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l buco del culo mi pulsa come una lampada al neon al momento dell’accensione.
Il pisellino balzotto. Lo sfarfallio allo stomaco.
E’ uno di quei momenti in cui mi prende la smania, una gran voglia di prostrami davanti al cazzo ma, stranamente, quel giorno non trovavo nessuno che me lo permetteva.
Un tedioso mattino d’inverno, purtroppo mi rendo conto che in paese non c’&egrave anima viva.
Ventenne, sono già da un po’ una troietta sottomessa ed obbediente che ama essere usata dai maschi come meglio loro aggrada, per qualsiasi cosa.
Già lo stesso termine di ‘padrone’ mi da un brivido di piacere.
Però non mi piace averne uno solo, nel senso di un tizio che mi possiede completamente, magari incasinato con pratiche cerebrali e complicate, io voglio essere di tutti. Degradarmi, ma in libertà.
Sono studente universitario, ma in una facoltà dove non c’&egrave obbligo di frequenza, il che mi permette di muovermi con facilità magari inventando lezioni che in realtà non ci sono. Oggi non sono andato, altrimenti avrei trovato il modo, come di consueto, di incontrare qualcuno lì, di farmi inchiappettare e maltrattare da qualche compagno o ci avrebbe pensato il bidello maiale che, avendomi scoperto, si approfitta di me in tutti i modi, che mi avrebbe infilato dentro il manico della scopa od il flacone del prodotto per lucidare i mobili mentre gli leccavo il culo e mi pisciava in faccia, oppure, impegnato veramente con le lezioni, proprio non ci avrei pensato.
Gironzolo un po’ per le strade semideserte, incontrando solo qualche comare o pochi uomini anziani che nulla hanno a che fare con il mio culo.
Ho detto così perché ce ne sono anche di questi che possiedono, infatti sono solito frequentare dei posti strani, fra questi anche una pineta sulla provinciale, un parco nei pressi del paese, dove depravati di tutte le età si appostano, per spiare le coppiette e per incontrare altri porci come loro, vado lì, rimango in perizoma, autoreggenti e reggiseno ed a loro non pare vero poter giocare a piacimento con la bocca ed il culo di una fighetta giovane come me dalla pelle liscia e dalle labbra carnose, che porta biancheria intima femminile e si sottopone a tutto quello viene loro in mente. Oggi fa troppo freddo, &egrave mattina e di sicuro non incontrerei nessuno neppure lì.
Spesso mi faccio portare in albergo, oppure a casa loro, lì mi lascio proprio andare, travestendomi completamente e diventando Rosa, una figa da sballo.
Nonostante questo incondizionato asservimento ho imparato a farmi regalare dei soldi, non molti in realtà, ma sufficienti per le mie esigenze personali e necessari per poter acquistare il necessario da zoccola, trucchi, abitini, scarpe, reggiseni, calze autoreggenti, scarpine col tacco e perizomi di tutti i tipi (ho un debole per queste mutandine). Loro mi pagano volentieri purché mi inchini ai loro desideri.
Vado al centro sportivo ma &egrave deserto. A volte trovo qualcuno anche lì, in periferia. Il baretto &egrave chiuso, come, del resto, accade sempre il mattino in questa stagione, proprio per la scarsità di avventori.
Nessuno fra i ‘padroni’ conosciuti era in giro, anche i miei fidanzatini, le troiette mezze femmine come me, sono impegnate in altre cose.
Rientro a casa, sconsolato, fortunatamente lì sarei stato solo per tutto il giorno, così mi viene l’idea di arrangiarmi autonomamente, col cetriolo, la zucchina o il flacone del deodorante, sarebbe dipeso da cosa avrei trovato in giro.
Quando vado così in calore c’&egrave poco da fare, devo soddisfare il mio buco affamato, la mia voglia di inchinarmi, se avessi trovato un uomo avrei fatto qualsiasi cosa voleva ma non ce n’erano.
Innanzitutto mi spoglio completamente, Il clisterino &egrave di vitale importanza, il flessibile della doccia va benissimo.
