Skip to main content
Erotici RaccontiRacconti EroticiRacconti Erotici Etero

Linda la nerd – Capitolo 26 – Fine

Per commenti, critiche o ricevere il racconto completo in PDF, potete contattarmi via email

Nelle puntate precedenti:
Il passato più cupo e il futuro più radioso di Tommaso si incontrano sul sentiero che porta alla vecchia segheria, dove si sta per concludere la gara di pompini che ha portato a tutto quanto è accaduto nelle ultime settimane e ha sconvolto le vite del ragazzo, di Linda e di decine di altre persone: ma non è la finale che lo porta nel bosco, quanto piuttosto salvare la ragazza che ama dalla pazzia di Mauro che l’ha braccata su richiesta di Francesca perché non dimostrasse di nuovo le sue capacità nell’arte del fellatio. Dopo giorni di felicità e di profonda depressione, solo il combattimento a mani nude con Mauro (e con un bastone marcio) pone fine all’odissea emotiva e sentimentale di Tommaso e Linda, facendo finalmente riunire e vincere ad entrambi il premio più ambito, che non vedono l’ora di ritirare nella stanza da letto dove si sono amati la prima volta.

Capitolo 26

Linda fu inamovibile dalla sua convinzione e, nel tempo che la Punto di Tommaso percorse la strada statale, uscendo dal bosco, in vista della cittadina di Caregan, riuscì a convincere anche il ragazzo a raggiun-gere la sua abitazione. Lui avrebbe preferito che lei tornasse al proprio appartamento per rilassarsi un mo-mento dopo quanto le era accaduto lungo il sentiero, ma Linda voleva andare da lui.
Quando lo aveva pregato, Tommaso non aveva potuto fare altro che prendere la strada per casa pro-pria. Arrivati, con sollievo del ragazzo, notò Linda, l’auto di Tania non c’era più, e la casa era tutta per loro. Una volta varcato l’ingresso interno, la ragazza non volle perdere tempo, se non bere un paio di bicchieri d’acqua al posto del the che lui le aveva proposto per liberarsi la bocca dall’arsura che la fuga tra gli alberi le aveva causato.
– Dovresti riposare un po’, bimba. – le consigliò Tommaso.
– Sì, ma voglio farlo con te, Tommy. – rispose lei, prendendolo per mano e conducendolo nella came-ra da letto dove le aveva fatto scoprire quanto potesse essere meraviglioso il sesso.
– Sei sicura? Non vuoi…
– Voglio te, Tommy. È una settimana che non sono tra le tue braccia, ed è stata la settimana più brut-ta della mia vita…
Lui la baciò, ma subito si ritrasse, con una smorfia di dolore.
– Ti fa ancora male? – chiese lei, preoccupata.
Il ragazzo non rispose a parole, ma il viso lasciava comprendere che il pugno di Mauro aveva lasciato le labbra doloranti. – Per lo meno i denti sono ancora al loro posto. – spiegò, sollevato. – Sono dell’idea che qualche dentista gli abbia pagato delle lezioni di boxe.
Linda si sentì rinfrancata a quella notizia mentre lo spingeva dolcemente sul letto. – Vorrà dire che fa-rò tutto io. – disse, ma non c’era risentimento nelle sue parole. Anzi, voleva dimostrare al suo amato quanto gli fosse mancato. Non le ci volle molto a spogliarsi: avrebbe voluto farlo lui, ma lei era troppo impaziente.
Tommaso contemplò il corpo esile ma splendido della ragazza, i suoi seni invitanti come mele succose e il suo bocciolo di rosa già arrossato dal desiderio, restando un momento in un silenzio religioso. – Sdraiati che ti massaggio. – le propose allungandosi per aprire il “cassetto del piacere” e prendendo il dosatore dell’olio profumato.
Lei sorrise all’idea, ma scosse la testa. Prese dalla mano del ragazzo la bottiglietta rossa e la posò sul comodino, e invece dal cassetto prese il dosatore giallo che sembrava non essere mai stato usato in prece-denza. – Ti ricordi quando abbiamo fatto l’amore a casa mia, nella mia camera, e mi hai fatto scoprire cos’è l’amore? – domandò, e la risposta fu un accenno con la testa e un sospiro che comprese perfettamente. – Lei tornò tra le gambe del ragazzo, sbottonò i jeans, abbassò la zip e gli tolse i pantaloni, quindi le mutande che non riuscivano a celare il suo desiderio. – Quel giorno avevi detto che sarebbe stato un giorno dedicato completamente a me, quando mi hai rimessa in piedi perché volevo farti un pompino, e mi hai detto che ero la tua principessa. Beh, hai dimostrato di essere il mio guerriero, e oggi lo dedicherò tutto a te. – gli promise.
Linda sorrise mentre un senso di felicità sentiva invaderla alla vista del cazzo di Tommaso. Quanti ne aveva visti negli ultimi sette giorni… quanti avevano cercato di entrare in lei e quanti ci erano riusciti per dav-vero? E di questi, quanti valevano anche solo una minima parte di quello che aveva finalmente tra le sue mani. – Quanto mi sei mancato… – sussurrò, rivolta sia a Tommaso come persona che al suo pene in particolare, quindi spalmò l’organo con il lubrificante all’interno della bottiglietta gialla.
Tommaso rabbrividì al contatto con la crema fredda. – Non preoccuparti, che te lo scaldo io. – lo ras-sicurò la ragazza e, appoggiando le mani sui lati dell’asta, prese a massaggiarlo muovendole avanti e indietro: sotto i palmi percepiva il calore del cazzo e la pelle scivolare senza frizione, poi abbassò la testa e cominciò a succhiare le palle, percependo i noccioli tra le labbra, baciando la base e l’inguine su cui stavano crescendo i primi millimetri di pelo. Le ricordò con un sorriso quando abbracciava suo padre, un paio di giorni dopo che si era tagliato la barba.
