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Linda la nerd – Capitolo 8

By 16 Dicembre 2020Maggio 17th, 2021No Comments

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Nelle puntate precedenti:
Dopo essere stata letteralmente adescata da Tania approfittando del desiderio della studentessa di imparare l’arte della fellatio in vista di una gara organizzata da alcuni studenti e alla quale si è ritrovata iscritta, Linda scopre cosa sia veramente il sesso, oltre ad innamorarsi del trombamico di Tania, Tommaso. Quando lei confessa al ragazzo di amarlo, lui fa lo stesso: decidono quindi di organizzare un pomeriggio di amore solo per loro due, in segreto, senza Tania.

Capitolo 8

      Linda aveva sofferto ogni singolo istante che aveva separato la discesa dalla Punto di Tommaso da quel momento. Sì, aveva visto il suo amato anche il giorno prima, passando un pomeriggio di sesso con lui e Tania, ma, come le aveva fatto capire, l’incontro che stava per svolgersi a casa sua sarebbe stato speciale, qualcosa che lei non aveva mai sperimentato.

La bionda era sicura che nella storia dell’universo tre giorni non erano mai trascorsi così lentamente, dilatandosi fino a raggiungere la durata di una vita. E quella mattina, eccezionalmente, colta dall’impazienza, aveva preparato lo zaino diversi minuti prima che l’ultima lezione terminasse e fu una dei primi ad uscire dalla classe. Raggiunse accaldata il cancello quando molti suoi compagni stavano ancora scendendo le scale dell’edificio scolastico.

Era una giornata di aprile calda e senza un filo d’aria, e il suono dello sciabordio del Piave, con le sue acque fredde provenienti dalle montagne, appena oltre il ciglio della strada, sembrava uno scherzo crudele nei confronti della ragazza, che ora si trovava sotto un sole che aggrediva la sua pelle esposta ai suoi raggi impietosi. Non c’era nulla sotto cui cercare la frescura dell’ombra nei pressi dell’uscita della scuola e Linda non voleva allontanarsi. Mentre i suoi compagni iniziavano ad uscire dal piazzale, incamminandosi verso la fermata dei pullman e la stazione dei treni, prese coscienza che mancava ancora mezz’ora prima che il turno in fabbrica di Tommaso terminasse, e a lei sarebbe toccato aspettare sotto il sole, a cuocersi. Era stata troppo affrettata nell’accordarsi con Tommaso perché venisse lui a prenderlo e non tornare a casa come al solito con i mezzi pubblici, guadagnando nemmeno quindici minuti sull’arrivo, ma passandone quasi trenta davanti alla scuola. Per lo meno non pioveva, si disse, togliendosi dalle spalle lo zaino e sedendosi in qualche modo sul pezzetto di muretto che non era occupato dalla palizzata di metallo che circondava la N. Sandrini, sospirando per il caldo.

– Ehi, sfigata! – gridò alle sue spalle una voce che non avrebbe voluto sentire per nessun motivo.

– Cazzo, che palle… – imprecò Linda a bassa voce, sentendo una stretta al petto. Già era accaldata, e avrebbe fatto volentieri a meno di quella stronza di Francesca a rendere l’attesa ancora peggiore.

– Ehi, guardatela! – disse la bulla, richiamando l’attenzione dei presenti sulla bionda. Linda le scoccò uno sguardo assassino, ma lei non la guardava, girando su sé stessa per controllare di aver attratto l’attenzione degli altri studenti. – La nostra nerd, che si è iscritta ad una gara di pompini, sapete cosa ha fatto?

Il flusso di ragazzi che si stava dirigendo verso le fermate dei mezzi pubblici aveva smesso di muoversi, e tutti sembravano pronti a godersi l’ennesima gogna ai danni di Linda. Qualcuno rise ancora prima di sapere cosa stesse per accedere, qualcun altro lanciò un paio di complimenti piuttosto volgari verso Francesca, che però accolse con piacere, o almeno così sembrò.

– Beh, – continuò la mora, indicando la bionda, – la nostra verginella, che non ha mai visto un cazzo in vita sua, si è fidanzata.

– Te lo davo io volentieri! – gridò qualcuno dalla folla, scatenando l’ilarità del resto degli astanti.

