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Mary, la giovane fruttivendola – Pt. 3

Il ciclo mestruale femminile, si sa, dura fra i cinque e i sette giorni generalmente. Non ho potuto penetrare Mary né al nostro primo incontro né al secondo; nel primo caso per mancanza di contraccettivo, nel secondo perché la mia giovane fruttivendola aveva le “sue cose”. Per carità, non solo rimasto a secco; la ragazza infatti mi ha concesso il piacere di venirle in bocca nella prima occasione e fra le mani nella seconda. Di godimento, insomma, ce n’è stato, ma la penetrazione è mancata ed io, tra l’altro, ho sempre nei pensieri il suo culo. Averlo tastato e palpato ha fatto accrescere in me il desiderio di possederlo; chiaramente, Mary è così bella che per me l’importante sarebbe comunque poterla perforare: se prima davanti o prima dietro, poco importerebbe.

Inaspettatamente, un pomeriggio sento suonare il citofono. Mi alzo apatico dal divano, pentendomi già di non essere in ufficio ma a casa a rispondere a chissà quale seccatore. Poi all’improvviso mi rianimo, perché dal display del videocitofono vedo Mary in persona! E’ pure giovedì e l’ortofrutta di solito è chiuso. E’ venuta proprio per incontrarmi? Felicemente sorpreso, alzo la cornetta. “Che ci fai tu qui..?” le chiedo stupito. “E’ passata una settimana dall’altra volta…” mi ricorda lei sottovoce con tono ammiccante. Il modo in cui pronuncia quella frase mi fa partire l’ormone e, tornato in me, rammento che allora il ciclo per Mary è finito e il semaforo potrebbe essere verde, finalmente.

Non dico nulla è le apro il cancello, attendendo ancora una volta intrepidamente il suo arrivo sull’uscio di casa. Oggi l’ascensore funziona e dai rumori capisco che si è risparmiata la fatica delle scale. Finalmente la porta dell’ascensore si apre al mio piano e due/tre secondi la sagoma di Mary compare alla mia vista. E’ bellissima. Indossa una t-shirt gialla dalle cui spalle, mezze scoperte, sbucano le bretelle nere del reggiseno; shorts di jeans perfettamente aderenti alle sue forme e scarpette sportive bianche. Neanche a dirlo, la mangio con gli occhi.

E quando arriva davanti a me, senza dir nulla, cominciamo a baciarci appassionatamente. Oggi è il giorno, ormai è chiaro. Oggi la mia carne entrerà nelle sue viscere. Resta solo scoprire per quale via.

Mi affretto a chiudere la porta d’ingresso di casa e la prendo in braccio. Mary mi si aggrappa con le braccia alle spalle e con le gambe al sedere. Rafforzo la mia presa affondando i polpastrelli nei suoi glutei e ogni tanto le accarezzo le cosce, lisce come la seta e chiare come una rosa. Il fiato dell’uno entra nella bocca dell’altra; dovrebbe mancarci il respiro tanto che siamo famelici ma sopravviviamo.

Mi dirigo verso in fretta verso la camera da letto; Mary peserà la metà di me, quindi è leggerissima e il tragitto non mi pesa affatto. Arrivati in camera, mi fermo sul ciglio del letto, togliendo le scarpe e sfilando via quelle di Mary. Mi inclino, quindi, leggermente in avanti e, senza opporre resistenza, lascio che la gravità ci scaraventi sul materasso. Mary rimane sotto di me e, un po’ per la caduta un po’ per l’eccitazione, si fa scappare un “uoh!” che non mi distrae affatto, tant’è che imperterrito continuo a baciarla. Lei gradisce, ricambia avidamente i miei colpi di lingua e mi accarezza le gote con entrambe le mani.

“E’ ordinata questa stanza. E’ tenuta bene” mi confida. “E’ tutta per te, è tutta per noi” rispondo eccitato. Mollo la presa da Mary e mi ergo di fronte a lei. Getto i cuscini che ornano il letto, per tenere il campo libero, e le sfilo via la maglietta. Ci sediamo sul letto, avvinghiati l’uno di fronte all’altra, liberandoci lei del reggiseno ed io della canotta. Resto ipnotizzato ancora dalle sue mammelle pallide, che accarezzo a bacio come un bambino. Lo faccio per alcuni minuti, fino a quando Mary non si divincola per levarsi gli shorts e i calzini, rimanendo con addosso solo le mutandine, rigorosamente abbinate al reggiseno. Ne approfitto per sfilarmi anche io pantaloni e i calzini, col boxer costretto a dover contenere da solo tutta l’eccitazione che vorrebbe esplodere.

La mia dea se ne accorge e, tornandomi vicino, prende a massaggiarmi l’uccello. Il massaggio da sopra le mutande, personalmente, l’ho sempre adorato, perché è quel momento che precede la libertà dell’uccello, il tutto mentre questo viene solleticato. Ricambio le attenzioni infilando la mano nelle mutandine di Mary. E’ già alquanto bagnata e le mie dita non devono impegnarsi molto per mantenere umido l’ambiente.

