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Mio fratello Kevin – 6

By 3 Gennaio 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

Fa caldo. L’aria condizionata si è rotta e il tecnico non può venire prima di domani. Sono seduto sul divano con indosso solo i boxer e sto giocando all’ultimo videogame che ho comprato. Mi asciugo la fronte dal sudore, sto per riprendere il gioco quando sento il telefono squillare.
‘Pronto?’ rispondo.
‘Ciao Kevin!’ è mia madre che chiama dall’Italia, dove è in vacanza da mia zia e dove sto per raggiungerla per passare le ultime due settimane delle vacanze estive, insieme ai cugini.
‘Mamma! Come va?’ le rispondo simulando una voce contenta.
‘Bene tesoro. Senti, volevo sapere se avevate preparato tutto per domani, se avevate fatto le valigie….’ che palle, penso. E’ la quarta volta che chiama nel giro di due giorni. Mantengo, comunque, un tono neutrale.
‘Si mamma…’
‘Vi siete ricordati i biglietti? I costumi da bagno… e poi le creme solari, mi raccomando!’
‘Mamma! E’ tutto sotto controllo, ti ho detto… tranquilla!’ non la sopporto quando fa così.
‘Scusa, scusa, ho capito… senti mi fai salutare Jane un attimo?’ abbasso gli occhi un istante e la osservo. E’ sdraiata sul pavimento proprio di fronte a me, completamente nuda con la lingua devotamente incollata alla pianta del mio piede destro. Fa su e giù come una spatola, dal tallone alle dita, assicurandosi di ingoiare tutto lo sporco, come le ho ordinato. Le mie labbra si inarcano in un sorriso:
‘No mamma adesso non può sta lavorando a una cosa troppo importante’ inclino il piede e le ficco le dita in bocca in modo da fargliele succhiare perbene.
‘Oh, peccato. Ma quanto lavora tua sorella, tutte le volte che chiamo è sempre impegnata!’ Le forzo il piede in gola, sempre più in profondità. Grazie a tutto l’allenamento che le ho fatto fare adesso riesco a ficcarglielo giù quasi per metà. Spingo ancora e lei comincia a tossire. La fisso negli occhi mentre fatica a respirare:
‘Che vuoi che ti dica mamma, lo sai che adora quello che fa, no?’ di nuovo sorrido.
‘Si, si, lo so. Beh, salutamela tu, ok? Non vedo l’ora di vedervi ragazzi! A presto!’
‘Ciao ma’!’ riattacco. Continuo a fissarla mentre poso il telefono. E’ come in trans, è completamente in balia dei mie desideri, mi venera come un dio. Che pacchia! Posso farle fare qualunque cosa voglio, più le faccio male e più lei mi ama profondamente. Estraggo le dita del piede e lei comincia a lavorare sul tallone. Per me è poco più di un oggetto da usare. Con lei non ho bisogno di essere gentile, di sussurrare paroline dolci, come mi tocca fare a volte con le ragazze con cui esco. La uso, mi diverto, la umilio, sfogo tutte le mie voglie. Mi piace possederla, senza nessuna stronzata sentimentale. E’ una schiava, una cagna, niente di più, ha smesso di essere mia sorella nel momento in cui l’ho beccata con il naso dentro alle mie scarpe da ginnastica.
‘Domani partiamo! Ma per te non cambia assolutamente niente, continuerai ad obbedirmi, farai qualunque cosa voglio, chiaro?’ non posso fare a meno di sorridere quando la umilio, è troppo divertente!
‘Si padrone, qualunque cosa…’ ha la bava alla bocca mentre a ripreso a leccare la pianta. Sono appena tornato da un allenamento in palestra, i piedi mi fanno ancora un po’ male e il puzzo ha inondato la stanza nel momento in cui questa troietta mi ha tolto le scarpe. Devono avere un sapore orribile, ed è proprio per questo che farseli leccare prima della doccia è una gran figata!. Il senso di potere che mi da il vederla, al suo giusto posto, lì per terra con il mio piede in bocca è fantastico, non me ne stanco mai!
‘Vai a preparare le valigie mentre mi faccio una doccia!’ mi trattengo ancora qualche secondo divertendomi a darle un paio di pedate in faccia. Poi mi alzo e vado in bagno.