Linda non alzò nemmeno lo sguardo dalla strada. Cosa sarebbe accaduto se in quel momento fosse giunto Tommaso e l’avesse vista in quella situazione, si domandò. Si sarebbe di certo arrabbiato con tutti loro, e il loro pomeriggio di sesso sarebbe sfumato in una mezza giornata di nervosismo e astio.

Lurida stronza…, pensò la ragazza rivolgendosi mentalmente a Francesca. E anche a sé stessa che non era in grado di farsi rispettare, ma ridursi ad essere presa per il culo ogni giorno da delle merde come lei.

Ma lei, Francesca, non aveva idea di cosa stesse rimuginando Linda. Anzi, sembrava avesse solo intenzione di ridurre in briciole ogni residuo di autostima che la ragazza rimaneva in fondo alla sua anima. – Ma a Linda non interessa il tuo cazzo, caro mio! – stava dicendo, approfittando della battuta arrivata dalla folla. – La nostra marmocchia si è messa con una ragazza.

Si sollevò un mormorio di dissenso dal gruppo di ragazzi. Qualcuno disse che la tipa doveva essere una cozza disperata per mettersi con lei. Un altro sostenne che non ci credeva.

– Oh, ma l’ho visto io con questi occhi. – ribatté Francesca, indicandosi i bulbi dalle iridi scure con le dita, come se volesse rendere ancora più attendibile quanto aveva rivelato. – È salita sulla sua auto e l’ha baciata sulla bocca. Ma potete crederci?

– Farai una gran belle scena alla gara! – gridò qualcuno dalla folla. Alcuni risero in risposta. Linda riconobbe la voce di Alessio in quelle parole, sentendosi male. Il ragazzo di cui era stata innamorata fino a qualche giorno prima, spodestato nel suo cuore da Tommaso, era uno di quelli che la prendeva in giro… Sentì i suoi occhi iniziare a bruciare ed un forte dolore crescerle nel petto.

Francesca, ora che aveva scaldato i presenti, si rivolse a loro. – Domenica pomeriggio, vi ricordo, io sarò alla gara, e se volete vedere un vero spettacolo fatto da una vera professionista, dovete davvero essere lì. Non ci resterete male, ve lo assicuro.

Dal gruppo di studenti si alzò qualche complimento alla ragazza, qualcuno anche piuttosto pesante, alcuni ragazzi applaudirono ed un paio di ragazze mormorarono qualcosa riguardo al fatto che loro sarebbero state molto più brave, se solo avessero voluto iscriversi alla gara. In ogni caso, nessuno accennò anche solo al fatto che non si sarebbero presentati: sarebbe stato di gran lunga meglio di qualsiasi porno mai postato su internet.

– Ma, mi raccomando, – aggiunse Francesca, indicando la bionda che sembrava volesse diventare tanto piccola da rendersi invisibile. – non mancate nemmeno al suo… come chiamarlo… “horror show”!

Un nuovo scroscio di risate si abbatté su Linda, schiacciandone quel poco di autostima che le era rimasto. In quel momento, se avesse avuto un’arma, avrebbe fatto una strage.

– E portatevi un impermeabile, perché quando trancerà il cazzo del suo giudice con i suoi denti, sarà come essere in prima fila all’acquario, allo spettacolo dell’orca che salta fuori dalla piscina e ripiomba di peso nell’acqua. – aggiunse la mora. Qualcuno rise, qualcuno lanciò dei “boo”, con il pollice rivolto verso il basso, qualcuno disse qualche parola a favore di Michele, che avrebbe dovuto sacrificarsi per quella sfigata.

Linda non fece una mossa, come se non fosse accaduto nulla accanto a lei. Si sentiva malissimo, voleva morire. Era come una merda rimasta sotto una scarpa, con qualcuno che cercava di rimuoverla dalla suola con un bastoncino bestemmiando. Ma non era nulla di nuovo per lei. Sapeva che ci sarebbe stata male, ma niente di più. Ma fu invece quando si accorse che Francesca si era girata verso di lei ghignando, come se quel dolore inflitto la facesse stare bene, che decise che quella sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe sofferto in quel modo. Non li avrebbe uccisi, no, anche se avesse avuto un fucile. Li avrebbe schiacciati tutti sotto i suoi piedi, Francesca per prima.

