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Linda la nerd – Capitolo 18

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Nelle puntate precedenti:
Come se non bastasse il fatto che Linda sia sconvolta per il fatto che Alessio, in cui confidava la propria sicurezza a scuola, proteggendola dagli altri ragazzi, abbia cercato di violentarla e solo spaccandogli il naso si sia salvata, un altro attacco si sta per abbattere su di lei da parte di Francesca che, dopo aver corrotto i giudici con il proprio corpo, ha raggiunto lo scopo di farla squalificare dalla gara di pompini.
Nel frattempo, Tommaso, sebbene convinto consciamente di voler dimenticare Linda, scopre che il suo cuore ha ben altre intenzioni.

Capitolo 18

– No, Lino! – ripeté Linda, sbattendo l’anta in metallo dell’armadietto. Il suono che si propagò nel corridoio fu come quello di una fucilata; qualche studente si voltò verso di lei, sussultando per il rumore. – Falla finita. Non ho intenzione di uscire con te.
Il ragazzo, un diciottenne allampanato con degli occhiali rotondi incapace di restare fermo per più di mezzo secondo e che mostrava almeno un paio di anni in meno della propria età, non aveva intenzione di demordere. Era da quando la ragazza aveva varcato le porte della scuola che non le si staccava di dosso, cercando di convincerla a concedergli un appuntamento con un’insistenza che stava dando sui nervi della bionda.
Lui, probabilmente, si riteneva bello, simpatico e desiderabile, e in altre situazioni Linda non avrebbe avuto nulla da recriminare su questo, ma il ragazzo aveva avuto un pessimo tempismo: se si fosse presentato un mese prima la fanciulla avrebbe accettato con immenso piacere, ma quel giorno non avrebbe voluto accanto nemmeno il più bell’attore al mondo.
Ecco, forse l’unico sarebbe stato Tommaso: avrebbe affondato il viso nel suo petto, mentre lui l’abbracciava, le baciava i capelli della nuca e l’assicurava che sarebbe andato tutto bene, che avrebbe pensato a tutto lui, poi lei avrebbe pianto, confessando tutto quello che la turbava. Oh, avrebbe pianto molto e a lungo perché il dolore che gravava sul suo cuore pesava come un macigno.
Linda, se avesse saputo che vincere la semifinale della gara di pompini avrebbe portato tutta quella merda nella sua esistenza, avrebbe preferito fare una figuraccia davanti al cazzo di Michele e continuare con la sua vita sociale da sfigata, per poi passare i pomeriggi tra l’amore di Tommaso ed il continuo desiderio di sesso di Tania. E invece no, aveva voluto vincere, o, per meglio dire, stravincere, e tutto quello che aveva conquistato o le piaceva della sua vita precedente era scomparso.
Non avrebbe nemmeno saputo dire cosa la dispiacesse maggiormente, dopo l’abbandono di Tommaso, ovviamente. Probabilmente, tutti quei ragazzi che ci provavano con lei. Fino alla settimana prima nessuno osava avvicinarla se non voleva essere degradato a sfigato anche lui, e adesso che tutti conoscevano le sue capacità nel sesso orale, non aveva più un attimo di respiro. Lino era solo l’ultimo.
E Alessio? Diavolo, pensò, Alessio? L’unico con cui lei ci avesse provato, il ragazzo che le piaceva e che spesso era nei suoi sogni erotici, il suo amante fatto da un paio di dita nella solitudine della sua camera da letto, aveva cercato di violentarla quando lei aveva compreso che era solo un povero stronzo e gli aveva negato un pompino. E quella mattina non si era presentato a scuola.