Il giorno dopo partiamo, e per diverse ore non posso usare il mio giocattolo. Si comporta come tutti gli altri, come fosse una normale ragazza. Il volo dura quasi 9 ore, facciamo scalo a Londra e poi altre due ore e mezzo fino a Fiumicino. All’uscita dell’aeroporto un’ondata di caldo e umido mi investe. C’è mia madre che, dopo averci salutato ci fa salire in macchina per portarci a casa della zia. Comincia ad inondarci di domande, è tanto che non ci vede. In particolare rompe le palle a Jane, le dice che lavora troppo e che è ‘decisamente dimagrita’ dall’ultima volta che l’ha vista.
‘Ma no mamma, ti dico che mangio!’ sorrido, mentre guardo Jane nello specchietto retrovisore.
‘Tranquilla mamma, ci ho pensato io a cucinare, lei era troppo impegnata. Ma le ho fatto mangiare solo cose buone, vero Jane?’
‘Si mamma… è vero’ risponde titubante. Ridacchio piano sotto i baffi pensando alle tonnellate di piscio e merda che le ho fatto ingurgitare nell’ultimo mese.
‘Hai fatto cucinare tuo fratello!! Non ci credo, è così che fai la donna di casa mentre non ci sono! Povero amore, hai dovuto fare tutto tu!’ inutile dire che mamma mi preferisce di gran lunga a mia sorella!
‘Beh, in effetti si…’ quanto sono perfido ‘…però a dire la verità mi sono divertito, sai?’ continuo a fissare mia sorella dallo specchietto. Mi guarda in adorazione, è già eccitata perché la sto umiliando. Sorrido.
Arriviamo ad Ostia, da mia zia che ci apre la porta, facendoci tante feste. La saluto, poi vado da mio mio cugino Marco, un ragazzo poco più grande di me. Lo rivedo con piacere visto che è passato molto tempo dall’ultima volta. Dalla stanza accanto emerge un visetto lentigginoso, si avvicina. Marco me la presenta, è la sua ragazza, Lidia. La guardo negli occhi mentre ci salutiamo. E’ molto carina, ma è timida, non regge il mio sguardo e, dopo qualche secondo, abbassa il suo:
‘Kevin, Lidia ha qualche problema con l’inglese, era tutta preoccupata perché venivate, ma le ho detto che parlate italiano perfettamente!’
‘Gia!’ è sempre più imbarazzata e io continuo a fissarla, apposta. Arrossisce. Le piaccio,.
‘Hey, magari mentre sei qui le insegni qualcosa, hai visto mai che fosse la volta buona!’
‘Volentieri!’ magari questo soggiorno sarà più divertente di quello che avrei creduto.
E’ ora di pranzo e andiamo a tavola, io mi siedo proprio di fronte a lei. Chiacchiero un po’ con mia zia, un po’ con Marco, ma ogni volta che mi volto verso Lidia, lei si affretta a guardare da un’altra parte. Non riesce a togliermi gli occhi di dosso. Hai capito la troietta? E proprio con mio cugino accanto! Comincio allora a parlarci del più e del meno e scopro che è di Milano e fa la barista. Ha 22 anni, anche se sembra una ragazzina. Ha due settimane di ferie ed è venuta per stare con Marco.
‘Poveretta, è venuta fin qui e a me all’ultimo momento non hanno accordato le ferie. Praticamente la vedrete più voi di me! Che palle!’
‘Beh, ci faremo compagnia allora!’ lo dico con un’intonazione leggermente maliziosa che mio cugino non coglie ma che ha effetto su Lidia. Mi fa un sorrisino debole e io le sorrido di rimando. La voglio. Deve diventare mia a tutti i costi.
Dopo mangiato portiamo la nostra roba in camera. Io e Jane siamo in una matrimoniale:
‘Non vi dispiace dormire nello stesso letto, vero?’ mi chiede mia zia.
‘Nessun problema!’ più spazio per me, tanto la cagna dorme per terra!
‘Il bagno è in fondo al corridoio’ ci dice la zia per poi allontanarsi.
‘Non per me…’ commento in inglese sghignazzando verso Jane.
