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perché non sono rimasto a casa – capitolo III

By 8 Settembre 2022No Comments

Ero nell’ennesimo (per fortuna…) periodo nel quale ero molto impegnato.
Il covid aveva imposto un ulteriore upgrade tecnologico: tutti i miei collaboratori e quasi tutti i miei clienti si erano attrezzati per poter svolgere riunioni on-line permettendomi (e permettendoci) di poter svolgere parecchio lavoro direttamente da casa, tant’è che insieme ai miei soci stavamo concretamente pensando all’idea di trasferirci in un ufficio molto più piccolo e meno costoso, un posto dove ci si sarebbe trovati quando proprio non si poteva fare altrimenti, un posto che tutti i soci ed i collaboratori ed i soci dello studio potevano utilizzare come deposito dei documenti fisici e dove ci saremmo riuniti una volta ogni se mesi per discutere in presenza dell’andamento del nostro business.
Tutto bello.
Solo che, se sei socio di un’azienda ed all’azienda ci tieni, lavorare da casa vuol dire essere operativo per ben più delle solite 8/10 ore che passavi in ufficio… Immolati sull’altare del profitto.
Per questo non è così raro che mi trovavo a terminare alcuni lavori oltre mezzanotte.
In quei casi, per rilassarmi, prima di andare a dormire, accendevo la tv e guardavo uno dei canali pornografici per i quali avevo sottoscritto abbonamento qualche tempo prima.
Mi masturbavo, alcune volte anche un paio di volte, andavo in doccia e poi a letto.
Qualche volta, in doccia, chiudevo gli occhi e ripensavo ad Elena (perché non sono rimasto a casa 02), alla sua giovane patatina, e a quanto fosse troia quella ragazza. L’effetto era una quasi immediata erezione che terminava in una fantastica sega sotto la doccia. Mi piaceva tantissimo farlo con due mani; con una premevo leggermente la base del membro, con il doppio effetto di avere il cazzo sempre scappellato e di averlo più gonfio, con l’altra andavo su e giù, ora lentamente, ora più velocemente, proprio come se stessi scopando qualcuno. Così, fino all’orgasmo, che, ultimamente, iniziava quasi sempre con un corposo schizzo di sperma.
Ad insaputa delle ragazze avevo anche un filmato di quella giornata. Avevo estrapolato dal dispositivo di registrazione delle telecamere dell’antifurto nascoste nelle varie stanze, la parte che riguardava solo le due ragazze e la parte che riguardava tutti e tre. Ogni tanto inserivo la chiavetta usb nel tv e mi masturbando riguardando le scene.
A volte, mi capitava di sognarla e desiderarla così tanto che me la immaginavo lì davanti a me a guardarmi sborrare e godere come un porco.
In realtà era passato quasi un mese da quella fantastica giornata e lei non si era più fatta rivedere.
Considerato che a breve sarebbe stato il mio compleanno, da qualche giorno stavo meditando sull’opportunità di invitarla a casa mia, con o senza amica, magari con una escort, e ripetere quell’esperienza.
Tra un desiderio, una fantasia, una speranza ed una mancanza di coraggio nel chiamarla, si arrivò ad un sabato pomeriggio in cui suonò il campanello di casa mia (posso assicuravi che è una cosa rarissima: io vivo solo e quando ho compagnia, a pagamento o no, cerco di evitare l’uso di citofoni). La mia posizione sul divano in salotto mi permetteva di vedere dalla finestra chi stesse suonando al citofono sulla cancellata.
Era lei, Elena. Ebbi una specie di brivido dal quale mi ripresi quasi subito, mi alzai premetti il pulsane per aprire il cancello ed aprii il portoncino di ingresso.
Li vidi arrivare, erano Elena e Guido, suo padre.
Che delusione, avevo sperato che fosse sola.
Dopo quel fantastico pomeriggio, io e la sua famiglia avevamo iniziato a frequentarci. Eravamo pur sempre vicini di casa!
Guido aveva quasi cinquant’anni, Veronica, la sua seconda moglie (la prima, Giulia, era letteralmente scappata lasciandolo solo con la figlia che allora aveva circa dieci anni) poteva quasi essere sua figlia, aveva ventisette anni, pochi in più di Elena che ne aveva ormai venti. Per me rimaneva un mistero come quella splendida ragazza avesse potuto sposare un uomo così più vecchio di lei; un uomo che non mostrava caratteristiche interessanti, non era bello, non mi sembrava particolarmente simpatico, non era ricco sfondato. Forse aveva doti nascoste, ma mi sembra assurdo e assolutamente non possibile che lei lo avesse sposato per il suo membro o per le sue capacità a letto. Era giovane e bella, volendo avrebbe avuto la fila sotto casa ed avrebbe potuto scegliere. Vabbè. Erano problemi loro, certo se fosse stata libera, un pensierino….