Butto fuori tutto, ma non seduto sulla tazza, accovacciato sui bordi perché ci si svuota meglio.
Mi depilo un po’, in effetti non c’&egrave quasi nulla da togliere ma anche questo soddisfa la femminilità.
Lo faccio fin da quando mi sono spuntati i primi peli, ora se ne occupa uno dei miei padroni fissi, si eccita a stendermi la cera calda dappertutto ed a strapparmela via, mi fa urlare, quando ha finito mi spalma la cremina e poi mi incula a bestia, sullo stesso tavolo dove mi ha depilato, mi premia facendomi bere la sborra e la sua orina calda.
Lo specchio &egrave fondamentale, poiché il fatto di gironzolare per casa come mamma mi ha fatto e guardarmi lì dentro mentre mi accarezzo il culo ed il cazzo mi eccita enormemente, l’ho faccio da sempre, fin da piccolo, vedo la schiava puttana che &egrave in me.
Nel salone ce n’&egrave uno a fianco della vecchia credenza, piuttosto grande, un pezzo d’antiquariato che rende i miei familiari piuttosto orgogliosi.
Ogni volta sposto una poltrona, ce la metto davanti e lì mi diverto.
Lo utilizzo per scattarmi delle foto, forse lo faccio anche stamani, ma adesso mi voglio solamente riempire. Lenire il prurito.
Vado sul sicuro e mi dirigo al frigorifero, c’&egrave un sacchetto pieno di carote, una &egrave veramente bella grossa e me ne innamoro subito.
La succhio, me la spingo fino in gola, immaginando che sia un bel cazzone dominante, venoso, scuro e guizzante.
Purtroppo non lo &egrave.
Adesso la passo sotto al rubinetto dell’acqua calda, per portarla alla temperatura giusta, per poi infilarla in un preservativo, facendolo scorrere. Vado lentamente, assaporando il momento in cui me la sarei infilata nel culo.
La succhio ancora un momento, anche se il sapore del lubrificante non mi piace molto, intendiamoci non &egrave certo la prima volta che lo provo, ho preso in bocca un numero indefinito cazzi ricoperti dal profilattico, durante incontri occasionali con persone particolarmente prudenti.
Metto sul buco della cremina, mi sistemo sulla poltrona seduto con le gambe larghe, le alzo e spingo dentro l’ortaggio. Così, senza alcuna preparazione, voglio farmi male, come se a penetrarmi fosse uno stallone infoiato, un padrone crudele.
Vado avanti implacabile, un leggero gemito mi esce dalla bocca, arrivo fino in fondo, fino a farla sparire nel mio intestino, si vede solamente un circoletto arancione.
Mi fermo un attimo, ansimante, il cazzo mi gocciola, ora mi masturbo lentamente, anche se non ho ancora nessuna intenzione di venire.
Adesso sto bene, godo.
Anche se lo scopo iniziale non era quello decido di scattare qualche foto, mi rialzo, sempre con la carota ben incastrata nel culo, infilo le calze autoreggenti che sono nascoste sotto il cassetto della mia scrivania e vado a prendere la macchinetta digitale. La tengo sotto chiave perché nella memoria rimovibile sono conservate fotografie parecchio compromettenti. Mi piace riguardare le porcherie che ho fatto, magari in compagnia di qualche amichetto con cui replicarle.
Potrei usare un cellulare ma preferisco così, non c’&egrave il rischio di qualche invio o condivisione non voluta.
Scatto alcune foto alla mia immagine riflessa nello specchio, tenendo di nuovo le gambe aperte ed il culo per aria, come una troia, ho tirato fuori la carota, giusto un paio di centimetri perché si possa vedere.
Sono diventato un bravo fotografo, ogni volta ne scatto anche alcune senza che si veda la faccia, queste le stampo e le do ai miei amici vecchietti, si ci segano sopra.
Improvvisamente mi viene un’idea, lo spazzolone del cesso, un classico.
Ne abbiamo uno moderno, un modello di design in metallo, con l’impugnatura affusolata, perfetta.