‘Certo padrone…’

Dopo un po’ mio cugino insiste per voler uscire e farci fare i turisti. Ci porta a Roma e ci fa vedere un sacco di posti famosi. Lidia, intanto, ha cominciato a fare amicizia con Jane. Il caldo è insopportabile, sudo dappertutto. Sento sguisciare le piante dei piedi sulle infradito sempre più man mano che il pomeriggio va avanti. Mia sorella continua a guardarmeli leccandosi le labbra. Non sono più abituato a vederla stare in piedi, non le si addice, la preferisco decisamente a quattro zampe, è quello il suo posto, è lì che deve stare. Sorrido e penso: ‘…e anche Lidia!’ Dopo alcune ore dobbiamo tornare, perché Marco prende servizio alle 8 e dobbiamo cenare presto. Andiamo in metropolitana, è quasi vuota e io appoggio un piede sul sedile accanto al mio. Guardo Jane e sorrido soddisfatto nel vedere che è quasi fuori di se. Sta praticamente sbavando mentre me lo fissa pregustando già quello che sarà il suo dessert dopo la cena. Marco le è seduto accanto, tiene per mano Lidia e le sussurra qualcosa all’orecchio…. ma, con mia sorpresa, noto che lei non lo sta ascoltando. E’ come imbambolata, il suo sguardo termina nella stessa direzione di quello della cagna. Possibile? Muovo la gamba e appoggio il piede per terra. Lei lo segue con gli occhi, poi, per verificare che nessuno la stia guardando, lancia un occhiata verso il mio viso. Mi trova pronto ad attenderla. Le faccio un sorriso un po’ malefico e lei distoglie subito lo sguardo.
‘Bene, bene, bene…’ penso ‘…è già mia la puttanella!!’
Dopo esserci rimpinzati per bene, mio cugino va a lavorare, mentre mia mamma e mia zia escono per la consueta passeggiata serale. Lidia non vuole andare con loro, preferisce non uscire. Io giro per casa solo in pantaloncini dal caldo che fa e Jane è sempre più impaziente e vogliosa, mentre maledice la ragazza per non essere uscita. Sorrido. Ci sediamo in salotto tutti e tre, davanti alla TV. Faccio un po’ di zapping ma non c’è niente di interessante, quindi propongo un giochino a Lidia.
‘Visto che vuoi imparare l’inglese, facciamo un piccolo test. Io ti dico delle parole e tu me le traduci, che ne dici?’
‘Ok, va bene, sembra divertente’ sorride.
‘Però se sbagli devi fare una penitenza, sennò che gioco è!’ il sorriso le diventa più incerto.
‘Ma… che tipo di penitenza?’
‘Non te lo posso dire, altrimenti dov’è il divertimento?!?’ è titubante ma accetta.
‘Devi promettere che farai la penitenza però… qualunque cosa sia!’ sottolineo quest’ultima frase fissandola negli occhi come faccio con la schiava quando voglio mettere qualcosa in chiaro. Abbassa lo sguardo, come fa sempre poi mormora:
‘Ok’
‘Bene! Cominciamo!’ inizio con parole semplici che tutti conoscono, tipo dog, house, brother, e lei mi risponde correttamente. Dopo qualche minuto, però, mi sono rotto le palle:
‘…brava! Vediamo un po’… che vuol dire ‘hunk’?’ come previsto non ne ha idea e il mio piano può continuare.
‘Mi arrendo! Jane che vuol dire?’ chiede la ragazza incuriosita a mia sorella che da un angolo risponde:
‘Beh, ‘hunk’ è un ragazzo… figo, atletico, un fusto direste voi…’
‘Ah! Ho capito… insomma uno…. un po’ come te?’ è imbarazzatissima e mentre me lo dice mi guarda gli addominali scolpiti.
‘Hahaha! Brava hai capito bene!’ faccio una pausa poi le dico autoritario: ‘Adesso devi pagare!’
‘Va bene, che devo fare?’ non sembra dispiaciuta di aver sbagliato.
‘Dunque, vediamo…. beh, oggi ho camminato un sacco e mi fanno male i piedi, perché non mi fai un bel massaggio?’ la butto là, voglio vedere come reagisce.