“Ciao, Sergio”.
Feci un cenno ad entrambi: “Ciao”.
“Dovrei chiederti un grossissimo favore”.
“Dimmi”.
“Abbiamo un grosso problema a casa. Abbiamo trovato una perdita nell’impianto di riscaldamento. Siccome l’impianto è vecchio e le tubazioni sono messe male, lo sostituiamo con un impianto di riscaldamento a pavimento come il tuo.”.
“Fai bene, vedrai che differenza! Poter girare scalzi d’inverno non ha prezzo.”
“Infatti. Tu sei del settore, quindi mi son fidato del tuo parere, e mi sono rivolto a quell’impresa che mi avevi già consigliato per i preventivi di riparazione.”
“Quando iniziate?”
“Inizierebbero la settimana prossima.”
“Ma…”. In questi casi c’è sempre un “ma”.
“Ma, ci sarebbe un problema logistico.”
“Cioè?”
“Loro sono presi con mille altri lavori molto più grandi del nostro quindi incastonerebbero la nostra ristrutturazione tra un cantiere e l’altro. Questo vuol dire che in pochissimo tempo farebbero i lavori, mi han parlato di due settimane al massimo, però devono avere a disposizione la casa. Per questo volevo chiederti se riesci, per tre o quattro giorni ad ospitare Elena e Veronica. So che hai la stanza per gli ospiti. Io mi arrangio e vado da mia mamma. Se non è un problema, naturalmente.”
Quattro giorni con Elena in casa?
E con Veronica?
Sarebbero stati giorni difficili.
“Veronica sarebbe potuta venire da mia madre, ma tra loro non corre buon sangue. Ti immagini lasciarle sole a pranzo tutti i giorni? Probabilmente si scannerebbero! E poi mi ha detto che preferisce essere lei ad occuparsi dei capricci di questa qua. Già ti disturbiamo occupando casa, non vorremmo che tu ti trovassi anche a dover gestire le sue manie.”
Guido faceva l’agente di commercio.
Partiva la mattina presto, rientrava la sera tardi.
A volte si fermava a dormire fuori.
Secondo me si scopava qualcuna, magari qualche collega o qualche ragazza a pagamento, ma era solo una mia idea.
“Basta darle un cazzo e lei è a posto”. Avrei voluto esprimermi così. Mi limitai: “Vedete voi. Io ho una camera matrimoniale per gli ospiti, se a voi va bene, è vostra”.
“Non sai quanto io ti sia debitore per questo.”
“Figurati: nessun problema. Devo solo ricordarmi di avvisare la ragazza delle pulizie.”
SI, dovevo proprio avvisare la ragazza delle pulizie, che veniva il sabato pomeriggio, si occupava della casa, poi ci occupavamo a vicenda uno dell’altro durante la notte e la mattinata seguente, quando con un pochino di mio rammarico e tristezza se ne tornava a casa. Mi piaceva. Chissà forse un giorno…
Nel frattempo, avrei dovuto avvisarla che per un paio di settimane (diciamo pure un mese: i lavori di ristrutturazione si sa quando iniziano, mai quando finiscono) non avrebbe potuto dormire da me e soprattutto avrebbe dovuto indossare abiti normali e non quegli abitini da film porno che qualche volta indossava per scaldare l’atmosfera (come se la sua presenza non bastasse…)
“Quindi, quando vi trasferite da me?”. Dissi rivolto ad Elena.
“Mi dica lei, noi dovremmo venire entro lunedì mattina.”
Mamma mia.
Mi dava del lei.
Improvvisamente me la immaginai con indosso solo un perizomino, con un collare al collo, i polsi legati, incatenata da qualche parte al soffitto, pronta per essere la mia schiava. Si! Questa era proprio una fantasia da soddisfare.
“Per me va bene quando volete. Sabato ho qui la ragazza delle pulizie. Le faccio preparare anche la stanza degli ospiti. Da domenica mattina potete venire qui.”
“Benissimo, allora, se per lei va bene, io e mamma veniamo qui domenica subito dopo pranzo.”
