe stata organizzata in un baleno. Probabilmente i giornali locali ne avrebbero parlato, e così i siti di notizie, descrivendo tutto ciò come la prova della decadenza dei costumi dei giovani d’oggi, pensò Linda.
In ogni caso, meno persone fossero state a conoscenza della gara, meglio sarebbe stato. Era una delle regole della gara: si potevano usare solo bocca e mani, non si potevano mostrare seno e sedere più del dovuto al proprio giudice, non si doveva parlare con nessuno della gara. Le prime due avrebbero portato alla squalifica, la terza al declassamento al livello di paria a scuola e all’esterno. Qualcosa che nemmeno Linda, fino alla settimana precedente, aveva mai sperimentato sulla propria pelle nonostante fosse stata collocata in uno degli ultimi gradini della scala sociale.
Quale motivazione spingesse le altre ragazze a voler partecipare e vincere continuavano ad essere un mistero per Linda. Lei lo faceva inizialmente per non perdere la faccia e, una volta imparata la tecnica grazie alle lezioni di Tania, a guadagnarsi il rispetto, e magari un po’ di gradita devozione, dei suoi compagni di scuola, ma Marianna? O Francesca? Quali erano le loro motivazioni?
La ragazza lanciò un’occhiata veloce alla sua vicina di banco. Appariva impegnata nella stesura di appunti di matematica, scrivendo quanto stava dicendo la professoressa con la sua scrittura piccola e inclinata a sinistra, il quaderno vistosamente ruotato rispetto al banco. Linda si domandò quali emozioni e idee affiorassero nella sua mente quando pensava di mettersi in bocca il pene di un ragazzo, che magari nemmeno conosceva bene, come nel caso di quanto accadeva durante la gara, e che non avrebbe ricambiato il piacere che le dava.
Sollevò le spalle. Non c’erano in palio dei soldi, quindi non ci sarebbe stato nessun fratellino gravemente malato e che solo una costosa operazione chirurgica avrebbe potuto salvare come in certi film sullo sport. In effetti, non c’era nessuna coppa, nemmeno una medaglia a testimoniare in futuro la propria bravura nel praticare il sesso orale. Aveva ragione Tommaso, comprese Linda: non era altro che un gruppo di ragazzi arrapati che si facevano spompinare da delle ragazze sciocche…
La campanella suonò l’intervallo, seguita da grida di sollievo. Linda si alzò in piedi, stirandosi stanca: due ore di matematica erano pensanti anche per lei, ma se voleva entrare nel mondo della scienza era dovuta scendere a compromessi con le lezioni che le sarebbe toccato frequentare. Ce ne sarebbe stata una anche dopo la pausa, e sarebbe stato meglio fare un salto in bagno.
Nei corridoi c’erano pochi ragazzi, in quanto quasi tutti si erano riversati nel piazzale e nei parcheggi, approfittando delle belle giornate di primavera per prendere una boccata d’aria e, magari, anche un panino al camioncino che ogni giorno, alla stessa ora, si presentava davanti all’edificio scolastico. Nonostante ciò, molti dei presenti si voltarono al passaggio di Linda, sorridendole e, un paio, offrendole un caffè o un the al distributore automatico nell’ingresso. Lei rispose ai sorrisi, ma rifiutò con educazione alle offerte, rispondendo che ci sarebbero sicuramente state occasioni future.
Entrò nel bagno del piano, trovando un paio di ragazze che si stavano lavando le mani chiacchierando. Quando sentirono il suono della porta che si apriva, mossero la testa per vedere chi stesse entrando. Linda riconobbe entrambe, ma la sua attenzione venne calamitata da una in particolare: la mora che la fissò a sua volta, palesemente con poco piacere.
Linda salutò, appena in soggezione. Sandra la conosceva appena, era una ragazza di quindici anni che le sembrava studiasse letteratura, mentre l’altra era una sua contendente alla vittoria della gara: Vincenza.
– Buongiorno, Linda. – disse la ragazza, senza mettere troppo impegno nel nascondere nella sua voce che cosa stesse provando realmente. Si staccò dal lavandino, avvicinandosi a Linda, sotto lo sguardo sgomento di Sandra, che sembrava aspettarsi una scena di violenza da un istante all’altro.