Non che Linda avrebbe voluto incontrarlo, ma adesso era in pensiero, non tanto per lui quanto per la paura che il pomeriggio precedente gli avesse rotto il naso o uno zigomo nel liberarsi e l’avesse denunciata. La ragazza non dubitava che avrebbe avuto ragione lei, se mai la cosa fosse stata all’attenzione di giudici o anche solo di agenti delle forze dell’ordine. Ma i suoi genitori cosa avrebbero pensato se avessero saputo che la loro figlia stava per essere violentata da quello stronzo?
Il pensiero la colpì come un pugno nello stomaco… e uno ancora più devastante venne inflitto dall’idea che i suoi genitori scoprissero che i suoi voti, solitamente tra il nove ed il dieci, avevano cominciato a calare quando aveva iniziato a frequentare il talamo di Tommaso e Tania. Ora che la sua vita a scuola era, incredibilmente, peggiorata e la sua vita sociale e sessuale andata completamente a pezzi, il suo rendimento scolastico ne avrebbe risentito negativamente ancora di più?
– Dai, Linda, cosa ti vieta di… – iniziò a dire Lino, riportando la ragazza al presente.
– Senti, vai a cagare! – sbottò Linda, ormai infuriata. Se non se ne fosse andato all’istante probabilmente l’avrebbe colpito con i libri di testo che aveva in mano.
– Sì, Lino, levati dai coglioni e torna a segarti sui cartoni animati giapponesi. – ordinò una voce femminile che, dal tono, non permetteva repliche.
Il ragazzo guardò oltre la spalla sinistra di Linda e, nemmeno avesse scorto un mostro, si voltò e quasi fuggì, scomparendo tra gruppi di studenti che si facevano i fatti propri nel corridoio.
Linda aveva compreso, anche senza guardare, chi fosse alle sue spalle. Si voltò intimorita, temendo che volesse di nuovo metterle le mani addosso, come aveva fatto la mattina precedente, nei gabinetti.
E invece, con sua sorpresa, Francesca si strinse le braccia al petto sovrasviluppato e si appoggiò alla parete di armadietti alla sua destra, sorridendo. Non un sorriso cortese, riconobbe facilmente la bionda.
– Cosa… cosa vuoi? – domandò Linda, stringendo inconsciamente al seno i libri.
Per quanto sembrasse impossibile, Francesca, quella mattina, appariva raggiante. A Linda, quella mattina, non sembrava nemmeno la solita stronza strafottente. – Oh, solo dirti, cara nerda, di metterti il cuore in pace che il problema dei mosconi non durerà ancora molto a lungo. – rispose, enigmatica.
– Che intendi dire? – chiese la bionda, confusa, sebbene comprendesse che la sua nemesi non le avrebbe mai portato delle buone notizie.
Francesca sollevò le spalle, fingendo di non saperne nulla, ma la pantomima durò solo qualche secondo perché il sorriso malvagio si allargò mentre gli occhi si stringevano. – Ma sì, perché farti perdere tempo inutilmente nel prepararti per domenica quando potresti sfruttarlo ritornando sui libri? – ribatté. – Non dovrei dirtelo, anche perché sabato pomeriggio verrà comunque pubblicato sulla pagina dell’evento su Facebook e i quattro mi hanno consigliato di non farne parola con nessuno, ma me ne sbatto e ti annuncio che ti ho fatta squalificare dalla gara di pompini.
Di fronte allo sguardo sconcertato di Linda, Francesca rise, poi sciolse le braccia e si batté una mano sul seno. – Sì, stupida troietta, vincerò io la gara, e la gloria e gli uomini saranno solo miei. Credevi di battermi? No, non lo farai: io sono più furba.
Linda rimase imbambolata davanti a quello sconvolgimento, e quando si riprese abbastanza per dire qualcosa, anche solo un insulto nei confronti della mora, questa si era già voltata e allontanata, seguita dalle sue risate beffarde e dallo sguardo incuriosito degli studenti diretti alle proprie aule o intenti a recuperare i propri libri.