“Va bene”.
Mi fece un pochino effetto sentirla dire “mamma” riferita a quella che era la sua matrigna, ma in realtà avrebbe potuto essere più verosimilmente sua sorella.
“Di nuovo grazie”.
Mi ricordai improvvisamente.
“Caspita, mi ero dimenticato! Domenica io non sarò a casa, dovrei essere a pranzo da un cliente. Se avete tempo, vi do le chiavi di riserva e vi spiego cosa fare per attivare e disattivare l’antifurto. Non vorrei chiudervi in casa o fuori.”
Intervenne Guido: “Forse è meglio che venga qui Veronica. Vado a chiamarla, così le spieghi tutto.”
“Perfetto.”
Come vidi Guido uscire e chiudere dietro di se il cancello esterno mi rivolsi ad Elena.
“Mi piace quando mi dai del lei. Ti fa … schiava.”
Si girò, mise in mostra il suo culetto.
“Si, mio padrone, sono la sua schiava.”
Si avvicinò a me e prese a strofinare il suo sedere contro la mia patta.
“Padrone, vedo che le piaccio ancora.”
Stavo per afferrare quel culo provocante per sodomizzarla senza pietà, ma suonò il campanello.
“Ti sei salvata. Per stavolta.”
“Ooooh.. il mio padrone… com’è cattivo.”
“Zitta, troia!”
Ed andai ad aprire a Guido e Veronica.
Come la vidi entrare, mi resi conto che sarebbero state due settimane molto difficili. Non mi restava che sperare che l’impresa rispettasse i tempi.
“Scusami, stavo riordinando casa, son venuta qui com’ero, senza cambiarmi.”
Capelli rossi tirati e raccolti in una lunga coda.
Top bianco, quasi trasparente, si vedeva il reggiseno sportivo che indossava sotto.
Leggins neri, aderenti, si vedeva la forma delle mutandine (sembravano anch’esso di tipo sportivo, più o meno come quelle che indossava Elena quando avevamo scopato.
Santo patrono degli edili, fa che ci mettano meno di due settimane.
Federica, la mano amica, avrebbe dovuto lavorare moltissimo. Presumibilmente al termine delle due settimane, avrei avuto il glande viola ed avrei dovuto mettere il mio cazzo a riposo per almeno un mese.
Mi ripresi dallo shock (sperai che nessuno si fosse accorto del mio stato) e spiegai alle due ragazze, alle due donne, a quei due monumentali pezzi di fica, come funzionava l’antifurto e diedi loro tutte le istruzioni per attivarle e disattivarlo.
Chiamai l’assistenza e comunicai i due nominativi delle persone che avrebbero soggiornato nella mia casa, così che se fosse successo qualcosa, la questura e gli assistenti tecnici dell’antifurto le avrebbero considerate persone fidate e non ladri.

Consegnai loro le chiavi, facemmo qualche prova e poi se ne andarono.
Ovvio, banale, inevitabile. Quella sera non entrai in doccia, ma nella vasca idro mi feci una delle più belle ed eccitanti seghe di sempre.
Il giorno seguente chiamai Daniela, la ragazza delle pulizie, e le spiegai la situazione.
“Uffa! Ma a me piace passare la notte da te.”
Ne fui orgoglioso.
“Lo so. Anche a me. Ma cosa posso farci?”
Maledissi la mia timidezza o la mia coglionaggine nel non saper mai dire di no.
Non potevo inventarmi una scusa? Non potevo dir loro che non potevo ospitarle? Ma possibile che io sia così idiota da farmi sempre fregare e coinvolgere in queste situazioni del cazzo?
Vabbè. Ormai il danno era fatto.
Per farmi perdonare le dissi che se avesse voluto, avrebbe potuto, per questa settimana, venire il giovedì ed avremmo passato insieme le due notti successive, poi al sabato se ne sarebbe andata, molto prima che arrivassero mamma e figlia.
Venerdì arrivò in fretta. Aspettavo l’arrivo di Daniela più eccitato del solito.. Sarebbe arrivata verso mezzogiorno, le avrei cucinato, avremmo pranzato insieme e poi ci saremmo dati alla pazza gioia.
Verso le undici mi chiamò.
“Fatti una doccia. E poi aspettami. Nudo.”
“Ma se arriva qualcuno?”
“Cazzi tuoi. Oggi ti voglio mio schiavo.”
La situazione mi intrigava.