Non aveva trovato Enrico per chiedergli di annullare la sua iscrizione, e non l’avrebbe più nemmeno cercato, perché alla gara di pompini lei avrebbe dimostrato a tutti quei pezzi di merda chi era veramente e che loro non potevano nemmeno baciarle i piedi.

Oh, avrebbero scoperto chi fosse, o, più precisamente, cosa fosse diventata veramente la loro “Linda la nerd”.

***

Tommaso arrivò dal lavoro mezz’ora dopo che le lezioni erano finite. Aveva troppa fretta di vedere Linda e, dopo aver chiesto al suo collega Paolo di coprirlo con Tania nel caso avesse telefonato chiedendo se lui fosse veramente a casa sua, era saltato in macchina e si era diretto alla scuola, con i chilometri che sembravano aumentare invece di diminuire.

Aveva percorso il viale davanti all’edificio scolastico e aveva scorto, sola, seduta in qualche modo sul muretto, la ragazza che amava. Aveva la testa bassa e lo zaino ai suoi piedi, tra le gambe. Lei aveva alzato la testa nel sentire il suono del motore della Punto avvicinarsi e accennato un sorriso quando lo aveva riconosciuto.

Tommaso si era fermato davanti a lei, sporgendosi nell’abitacolo per aprirle la porta. – Come stai, bimba? – le chiese quando lei salì dopo aver appoggiato lo zaino sul sedile posteriore. Le apparve triste quando lo abbracciò con trasporto e disse: – Adesso bene, Tommy.

– Vuoi fermarti da qualche parte, Linda? – domandò, quando la macchina riprese a marciare e gli edifici fuori dai finestrini iniziarono a sfrecciare sempre più velocemente.

La ragazza appoggiò la mano su quella di lui quando afferrò il pomello della leva del cambio. Tommaso le lanciò un’occhiata. – No, – rispose dopo qualche istante, – andiamo a casa mia, per favore. –  Poi appoggiò la testa sulla spalla del ragazzo. – Ti amo, Tommy. – disse, e non pronunciò un’altra parola fin quando la Punto non si fermò accanto al parcheggio che aveva occupato un paio di giorni prima.

La ragazza sembrò prendere di nuovo vita, abbandonando la malinconia che aveva caratterizzato il suo stato d’animo durante il viaggio. Tommaso temette che la giornata a scuola l’avesse buttata a terra al punto tale da non voler fare l’amore, come avevano deciso, ma quando la vide prendere dal sedile posteriore il suo zaino e scalpitare per salire in casa sua comprese che sembrava aver ritrovato il buonumore. Non aspettò nemmeno che lui chiudesse a chiave la macchina ma corse oltre le porte dell’ingresso del condominio, fermandosi davanti all’ascensore.

Tommaso se la prese con più calma, non volendo fare credere, o più esattamente intuire, quanto fosse anche lui impaziente di averla nuda tra le sue braccia, senza alcuno attorno a loro che gli impedisse di amarla come voleva lui. La raggiunse camminando tranquillamente, leggendo nel suo sguardo una profonda impazienza: Linda lo fissava, come se potesse accelerare il suo passo con la bellezza dei suoi occhi chiari, continuando a premere con una mano il tasto di chiamata dell’ascensore.

Lui le si accostò, sorridendole, come se quanto stavano per fare fosse una cosa sì piacevole, ma che lui trovava più che ordinaria, sebbene, in cuor suo, avrebbe voluto spingerla contro la parete e possederla, o almeno baciarla fino a farle tremare le gambe e bagnare il tessuto dei suoi pantaloni dall’eccitazione e dal desiderio.

– Sei certa che non c’è nessuno a casa tua? – le chiese, guardando annoiato i due battenti di metallo che stavano cominciando ad aprirsi in quel momento.

– Non c’è mai nessuno il venerdì. – l’assicurò lei, nonostante fosse la più agitata della coppia. – I miei sono sempre entrambi al ristorante per preparare il necessario per i clienti che arriveranno questa sera.