– Linda… – sussurrò Tommaso, chiudendo gli occhi. Si lasciò sfuggire un sospiro di piacere. – Posso sperare in un pompino come quello della tua esibizione? Ho visto il video: sei stata davvero incredibile.
Linda alzò la testa dall’inguine del ragazzo, divertita alla sciocchezza di ripetere sull’uomo che amava quanto aveva fatto su Michele per vendicarsi degli anni che l’aveva trattata male. – Amore, non ho intenzione di limitarmi ad una simile sciocchezza. Piuttosto, per la prossima volta dovresti mettere dei legacci al letto.
– Perché?
Lei sorrise, lasciando comprendere a Tommaso che la Linda che aveva conosciuto all’inizio, timida, che non era riuscita a portare a termine il suo primo pompino, era scomparsa, lasciando al suo posto una ra-gazza a cui il sesso stava svelando i propri segreti e che non si faceva problemi nello sfruttarli. – Perché così non potrai scappare quando ti farò impazzire di piacere, Tommy. – E, detto questo, il cazzo scomparve tra le sue labbra, cominciando a dimostrare al suo uomo cosa si era perso durante quella settimana. Un profondo respiro colmò i polmoni di Tommaso quando la lingua di Linda scivolò sul suo glande, accarezzandolo.
La ragazza si limitò a succhiare senza troppi problemi, muovendo la testa avanti e indietro, di tanto in tanto passando un attimo alle palle, lasciando che una mano zangolasse per non lasciar raffreddare l’eccitazione del suo uomo. Quando Tommaso fu sul punto di venire, volle sfruttare lo stesso trucco che le aveva insegnato lui stesso e strinse la base del pene.
– Non così presto, Tommy. – gli sussurrò mentre la sua eccitazione calava di qualche punto e lui le ri-cordava che l’amava e che non vedeva l’ora di restituirle il piacere.
Linda tornò a lavorare sul cazzo del suo amato, avvicinando il naso alla cappella e riempiendosi del profumo di sesso speziato sollevandosi dal meato che stava riempiendo l’aria. Sentì la sua figa farsi sempre più umida, pronta ad accogliere dentro di sé Tommaso per dare e ricevere piacere.
Si sporse verso Tommaso e lo aiutò a togliersi la maglietta, macchiata dal sudore dell’escursione della mattina e della lotta con Mauro nel pomeriggio, briciole di sottobosco impigliate nelle fibre del tessuto. La pelle emanava un afrore selvaggio, che aggredì i sensi di Linda invadendo la sua mente, arrivando quasi a so-praffare il suo trattenersi dall’impalarsi sul cazzo che tanto amava e farsi riempire di sborra. Sopraffatta dal desiderio cercò di calmarsi anche lei, sdraiandosi sul corpo caldo di Tommaso, accarezzandogli prima il viso e poi baciandolo con passione sul collo.
Quando lui la strinse a sé, Linda si sentì colmare da una felicità che non provava dal venerdì che ave-vano passato nella sua cameretta e che temeva che non avrebbe mai più potuto sperimentare. Tanto era l’intensità dell’emozione che le stava coccolando il cuore che sentì le lacrime prossime a sgorgare dalla sua anima.
Gli sussurrò di nuovo che lo amava, e lui, sorpreso e preoccupato, le chiese perché stesse quasi per piangere.
– Perché sono felice, Tommy. – gli rispose, sollevandosi da lui e scivolando dal letto per poter ripren-dere il suo pompino. Strinse dolcemente con una mano il cazzo e iniziò a leccarlo lungo l’asta, baciando prima le palle e poi giocando con il frenulo, strappando continui gemiti di piacere al ragazzo, intervallati da compli-menti senza fiato. Scese con la bocca attorno alla cappella e accarezzò e stuzzicò il meato fino a portare Tommaso ad un passo dall’eiaculazione un paio di volte, ma sempre fermandosi un attimo prima grazie alla mano che massaggiava i coglioni e che le permetteva di percepirne i movimenti che preannunciavano il loro imminente svuotamento.
Tommaso sembrava ormai incapace di fare qualsiasi cosa che non fosse sospirare profondamente e gemere, muovendosi come se quel continuo stato di eccitazione si fosse trasformata in una sensazione dolo-rosa, più mentale che fisica. L’unica parola che riusciva, a fatica, a pronunciare era il nome della sua dea.
Linda salì sulle gambe dell’amato, sedendosi sulle sue cosce. Spinse il cazzo contro la sua figa, le labbra grondanti di desiderio che gocciolavano ormai senza alcun ritegno, e cominciò a strusciare il proprio sesso lungo quello di Tommaso, sentendo la pelle bagnata dell’asta scivolare sull’uretra e l’imbocco dell’utero e la cappella accoccolarsi contro il suo clitoride, ormai viola e gonfio come la punta di un mignolo, al pari di un gatto che sfregasse la testa in segno di riconoscenza verso chi l’aveva sfamato.
Tommaso aveva sollevato la testa, osservando il suo uccello venire usato come un dildo da Linda, usandolo per masturbarsi. – È la cosa più fottutamente erotica che abbia mai visto. – le confessò con un filo di voce, stravolto, come se si fosse appena svegliato da un incubo.
Lei gli sorrise, soprattutto con gli occhi, la bocca aperta per il piacere che stava montando dentro di lei. Chiuse le palpebre, gustandosi la pelle vellutata del glande che le titillava il clitoride, il sesso del suo uomo che accarezzava la sua più profonda femminilità, stordendola, facendole girare il capo, i seni che sembravano divenire sempre più gonfi e dolorosi, i capezzoli che parevano di roccia. Non poté più trattenersi e due dita sprofondarono nel suo utero, che si aprì nell’inglobarle e rigettando nettare che scivolò sulle palle di Tomma-so, impregnando l’aria della loro alcova di un profumo fruttato e le loro anime di un desiderio feroce.