Feci la doccia e mi misi ad aspettarla nudo, come da suo volere.
Me la trovai davanti in cucina, anche lei per ovvie ragioni aveva le chiavi, verso le undici e tre quarti.
Tutina di pelle nera, aderentissima, mai usata prima.
Alla cintura allacciata in vita erano appese due polsiere nere legate tra loro da una catena d’acciaio luccicante ed un collare anch’esso di pelle nera con attaccata una catena splendente.
Davanti un fallo nero di dimensioni ragguardevoli molto simile, nelle forme ad un membro vero, con glande pronunciato e vene sagomate sull’asta.
Era la prima volta che la vedevo con un fallo, uno strapon o comunque con qualcosa per sostituire il cazzo. Nonostante spesso ci trovavamo a giocare e ci scambiavamo i ruoli di sottomesso e dominante, non aveva mai abusato del mio culo, che era rimasto vergine fino a qualche giorno prima.
Con la mano destra teneva saldamente un frustino che picchiava ritmicamente sul suo polpaccio.
La mano sinistra accarezzava lo strapon, come se lo stesse masturbando.
Scarpe nere con vertiginosi tacchi a spillo completavano l’abbigliamento, mentre labbra ed unghie erano colorate di un rosso accesissimo.
I biondi capelli erano tirati all’indietro e raccolti in una lunga coda che arrivava fin quasi al sedere.
Quasi istintivamente spostai la sedia su cui ero seduto all’indietro con l’intento di alzarmi.
Lei forse mi lesse nel pensiero, fatto sta che appoggiò la punta della sua scarpa destra sulla mia patta, proprio dove stava dormendo il mio cazzo.
“Fermo”
“Si”
Si mise a cavalcioni sulle mie gambe e mi baciò intensamente, penetrandomi selvaggiamente con la sua lingua.
“Così mi vuoi tradire con quelle due puttanelle.”
“Cosa?”
“Si, dimmi la verità. Dimmi che le spierai tutte le notti, le guarderai spogliarsi, rivestirsi e ti farai delle seghe smanettandosi selvaggiamente quel cazzone che ti ritrovi sperando che prima o poi, mosse da chissà quale spirito di ringraziamento per averle ospitate, te la diano tutte e due, magari insieme. Porco.”
Sicuramente le avrei spiate, sicuramente mi sarei masturbato, sicuramente la mia speranza era quella di scoparle, ma tra il dire ed il fare…
“Ma cosa dici?”
“Guardami negli occhi e dimmi che non le spierai e che non ti masturberai mentre le guardi.”
Mentre lo diceva fece scorrere la mano lungo il mio ventre fino ad arrivare al mio uccello.
Mi rimise la lingua in bocca mentre con la mano sinistra si occupava del mio cazzo e lo faceva diventare duro.
Lo scappellò e mi strinse leggermente la cappella.
Poi fece scivolare la mano più in basso e mi prese in mano i coglioni.
“Dillo che non lo farai!”
Non potevo dirlo.
“Si, le spierò, le registrerò, mi farò delle seghe, AHII”
Lei aveva iniziato a stringermi le palle.
“E quando se ne saranno andate, continuerò a guardarle, AHHRGH, e poi te le farò vedere anche a te. AAARGHH”
Il dolore alle palle stava cominciando a diventare poco sopportabile.
Si allontanò da me ed appena fu alla giusta distanza, appoggiò il frustino alla parte inferiore del mio dolorante scroto.
Estrasse leggermente la lingua, mentre guardava il mio membro e muoveva il frustino sotto le palle.
Il primo colpo fu doloroso, ma non abbastanza da farmi urlare.
Così arrivo subito il secondo e poi il terzo.
Io quarto non arrivò solo perché mi ritrovai sul pavimento, in ginocchio, piegato in avanti con la testa appoggiata al tappeto e con le palle protette nelle mie mani.
Il frustino mi colpì sulla natica destra, il dolore fu ancora più intenso dei colpi sui testicoli, li non poteva fare danni irreparabili.
D’istinto mi rialzai sulle ginocchia, portando le mani sul punto che mi faceva male.
Lascia i miei testicoli senza protezione.
La frustata arrivò puntuale, improvvisa, dolorosa.
“Allunga le mani, troia!”
Non mi fidavo, avevo paura di un nuovo colpo sui coglioni.
Mi prese la testa per i capelli.
“Ti ho detto di allungare le mani, troia.”
Lo aveva detto con violenza, sillabando le parole, con un tono che non ammetteva repliche.