Ma vorrei vederci meglio, così faccio sdraiare Mary e le sfilo l’intimo, fiondandomi con la lingua nella sua vulva. Col conforto delle dita, le lecco tutto ciò che posso e mi inebrio al contatto della sua peluria col mio naso. Emana un odore intenso, sensuale, che assieme al sapore dei suoi umori mi manda in estasi. “Aaah”, “uuh” esclama dolcemente la mia partner, completamente abbandonata alla volontà della mia bocca. Poi comincio a sentire vibrare tutto intorno a me e capisco che Mary è in preda all’orgasmo. “Oddio, aah, sii” esclama afferrandomi i capelli. E’ crollata sotto i miei colpi, realizzo ancora una volta soddisfatto, ma non è finita qui.

Perché mi tiro su, mi tolgo il boxer e percorro in ginocchio l’intero busto di Mary, arrivandole con l’uccello in faccia. La guardo bramoso. Voglio che mi prenda il cazzo in bocca e se lo lavori per bene. Lei ha già capito le mie intenzioni, infatti lo afferra e se lo pianta in bocca, iniziando a leccarlo. Lo pompa con ingordigia e accompagna la sua azione con gemiti ben udibili di compiacente piacere. Mentre mi spompina, mi allungo verso il comodino, apro un tiretto e afferro un preservativo. “Ora si fa sul serio…” le dico ansimando. Apro la bustina e srotolo il condom sul cazzo duro come il marmo. Mary si guarda le scena in silenzio, ma dai suoi occhi appare una certa bramosità.

Non ha nulla da temere, verrà accontentata immediatamente. Così, afferro bene l’uccello e mi dirigo verso la fica di Mary, che mi tiene le mani sulle cosce. Giunto all’ingresso, non affondo il colpo ma resto per qualche secondo sull’uscio, massaggiandole il clitoride con la cappella. Poi torno all’ingresso e, senza forza, inizio ad entrare. Sento pian piano il calore della sua vulva avvolgere il mio membro. Mary resta in silenzio, mi guarda e strizza le labbra per accompagnare il mio ingresso dentro di lei. Dura tutto pochissimo. Sono completamente dentro di lei, finalmente. Mi sembra di aver scalato l’Everest.

Poggio le mani sul letto e comincio a pompare, delicatamente, senza forza. No che non è vergine. Non sarebbe così semplice altrimenti penetrarla. Meglio così, poi. Fosse stata la sua prima volta, mi sarei posto qualche interrogativo. Ma bando alle ciance. C’è una giovane ragazza, bellissima, da stantuffare adesso! E quindi proseguo, imprimendo via via sempre più intensità ai miei colpi.

“Lo senti quanto ti ho desiderato..?” chiedo eccitato a Mary. “Si, lo sento” risponde accarezzandomi il petto. Mi accascio pian piano su di lei. Siamo in posizione del missionario. Le nostre bocche tornano ad unirsi e Mary si avvinghia di nuovo con le gambe al mio culo. Le afferro le mani e gliele blocco sul materasso, stringendole forte. E’ completamente mia, adesso, e questo senso di potere mi manda in visibilio. La stantuffo con veemenza e ogni tanto mi fermo, affondando la mia presenza il più possibile nella sua vagina.

Con una sorta di moto d’orgoglio femminile, Mary si divincola dalla posizione in cui siamo e mi fa sdraiare a pancia in su; così, mi fissa arrapata, si siede su di me e, afferrando il cazzo, se lo pianta dentro, cominciando a cavalcarmi. Magnifico. Inarca la schiena per accompagnare i movimenti e si tiene i capelli, ormai sciolti e sudati. Le accarezzo prima il seno, poi le cosce e infine il sedere; poi risalgo la sua schiena e la accompagno giù. Riprendiamo a baciarci, con Mary a dettare il ritmo della penetrazione. Alza nuovamente il busto, mi poggia ancora le mani sul petto e prosegue la sua cavalcata. “Mi piace averti dentro” esclama guardando nel vuoto. Sembra in trans. Lo sono anche io, in effetti; così, le afferro nuovamente il culo e prendo a stantuffarla col mio ritmo. Sono letteralmente aggrappato al suo culo, così tanto da “costringerla” a tornare giù con la testa e baciarmi ancora, ancora e ancora.

Dimentico tutto e tutti e torno in me quando sento che sto per raggiungere l’orgasmo. Col clitoride che sfrega sul mio inguine, Mary ha appena raggiunto il piacere una seconda volta, afferrandomi lo scroto nel pieno della estasi. Ne sono orgoglioso, ma non faccio in tempo a godermi il suo orgasmo che raggiungo il mio, complice la mano della mia partner sui testicoli. “Aaaaah, vengo” farfuglio. Mantengo la presa salda alle sue natiche e sento le pulsazioni del cazzo nella vagina di Mary. Percepisco talmente tanti di fiotti di sperma che ringrazio me stesso di aver usato il preservativo, altrimenti non so tra nove mesi cosa succederebbe. Mi godo il mio orgasmo e, nel caldo di Mary, sento il membro pian piano afflosciarsi.

La mia dea si sfila e mi si sdraia accanto. Mi da un bacetto, con la tenerezza che userebbe una giovane innamorata col suo fidanzato. Noi non siamo né l’una né l’altro. Siamo due che scopano bene, mi dico.

Ci ricomponiamo con calma. Mentre lo facciamo, le accarezzo il culo e le dico “E questo..?!” con tono malandrino. “C’è tempo, calma…” mi risponde lei.

C’è tempo, si. E non vedo l’ora di viverlo, questo tempo.

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