Invece, dopo qualche passo che risuonò tra le pareti coperte da piccole piastrelle, la ragazza si fermò davanti a Linda, tenendole gli occhi piantati nei suoi. Erano alte uguale, centimetro più, centimetro meno, ma Vincenza aveva i capelli setosi di un castano scuro, e gli occhi marroni. Le spalle erano più larghe e, dalle foto che pubblicava su Instagram, poteva vantare una muscolatura tonica che sembrava mettere in risalto il seno, una seconda abbondante. Solitamente era una ragazza sorridente, circondata da maschi innamorati di lei, ma in quel momento anche lei dimostrava che la gara stava tirando fuori il peggio delle partecipanti.
– Ho avuto modo di visionare il video di ieri e della tua esibizione. – disse lentamente, stringendo gli occhi. – Ammetto che è stato soddisfacente vedere Michele cadere a terra dopo che gli hai suonato il flauto, ma non crederai davvero che basti quel trucchetto del baraccone per battermi? Può aver fatto divertire il pubblico, quel babbuino ti sarà grato per tutta la vita per avergli dato un po’ di piacere, ma la bravura è tutta un’altra questione, e la puoi trovare solo qui. – e si indicò con un dito la propria bocca. – Ti proporrei quasi di venire oggi pomeriggio a scoprire cosa si intende quando si parla di arte della fellatio, ma potresti deprimerti nel vedere una vera maestra all’opera.
Linda aveva fatto inconsciamente un passo all’indietro quando Vincenza le si era parata contro. Al pari di Sandra, si era aspettata di trovarsi addosso le mani della ragazza, ma quando aveva cominciato a parlare aveva compreso che l’attacco sarebbe stato di natura esclusivamente verbale e si era rilassata. Ormai era evidente che tutte le sue avversarie ancora in gara avrebbero cercato di far vacillare le sue sicurezze sulle capacità in quel campo particolare. L’idea la fece sorridere. Avrebbe potuto ricambiare il favore, e presentarsi anche lei nel pomeriggio e vedere con i suoi occhi lo stile della mora  e se fosse stata lei quella da temere o le altre due partecipanti, Anna e Diana.
O forse no: essendo solo tre le ragazze in gara quel pomeriggio, Michele sarebbe rimasto senza una partner e non voleva rischiare che lui cercasse di convincerla di fare un bis. Non si sarebbe più infilata il suo cazzo in bocca o in figa per nessun motivo al mondo, a parte in occasione della finale, sebbene la speranza di trovarsi un altro giudice, in quel caso, non le sarebbe dispiaciuto affatto. In effetti, se all’inizio Michele probabilmente era stato assegnato a lei per qualche sgarro che aveva fatto agli altri tre del gruppo, o scelto a caso attraverso qualche sistema poco scientifico tipo lancio della monetina o sasso-carta-forbice, provocando sicuramente le sue lamentele, per la finale amava immaginare che si sarebbero scannati tra di loro per avere la possibilità di provare le sue capacità nell’arte del succhiare.
– Togliti dal viso quel sorriso idiota. – le consigliò Vincenza un attimo prima di voltarsi ed uscire, lasciandole senza salutare.
Linda la seguì con lo sguardo, voltando la testa. La guardò chiudere la porta del bagno delle ragazze con un colpo. Sollevò le spalle: dopotutto, sembravano essere di più quelli che l’ammiravano rispetto a quelli che la riconoscevano come un nemico nella ricerca di gloria. Forse sarebbe stato utile preparare una nuova strategia per la finale, visto che chiunque sembravano aver visto il video, e tirare fuori dal cappello qualche altro trucchetto insegnatele da Tania, più che altro per andare sul sicuro. Da quanto aveva capito, dato che il video non l’aveva visto, lei era inquadrata tutto il tempo di schiena, quindi nessuno avrebbe potuto studiare la sua tecnica e i suoi movimenti.
E a proposito di movimenti, sentì l’altra ragazza muoversi verso di lei. Quando si voltò per affrontare anche lei, Linda trovò Sandra con lo sguardo basso, a un metro da lei. Aveva una mano nell’altra, e sembrava stesse impastando qualcosa, o preparando una palla con del materiale simile alla plastilina.
– Io… ehm… – borbottò la ragazza, con un filo di voce, – so che non ci siamo mai frequentate, ma vorrei chiederti il favore di insegnarmi qualche… qualche tuo trucco… Vorrei fare felice il mio fidanzato. Per piacere.
Linda non poté di trattenere un sorriso davanti a quella dimostrazione di amore verso il proprio ragazzo e di innocenza. E il sorriso si allargò nel constatare che due settimane prima lei stessa non sapeva come mettersi in bocca un cazzo e che, probabilmente, lei era stata nella stessa posizione di Sandra, con Tania al suo posto.