Il pompino era per il suo uomo, ma la prima a godere fu lei, quando le sue braccia e le gambe vennero scosse dal piacere e un grido roco si alzò dalla sua gola. Sollevò la testa verso il cielo, con gli ansimi che frammentavano il nome di Tommaso che la ragazza cercò di pronunciare quando raggiunse il culmine del pia-cere. Con un sospiro si adagiò sul busto dell’amato, appoggiando la testa sul suo petto e sfregando il viso sui peli, ascoltando il battito del cuore di Tommaso. Le sovvenne alla mente quando, la loro prima notte di sesso, dopo il suo squallido pompino da vergine, lui l’aveva perdonata per averglielo morso e l’aveva fatta appoggia-re con la testa sui suoi pettorali perché potesse vedere meglio l’opera di Tania sul suo cazzo: l’accelerazione del battito del cuore dovuto all’azione delle labbra e delle mani della sua maestra di sesso gli aveva fatto sco-prire che c’erano poche cose al mondo che le dessero piacere quanto spompinare l’uomo che amava.
Sentì le dita di una mano di Tommaso scivolarle tra le ciocche di capelli, massaggiandole la cute della testa. – Anche questo era previsto nel programma del finale, principessa? – le chiese, ironico, ansimando stra-volto dal piacere che stava covando dentro di lui.
Lei si sollevò da lui, facendo ruotare la testa perché i capelli le scendessero dietro la schiena. – Gli sa-rebbe piaciuto. – rispose, soddisfatta, scivolando di nuovo tra le gambe di Tommaso e prendendo di nuovo in mano il cazzo. Appoggiò le labbra sulle palle, bagnate del desiderio che era scivolato fuori dal suo bocciolo di rosa e cominciò a succhiarle. Erano diventate dure come sassi e grosse come non le aveva mai viste prima, colme di seme per la lunghissima azione della sua bocca e le sue mani. L’apprezzamento dell’amato sotto forma di gemiti e movimenti del pene che riprendeva la sua massima erezione non si fece attendere.
– Ti prego, Linda, fammi venire… – la implorò con un sussurro. – Non ce la faccio più.
La ragazza lo fissò in volto da dietro il cazzo luccicante di saliva, lungo la cui asta stava facendo scor-rere la punta della lingua. Gli occhi di lei lasciarono trasparire la sua soddisfazione nel preparare il suo uomo a ricevere il miglior pompino della sua vita, quindi con una mano cominciò a zangolarlo mentre le sue labbra si chiusero attorno al glande.
– Linda… non ce la faccio più…
Lei sorrise. – Vuoi venirmi in bocca o…
– In faccia… – disse lui, – o ti soffoco.
Compiaciuta da quanto aveva fatto fino a quel momento, si appoggiò il pene sul viso e mentre una mano si muoveva su e giù lungo il fusto, un paio di dita accarezzavano il glande, sfiorando la pelle che si era ritratta e danzando attorno al meato. – Ti amo, Tommy, non posso vivere senza di te, e questo pompino pos-sa dimostrartelo.
Tommaso sembrava non aver compreso le parole della ragazza: era sdraiato, nudo e sudato, il fiato profondo e pesante. Solo dopo qualche istante riuscì a dire, con la voce interrotta dal respiro affannoso: – Ti amo più della mia vita, Lin…
Non riuscì a completare la frase, sobbalzando sul letto e urlando. La schiena si arcuò. La ragazza se l’era aspettato, e proprio per quello gli aveva giurato il proprio amore, sentendo le palle ritrarsi nel bacino e il cazzo vibrare, attendendo una scarica di sborra, soddisfatta dopo aver rimandato per tre volte l’eiaculazione del suo uomo, rendendo il desiderio e l’eccitazione tanto dolorosi e sofferti che il piacere dell’orgasmo sarebbe stato moltiplicato. Appoggiò ad una gota il pene del suo ragazzo percependone il piacere prossimo a sgor-gare, stringendolo per godere anche lei del suo impegno.
L’orgasmo si impossessò dei muscoli di Tommaso, che si trovò improvvisamente piegato in avanti, quasi seduto, urlando il nome della sua dea. Una scarica di sborra eruttò violenta dal meato, solcando il viso di Linda e spargendosi in parte fino ai capelli e, in parte, cadendo oltre, finendole sulla nuca. Lei sussultò, spa-ventata dalla potenza dello spruzzo, gli occhi chiusi. Il cazzo sembrava la canna di un fucile che vibrava ad ogni spruzzo, caldo e dal pesante afrore di maschio.
Sentì Tommaso crollare sul letto, mentre si scaricava ancora sul suo volto, ansimando e contorcendo-si. Sei schizzi colpirono Linda, poi il resto colò lungo l’asta, spandendosi sulla cappella e scivolando fino alle palle.
Stordita ma soddisfatta, Linda lasciò il cazzo e si pulì le palpebre del seme del suo ragazzo, suggendosi le dita per nettarle. Quanto le era mancato quel sapore speziato di Tommaso… Le sembrò la cosa più buona che avesse mai assaggiato. Non avrebbe più potuto farne a meno.
Contemplò il risultato del suo lavoro, sdraiato sul letto, con il fiato corto e cosparso di stille di sudore. Tommaso aveva gli occhi chiusi, le mani che stringevano le coperte. Pensò che, probabilmente, lei era stata nella medesima condizione quando lui le aveva praticato il suo primo cunnilingus e fatto scoprire cosa fosse un vero orgasmo.
Il cazzo aveva finito di eiaculare e quando Linda di abbassò a pulirlo con la lingua Tommaso sussultò nel momento in cui il suo glande, viola e cosparso di liquido bianco, venne accarezzato dalla ragazza. Una mano si appoggiò tra i suoi capelli fradici di sperma, e la voce del ragazzo si fece sentire, a malapena udibile.
– Linda… è stato…
– Da uno a dieci, quanto mi dai? – domandò lei, ricordando quando gli aveva chiesto un voto ad uno dei suoi primi pompini, ponendo a uno il suo primo, pessimo tentativo e a dieci un qualunque lavoro di bocca di Tania. Quella volta era stato un doloroso, ma onesto, cinque.