E’ stato acquistato pochi giorni prima in uno store di prodotti per la casa, l’avevo notato subito e consigliato io ai miei, già pregustando il reale uso che ne avrei fatto. Sarebbe stata la prima volta che mi entrava dentro, ‘sverginato’.
Tiro fuori la carota, la estraggo dal preservativo che getto nel water badando bene che se andasse via una volta tirato lo sciacquone, dopo averla fatta a pezzi butto dentro al cesso anche lei.
Eccitatissimo mi sbatto nel culo lo spazzolone, rapidamente dentro, con un sospiro di piacere, cerebrale.
Scodinzolando come un cagnolino torno in sala, felice appoggio la macchinetta digitale sul mobile sotto lo specchio, aziono l’autoscatto e mi sistemo alla pecorina, piegato, con quel coso infilato quasi tutto dentro, spinto il più possibile in profondità.
Sto lì col culo per aria, attendendo lo scatto che accade l’impensabile.
‘Accidenti! Ma che combini’ che razza di frocione marcio che sei, ma roba da matti! Lo spazzolone nel culo, nemmeno nei porno”.
Quasi mi viene un infarto.
E’ Claudio, il mio fratellastro, figlio di primo letto di mio padre.
Parecchio più grande, un uomo di trent’anni. Vive in una città lontana, non si vede quasi mai, non più di un paio di volte l’anno, ma possiede la chiave della porta di entrata. Era andato via con sua madre e l’ho conosciuto che ero già grande, inizialmente quasi un estraneo.
Non mi muovo, paralizzato, alla paura si &egrave rapidamente sommata la vergogna.
Non so cosa fare anche perché l’evidenza dei fatti lascia poco margine di manovra.
Ha afferrato lo scopino, con rabbia me lo spinge ancora più dentro.
‘Ahia! Claudio, così mi fai male, mi buchi l’intestino”
Adesso lo muove velocemente avanti e indietro.
‘Ti piace eh! Troiona che non sei altro’ chissà quanti cazzi ti sei già preso nel culo, per arrivare a questo punto’ sei proprio sfondato. Avevo sempre avuto il dubbio che fossi una checca ma di certo non così porca da fare queste cose’.
Finalmente si &egrave fermato, mentre io continuo a stare lì in quel modo, ha preso la macchina fotografica e d esamina rapidamente le immagini che ci sono memorizzate.
Vi sono conservate, oltre a quelle del giorno, anche foto più vecchie, fra queste quelle di un mio incontro con due padroni ‘paganti’ avvenuto qualche giorno prima, due gay piuttosto attempati che vivono assieme. Io vado a casa loro, mi possiedono entrambi oltre ad incularsi fra di loro mentre li lecco, inoltre praticano il fisting, gli infilo il braccio dentro, a me non lo fanno, non voglio, il bello era che se mi fossi fatto fistare avrei potuto chiedere qualsiasi cosa. In realtà mi faccio mettere dentro oggetti che, a ben guardare, poco hanno, in quanto a grossezza, da invidiare ad una mano. Infine il pissing, quello si che lo faccio, infatti sono fra quelli che amano tantissimo lavarmi, dentro e fuori, con copiose pisciate, mi orinano regolarmente in bocca e direttamente nell’intestino, per questo i due sono fra quelli che pagano di più per le mie prestazioni.
Impazziscono, soprattutto uno, ogni volta che gli racconto la prima volta che mi hanno pisciato nel culo ed ho bevuto l’orina: ero già una piccola troia sottomessa quando un padroncino, un ragazzo più grande che mi stava inculando profondamente e dopo la sborrata mi aveva detto che gli scappava la pipì ed io avevo risposto di farla, intendendo di alzarsi ed andare in bagno, lui, invece me l’aveva lasciata andare dentro al culo e mi era piaciuto tantissimo, ne aveva trattenuta un po’ e mentre gli ripulivo il cazzo con la bocca me l’aveva fatta bere ed io non mi ero tirato indietro. Il vecchio immagina questi fighetti nudi ed il più grande che si scopa il più piccolo e lo domina tanto da orinargli dentro.