‘Ma io non….’ è un po’ interdetta.
‘Hey! Hai promesso ricordi?’
‘Si ma questo è…’
‘Dai, avanti!’ mi sfilo l’infradito e le porgo il piede mentre insisto. Alla fine cede.
‘Ok, ok, va bene… ho promesso…’ si alza dalla poltrona e viene ad inginocchiarsi di fronte al divano dove sono seduto. Sorrido. Non ci credo, è troppo facile!!
Mi prende il piede sudato tra le mani e comincia a massaggiarlo.
‘Aaahhh, mi ci voleva proprio’ noto che mentre me lo massaggia non riesce a staccare gli occhi dalla pianta, ne è attratta. Mi volto verso Jane. E’ quasi in lacrime e verde d’invidia. Mi guarda implorando pietà e a me scappa una risatina, è troppo divertente vederla soffrire così.
‘Che c’è, chiede Lidia’
‘Niente, niente’ le rispondo io ‘piuttosto continuiamo con il gioco! Sai come si dice piede?’
‘mmm…’ esita ‘…’foot’ mi pare’ comincia ad essere rossa in volto e il suo respiro è irregolare, un po’ affannato.
‘Esatto! Adesso una facile, facile… come si dice baciare?’ deglutisce nervosamente prima di dire:
‘…kiss…’
‘Brava! Vediamo allora se capisci questa frase: KISS MY FOOT’ lo dico lentamente, soppesando bene tutte le parole. Lei mi guarda un po’ sconvolta, forse ho esagerato, ma la incalzo comunque:
‘Allora?’ Continuo a fissarla, sa di non avere scampo, non può reggere il mio sguardo di ghiaccio. Chiude gli occhi. Lentamente si avvicina, sempre di più, finché non sento le sue labbra raggiungere il loro giusto posto. Mi bacia il piede e lo fa con trasporto, neanche baciasse l’amore della sua vita. Di colpo tiro indietro la testa e comincio a ridere di gusto. E’ fatta! E’ in mio potere ormai. La guardo divertito, è sempre uno spasso umiliare una ragazza! Lei sembra imbambolata, terrorizzata per quello che ha appena fatto, ma allo stesso tempo incapace di muoversi. Rimane immobile, con il mio piede a pochi centimetri dalla bocca e mi guarda.
‘Brava! Hai capito il significato della frase, ora continua a fare quello che ti ho detto!’
Jane, intanto, incapace di controllarsi, si è inginocchiata anche lei di fronte a me e mi sta implorando con gli occhi e la lingua penzoloni, mentre ansima:
‘….ti prego…. ti prego… io….. non… ti prego…’ non riesce a completare una frase coerente e vederla così mi diverte troppo.
‘Hahahahaha!!! Dovresti vederti! Tieni!’ con l’altro piede le lancio l’infradito ‘… se proprio ci tieni leccati quella! Hahahaha!!’ la cagna si getta sulla ciabatta come se non stesse mangiando da mesi. Comincia a strofinarsi e a leccare la pianta della ciabatta che ho portato tutto il giorno. Poveretta, dopotutto compreso il volo e tutto sono quasi 24 ore che non le faccio assaggiare il suo cibo preferito, è comprensibile che sia fuori di testa, ma voglio farla soffrire ancora un po’. Mi volto verso Lidia che è scioccata dal comportamento di Jane… eppure continua a non muoversi.
‘Ohi, tu! Ti ho detto di continuare!’ le dico in malo modo. Lei sussulta e si gira a guardarmi, a metà tra il terrorizzato e l’eccitato. Dopo qualche secondo esegue l’ordine. Le sue labbra si stampano sulla pianta del mio piede e, per diversi minuti, non si staccano più. E’ come se stesse pomiciando con esso. Che scena! E’ proprio come mia sorella, un’altra cagna leccapiedi schifosa.
‘Kevin, il tuo piede è così…. buono!’
‘Davvero? Hahahaha!!! Vorresti leccarlo?’ le si illuminano gli occhi.
‘Si, si!!’ sorrido malefico.
‘Voglio vederti implorare allora!’ non ha più ritegno.