***

Non fu difficile trovare i quattro giudici poiché stazionavano sempre nello stesso angolo della mensa prima delle lezioni, chiacchierando del più e del meno e raccontando di cosa avessero visto la sera prima o dove fossero andati nel week end. Quando Linda si avvicinò senza essere vista, ebbe la conferma di quanto una parte della sua mente aveva subdolamente sussurrato: Francesca si era fatta scopare per convincerli a squalificarla.
Quando la vide giungere alle spalle di Adriano e Michele, Enrico si raddrizzò, scacciando dal volto un sorriso libidinoso e avvertendo gli altri. Ecco che cazzo era, quel bastardo: un fottuto suricata sovrappeso che fissava l’orizzonte mentre gli altri si facevano i loro comodi, pensò Linda.
Gli altri tre, seduti come il loro amico attorno ad un tavolo, si voltarono a guardarla, sorpresi dalla rabbia che traspariva dal suo viso. Aveva le mani chiuse in pugni tanto stretti che le unghie si stavano conficcando nei palmi, e camminava con le spalle sollevate, come se volesse intimorire i predatori.
Ma era Linda, una ragazza alta e magra, che pesava sessanta chili e che non avrebbe spaventato nessuno, a meno che non fosse stata costretta a proteggersi con un controller, ma probabilmente quella voce non si era ancora sparsa per la scuola. In ogni caso, i quattro non avrebbero avuto difficoltà a immaginare che Francesca, ignorando il loro consiglio, avesse spiattellato tutto alla biondina dalla bocca d’oro.
Adriano si adagiò con un braccio sul tavolo, ora alle sue spalle, e la guardò con l‘interesse che avrebbe riservato ad un albero in mezzo ad un prato. Non la salutò nemmeno. – Linda, sei una finalista e non puoi parlare con i giudici della gara.
– Vaffanculo! – lo fulminò lei. – So benissimo che mi avete buttata fuori, bastardi. Avrei vinto senza problemi, ma avete altri programmi, vero?
Il capo del gruppo dei quattro sospirò, alzando lo sguardo, poi, passato qualche istante, tornò a concentrarsi sulla ragazza. – Non abbiamo altri programmi. La nostra gara premia la più brava.
– Io sono la più brava! – rispose Linda, piccata, indicandosi con le mani, poi puntò un dito su Michele, che stava sogghignando soddisfatto. – Chiedete a quel… quel… – La ragazza si trattenne appena dall’insultarlo pesantemente, ma non fu necessario che nessun aggettivo le uscisse dalle labbra perché chiunque in ascolto capisse cosa intendesse.
Il ragazzo dal brutto volto e che aveva avuto la fortuna di ricevere da Linda il miglior orgasmo della sua vita perse ogni malefica ilarità ma mostrò la sua volgare tendenza alla recriminazione e all’infamia. – Taci, puttanella! Non permetterti mai più! Mi hai fatto fare una figura di merda davanti a tutti!
Linda gli avrebbe sputato in faccia. Si chiese come, durante il pompino, avesse avuto voglia di provare il suo lungo cazzo anche nella figa oltre che in bocca.
Adriano lanciò un’occhiata annoiata al suo amico, che inghiottì quanto stava per dire contro la ragazza, sebbene non poté trattenere l’espressione di odio che rese ancora più brutto il suo grugno, poi tornò a Linda.
– Francesca ci ha fatto notare che sei troppo brava per far parte della gara. – spiegò, alzando le spalle. – Ne abbiamo parlato. Siamo giunti alla conclusione che è una gara per dilettanti e tu sei una… uhm… professionista, diciamo.
Alle sue spalle, sul volto del bel Daniele si allargò un sorriso sentendo nominare Francesca, mentre Michele sembrò sbavare veleno quando ripeté la parola “professionista”, riempiendola di connotati poco lusinghieri per una ragazza.
Linda non fece nemmeno caso al fatto che l’avessero appena definita una puttana tanto era furiosa. – Cazzate! – disse, e sembrò avesse appena affondato uno stiletto nel cuore di ognuno dei presenti. L’unico a reagire fu Enrico, il suricato sfruttato, che abbassò lo sguardo, imbarazzato. – Io voglio rientrare!
Adriano non le rispose nemmeno, girandosi e dandole le spalle. Gli altri seguirono il suo esempio, con Michele che le lanciò un ultimo sguardo di scherno.
La ragazza sentì una rabbia crescerle dentro, al punto tale che li avrebbe picchiati, ma probabilmente, riuscì a pensare, non sarebbe riuscita a fare molto contro di loro, se non sembrare una isterica idiota. Si limitò a sibilare: – Quella troia di Francesca vi ha scopati tutti per buttarmi fuori, e voi non siete meglio di lei!
Se ne andò prima di mettersi a disperarsi, sconfitta e delusa, poi, una volta nel corridoio, corse in bagno. Non voleva che nessuno la vedesse piangere, e si chiuse in un gabinetto, sedendosi sul coperchio della tazza e afferrando le gambe per stringerle al petto.
Non voleva piangere come il giorno prima, nel parco, ma la delusione era davvero troppa: prima la perdita di Tommaso, poi tutti quei coglioni che volevano solo la sua bocca attorno al proprio cazzo, come Alessio che aveva anche cercato di violentarla, poi, unica cosa rimasta, ovvero la vittoria alla gara, strappata anche quella a colpi di inguine da quella troia di Francesca… Cosa le restava da fare?
Prelevò dalla tasca il telefonino, tirò su con il naso e lo sbloccò, quindi chiamò l’unica persona a cui avrebbe potuto chiedere davvero aiuto.