Abbracciò la ragazza, che sentì rigida tra le sue braccia, sorpresa. – Il tuo ragazzo se lo meriterebbe? – le sussurrò in un orecchio. Se c’era una cosa che doveva ammettere la bionda era che anche Tommaso le aveva insegnato qualcosa, e non si trattava solo di come praticare un cunnilingus su un’altra donna per farla impazzire come avrebbe fatto con un uomo per mezzo di un pompino, quanto piuttosto che lei aveva il diritto di avere con sé un uomo che sapesse rispettarla fuori dal letto, che la facesse sentire felice e amata.
Sandra non rispose, confusa.
Linda si sciolse dall’abbraccio. – Un giorno ne parleremo, ma dopo che avremo finito l’anno scolastico. – le promise. E soprattutto dopo che fosse terminata la gara: non voleva che Sandra si rivelasse essere una spia, magari proprio di Vincenza. Sarebbero state in grado di mandare un’altra ragazza per rubare i suoi segreti?
Si salutarono e la ragazzina uscì dai bagni dopo che si furono scambiati i numeri di telefono con la promessa che avrebbero preso un pomeriggio per parlare. Con un sospiro di sollievo, Linda finalmente poté recarsi in uno dei gabinetti.
Scelse il più vicino, s’infilò dentro e si tolse il cellulare dalla tasca dei jeans e lo appoggiò sul portarotolo di carta igienica affisso al muro a destra del gabinetto. Controllò velocemente che non ci fossero messaggi di Tommaso. Niente. Probabilmente stava facendo ancora sesso con Tania, o dormiva in vista del pomeriggio al lavoro, pensò sconsolata. Beh, in effetti nemmeno lei aveva più scritto a lui o alla sua maestra dopo la gara del giorno prima, troppo eccitata e indaffarata a rispondere ai messaggi di chi si era scoperto improvvisamente suo fan su WhatsApp.
Lasciò un attimo il telefonino sul portarotolo, si abbassò i pantaloni, le mutandine e si sedette sul gabinetto. Mentre dallo stesso si alzava il rumore di uno schizzo di liquido che impattava contro la ceramica biancastra, la ragazza riprese il telefonino, lo sbloccò e scrisse un messaggio a Tommaso, dicendogli che le mancava tantissimo. Si lasciò sfuggire un sospiro mentre premeva il tasto di invio: diavolo, quanto gli mancava… i suoi baci, le sue carezze, fare l’amore con lui. Trattenne a stento le lacrime all’idea che non lo avrebbe visto fino a sabato insieme a Tania.
E avrebbe fatto meglio a mandare un messaggio anche a Tania, o si sarebbe insospettita se ne avesse mandato solo uno al ragazzo, pensò. Mentre digitava velocemente, sentì che la porta esterna si apriva e si chiudeva un paio di volte, qualcuno andò nel gabinetto accanto e un altro flusso di urina si riversò nella tazza, mentre qualcun altro si lavava le mani.
Linda spense lo schermo del telefono, strappò un pezzo di carta igienica che si passò sulla passera per asciugarsi, tirò l’acqua dopo averlo gettato nel water, si sistemò i vestiti e, rimessasi il telefono in tasca, uscì dal gabinetto.
C’era una ragazza a lavarsi le mani, Roberta, che si girò verso Linda, lanciandole un saluto silenzioso con un cenno del capo, poi sussultò. Linda non capì cosa le fosse successo, ma la domanda svanì dalla sua mente quando si sentì afferrare alla maglia e il muro piastrellato tra due porte dei gabinetti piombarle sulla schiena e la nuca.
Linda strillò spaventata, mentre Roberta si affrettava a fuggire dal bagno, lasciando il rubinetto aperto e l’acqua che continuava a cadere nel lavandino. La porta si chiuse con un tonfo.
Quando la bionda aprì le palpebre, confusa nel velo di lacrime che la botta le aveva fatto bagnare gli occhi, scorse l’ultima persona che avrebbe voluto trovarsi davanti. In fondo, pensò ironica una parte della sua mente, era l’ultima seria contendente della gara di pompini che non l’avesse ancora minacciata o svilita…
Ma Francesca, a giudicare dall’espressione del volto, era ipotizzabile non volesse limitarsi alle parole. Era alta almeno dieci centimetri più di Linda, e nonostante fosse magra e le sue uniche attività in palestra fossero solo fitness o cardio, sembrava pronta a riempirla di botte, la mancanza di muscoli sopperita dalla rabbia che distorceva i suoi lineamenti.