Lui sembrò non riuscire a parlare per qualche istante tanto era a debito di ossigeno. – Trentotto. – disse poi, senza fiato. – E mezzo. O tre quarti. Ci penserò meglio quando sarò più lucido.
Lei battè le mani un paio di volte, soddisfatta. Non era forse nemmeno stata così felice in vita sua, si rese conto. E, in un angolo della sua mente, si chiese che cosa avrebbero fatto i suoi compagni se si fosse esi-bita in qualcosa di simile durante la finale. Un sorriso maligno emerse sulle sue labbra.

Tommaso pensò di essersi addormentato, stanco come poche volte nella sua esistenza. E mai prima di allora era stato così in pace con sé stesso. Un senso di benessere aveva invaso il suo corpo, ma soprattutto la sua mente, sebbene gli sembrasse che il suo cazzo fosse esploso nello scoppio più piacevole al mondo. Si risvegliò quando il suo telefonino squillò. L’acqua scorreva nel bagno mentre allungava una mano per afferra-re il cellulare.
Sullo schermo appariva la notifica di una foto inviatale da Linda su Whatsapp, che in quel momento fece la sua comparsa sulla porta della camera dopo aver chiuso l’acqua in bagno.
Tommaso ammirò la sua acerba bellezza, la sua sinuosità, il suo corpo che tanto desiderava. Si era la-vata il viso e pulita i capelli dal suo seme, o almeno gli era sembrato di esserle venuto in faccia: a metà dell’incredibile orgasmo che gli aveva donato era quasi sentito svenire tanto era stato potente. La vide avvici-narsi a lui e sedersi al suo fianco, appoggiando una mano sul suo petto e facendo scivolare le dita tra i peli.
– Ti ho spedito la mia foto coperta dalla tua sborra prima di lavarmi. – gli spiegò. – Le tue palle erano piene da scoppiare, amore.
Lui rimise il telefonino sul comodino e fece accomodare sopra di sé la dea bionda. Lei si accoccolò sul suo corpo con piacere, tanto piccola rispetto a lui che sembrava sdraiarsi sopra la pelle di un orso. Iniziò a ba-ciarlo sul collo e sulla mascella, accarezzandogli il viso. Lui la strinse con dolcezza, provando una felicità che, si accorse, non aveva mai sperimentato con Tania.
Restarono così per qualche minuto, sussurrandosi il loro amore e riempiendosi le rispettive anime del profumo della pelle e del sesso l’uno dell’altra, poi Linda sembrò prendere coraggio e chiedere: – Ti ricordi, quel magico pomeriggio, io e te… quando ti ho offerto il mio culetto?
Tommaso accarezzo il capo della ragazza con una sua guancia. – Il tuo “dolce culetto”, per essere precisi. Certo, come posso dimenticarlo?
– Io… – tentennò, – vorrei che lo prendessi.
– Ne sarei felicissimo, mia gioia, ma…
Lei si alzò su un gomito, appoggiando un dito sulla bocca di Tommaso per fermarlo. – Ma devo con-fessarti che… – non riuscì a mantenere un contatto visivo, abbassando lo sguardo, in disagio. – …non sono più vergine. In questa settimana io ho…
Questa volta fu Tommaso a non lasciarla finire, accarezzandole il viso. Non voleva che evocasse quanto le era accaduto con i tre giudici a causa della pazzia di Tania. – Non preoccuparti, mia gioia. Amerò comunque te e il tuo dolce culetto.
Un sorriso sorse sul volto della ragazza.
Tommaso si sparse il cazzo di abbondante lubrificante mentre Linda si sdraiava prona sul letto, a gambe aperte, in attesa.
– Sei pronta? – le domandò lui, ponendosi dietro di lei.
– Sì. – rispose la ragazza, anche annuendo con la testa, ma era evidente che un po’ era agitata.
– Se ci sono problemi, dimmelo.
– Va bene.
Il ragazzo afferrò il pene, appoggiandolo all’ano, un buchino rosa tra le splendide chiappe di Linda. Per un attimo fu lui a tentennare, scoprendosi nervoso come la sua amata. Poi si lasciò scivolare dentro il ret-to della ragazza.
Lei trattenne un istante il fiato, mentre il suo culo di dilatava e il cazzo del suo uomo sprofondava in lei, ma anche lui si accorse che non c’era resistenza, non più di quanta ne avrebbe opposta la sua figa bagnata di desiderio. Tommaso sentì il suo cazzo avvolto dal calore dell’intestino della fanciulla, una sensazione tattile diversa da quella che l’utero avrebbe restituito ma che lui sognava ormai dai tempi della rottura del suo fidan-zamento con Sara. Chiuse gli occhi per qualche secondo, soddisfatto, assaporando quella soddisfazione.
– Senti dolore, gioia?
La voce di lei fu più felice di quanto si sarebbe aspettato. – No, e mi piace davvero!
– E allora rendiamolo anche migliore. – propose lui. Lei lanciò un gridolino di sorpresa quando sentì una mano di Tommaso passarle sotto il seno, l’altra sull’inguine e, una volta stretta a lui, si trovò girata con lui, trovandosi sopra. Lui si sistemò meglio, la testa accanto alla sua, le dita sinistre che giocavano con il suo capezzolo destro, le altre che prima le accarezzavano le labbra e poi scivolavano nel suo sesso, provocando lo straripamento di una gran quantità di ambrosia.
– Adesso rilassati, mia principessa. – le sussurrò. Lei volse la testa e cominciò a baciarlo, una mano che si appoggiava sui suoi capelli castani, lui che muoveva il bacino sotto di lei, inculandola, mentre la ditali-nava: il cigolio della rete del letto accompagnava il suono viscido delle dita che lavoravano nell’utero di Linda, intervallato da ansimi di piacere della ragazza che diventavano sempre più frequenti e profondi.
– Sì, Tommy, sì! Ti prego, non fermati.