Paurosamente, pronto a ritirarle e riportarle a protezione delle palle, allungai le mani sul pavimento.
Prese le polsiere e le allacciò ai miei polsi.
La stanza adibita a cucina aveva mobili e frigo disposti lungo le pareti.
Il piano cottura era poggiato su un rialzo costruito nel centro.
Intorno alla costruzione era fissato un corrimano che solitamente utilizzavo per appoggiare gli asciugamani e le patte che tenevo a portata di mano mentre cucinavo.
Fu attorno a quel corrimano che fece passare e fissò la catena.
Mi trovai quindi quasi immobilizzato, a sua disposizione.
Si mise dietro di me.
Sentii il fallo contro le mie natiche.
Passò dolcemente le unghie su tutta la mia schiena provocandomi brividi di freddo.
Poggiò lo strapon sul mio semivergine buchino, spinse lievemente, così che la cappella del fallo mi aveva leggermente aperto.
“Oggi facciamo qualcosa di nuovo. Anzi. Faccio qualcosa di nuovo.”
Con violenza spinse dentro di me il fallo nero.
Senza preavviso, senza lubrificazione.
Sentii un bruciore dolorosissimo. Se ne fossi stato in grado sarei saltato sul piano cottura, pur di togliere quell’arnese da dentro di me.
Il grido che lanciai non la impietosì.
“Non devi lasciare le chiavette nella tv, troia!”
E lo spinse ancora più a fondo, come se volesse impalarmi e farlo uscire dalla mia gola.
Mi resi conto che doveva aver trovato la chiavetta.
“Perdonami”
“Zitto!!”
E diede un altro colpo.
Riuscì a vedere che appoggiava il frustino.
Mi prese i fianchi con le due mani ed iniziò a sodomizzarmi con violenza.
“Meglio o loro?”
Non risposi.
Mi prese in mano il cazzo e lo strizzò.
“Rispondi.”
“Meglio tu, meglio tu!”
Mi affrettai a rispondere.
La sodomia diventò meno violenta.
Il mio cazzo, nel frattempo si era afflosciato, ma quando lei lo prese in mano e cominciò a masturbarlo dolcemente, ritornò nel pieno della sua efficienza.
La sodomia, adesso era sincronizzata con il movimento della mano sul mio cazzo.
Quando il fallo era completamente dentro di me, la mano di Daniela stava scappellando completamente il cazzo, mentre quando il fallo era meno dentro, la mano ricopriva la cappella.
Stavo finalmente cominciando a gustare quel membro che mi stava stantuffando senza soluzione di continuità.
Inarcai leggermente la schiena per accoglierlo meglio e facilitarne l’ingresso.
Vidi nel riflesso sui vetri dei pensili Daniela sorridere.
Mi fece spostare leggermente, così che potessimo guardarci meglio, sfruttando lo specchio che avevo installato su un’anta, proprio per permetterci di incrociare gli sguardi durante i vari amplessi che avevamo avuto in cucina.
Solitamente, però, ero io godevo dentro di lei!
“Ti piace, troietta?”
Feci prima segno con la testa, poi le dissi.
“Si. Mi piace.”
“Lo vedo. Dalla tua faccia. Da come ti muovi. Da come lo vuoi tutto dentro.”
“Siiii”
“Stai per sborrare?”
“Si.. resisto ancora poco”
“Sporcheremo per terra.”
“Pulirò”.
I suoi colpi si fecero più violenti e decisi, così come la stretta della mano intorno al mio cazzo si fece più robusta.
Non li contai, ma dopo pochi colpi raggiunsi l’orgasmo sussurrando.
“Siiii.. vengo.. sborro… siiiiiiiii”.
Il primo schizzo finì sui cassetti della costruzione centrale, il resto in terra.
“Ti è piaciuto.”
Mi disse mentre estraeva il cazzo.
“Non uscire. Aspetta.”
“Che troia che sei”
E mi scopò ancora per pochi secondi.
Poi uscì da me.
Mi baciò.
“Stai fermo. Vado a togliermi il cazzo.”
“Dovrei lavarmi il culo.”
“Aspetta.”
Mi liberò, mi fece girare, si inginocchiò davanti a me e mi prese in bocca il cazzo, pulendolo dallo sperma che era rimasto e che ancora stava uscendo.
Quando decise che aveva finito, mi lasciò andare.
“Vai, lavati il culo e poi entra in vasca.”

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