***

Tommaso si guardò nello specchio, trovando ben poco piacevole l’individuo che lo fissava demoralizzato e con le occhiaie. Le guance erano coperte da una barba di quattro giorni e la bocca che, solitamente, lasciava trasparire la soddisfazione di una vita sessuale più che soddisfacente, mostrava il declino che la sua felicità aveva avuto nell’ultima settimana.
Si accorse di sentirsi nelle stesse condizioni in cui versava quando lui e Sara si erano lasciati, e la cosa gli appariva impossibile visto che condivideva la sua vita con una giovane donna piena di energia, intelligente, con degli splendidi occhi azzurri e dalla folta chioma…
– Cazzo… – mormorò, tra sé e sé, con una profonda sensazione di malessere che iniziò a calare sulla sua anima – non sto pensando a Tania…
Eppure, lei era ancora lì, per lui, che lo sopportava, anche se, ammise, non sapeva ancora per quanto. Era evidente che anche Tania iniziasse a essere stanca di quella situazione, di quel suo continuo malessere. Era giovane e voleva fare sesso. Certo, aveva anche altre priorità nella vita, ma non dubitava che stesse con lui perché era un ottimo amante, che sapeva darle piacere meglio di tanti altri uomini.
E perdere anche lei, in quel momento, sarebbe stato devastante, lo sapeva.
Era reduce di un turno della notte pesante, in fabbrica, ma decise che almeno un cunnilingus e qualche coccola glieli avrebbe donati quella mattina. Aprì il rubinetto del lavandino e, mentre aspettava che l’acqua diventasse calda, prese e mise sul bordo di ceramica una confezione di schiuma da barba spray e il suo rasoio.
Il telefonino che aveva in tasca squillò, facendolo sobbalzare. Improvvisamente il suo cuore si mise a battere all’impazzata, comprendendo chi fosse a chiamarlo.
– Linda! – esclamò, prendendo il cellulare. Se avesse lanciato un’occhiata allo specchio non avrebbe riconosciuto il vagabondo che lo aveva guardato con disprezzo di un attimo prima ma il Tommaso che aveva amato una diciottenne sotto lo sguardo di un coniglietto di peluche, la persona più felice al mondo.
Ma la gioia ebbe vita breve, il tempo di leggere sul display chi stesse realmente telefonando. Le spalle sembrarono crollare sotto il peso della realtà, e così anche gli angoli della bocca. Fissò amareggiato il cellulare ma decise comunque di rispondere. Chiuse il flusso di acqua e appoggiò l’apparecchio all’orecchio destro.
– Pronto?
– Oh, amico mio! – la piccola cassa acustica nascosta dietro ad un paio di fori nella scocca nera del telefono riprodusse la voce di Paolo. – Mi sono dimenticato di dirti al lavoro che ho trovato in internet il codice per sbloccare il telefono della tipa che monti. Ha ancora quel modello, giusto?
Nonostante tutto, a Tommaso scappò un sorriso. Per qualche motivo che non riusciva a comprendere, Paolo non poteva sopportare Tania, ed era convinto che conducesse una vita ben poco morigerata sessualmente parlando, nonostante giurasse di essere fedele solo al ragazzo nel cui letto dormiva ogni notte. – Grazie, Paolo, ma non mi serve.
– Certo. – rispose cordiale il collega. – Non ne hai bisogno. È una brava ragazza. Comunque, per non sbagliarmi e mandartelo per errore, adesso creo un file con Blocco Note. Lo metto qui, nell’angolo alto a destra del desktop del mio computer, ci incollo il codice e lo salvo con il nome “Non spedire a Tommaso perché mi ha assicurato che Tania è una brava ragazza tutta casa e chiesa”. Va’ come sta bene lì, appena sopra l’icona della posta elettronica: sembra proprio che stia per caderci dentro.
Non lo avrebbe mai ammesso, ma Paolo lo metteva sempre di buon umore, nonostante stesse parlando male della sua… beh, non fidanzata… partner sessuale?
Tommaso lo ringraziò, poi tornò alla sua barba, e dopo pochi minuti si sentì come nuovo, senza quella peluria fastidiosa. Pulì sommariamente il lavandino dai peli rimasti dopo aver fatto scendere l’acqua nello scarico. Si lavò velocemente i denti usando il dentifricio al mentolo, che avrebbe migliorato la sensibilità della mucosa di Tania e velocizzato il raggiungimento dell’orgasmo.
Spense la luce in bagno e raggiunse la porta della camera, che aprì, pronto a dimostrare a Tania che era di nuovo pronto a soddisfarla. Ma la ragazza, seduta sul letto, lo fissò con uno sguardo che lasciava trasparire ben poca voglia di avere un incontro d’amore.
Nuda, con i grossi seni che sembravano ancora più desiderabili del solito, Tania aveva i piedi sul pavimento. – Buongiorno, Tommaso. – disse, ma la freddezza che pesò su quelle parole fece sembrare al ragazzo che stesse parlando ad un muro piuttosto che all’uomo con cui aveva condiviso l’ultimo anno della propria vita.