– E non ci saranno problemi con i vicini? – continuò lui, sebbene gl’importasse poco dei dirimpettai e delle loro opinioni. Non aveva mai vissuto in un condominio ma, da quello che si diceva in giro, sembrava che chi abitava in un appartamento non sapesse riconoscere nessuno di chi occupava quelli accanto. Al limite, se intervistati dopo un fatto di sangue, la risposta standard riguardo all’assassino era che “salutava sempre”. – Non vorrei che pensino male, vedendoti portare in casa un tizio mai visto prima, e poi lo raccontino ai tuoi.

– Che si fottano i vicini. – tagliò corto Linda, entrando nella cabina dell’ascensore, seguita da Tommaso. – E poi mia madre un paio di volte mi ha domandato se ho una vita sessuale, facendomi imbarazzare, anche perché non sapevo se risponderle di no, o mentire e farle credere che non sono quella sfigata che tutti mi considerano.

Lui le prese il mento e lo sollevò, accostando le labbra alle sue. – Speriamo comunque che non ci scoprano mentre ti sto amando. – e la baciò con passione. Lei lo strinse con le braccia al collo, sollevandosi sulla punta dei piedi e partecipando con ardore a quel dolce contatto.

Si staccarono quando la cabina fece un sobbalzo e si fermò al piano. Le porte, aprendosi, li trovarono come se non fosse successo nulla durante quegli istanti in cui nessun occhio indiscreto avrebbe potuto osservarli. L’unica differenza, forse, era il nuovo sorriso che illuminava il volto di Linda.

Il corridoio era vuoto, i muri bianchi con il pavimento coperto da grandi piastrelle marroni a tinta unita, che richiamavano il colore esterno della palazzina. Su un lato erano disposte delle porte che, a prima vista, sembravano porte blindate di un livello di sicurezza non troppo elevato, più che altro per una questione psicologica, coperte da una lamina di legno di scarsa qualità con incise un paio di quadrati ed ellissi per renderlo appena più elegante di qualche asse inchiodata al battente in metallo, il tutto intervallato da qualche quadro di arte moderna comprato in stock e appeso alle pareti; dall’altra parte, invece, le finestre si affacciavano sui tetti delle case, più basse, del paese, oltre le quali si estendeva la campagna, un paio di fabbriche, e i boschi, che si arrampicavano sulle Alpi e le Prealpi.

Tommaso rimase un istante a contemplare quella vista, chiedendosi se da lì fosse possibile il luogo dove i compagni di scuola di Linda si sarebbero incontrati ed alcune ochette avrebbero dato prova delle loro capacità di spompinare davanti a tutti. Capacità scarse e ridicole, se rapportare a quanto aveva imparato e dimostrare di essere in grado di fare la splendida fanciulla che, in quel momento, stava facendo scattare rumorosamente la serratura di casa sua.

Lui lanciò un’occhiata verso i due capi del corridoio, controllando che non ci fosse nessuno, come se si stessero introducendo illegalmente nell’abitazione della ragazza stessa. Lo trovava ridicolo lui stesso, ma l’idea di fare sesso a casa di Linda gli sembrava qualcosa che l’avrebbe messa nei guai con i vicini.

– Vieni. – gli disse lei, ora che la porta era aperta e la bionda aveva un piede già all’interno dell’appartamento. Era davvero impaziente di abbandonare il corridoio, e lui non fece fatica a capire che era per motivi ben diversi dai suoi.

La raggiunse con un paio di falcate, entrando in casa sua. Si lasciò scappare sottovoce un “permesso?” mentre vedeva per la prima volta la tana della famiglia Zanetti. Tommaso suppose che i mobili, solidi e ben fatti, ma di certo comprati al pari dei quadri nel corridoio a poco prezzo, ed il colore delle pareti, bianche per la maggior parte, e grigie chiaro quelle su cui avrebbe battuto la luce del sole durante il giorno, fossero uguali per ogni appartamento, e non rivelassero nulla sui valori e le idee che governavano lo spirito dei genitori della sua amata. I soprammobili, al contrario, come quel boomerang con un canguro stilizzato, pittato con qualche stile che doveva simularne uno primitivo, una piccola Statua della Libertà accanto ad un ormai anacronistico telefono fisso, o quello che sembrava un tamburello che sembrava giunto dalle savane africane, indicavano un amore per i viaggi all’estero, ed una grossa libreria che copriva una parete, colma di libri, tra cui tre enciclopedie, anch’esse agli occhi del ragazzo fuori tempo massimo al pari del telefono, suggerivano il desiderio di possedere una profonda cultura.

