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PLENILUNIUM – by Mirta D.

By 6 Febbraio 2016Dicembre 16th, 2019No Comments

1- PLENILUNIUM

Gennaio 1606
‘Io ti invoco Terra affinché il mio incantesimo sia vincolato a questo mondo terreno’ disse la donna dai capelli neri quasi quanto la notte che la circondava. Posizionò una pietra con una runa cremisi dipinta sopra, su un altare in pietra, consumato dal tempo. Poi mosse un bastone contorto nell’aria.
‘Aria, ti chiamo a me perché tu la possa guidare.’ La voce risuonò limpida nella fredda brezza di Gennaio, e la donna guardò in alto, verso la luna piena, quasi sorridendo. Depositò una seconda pietra accanto all’altra. Attorno a lei, nel bosco, aleggiava una sottile nebbiolina, simile a una sorta di velo, che si confondeva con le volute d’incenso che si sollevavano dalle quattro coppe poste sull’altare.
Spostò lo sguardo sul braciere dove ardevano foglie secche e carboni.
‘Fuoco ti invoco per rendere il suo potere simile a una fiamma incandescente’, scandì le parole sentendo l’energia prendere a fluire dagli elementi fino alle sue dita dalla unghie curate. Si sentì bene, sorrise ancor di più. Mise la pietra successiva al proprio posto. Quindi affondò là punta del bastone in un bacile d’acqua limpida.
‘Acqua, infondile lo spirito. Profondo come il mare, impetuoso come l’Acqua di un fiume in piena.’ A quel punto posizionò la quarta pietra.
‘Luna, Madre, Donna, Bambina, Volto Eterno, rivolgo a te la mia supplica. Non è una vendetta, è soltanto giustizia. è ciò che ti chiedo per una delle tue figlie, per la mia amica e Sorella nella Luna, Desdemona. Guarisci le sue ferite terrene, cura il dolore della sua anima, placa il tormento della sua mente, e poi permettile di farsi giustizia.’
La brezza per un istante si fece più violenta, come se le foglie, le piante, gli arbusti e la natura stessa si ribellassero a quella sorta di forzatura, a quel sortilegio pericoloso. La neve a terra prese a sollevarsi, turbinando in piccoli vortici ovattati. La donna dai capelli neri strinse i denti deglutendo, sapeva che era una cosa mai tentata, una cosa pericolosa. Tuttavia il dolore che sentiva nel petto, frammisto al senso di colpa e di impotenza che provava, non poteva essere placato in altro modo.
Attese, inginocchiandosi dinanzi all’altare con gli occhi chiusi, mentre i profumi del bosco d’inverno s’inseguivano, solleticando il suo olfatto, e mischiandosi a quelli dell’incenso, del carbone e della notte, il freddo della neve le pizzicò la pelle. Il riverbero del fuoco le illuminava il volto dai tratti decisi, al momento teso per l’ansia. Ad un certo punto il vento si placò quasi che i vari elementi naturali si fossero, consultati, avessero affrontato un’accesa discussione, e poi fossero giunti al verdetto finale.
Aprì gli occhi solo quando udì il suono delle pietre che cozzavano l’una contro l’altra. Le aveva posizionate a qualche centimetro di distanza fra loro, ma quando le guardò, erano unite e le rune dipinte sembravano quasi luccicare. Le sfiorò con il polpastrelli della mano destra. Erano calde. Quasi fossero vive.
La prima parte dell’incantesimo aveva funzionato.
‘Grazie Madre Luna’ sussurrò. E in risposta udì il vento ululare lontano.
Lentamente afferrò le pietre, maneggiandole con cura, quasi fossero cristalli fragili, e le mise in una borsa di cuoio che legò immediatamente alla cintura che portava stretta attorno alla vita sottile.
Spense il braciere e gli incensi utilizzando l’acqua del bacile e ne seppellì il contenuto ancora caldo sotto terra, accanto all’altare. Raccolse il braciere, le coppe e il bacile, avvolgendoli con un panno che chiuse accuratamente con una cordicella. Si mise tutto in spalla e s’incamminò a passi rapidi nella notte. La luce della luna tingeva la notte d’azzurro riflettendosi sul manto nevoso, e le foglie sembravano rilucere di cristalli di neve.
Adamantia affrettò ulteriormente il passo, l’oscurità sembrava richiuderlesi addosso via via che procedeva, e sapeva che se si fosse voltata avrebbe visto soltanto il buio dove poco prima la luce lunare aveva illuminato la prima parte del rituale. Era consapevole di aver fatto qualcosa di proibito, qualcosa per il quale avrebbe dovuto pagare un prezzo, soltanto che non sapeva ancora quale sarebbe stato, ma soprattutto non le importava affatto.
Il fiato che le fuoriusciva dalla bocca si condensava in pallide nuvolette che si lasciava alle spalle, così come aveva fatto con ogni remora, mentre si dirigeva verso la grotta dove aveva nascosto il corpo della sua amica Desdemona, assassinata la notte precedente.