– E perdermi lo spettacolo di te che godi? – rispose lui, sogghignando, mentre aumentava l’intensità della pressione sul punto G dell’amata e faceva intervenire il polso nell’accarezzare il clitoride.
In pochi minuti Linda sembrava in preda alle convulsioni, muovendosi scomposta nella stretta del ra-gazzo, ansimando come se stesse soffocando per la mancanza di ossigeno. Muoveva talmente il bacino che lui aveva smesso di incularla perché il sedere della ragazza si muoveva come se fosse stato un serpente in mo-vimento.
Lei spinse la testa indietro, nella spalla di Tommaso, la bocca e gli occhi sbarrati, il fiato mozzato, poi lanciò un grido e lui fece appena in tempo a togliere la mano per permettere alla fontana di acqua di Luna di sgorgare dalla figa della ragazza e sollevarsi in aria sopra di loro, ripiombando sul letto a pioggia.
La ragazza fu scossa dagli spasmi, incapace di controllare il proprio corpo. Si voltò da una parte, ca-dendo dal corpo di Tommaso e finendo sul copriletto, sfilando il cazzo del ragazzo dal proprio culo che rimase come puntato in aria, mentre lei afferrava le lenzuola, sprofondando la testa nel cuscino e urlando di nuovo come se stesse soffrendo.
Tommaso si girò su un fianco, soddisfatto. Mentre si leccava la mano che aveva lavorato nel sesso della sua amata, gustandosi il suo sapore più intimo, riempiendosi le narici del profumo inebriante dell’orgasmo che le aveva appena provocato, con l’altra le teneva una spalla, sia per impedirle di cadere dal letto che per ricordarle che lui era lì.
La ragazza fu scossa dai fremiti per diversi, lunghi secondi, prima di riuscire a rilassarsi e trarre un so-spiro. – Grazie, Tommy. – disse soltanto, prima di chiudere gli occhi e adagiarsi meglio sul letto.
Lui l’accarezzò tra i capelli e sulla schiena, scivolando fino alle chiappe che aveva violato ma non go-duto. Adorava quanto fossero sode e rotonde.
Linda non aprì gli occhi, ma disse con voce flebile, assonnata: – Cosa aspetti, Tommy? Finisci di sco-parmi il culo. Mi piace avere il tuo cazzo dentro di me, in ogni orifizio… – confessò, sottolineando il tutto con un sorriso.
Lui non se lo fece ripetere: in un attimo era dietro di lei, dentro di lei, il corpo meraviglioso sospinto in avanti nel letto al ritmo dei colpi del bacino di Tommaso contro i glutei di Linda. Inspirò profondamente quan-do percepì la sborra scorrergli come un senso di solletico fastidioso lungo l’uretra e schizzare nell’intestino della sua dea.
Si lasciò scivolare accanto a lei, stringendola e coccolandola. – Ti amo, Linda. – le sussurrò.
– Mai quanto io amo te, Tommy. – rispose lei, e la sua voce trasudava dolcezza e gioia.
– Cosa mai potrei desiderare di meglio?
Lei non rispose se non dopo qualche secondo: – Voler preparare di nuovo quel riso alle verdure che fa impazzire la tua principessa, ad esempio. E, in attesa della cena farla, venire ancora qualche volta?
Una mano di Tommaso scese sull’inguine di Linda, accarezzandone il bocciolo di rosa. – Vogliamo ve-dere quante volte riesci a squirtare prima di implorarmi di smettere?
Non la vide ma fu sicuro che lei sorrise. – Sì, credici che ti imploro di farti smettere… Ma, se proprio ci tieni, possiamo sempre scoprirlo. – poi una sua mano scivolò sul corpo di lui, raggiungendone l’inguine e acca-rezzandone il pene. – Una volta soddisfatta la tua curiosità, potremmo scoprire quante volte riesce a sborrare in una giornata un ventiquattrenne: per fortuna abbiamo a disposizione un ottimo esemplare.

Era impossibile non respirare un clima di nervosismo nel piazzale della vecchia segheria, sia nel pubbli-co che tra i quattro giudici: se i primi vociavano tra di loro, lamentandosi non avesse avuto ancora inizio la fi-nale, i secondi non sapevano come comportarsi di fronte ad un’eventualità che non avevano messo in conto. Sì, si sarebbe potuto prevedere che una delle ragazze non si sarebbe presentata per qualche motivo, ma ben due?
Adriano si guardava attorno confuso e allibito, interrogando gli altri tre con lo sguardo, ma le risposte si limitavano ad alzate di spalle, dimostrando che nemmeno Daniele, Michele ed Enrico erano certi sul come comportarsi. Era evidente lo sconcerto sui loro volti per l’assenza di Linda, la sorpresa della gara di pompini, tanto decisa a dimostrare la propria bravura davanti a chi l’aveva presa in giro per anni da sacrificare la pro-pria verginità anale per essere riammessa, e Marianna, la bionda con uno dei caratteri peggiori della scuola e che sembrava voler vincere ad ogni costo, anche arrivando a minacciare le altre concorrenti.
La cosa si stava ormai protraendo da più di mezz’ora, nella speranza che almeno una delle due si pre-sentasse, e l’unica che in quel momento che non era toccata dal clima di agitazione era Francesca, che a sten-to riusciva a nascondere un sorriso soddisfatto. Era evidente che il degradante pompino di quella mattina a Mauro non si era rivelato inutile, e quell’idiota, in qualche modo, aveva davvero intercettato e fermato Linda. Dovette ammettere con sé stessa di essere curiosa di sapere come avesse fatto, ma probabilmente si era limi-tato a spaventarla e farla fuggire fino a casa: il giorno dopo, a scuola, avrebbe rincarato la dose insinuando che non si era presentata perché aveva compreso di non poterla battere e, se Linda avesse replicato soste-nendo che il suo arrivo era stato impedito da Mauro, Francesca ne avrebbe approfittato, insinuando che era talmente bugiarda da incolpare gli altri pur di nascondere la propria paura.