Linda gettò senza troppi complimenti lo zaino sul divano in pelle coperto da un plaid a quadretti e poi prese per mano Tommaso, conducendolo lungo la casa. Lui poté scorgere di sfuggita la cucina, che gli sembrò molto semplice per essere quella di una famiglia con un ristorante, e la camera da letto dei genitori, che a quanto pareva quella mattina non avevano avuto sentore della presenza nel pomeriggio di un ospite portato in casa da loro figlia: c’era un disordine tale che al ragazzo passò subito l’idea di consumare nella stanza di mamma e papà.

Linda, comunque, lo trascinò quasi a peso fino nella sua, di camera, e apparve subito evidente che lei si era preparata a quel momento: il letto era stato fatto quella mattina, sul pavimento non c’era un foglio di carta, e anche i libri e le riviste sulla scrivania accanto al computer erano state messi in un ordine maniacale. Probabilmente la ragazza, il giorno prima, aveva pulito anche la tastiera ergonomica con una bomboletta ad aria compressa o passato l’aspirapolvere per togliere anche la più piccola briciola o particella di pelle secca tra i tasti, e pulito lo schermo fino a far sparire l’ultima ditata. Chissà se la madre, vedendola così indaffarata, non avesse pensato che, forse, nei giorni successivi, qualcuno di estraneo non si sarebbe introdotto nella stanza per godere della compagnia, e soprattutto del corpo, della figlia. La cosa l’avrebbe inquietata o resa felice? Sapeva almeno che la figlia aveva perso la verginità sotto una rosa per “mano” di un incapace, o che negli ultimi giorni aveva fatto sesso con una coppia? Beh, se mai avesse conosciuto la donna che aveva messo al mondo quella meraviglia dai capelli biondi e la mente scattante, magari glielo avrebbe chiesto. Magari non proprio direttamente, ma avrebbe soddisfatto la sua curiosità.

– Sono pronto a scommettere che questa mattina ti sei alzata prima per mettere a posto la tua camera per me. – disse Tommaso, guardandosi attorno.

Era indubbiamente la stanza di una diciottenne, sebbene non ci fossero affisse alle pareti poster di cantanti e attori come si sarebbe aspettato lui. Una parete era occupata da un largo armadio di legno marrone scuro, mentre quella opposta era bianca, con una stretta libreria che ospitava diversi volumi. Tommaso, avvicinandosi, oltre ad accorgersi che non c’era un solo granello di polvere, scoprì che trattavano, a parte alcuni romanzi di quegli insensati romanzi d’amore per ragazzine con mostri vari, e che per suo sollievo sembravano ben poco usati, di matematica e fisica. Le mensole erano quasi vuote, e probabilmente avevano ospitato fino a giorno prima pelouche e bambole, e il pavimento era coperto da una moquette verde scuro.

Sotto la finestra si trovava il tavolino dove Linda svolgeva i suoi compiti, una scrivania piacevole a vedersi ma in cui il legno era ridotto ai minimi termini, sostenuto da una struttura di metallo nero, con una sedia che, dall’aspetto, doveva essere stata nella stessa scatola che aveva ospitato il mobile. Sopra il piano erano presenti un monitor piatto bianco di grandi dimensioni a sinistra ed una tastiera costosa e dalla forma strana, adatta a lunghe sessioni di scrittura al centro, accanto ad un mouse senza tappetino. Una piccola stampante, a sinistra, ospitava qualche foglio ancora intonso, pronta a sputarli pieni di formule matematiche e termini astrusi che buona parte della popolazione non avrebbe saputo ricondurre alla corretta disciplina scientifica. Le tendine, bianche, erano tirate, lasciando entrare la luce del primo pomeriggio: da lì si vedevano gli altri condomini ergersi contro l’orizzonte, nascondendolo, simili a corrucciati giganti riuniti in cerchio, intenti a giudicare il loro amore segreto. E a Tommaso davano una forte impressione che non fossero affatto soddisfatti di quanto stessero vedendo.