‘Ti prego, ti supplico, fammelo leccare, ti scongiuro!!’ ha il respiro sempre più affannato e comincia a non ragionare più. Esattamente come previsto.
‘Hahahaha! E va bene, puoi leccarmelo! Stenditi qua… e anche tu cagna!’ Jane non vede l’ora. Le faccio stendere supine di fronte a me, con la testa attaccata al divano. Poi metto loro i piedi sulla faccia, uno per uno, per non fare preferenze. Cominciano il loro lavoro di pulizia. Jane è ormai esperta ma anche Lidia non se la cava male per essere la prima volta.
‘Sai Lidia, mia sorella ha rinunciato a qualunque dignità umana pur di diventare la mia schiava… se vuoi posso concederti lo stesso onore! Hahaha!!’ le chiedo mentre le guardo al lavoro.
‘Si, ti prego’ accetta senza esitazione ‘ti prego, è il mio sogno essere dominata da qualcuno, sei il mio dio Kevin, puoi fare di me quello che vuoi, ti prego, ti prego…’ meglio di quanto avrei creduto!
‘Hahahahaha!!! E così sono il tuo dio, eh? Bene schiava! Allora è così che dovrai chiamarmi da ora in poi! Hahaha!’ mi viene da ridere da quanto è stato facile.
‘Si, si mio dio…’ si affretta a dire.
‘…e dovrai darmi del voi quando ti rivolgi a me, chiaro?’ aggiungo per divertirmi ulteriormente.
‘Sissignore, grazie… grazie per avermi accettata, vi ringrazio!’ è persino più troia di Jane.
‘Hehehe! Nessun problema cagna!’ Mi alzo in piedi stando in equilibrio sulle loro facce. Le sento gemere, forse dal dolore, dopotutto hanno ottanta chili di muscoli da sostenere. Nessuna delle due però smette di leccare. Comincio a molleggiare un po’ sulle gambe, poi a spostare il peso da una parte e dall’altra. Gemono sempre più forte. Più gemono più io mi diverto, finché non perdo l’equilibrio e cado a sedere sul divano ridendo.
‘Hahahaha!!! Ora succhiatemi le dita, schiave! Hahaha!!!!!!’ si voltano e fanno a gara ad infilarsi più dita dei piedi che possono dentro la bocca. Sento gli schiocchi di risucchio mentre si mangiano tutta la merda accumulata dopo una giornata a passeggio.
‘Leccate anche in mezzo alle dita, voglio avere i piedi puliti quando vado a letto!!’ eseguono. E’ proprio un piacere sentire le loro linguette al lavoro. Le guardo. Due belle ragazze nel fiore degli anni completamente succubi. Del resto fanno ciò che la natura le ha create per fare, sono esseri inferiori, non sono neanche degli animali, sono meno. E sono al mondo solo per essere usate… da me.
Ad un tratto sento un portone chiudersi e delle voci per le scale. Sono mia mamma e mia zia che tornano dalla passeggiata. Guardo le mie due schiave:
‘Basta così per ora, tornate a sedere e fate finta di nulla’ malvolentieri si staccano dai miei piedi, ma lo fanno, giusto qualche secondo prima che le due donne aprano la porta. Non si accorgono di niente, ci salutano e si siedono con noi a guardare la TV.
Dopo un paio d’ore decidiamo di andare a letto. Lidia ha quasi le lacrime agli occhi. Vorrebbe venire nella mia stanza a farsi usare. E’ in calore, ha bisogno di godere e soffre da morire. Mi guarda chiedendo pietà. Sorrido e le dico:
‘Vai in camera tua e non provare ad uscire per tutta la notte. Non devi nemmeno spararti ditalini, capito. Non hai diritto di godere! Godi solo se e quando te lo dico io, chiaro?’ E’ disperata.
‘Buona notte’ aggiungo con una risatina sarcastica mentre le chiudo la porta della mia camera in faccia. Questa vacanza è già molto più interessante di quanto avessi mai immaginato. Afferro la testa del mio pisciatoio personale, le ficco il cazzo in bocca e mi svuoto la vescica, dissetandola. Poi mi butto sul letto, mentre lei si accuccia per terra.
Cazzo quanto mi diverto!

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