– Lurida troia, non avvicinarti a Daniele! – sibilò tra i denti, il viso talmente vicino a quello di Linda che quest’ultima sentiva il fiato della mora insinuarsi nelle sue narici e scendere nei suoi polmoni, le labbra che sembravano volessero baciarla da un momento all’altro.
– Cosa… – provò a chiedere la biondina, ma si sentì di nuovo spingere con violenza contro il muro.
– Non ti farò partecipare alla finale, troia. – le giurò Francesca. La lasciò con una mano, che si sollevò in alto, pronta a calare sulla sua vittima, ma proprio in quel momento la porta cigolò sui cardini.
La mora lasciò Linda, facendo un passo indietro e puntando lo sguardo sull’uscio. Linda, sconvolta, fece lo stesso, pregando si palesasse un insegnate.
Una volta tanto fu fortunata: una professoressa di inglese apparve alla porta, fissando le due, corrucciata, gli occhi autoritari che chiedevano cosa stessero facendo. Dietro una spalla faceva capolino il viso di Roberta, sconvolta e spaventata.
Cadde un profondo silenzio nel bagno, reso ancora più fragoroso dall’acqua che scivolava nello scarico e dal suono dei serbatoi dei gabinetti che stavano finendo di colmarsi. Venne infranto dopo qualche secondo dall’insegnante con il suo parlare simile ad un fastidioso pigolio: – La vostra compagna Roberta mi ha avvisato che qui era in corso un atto di bullismo.
Francesca rispose con una voce priva di inflessione, ma che sembrava ugualmente feroce quanto il ruggito di un predatore. – La nostra compagna Roberta farebbe meglio a comprarsi un paio di occhiali. – Era voltata verso la professoressa ma, da come sbiancò la ragazza alle sue spalle, era evidente che quelle parole non erano rivolte all’adulta. Poi si rivolse alla biondina: – Vero, Linda.
Linda si accorse che non le aveva posto una domanda quanto piuttosto le aveva, poco velatamente, suggerito cosa rispondere all’insegnante. Lei spostò lentamente lo sguardo dalla professoressa alla mora che le aveva appena messo le mani addosso. La fissò per un istante, un lungo istante. Le sarebbero bastate un paio di parole per rovinarle la vita, o per lo meno l’anno scolastico ma, per qualche motivo, non volle che la sua vendetta fosse così semplice, una cazzo di sveltina punitiva. No, sarebbe stato qualcosa di molto peggio che un richiamo o una sospensione. Batterla in finale sarebbe stato un buon inizio, ma non si sarebbe limitata a quello… Voleva godersi la sua vendetta come un lungo cunnilingus che portava ad un devastante orgasmo.
Senza distogliere lo sguardo dalla mora, Linda confermò quanto detto da Francesca. – No, professoressa: nessun problema. – rassicurò. Non poteva certo vantare capacità di modulazione della voce paragonabile a quelle delle streghe Bene Gesserit, o anche solo della bulletta che aveva accanto, ma fu sicura che anche le sue parole grondassero di significati non espressi ma facilmente immaginabili.
L’insegnante non sembrò particolarmente convinta ma, per qualche motivo, volle accettare le asserzioni delle due studentesse. Il suo sguardo passò da una all’altra per qualche secondo, poi dichiarò, con il tono di voce del migliore poliziotto da film americano: – L’intervallo sta per terminare. Tornate alle vostre classi.
Quando la porta si richiuse, Francesca si girò verso Linda. Le braccia lungo il corpo vibravano tanto i pugni erano serrati. La voce con cui parlò sembrò affilata come la lama di un assassino. – Sei spacciata, Linda. Non vincerai la finale. – Il labbro superiore alzato a mostrare i denti bianchi diede una maggiore intensità a quelle parole, nonostante non ne avessero bisogno.
Linda non rispose. Si limitò a guardare la mora senza nascondere il proprio odio mentre si avviava verso l’uscita e abbandonava il bagno.
– Puttana. – sibilò sottovoce una volta rimasta sola.
Un trillo dalla sua tasca fece cambiare l’espressione del suo volto come il giorno rispetto alla notte. Il suo sorriso scacciò l’energia negativa che aveva impregnato quel locale quando riconobbe la suoneria dei messaggi che aveva impostato per una persona in particolare: prese il cellulare dai calzoni, lo sbloccò velocemente e lesse il messaggio.
Un attimo dopo si portava la mano libera alla bocca, tremando, le lacrime che scivolavano sul suo viso.
– No, Tommaso… – singhiozzò. Improvvisamente avrebbe voluto morire.

CONTINUA…

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