Il letto era ad una piazza, appoggiato alla parete più lontana dalla finestra per un lato, con un paio di cuscini quadrati appoggiati sopra il copriletto bianco e rosa. Un coniglio di pezza dall’aspetto buffo fissava il ragazzo, come a chiedergli perché fosse lì, a fare del sesso con la sua dolce, innocente padroncina; lui avrebbe voluto rispondergli che la sua padroncina era davvero dolce, soprattutto tra le cosce quand’era molto eccitata, ma che di innocente, ormai, le era rimasto ben poco. Non era più una ragazzina, ma una donna fatta e finita. Tommaso sperò che la ragazza prendesse quel peluche e lo spostasse da qualche parte, ma su qualche scaffale, girato verso di loro: di sicuro aveva già contemplato Linda nuda, ma cos’avrebbe pensato dopo averla vista venerata dal suo amante, darle piacere più e più volte, farla gemere di piacere, farle colare i suoi più intimi umori sulle coperte? Il coniglietto di peluche avrebbe sicuramente avuto un ben diverso sguardo dopo aver contemplato quella visione…

Linda lo strappò dai suoi pensieri intrecciando le dita di una mano con quelle della sua, dita affusolate e morbide tra altre grosse e piene di calli. Si alzò in punta di piedi e appoggiò un bacio sulle labbra di Tommaso. Quando i suoi talloni tornarono a toccare la moquette, sorrise. – Sono felice che tu sia qui con me, questo pomeriggio. – gli disse, come se fosse stato necessario confidarglielo.

Fu il turno di lui: le appoggiò una mano sulla guancia destra, si inclinò verso di lei e le loro labbra rimasero unite per diversi minuti. L’altra mano si appoggiò sull’incavo della schiena perché i loro corpi si unissero mentre le loro lingue cominciavano a scivolare l’una sull’altra, amandosi. Quando si staccarono, lui la fissò negli occhi come se volesse tuffarsi nel suo sguardo. – Io non sono felice. – le rispose, infine, a voce bassa. – Sono onorato ad essere qui.

Lei sembrò illuminarsi, come una bambina che avesse appena ricevuto il regalo che desiderava da tanto. Sempre mantenendo il contatto tra i loro occhi, si inginocchiò davanti a lui e afferrò i pantaloni, facendo uscire dall’asola il bottone dei jeans. Sul suo viso si disegnarono lo stupore e l’incertezza quando le mani di Tommaso si infilarono sotto le sue ascelle e la sollevarono in piedi.

– Ma… – sembrò protestare, confusa.

Lui appoggiò la fronte contro quella di lei, le punte dei loro nasi che si toccavano. – Adoro sentirmi dentro di te, mentre mi dai piacere con la tua bocca, – le sussurrò, dolcemente, – ma questo è il tuo castello e tu sei la mia principessa: oggi tutte le attenzioni saranno dedicate solo a te. – E le loro labbra tornarono a unirsi, in un bacio talmente passionale che Tommaso dovette mettere una mano sotto il sedere di Linda che stava per scivolare a terra, sopraffatta dall’emozione.

Lei lo guardò rapita, desiderosa di essere sua quando si staccarono. Corse al letto, gettando a terra i due cuscini e il pelouche. Lui sorrise mentre lei si sdraiava, pronta, scuotendo la testa pensando che quello che Linda si aspettava sarebbe arrivato, ma non subito. Anzi, avrebbe dovuto pazientare almeno un paio di ore. Si abbassò, prendendo il coniglietto che, dopotutto, iniziava a stargli simpatico.

– Cosa stai facendo? – chiede Linda, sorpresa, mentre Tommaso raggiungeva la scrivania.

Lui posò il coniglietto tra il mouse e la tastiera, girandolo perché il letto gli fosse agevolmente visibile, poi lanciò involontariamente un’occhiata fuori dal vetro, sui condomini simili a grosse lapidi. Si domandò per un istante cosa stesse accadendo oltre le finestre là fuori. Un riflesso lampeggiò un paio di volte in una di queste, posta un piano sopra quella di Linda. Lui cercò di non pensarci e si voltò verso la sua amata. Le sorrise.

– Lasciamolo lì a guardare. Magari impara qualcosa e fa felice qualche Barbie.

Linda sogghignò alla pessima battuta e allungò le braccia verso di lui. Tommaso non ebbe bisogno di altri inviti.

CONTINUA…

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