– Ciao, Tania. – rispose lui, restando un momento sulla porta, confuso. – Che ne dici di…
Lei, con le strisce di luce che filtravano attraverso le persiane e che si distorcevano sul suo magnifico corpo, sospirò. – Beh, sono contenta che tu abbia finalmente voglia di scopare. Ma devo andare da mia madre, questa mattina. Ti ho aspettata solo per non farti trovare la casa vuota e farti credere che sia scappata con un…
Di nuovo una suoneria di cellulare squillò, ma le prime note “R U Mine” non lasciarono dubbio su chi fosse il destinatario della telefonata. Tania si voltò, mostrando i suoi desiderati glutei a Tommaso, e prese lo smartphone dal comodino. Rimase un paio di secondi a fissare lo schermo, poi lo appoggiò contro una coscia e si avvicinò alla porta, superando Tommaso.
– Chi è?
– Lavoro. – rispose la ragazza, infilandosi in bagno e chiudendo la porta.
Il ragazzo fissò la porta, chiedendosi cosa stesse accadendo. C’erano delle occasioni in cui Tania mostrava un comportamento incomprensibile. Poi sbuffò e decise di andarsene a letto.
Si spogliò senza tante cerimonie, lasciando i vestiti sul pavimento, sollevando un lembo delle coperte che nella sua metà di letto erano ancora in ordine, spostando la metà che avrebbero dovuto coprire la parte di Tania e infilandosi sotto completamente nudo.
E mentre se ne stava disteso, decise di farsi una zangolata per prendere sonno e scaricare l’eccitazione che l’idea di leccare la fica della sua trombamica gli aveva provocato. Prese dalla confezione un fazzoletto di carta e se lo mise sull’inguine, accanto al cazzo ancora moscio.
Per eccitarsi ed avere un’erezione decente, usò una delle sue fantasie erotiche preferite: immaginò Tania nuda, come l’aveva vista un attimo prima, mettersi a cavalcioni sulla sua faccia e lasciarsi leccare, mentre gli colava sul viso, sulle labbra, in bocca. La lingua di Tommaso penetrava nell’utero, leccando i primi centimetri del canale, poi la ragazza iniziava a strusciare il suo clitoride sulla punta del naso e sulla bocca, ansimando di piacere, infilandogli le dita tra i capelli e continuando a riversare sul suo volto la sua ambrosia.
Nel frattempo, quasi sentendo il sapore di sesso bagnato di Tania, coinvolto nella propria fantasia, Tommaso percepiva sotto le lenzuola il suo cazzo prendere lentamente la sua dimensione massima e quel sottile senso di potere e autostima dato dall’erezione diffondersi in lui.
Si mise tra le labbra il polpastrello del pollice, suggendolo fino a bagnarlo per bene, quindi infilò la mano sotto le lenzuola e si afferrò il cazzo ormai gonfio, la sensazione della pelle che si tirava mentre spingeva verso il basso, scoprendo il glande. Sorrise compiaciuto al piacevole pizzicore che provò quando iniziò a massaggiarsi la cappella e il bordo della pelle con il dito inumidito, immaginando che fossero i succhi della fica di Tania che aveva abbandonato il suo viso e si era lentamente impalata sul suo cazzo.
Lei gli sorrise, poi cominciò a montarlo con il ritmo della sua mano che muoveva la guaina di pelle su e giù, zangolandosi. L’odore speziato della sua eccitazione scivolò da sotto le coperte, facendo desiderare ancora maggiormente al ragazzo di godere di Tania, del suo sesso caldo e accogliente, e lei non sembrava volere altro, fottendolo con soddisfazione.
Ma dopo pochi colpi, però, il corpo della ragazza che lo cavalcava nella sua mente divenne più magro, il seno più piccolo e i capelli da castani a biondi. Linda gli sorrise, leccandosi le labbra, le mani appoggiate sul petto. Il suo fiato seguiva il ritmo dei sobbalzi del suo bacino, la fica che scendeva lungo l’asta del cazzo, la cappella che si bagnava nell’ambrosia e si beava del calore del giovane corpo della ragazza. Le gambe della studentessa tremarono convulsamente e la testa si alzò al cielo lanciando un grido di piacere quando Tommaso, percependo di aver raggiunto il punto di non ritorno, cinse il glande con il fazzolettino di carta che si riempì di calda, piacevole, soddisfacente sborra.
Tommaso si arcuò negli spasmi dell’orgasmo un paio di volte, poi ricadde sudato sul materasso, sospirando con gli occhi chiusi, soddisfatto di essersi finalmente svuotato, deluso che quello che colava sulle sue palle fosse solo la sua sborra e non il nettare del profumato bocciolo di rosa della ragazza che amava davvero…
– Linda… – disse, sottovoce.