In quelle foto sono una troia di strada, tacco dodici, perizoma e top minuscolo, trucco pesante. I vecchi mi hanno usato fino allo sfinimento, mentre, disteso sopra un telo, porto un collare, con una cinghia attaccata, appesa ad un gancio nel muro. Abbiamo fatto delle zozzerie indescrivibili, dilatazioni estreme, sborra, piscio e merda. Sono venute fuori delle immagini veramente scabrose che io devo mettere sopra un cd da consegnargli. Loro lo avrebbero comprato, mi avrebbero dato una bella cifra, per questo ho deciso di concedere un bonus, inserendo anche quelle che mi sto scattando quel pomeriggio.
Scorre le foto e parla:
‘Ma guarda che roba! Vestito come una troia’ Legato’ come ti aprono il culo! Con due vecchi’ noooo! Ma guarda cosa hai dentro’ cos’&egrave, una bottiglia’ e tu gli infili la mano! Che cazzo, questi ti stanno pisciando’ ora bevi! Ma leccate tutto! mamma mia’ cavolo c’&egrave un nero’ come &egrave grosso… te lo sbatte tutto dentro, anche lui piscia’ glielo lavi! Quando le farò vedere a nostro padre succederà il finimondo!’.
Fra le foto ce ne sono alcune scattate nel parco, dove ero in compagnia di alcuni frequentatori, hanno chiamato un senegalese che passava di lì e mi hanno fatto inculare.
Ora sono terrorizzato, tiro via lo scopino dal culo e mi inginocchio davanti a lui:
‘Nooo! Ti prego, se glielo dici mi ammazza e mia madre muore di crepacuore. Faccio tutto quello che vuoi ma stai zitto, sarò il tuo schiavo’ uno zerbino, qualsiasi cosa, ho dei soldi nascosti, te li do tutti’.
Lui mi osserva, dall’alto verso il basso: ‘I soldi? Non mi servono i tuoi soldi, magari li hai tirati su facendo la puttana con quei vecchi, dimmelo’.
Ci ha visto giusto, anche perché sa bene che non siamo ricchi, dignitosamente benestanti, ma soldi per i figli ne girano pochi, il denaro in più che possiedo scaturisce, come ho già spiegato, dai ‘regali’ che mi hanno fatto i vari, attempati, guardoni maiali, depravati inculatori seriali, che frequento.
‘Si, me li hanno dati loro’ devo confermare.
‘Solo loro?’
‘No, anche altri’ sono affranto e mi sto sputtanando alla grande.
‘Puah! Sei sempre stato il principino di casa, io in giro a guadagnarmi da vivere fin da ragazzo, tu invece il piccolino. Il cocco di papà. Una femminuccia… guarda lì, non c’&egrave un pelo, sei rotondo, hai il culo come una donna, anche un po’ di tette. Una scrofa, una puttana a pagamento… fai tutte le schifezze’ il piscio’ anche la merda’ che schifo’.
Mi sta insultando ed io non so cosa dire, ha ragione. Sono sempre in ginocchio, nudo, le calze tutte strappate, lui ora &egrave vicino ed io tento il tutto per tutto, metto una mano sulla sua patta e mi aggancio alla cintura.
‘Che fai, vacca! Frocio schifoso, fogna, vuoi anche il mio di cazzo… quello di tuo fratello, ma allora non hai proprio limiti… nostro padre ti caccerà di casa, allora si che dovrai battere, venderti in strada ai peggiori porci per non morire di fame’ grida, mentre mi spinge via.
Penso che sono proprio fregato.
Il fatto &egrave che, porca puttana, non riiesco proprio a stare fermo, sono sempre in calore, con tutti i cazzi veri che mi prendo in giro, per una volta che non ne ho trovato non ho potuto fare a meno di infilarmi lo scopino nel culo, massima sfiga, si &egrave acceso il neon proprio il giorno del ritorno del mio fratellastro.
Sto strisciando davanti a lui, la testa sul pavimento, piagnucolante.
C’&egrave un cambiamento.
Probabilmente, questa situazione di potere assoluto, la mia totale prostrazione, lo sta intrigando.
Siamo fratelli ma ci frequantiamo poco.