Quando raggiunse l’apertura sostò un istante, sentendosi lo sguardo della Luna addosso. Era come se qualcuno la fissasse, e lei fosse consapevole che quello sguardo non era amorevole e benevolo, bensì inquisitore e allo stesso curioso, quasi volesse vedere sino a dove sarebbe arrivata. E se avrebbe avuto il coraggio di andare fino in fondo.
Ce l’aveva.
Entrò e accese la lanterna. I bagliori dorati della fiamma rimbalzarono sulla pirite della roccia, come se la grotta si fosse improvvisamente illuminata di minuscole scaglie dorate.
Adamantia percepì un brivido accarezzarle la schiena e disse: ‘Devo farlo’, per farsi coraggio. Raggiunse il giaciglio di rami e foglie che aveva improvvisato a terra la notte precedente, e sollevò lentamente il lenzuolo che aveva steso sul corpo di Desdemona. Quando lo fece incontrò il viso esangue dell’amica e ancora una volta si sentì sospesa fra la tristezza e la rabbia. Non era giusto che quella giovane vita fosse stata spezzata a quel modo.
Sentì le lacrime bruciarle negli occhi e poi rigarle il viso.
La donna morta era nuda, sul suo corpo esangue c’erano i segni della violenza, ferite, lividi, abrasioni, una frattura esposta a livello del gomito, là dove quegli uomini l’avevano tenuta ferma, con così tanta forza da spezzarle le ossa e la volontà. Adamantia l’aveva lavata accuratamente, ma, naturalmente aveva eliminato solo le tracce del sangue, la sporcizia, la terra, non di certo le ferite. Ed erano proprio quelle che intendeva risanare. Voleva guarirla e riportarla alla vita, affinché avesse l’occasione di vendicarsi.
Non esisteva incantesimo per farlo, per riportare veramente alla vita una persona, ma aveva modificato e mischiato alcuni rituali trovati nel Tomo ereditato dalle proprie antenate, e sperava ardentemente che funzionasse.
Tuttavia sapeva che poteva essere soltanto temporaneo, finché la vendetta non fosse compiuta. E sapeva anche che quello che stava per compiere era un incantesimo oscuro, che l’avrebbe cambiata per sempre. E che le consorelle della Luna, non l’avrebbero approvato, e neanche aiutata.
Carezzò amorevolmente il viso della ragazza morta, i suoi capelli biondi, il suo viso stupendo, ora deturpato dalla violenza.
Nella mente di Adamantia i ricordi della notte precedente tornavano come scudisciate. Lampi nel buio che facevano male. Laceravano l’anima.
Loro due al ritorno dal sabba, all’imbrunire. Lei che parlava a Desdemona dell’abito nuovo che si sarebbe confezionata da sola, con la stoffa che le aveva regalato la Duchessa, dopo che lei l’aveva guarita dalla scabbia. Desdemona che rideva, quella sua risata squillante e argentina, mentre alcune ciocche bionde le sfuggivano dalla crocchia. ‘E pensi che si ammalerà di nuovo? è la seconda volta che se la becca dai marinai che riceve nelle sue stanze a notte fonda.’
‘No. La prima volta non era scabbia, ma piattole’ aveva risposto soffocando una risatina.
‘Io penso che presto avrai un nuovo vestito, un altro ancora’ aveva commentato Desdemona ed erano scoppiate entrambe a ridere. Le neve attutiva i loro passi.
Poi avevano visto quei tre uomini fermi in mezzo alla strada. Le luci del paese li illuminavano da dietro, a malapena.
‘Abbassa la testa e tira dritto’ le aveva detto Adamantia, ben sapendo che su di loro circolavano voci, si diceva che fossero streghe. E infatti lo erano. Erano streghe, guaritrici, studiose, tutte cose che le malelingue non avrebbero capito. Erano anche giovani e belle, un’accoppiata che le rendeva bersagli ancor più facili di qualsivoglia maldicenza.
Desdemona le aveva obbedito, stringendosi nel mantello e sollevando il cappuccio. I tre uomini si erano spostati a malapena al loro passaggio, tanto che uno aveva urtato la spalla di Adamantia, senza nemmeno chiederle scusa. Sapeva che le stavano fissando. ‘Allunga il passo’ aveva sussurrato, ma non ne avevano nemmeno avuto il tempo. Uno degli uomini aveva afferrato Desdemona per la falde del mantello, trascinandola indietro, e l’altro aveva acchiappato Adamantia per un braccio.
‘Lasciami, gaglioffo!’ aveva detto lei, voltandosi, ma l’uomo rapidamente le aveva coperto il volto con il cappuccio, così da non essere visto in faccia. Poi le aveva affibbiato un manrovescio e lei era finita a terra, mentre Desdemona continuava a dimenarsi e a dibattersi e loro le tappavano la bocca, a giudicare dai gemiti soffocati. Le avevano trascinate fino in prossimità del bosco, strattonandole e allungando loro ceffoni e botte.