Francesca sorrise davvero, questa volta, pensando che l’era di gloria della nerda era già giunta al ter-mine, e tutti avrebbero ripreso a considerarla la pantegana che era sempre stata: il resto dell’anno scolastico sarebbe stato un inferno per Linda. Oh, doveva fargliela pagare per aver fatto quel pompino alla semifinale che aveva oscurato il suo, e vi avrebbe aggiunto anche gli interessi.
La stupiva, invece, l’assenza di Marianna, considerando anche quanto la stessa, nei giorni precedenti, aveva promesso a tutte le altre tre che le avrebbe battute nella finale. Francesca si chiese se anche lei fosse stata fermata da Mauro, ma dubitava che si fosse incamminata con Linda lungo il bosco. Non che Marianna fosse rientrata comunque nella breve, molto breve, lista delle ragazze che avrebbero potuto batterla nella ga-ra, ma, per lo meno, restava comunque una rivale, e la sua assenza era indubbiamente bene accetta.
Di tanto in tanto scoccava un’occhiata a Vincenza, ad una decina di metri da lei, tra il pubblico. Un paio di sue amiche la circondavano, calmandola e assicurandola che avrebbe vinto, e lei cercava di apparire tranquilla, sebbene i pugni chiusi e la schiena fin troppo dritta lasciassero trasparire tutto il nervosismo che celava dentro di sé, attorniata da una sessantina di persone che stavano per ammirarla mentre si impegnava a spompinare qualcuno il meglio possibile. Francesca fece spallucce, soddisfatta. Vincenza avrebbe potuto met-terci tutto l’impegno di questo mondo ma l’unica cosa che avrebbe portato a casa sarebbe stato solo un se-condo posto. Ecco, era lei che guadagnava più di lei nell’assenza di Marianna, o sarebbe potuta arrivare anche terza.
– Beh, è una fortuna che Linda non ci sia. – commentò Pamela accanto a lei.
– Perché, pensi che avrei avuto problemi con lei in gara? – ribatté Francesca, più acida di quanto avrebbe voluto.
L’amica non disse nulla, distogliendo lo sguardo. Probabilmente ricordò in quel momento che, quando la biondina aveva vinto il suo giorno di semifinale e Pamela l’aveva riferito a Francesca, si erano quasi ritrova-te a litigare, la mora convinta che la rossa la stesse prendendo in giro descrivendo l’incredibile e inaspettato lavoro di bocca della nerda. Almeno fino a quando Francesca non aveva visto il video e capito che non stava affatto scherzando o esagerando, gettandola nello sconforto.
Ma, per quanto Francesca potesse negarlo davanti a chiunque, dentro di sé doveva ammettere che, senza l’intervento di Mauro, in quel momento Linda sarebbe stata portata in trionfo dalla folla e lei ricoperta di infamia e ignominia, e avrebbe passato il resto della sua vita a prendere ordini e sentire lamentele dei clienti alla società di trasporti di famiglia.
D’improvviso, dopo essersi velocemente consultati un’ultima volta, i quattro giudici giunsero alla con-clusione che protrarre si sarebbe dimostrato inutile. Adriano, stampato in faccia un sorriso palesemente di cir-costanza a nascondere la sua delusione per la finale che si stava dimostrando ben differente da quanto ave-vano sperato, fece un paio di passi in avanti, battendo le mani per richiamare l’attenzione degli astanti.
– Beh, ci sembra inutile aspettare oltre. – spiegò, guadagnandosi un paio di “finalmente” ed “era ora” dal pubblico, sebbene qualcuno mugugnò qualcosa ugualmente, sperando ancora di vedere in azione Linda e, probabilmente, farsi di nuovo coinvolgere dall’eccitazione al punto tale da fare sesso con la propria partner. – Dobbiamo dichiarare Marianna e Linda sconfitte a tavolino, e la cosa mi dispiace, anche perché sarei stato io il giudice di Linda. – aggiunse, facendo finta di pronunciarlo tra colpi di tosse. Un paio di risate si sollevarono dal pubblico. – Per l’edizione dell’anno prossimo vedremo di organizzarci un po’ meglio.
– Prevedi di essere qui anche l’anno prossimo? – gridò qualcuno dagli astanti. Un nuovo scroscio di ila-rità si diffuse per il piazzale.
– Magari comprate un trofeo, che “sic transit gloria mundi”, dicevano gli antichi – gridò una voce femminile.
– Eh, sì, – convenne ironico Adriano, annuendo, – e aggiungevano: “…cazzum gommam pitturatum orum restant.”
Evidentemente soddisfatto delle sue qualità di intrattenitore, confermato dall’allegria che aveva con-tagiato il pubblico, Adriano fece avanzare le due ragazze in mezzo allo spiazzo con un gesto della mano men-tre Michele ed Enrico prendevano il loro posto, appoggiando a terra, davanti a loro, un paio di cuscini ormai luridi di polvere, terra e sperma secco.
– In bocca al lupo. – le augurò Pamela quando, sorridendo e già pregustando il retrosapore di vittoria della sborra di Michele, Francesca si avviò verso il suo posto. Alla sua destra, anche Vincenza si staccò dal ca-lore delle sue amiche e attraversò il piazzale, anche lei convinta di vincere. Il pubblico esplose in un boato di acclamazioni e qualche sporadico “buu”, probabilmente proveniente da fan di Linda e, ancora più incredibile per Francesca, di Marianna.
La ragazza raggiunse la sua posizione davanti all’odioso Michele, che la guardava con un astio che, in altre occasioni, l’avrebbe portata a schiaffeggiarlo e poi a insultarlo e beffeggiarlo, ma in quell’occasione si limitò a sorridergli, soddisfatta. Lo stronzo l’aveva scopata qualche giorno prima, quando si era presentata a casa di Adriano e aveva offerto la sua fica per convincerli a buttare fuori dalla gara Linda, e adesso avrebbe avuto anche la sua bocca, e nonostante questo la fissava come se si fosse trovata davanti un’appestata.