‘Si, chinati’ dai, continua a muoverti così, come una cagna…’
Mi sposto per la stanza, a quattro zampe. Prende lo scopino e me lo infila, in malo modo, nuovamente e profondamente nel culo, in modo che potessi dimenarlo come una coda.
‘Brava cagnetta muovi il culo… tira fuori la lingua, ansima’.
Io, ovviamente, faccio tutto quello che vuole, a dire la verità ci sto incredibilmente prendendo gusto.
Una troietta servile e sottomessa, quello &egrave il mio habitat naturale.
Afferra la macchina, scatta alcune foto facendo in modo che si veda bene che quello lì sono io, poi, nella modalità ‘video’ gira anche un breve filmino: ‘Questa memoria poi me la prendo io. Potrebbe essermi utile’.
In quel modo avrebbe potuto tenermi per le palle praticamente per sempre. Inoltre, tutto questo, forse suo malgrado, lo ha parecchio eccitato, tant’&egrave che si nota un notevole rigonfiamento dei pantaloni.
E’ risaputo quanto lui ce l’abbia grosso, mio padre si &egrave sempre vantato di questa cosa, dice che quella era una caratteristica di famiglia, possedendo anche lui una nerchia notevole.
Si faceva cruccio, però, di come a me questa caratteristica non sia toccata, il cazzettino che mi spunta fra le gambe &egrave insignificante, poco più grande di quello di un bambino. Ho anche un accenno di tette, mi ha fatto visitare ma non c’&egrave stato nulla da fare.
A me non frega nulla, io mi prendo da sempre i pistoloni degli altri, di tutte le misure, una femmina sbagliata, il mio &egrave un ammennicolo con cui giocare.
Per essere uno servile sborratoio non &egrave necessario avere il cazzo grosso.
Continuo a scodinzolare con il pennacchio dello scopino che fende l’aria.
Adesso Claudio sembra piuttosto divertito: ‘Vai puttanella muovi la coda! Più veloce’ adesso ci penso io a svegliarti’, mi da un calcetto sul sedere, dopo lascia andare un paio di sculaccioni poi, mentre mi segue, sfila la cintura dai jeans, la prende per la fibbia ed inizia a colpirmi sulle chiappe, facendola schioccare.
Ad ogni colpo lancio un urletto, mi metto a piangere, &egrave doloroso, ma, mio malgrado, mi piace.
‘Gridi eh! Dimmi che faccio bene, chiedimi di colpirti, cagna!’ mi apostrofa così, mentre continua con le cinghiate.
Obbedisco e fra le lacrime lo imploro: ‘Si! Dai, picchiami sul culo, ancora’ più forte!’
In effetti penso di meritarmelo e poi questo &egrave l’asservimento totale, l’umiliazione finale, il massimo della libidine.
Mi frusta ancora ed ancora, grido, il culo ora &egrave distrutto, pieno di strisce rosse, brucia come un fuoco.
Stanco di colpirmi scatta alcune foto alle mie chiappe tumefatte.
Improvvisamente lascia cadere la cintura, slaccia i pantaloni e se lo tira fuori, una vera bestia.
Non &egrave la prima volta che glielo vedo, altre volte mi &egrave capitato di incrociarlo nudo per caso, oppure l’ho spiato nella doccia, fin da moscio fa impressione, gli penzola giù fino a metà coscia, come una proboscide.
Avevo fantasticato su quel palo, adesso invece &egrave lì davanti a me in tutta al sua possanza, mi sembra grosso come un estintore anche se, ovviamente, ciò &egrave impossibile.
‘Adesso, visto che sei una cagna, leccalo’ così brava’ ora puliscimi anche il culo’.
Dopo che gli ho passato la lingua sul cazzo per benino si gira allargandosi le natiche con le mani, quindi gli lecco anche il buco del culo e tutto attorno, a lungo.
Torna a mettermelo davanti alla faccia, allargo le labbra allo spasimo e lo faccio entrare, mi prende per i capelli e lo mando giù, fino in gola.