***

Linda stava per perdere le speranze che Tania rispondesse. Magari era al lavoro, o stava facendo sesso con Tommaso, o non era vicina al telefono, o… O magari non voleva risponderle, per qualche motivo che non riusciva ad immaginare.
Non riusciva a togliere lo sguardo dallo schermo su cui compariva il viso della sua ex amante e il suo nome, come se questo potesse spingerla a prendere il proprio apparecchio e accettare la telefonata. Non le restava più molto tempo perché entro poco la campanella sarebbe suonata e avrebbe dovuto raggiungere la propria aula. In cuor suo non le andava affatto di passare la mattinata con il dolore di non sapere come comportarsi davanti ai problemi che le si erano affastellati, uno dopo l’altro, negli ultimi giorni.
Ma la schermata del telefono cambiò all’improvviso, e la voce della ragazza che le aveva insegnato a spompinare come una professionista la riportò alla realtà.
– Cosa ca… – stava per dire la mora, ma Linda non aveva tempo da perdere e la interruppe, agitata.
– Tania, grazie a Dio! – esclamò, grata che le avesse risposto. – Sono nei guai! Ti prego, aiutami!
Per un paio di secondi dal cellulare non giunse altro che il rumore tipico delle abitazioni, poi la voce della mora risuonò nel gabinetto della scuola. – Cosa ti succede, Linda?
La ragazza fu sul punto di rispondere, ma troppe informazioni cercarono di uscire contemporaneamente dalla sua bocca. Dovette fermarsi, cercando di ridurre tutto al minimo. – Sta andando tutto a rotoli… La gara è stato un grave errore che mi sta portando solo dolori… – Sentì la propria voce rompersi sotto il peso dell’emozione che le stava chiudendo la gola. – Io… ti prego, Tania… metti una buona parola con Tommaso… Voglio tornare con voi! – disse, ma il suo intento di non piangere non ebbe buon esito e le ultime parole furono accompagnate dalle lacrime.
Si udirono tre respiri di Tania prima che rispondesse. La voce era più dolce rispetto a prima. – Senti, Linda… adesso non posso restare al telefono, ma verso le tre sono libera. Che ne dici se ci vedessimo da qualche parte, tipo un bar, e ne parliamo con tranquillità?
La studentessa si sentì improvvisamente più sollevata, come se il sole avesse squarciato una coltre di nubi che gravavano su di lei da giorni. – Sì! Grazie, Tania! Ti amo!
Quando la campanella infine suonò, le due ragazze avevano deciso il luogo del loro incontro. Linda si sentì quasi felice mentre si recava alla sua aula.

CONTINUA…

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