Era pure stato quello con cui Linda aveva dimostrato di saper fare dei pompini di livello ultra-professionali, tanto portentoso da farlo quasi svenire al secondo orgasmo di fila, cadendo in mezzo ai rovi: paradossalmente, lui aveva finito con l’odiare ancora più Linda per la figuraccia che gli aveva fatto fare da-vanti a tutti invece di venerarla per il piacere che gli aveva dato.
Ma questo non importava a Francesca. Anzi, mentre si inginocchiava davanti a lui, pensò che quell’odio avrebbe potuto portare Michele a considerare il suo pompino migliore della biondina e a infervo-rarlo fino al punto tale da convincere gli altri giudici che lei fosse quella degna di vincere la gara.
In ogni caso, si ripromise sorridendogli che avrebbe fatto a quello stronzo il secondo migliore pompi-no della sua vita. Simulò una sorpresa e un apprezzamento davvero convincenti quando lui gli mise il cazzo in faccia, nonostante se lo fosse trovato nel proprio utero pochi giorni prima. Un vero peccato che una nerchia così apprezzabile fosse attaccato ad un individuo così gretto e antipatico, con una faccia simile…
– Che bestia, Michele! Ti confesso che non ne ho mai visto uno così grande… – mentì, mentre accarezzava l’asta. Almeno, a differenza di quello di Mauro, molto più lungo e grosso, non puzzava come un tombino delle fogne intasate, e di sicuro, per quanto stronzo, Michele non avrebbe cercato di infilarglielo fin giù nello stomaco.
– Ti è piaciuto fartelo mettere nella figa, eh, zoccola? – sussurrò lui, evidentemente soddisfatto del ri-cordo, cercando di non farsi sentire dagli altri, sebbene la notizia della sua visita dai giudici dovesse essere ormai di pubblico dominio.
Lei sorrise maliziosa, appoggiando il cazzo su una guancia come se volesse coccolarlo. – Oh, non ne hai idea. – rispose lei. In realtà, il ragazzo non possedeva il minimo stile nello scopare e, per quanto Daniele non fosse meglio sotto quell’aspetto, almeno era un gran figo e la eccitava con quel corpo muscoloso e quel sorriso, per quanto si fosse poi dimostrato un grandissimo pezzo di merda. Michele, in realtà, aveva gradito le sue tette ben più di quanto lei avesse apprezzato il suo cazzo, e per quel motivo la ragazza aveva ben pensato di presentarsi alla gara con una maglietta scollata che mostrasse il solco dei suoi grossi seni, per lo meno quanto permettessero le regole senza venire squalificata. In quel momento, la ragazza pensò che qualche goccia di sborra caduta “accidentalmente” tra le sue gemelle avrebbe di certo aumentato l’apprezzamento di Michele nei confronti della sua esibizione.
– Adesso ti faccio il miglior pompino della tua vita… – gli promise, e prima ancora che lui potesse rispondere si mise in bocca la punta del cazzo e passò la lingua sulla cappella, saggiando quella gocciolina tra-sparente che era fuoriuscita dal buco.
La soddisfazione di lei fu quasi maggiore di quella di Michele, che trattenne per un istante il fiato, lo sguardo sbalordito oltre il pubblico. Evidentemente, pensò la ragazza mentre faceva scivolare la sua testa ver-so la base del cazzo, il pompino stava venendo davvero bene nel sentire anche il pubblico iniziare ad agitarsi ed alzare la voce.
Quella sarebbe stata una giornata memorabile, si disse Francesca, sorridendo, che avrebbe cambiato la sua vita.

Linda abbracciò e baciò Tommaso, augurandosi l’un l’altra una splendida giornata.
– Ora che sei con me, lo è di certo. – le confidò lui, baciandola di nuovo. – Non vedo l’ora che torni a casa.
La ragazza sorrise felice come, probabilmente, non lo era mai stata. – Il mio dolce culetto non riuscirà ad aspettare fino a questo pomeriggio. – gli rispose, prima di scivolare giù dall’auto, mettersi in spalla lo zaino e attraversare i cancelli della scuola. Non fece che pochi passi e già sentiva il bisogno di tornare indietro, rien-trare nella Punto e implorare Tommaso di riportarla nella loro alcova e fare l’amore tutto il giorno, ma con uno sforzo fisico e mentale si trattenne e proseguì.
Si era domandata cosa avrebbero detto i suoi compagni nello scoprire che non si era presentata alla finale della gara di pompini ma, in fondo, adesso che varcava i cancelli della scuola, scopriva che non le im-portava affatto. Ora che era con Tommaso, adesso che aveva confessato ai suoi genitori con una videochat il pomeriggio precedente dopo che lui le aveva donato tre fantastici orgasmi, qualcosa che anche il rapporto consumato nella sua cameretta era sembrato sbiadire rispetto al giorno precedente, di essere fidanzata con un ragazzo che amava alla follia, non dava più nessun peso a quale sarebbe stata l’opinione dei suoi compagni nei suoi confronti.
Probabilmente avevano aspettato il suo arrivo alla vecchia segheria, aveva supposto, ma poi la finale doveva essere stata ugualmente svolta. In realtà, lei ignorava chi l’aveva vinta: una volta arrivata a casa di Tommaso, aveva spento il telefonino mentre facevano l’amore e l’aveva acceso solo per contattare i suoi, assicurandoli che stava bene. Più che bene. Quando poi, quella mattina, lui l’aveva portata prima a casa per prendere lo zaino e poi a scuola, non aveva avuto intenzione di riaccenderlo, indifferente del resto del mondo intero, perchè adesso il suo era tra le braccia di Tommaso.
Però, ad essere onesta, era curiosa di scoprire come si fosse evoluta la situazione sociale tra gli stu-denti ora che una ragazza aveva conquistato l’ambito titolo di regina dei pompini. Molto probabilmente lei era ripiombata nel suo stato originale di sfigata a cui nessuno avrebbe rivolto la parola. Di certo, Francesca non avrebbe perso occasione per prenderla in giro, alludendo che aveva avuto paura di lei e di fare una pessima figura, restandosene rintanata in casa il pomeriggio precedente. Tommaso avrebbe riso sentendo un’accusa simile.