Cerco di non vomitare, respiro rumorosamente con il naso dal quale mi esce del muco, a stento perché &egrave schiacciato contro il suo pube. Ora faccio avanti e indietro, lo tira un po’ fuori poi lo manda di nuovo in fondo, premendomi ogni volta la faccia sulla sua pancia.
Quando ritienedi aver usato la bocca sufficienza si tira indietro: ‘Girati’ così, alla pecorina”.
Ho ancora lo scopino piantato nel culo, lo sfila e lo getta da una parte, poi: ‘Adesso, sorellina, al tuo culo ci penso io. Ti faccio assaggiare il cazzone del tuo fratellone, poi mi dici cosa ne pensi, di sicuro &egrave un’altra cosa rispetto a quelli dei vecchietti schifosi delle foto’.
Sono lì davanti a lui, prostrato, la testa appoggiata a terra allargo le natiche con le mani, anche se non &egrave necessario, il bucaccio già aperto e gocciolante, in attesa.
Mi incula, cazzo quanto mi incula!
Il cazzone mi scava come un aratro, picchiava forte, con rabbia, tutto fuori e poi di nuovo fino in fondo, finché il suo ventre non picchiava rumorosamente sulle mie natiche.
Alcune volte, quando lo estraeva, poi si raschiava la gola e poi sputava nel solco, come avrebbe fatto dentro ad un cesso.
Lui pensava di punirmi ma, sono passate un po’ la paura e la vergogna, adesso non posso fare a meno di godere. E’ quello che faccio meglio, ovvero farmi sbattere a sangue con dolore da un cazzone gigantesco, il cui proprietario mi maltratta ed insulta.
Per questo il gemito che mi esce dalla gola non &egrave più solamente di paura o di pena ma, mio malgrado, anche di grande piacere.
Viene una prima volta con un rantolo, mi pianta le unghie nei fianchi e mi sborra dentro.
‘Ah ah ah! Ti &egrave piaciuta la sborra nel culo? Ora ti do il resto, sai, ogni volta che vengo, subito dopo mi scappa da pisciare”.
Mentre pronunciava queste parole si lascia andare, non &egrave più durissimo ma ancora profondamente dentro di me, avverto il liquido caldo che mi inonda le budella.
‘Adesso la devi trattenere, guai a te se sporchi in giro!’ .
In realtà sono piuttosto indifferente a questa pratica ma rende felici i miei padroni ed a me basta, &egrave il loro modo per marcare il territorio ed io, ovviamente, mi sottometto alle loro voglie.
Quando lo tira fuori devo stringere subito il culo per non sbrodolare, fortunatamente, nonostante le continue sollecitazioni a cui lo sottopongo, &egrave ancora piuttosto elastico.
Però Claudio non &egrave ancora contento, prende una ciotola di plastica, la appoggia a terra, poi: ‘Su, vacca, svuotati lì dentro, tutto quanto!’.
Mi accomodo e dopo mi libero l’intestino, per fortuna non c’&egrave merda, quella era uscita prima, col clistere, solo qualche puntolino marrone galleggia su quel liquido immondo, composto da piscio, sborra e umori anali.
‘Dai, bestia, bevi, lappa via tutto!’.
Inizio a leccare quella roba come un cagnolino, fa schifo ma lui me l’ha comandato e quindi &egrave giusto farlo.
‘Occhio, che se vomiti, ti faccio bere tutto di nuovo! Troia schifosa!’ impreca, però &egrave anche sorpreso dal fatto che io lo sto effettivamente facendo, forse si era immaginato la mia ribellione, ma non conosce a fondo il mio livello di depravazione, di asservimento.
Avrei obbedito a qualsiasi cosa mi avesse chiesto.
Ingoio tutto quando, poi ripulisco la ciotola con la lingua.
Lui &egrave andato avanti a fotografare e filmare, tutto quanto.
Questa cosa mi prende sempre di più, all’inizio mi ero spaventato ma ora stavo godendo, come ho già detto non amo le cose cerebrali, complesse e sofisticate ma mi piace essere trattato come una schiava da pochi soldi, una zoccola sbattuta, insultata, coperta, lordata e penetrata in tutti i modi.
Amo le pratiche fuori dagli schemi e fare quelle cose col proprio fratellastro di sicuro lo era.
Si mette comodo sulla poltrona: ‘Cagna, vieni qui, fammi un pompino che ho ancora voglia’.
‘Siii’ leccalo bene, bacialo, lavami’ usa quella bocca da porca che ti ritrovi!’.
Lo lecco e lo succhio meglio che posso.
Improvvisamente ha un’idea: ‘No, non devi rimanere vuoto’.
Sparisce un momento e poi torna col flacone della lacca di mia madre.
‘Infilatelo nel culo’.
‘Ma &egrave piatto in cima, non so se ci riesco’ mi romperà tutto”. Supplico io.
‘Non mi interessa, sputaci sopra ma fallo entrare, altrimenti te lo spingo dentro io, a calci’.
Non &egrave la grossezza ma la forma particolare di quel contenitore che rende complicata la cosa. Comunque, non so come fare, mi ci siedo sopra, allargo il buco del culo come fosse un calzino, due dita di qua e due dita di là e ci riesco. Effettivamente &egrave parecchio ma mi ritrovo con quel coso piantato nel culo.
L’ennesima foto immortala l’istante.
‘Grande! Ora fai su e giù’ mentre mi succhi!’ .
Effettivamente provo a muovermi, ma il flacone non scorre, la lubrificazione &egrave stata minima, mi raschia.
Nonostante il dolore glielo riprendo, comunque, in bocca, mi inginocchio nuovamente davanti a lui.
Sborra di nuovo, giù, in fondo alla gola.
‘Butta giù’ schifosa!’.
Continuo a lapparlo, mi accorgo che sta per pisciare di nuovo, mentre lo fa lo tengo in bocca e mando giù anche quella, non &egrave molta.
Adesso sembra appagato, mi dice girarmi, mi colpisce ancora sul culo, fino a farmi piegare le ginocchia, poi toglie il flacone di dentro, lo strappa via rapidamente, senza alcun riguardo.
Si &egrave appiccicato, fa malissimo, mi lamento ma non gliele frega nulla, anzi.
Il buco &egrave aperto, sbrindellato e sanguinante.
Mi ordina di rivestirmi e sistemare la casa, che fra un po’ tornano i miei: ‘Ora dammi i soldi di cui mi avevi parlato’.
Glieli vado a prendere, sono in camera mia, in una scatola.
Faccio fatica a camminare, ho il culo che &egrave una fornace.
Quando glieli do li conta e se li mette in tasca: ‘Me ne dovrai dare degli altri, ogni volta che te li chiederò, tanto ho visto come te li procuri’ poi, mostrandomi la piccola scheda di memoria piena di immagini: ‘Ricordati che ho questa, se sgarri nei pagamenti le foto le trasmetto sul televisore di casa, a cena’.
Annuisco e gli dico che me ne serve una copia, per i vecchi, che me le pagano bene le foto.
Andiamo insieme al mio computer dove le memorizzo.
Ci sono delle cartelle nascoste, se lo immagina, gliele devo aprire, ridacchia soddisfatto mentre salvo i files sui cd che devo consegnargli.
Se ne va, mi dice di avvisare i miei che ci sarà per cena. Adesso posso vomitare.
Ora sono dventata veramente una puttana sfranta, mi vendo per strada, negli autogrill, nei cessi pubblici, nelle case, negli hotel, nei parchi pubblici, faccio tutto quello che vogliono.
Mi chiede continuamente soldi.
Adesso ho un padrone al di sopra di tutti gli altri.
Sottomesso ad ogni depravazione, travestito come la peggiore delle zoccole, bevo il piscio e mangio la merda, legato, imbavagliato e tenuto al guinzaglio vengo usato, ormai mi faccio anche fistare, anche se mi ero promesso di non farlo mai, circondato da uomini, bavosi che stanno a guardare.
Devono pagare, ma lo fanno volentieri, perché io non dico mai di no, permettendogli di sfogare le loro turpi voglie.
Il neon non si puo più spegnere.
Sono una cagna, più di una cagna, gli animali non fanno quelle cose.
Ma io le faccio, mi piace tantissimo farle.

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