Se avessero voluto continuare a chiamarla “Linda la nerd”, beh, avrebbe accettato quel nomignolo: le piaceva essere una secchiona. E non solo nelle materie scolastiche, si disse sorridendo, come aveva dimostra-to una settimana prima.
“Ah, diavolo, spero comunque che non sia stata Francesca a vincere”, pensò, e una parte della sua fe-licità svanì. “Pure Marianna, per quanto mi stia antipatica, la preferirei a vantarsi di essere la migliore spompi-natrice della storia umana…”
In effetti, dovette ammetterlo, a spingerla a fare la finale di quella squallida gara non era tanto il semplice desiderio di vincere quanto il piacere di battere Francesca davanti a tutti, farle fare una figuraccia in quella che sembrava essere l’unica abilità apprezzata dai loro compagni che Linda avesse sviluppato meglio della mora tettona. Un piccolo coniglietto sempre spaventato che sbatteva in faccia alla leonessa la realtà, e cioè che non fosse lei la migliore al mondo, abbassandole le orecchie e rimettendola al suo posto.
“Se non fosse stato per Mauro…” pensò mestamente, una punta di vergogna per averlo stordito con una bastonata sulla nuca, salvando sia se stessa che Tommaso da quello stronzo. Comunque, quando era tor-nata a casa per prendere lo zaino, aveva rivisto la sua auto al solito parcheggio, comprendendo che non l’aveva colpito così forte da spedirlo all’ospedale. “Paradossalmente, potrebbe essere meno scemo di prima” aveva commentato Tommaso quando lei gli aveva fatto notare la macchina. Linda non aveva potuto trattene-re una risata a quelle parole, ma poi, ripensandoci, si era accorta che il suo uomo non le aveva pronunciate con il tono che usava per le battute.
Solo allora, quando Enzo la salutò, tornò alla realtà e si rese conto di qualcosa di anomalo nel piazzale della scuola.
– Oh, Linda, che piacere vederti. – disse lui, sincero. – Ho saputo che anche tu non ti sei presentata al-la finale, e ho temuto fossi ammalata.
Lei a stento riuscì a rispondere al saluto dell’amico, concentrata com’era a guardarsi attorno, cercan-do gli studenti delle ultime classi. Buona parte dei ragazzi sembrava mancare. – Ma, Enzo, dove sono tutti?
Lui sollevò le sopracciglia, stupito. – Non sai nulla?
Lei, imbarazzata, rispose che era dal pomeriggio precedente che non usciva di casa e non aveva con-trollato i social network, ma il sorriso che non riuscì a trattenere nel pronunciare quelle parole permisero al ragazzo di intuire cosa avesse fatto Linda nel frattempo.
– Immagino che il fortunato sia il ragazzo che ti ha portato a scuola in macchina, eh? – domandò con un occhiolino. – Comunque, hai fatto bene a non presentarti, perché sul più bello, a quanto mi hanno riferito un paio che c’erano, si sono materializzati il preside, una mezza dozzina di professori e dei genitori.
Lo sguardo di Linda si aprì nella più completa sorpresa, sebbene la sua voce lasciò trasparire tutto il timore che le sconvolse l’anima – Cosa?
Enzo annuì, grave. – Già: hanno beccato Francesca e Vincenza con un cazzo in bocca ciascuna. Non il modo migliore per concludere l’ultimo anno di scuola, anche perché hanno sospeso tutti i presenti. Ho da credere che si siano giocati gli esami, e che a settembre rivedranno il Nunzia Sandrini dall’interno.
Linda si portò una mano alla bocca, sconvolta. – Ma allora anche noi…
Enzo, invece, rimase tranquillo, quasi divertito. – Oh, no: solo chi è stato colto in fragrante. Sono sicu-ro che i professori non terranno conto di quanto diranno quelli che hanno fermato, sospettando che cerche-ranno di accusare anche altri studenti, soprattutto quelli che sono loro antipatici. Scommetto che non apri-ranno un’inchiesta e che non cercheranno altri da sospendere, anche perchè hanno decimato quasi tutte le quinte e sfrondato una parte delle quarte. Quindi, non preoccuparti, Linda.
La ragazza provò a rilassarsi ma il tentativo portò solo ad una minima riduzione del battito cardiaco impazzito. – E… sanno chi ha fatto la spia?
Enzo si avvicinò a Linda, facendole segno di accostare la testa alla sua perché potesse parlarle sotto-voce. – In realtà non ci sono certezze, ma da quanto ho sentito le colpevoli potreste essere tu o Marianna, vi-sto che non vi siete presentate ieri.
La bionda ebbe un moto di inquietudine. – Non sono stata io, lo giuro!
– Oh, ma non lo metto in dubbio. – la rassicurò il ragazzo, sorridendo. – Avevi già la vittoria in tasca. Io… – aggiunse, indicando con un movimento del capo alla loro sinistra – beh, io propendo per Marianna.
Linda seguì la direzione con lo sguardo e, in un angolo del piazzale, scorse la ragazza di cui aveva accennato Enzo, solitaria e soddisfatta. – È tutta la mattina che sghignazza allegra, per nulla preoccupata di quanto è successo. Non ho idea del motivo perché l’abbia fatto: onestamente, sarebbe stata l’unica che avrebbe potuto realmente sperato di batterti… – aggiunse il ragazzo, sconsolato. – Un vero peccato: con te… in panchina con il tuo amico, diciamo, lei avrebbe potuto benissimo vinto e forse le sarebbe passato quell’atteggiamento da arpia che si porta sempre dietro. Allora sì che ci avremmo provato in parecchi, con lei…

FINE

Per la lista dei miei racconti clicca qui

Per commenti, critiche o ricevere il racconto completo in PDF, potete contattarmi via email

Leave a Reply