Le avevano insultate con termini irripetibili, termini che nemmeno quando andava a curare le donne al bordello, aveva mai udito.
Sussultò ancora a ripensarci.
Poi, legandola ad un albero, sempre incappucciata, si erano avventati su Desdemona. Era facile immaginare cosa le stessero facendo dalle sue urla e dalle parole che utilizzavano, sì forse Adamantia era incappucciata, ma li aveva riconosciuti dalle voci. Uno era Tiberio Geriotti, uno degli ubriaconi del paese, l’altro era Goffredo Gottardi, che era facile reperire appunto al bordello cittadino, e l’ultimo era Gualtiero, il figlio della Duchessa Fiordisaggio che spesso la chiamava in gran segreto per fare si che curasse le sue malattie più vergognose.
Adamantia tentava strenuamente di liberarsi le mani, sfregando le corde contro al tronco dell’albero, seppure fosse cosciente che, qualora fosse riuscita nel proprio intento, non sarebbe riuscita a tenere testa ai tre energumeni. Tuttavia continuava, pensando che li avrebbe aggrediti con le unghie e coi denti, in ogni modo possibile. Ricordò come il cuore le martellasse nel petto, a quell’idea.
Le sevizie erano continuate a lungo, mentre Adamantia, legata ben stretta non riusciva a fare alcunché se non continuare a tentare di consumare la corda e attendere che toccasse anche lei la stessa infausta sorte. Era in preda al terrore, con la gola chiusa da un groppo di dolore per l’amica
‘Gualtiero Fiordisaggio!’ aveva urlato Desdemona a un certo punto. E tutto si era zittito, persino i suoni della natura. ‘Goffredo Gottardi e Tiberio Geriotti’ aveva proseguito, con la voce rotta dal dolore, ‘che voi siate maledetti!’
Adamantia aveva stretto gli occhi. Se anche avessero avuto una sola possibilità di scamparla, Desdemona l’aveva appena mandata in fumo. Tuttavia aveva compreso profondamente il suo desiderio di spaventarli, di annichilirli. Forse erano streghe, ma non potevano difendersi, non a un attacco di quel genere, non subito. Però potevano giocare con le loro superstizioni, e Desdemona aveva tentato il tutto per tutto.
‘Ci ha visti quando le hai levato il cappuccio per ficcarle il tuo cazzo in bocca!’ aveva detto Gualtiero.
‘Non ci ho pensato’ s’era malamente difeso il Gottardi.
‘Dobbiamo ammazzarle, adesso’ aveva sentenziato Tiberio Geriotti.
‘Fammi prima finire!’ aveva detto Gualtiero Fiordisaggio con voce cupa, poi le urla erano ricominciate. Ancora più forti e strazianti di prima. ‘Così la spacchi!’ aveva ridacchiato qualcuno, forse il Gottardi.
‘Intanto deve morire’ aveva risposto un altro. Poi era seguito un urlo lacerante.
Adamantia si era sentita impotente e terrorizzata. Non è giusto – aveva pensato stringendo i denti – non abbiamo mai fatto del male a nessuno. A quel punto, Adamantia aveva iniziato a urlare, dapprima implorando aiuto e poi passando a maledirli di continuo, le sue grida si sovrapponevano ai lamenti strazianti dell’amica.
Adamantia prese infine a invocare l’aiuto della Madre Luna, mormorando sottovoce: ‘Madre, ti prego, noi siamo le tue umili serve, salvaci dalla furia di questi codardi superstiziosi e malvagi, concedici di vivere, O Signora dei cieli stellati, dei fertili prati, delle maree, della pioggia gentile, del fuoco purificatore; ascolta la mia supplica.’
‘Ti ho ascoltata’, era parso mormorare il vento fra gli alberi.
In lontananza aveva udito l’ululato di un lupo. ‘Ti prego, salvaci mia Signora’ aveva concluso concentrandosi al massimo. L’ululato si era fatto più vicino. E poi più vicino ancora, mentre le urla di Desdemona si trasformavano in rantoli.
Le foglie del bosco avevano frusciato e le foglie sussurrato, poi aveva sentito un ringhio basso e potente, seguito da molti altri.
‘Aspetta’ aveva gorgogliato il vento bisbigliando tra le fronde.
E infine erano giunte le grida degli uomini ‘ se così vogliamo chiamarli ‘ e il suono dei loro passi ‘ ovattati dalla neve – che si allontanavano nel bosco.
‘Desdemona!’ aveva gridato. In risposta solo un verso agonizzante, continuo, che si faceva via via sempre più acuto. E lei con un ultimo strattone era riuscita a sciogliere le corde. Dopo essersi liberata dalla prigionia del proprio cappuccio, era corsa dall’amica. Desdemona aveva gli abiti stracciati, c’era molto sangue, macchie scure nella neve candida e seppure la pallida luce lunare non la illuminasse bene, era chiaro che era malconcia persino per parlare, figurarsi per muoversi.
‘Andrà tutto bene’ le aveva sussurrato. ‘Starai bene, passerà tutto, ti curerò e…’
‘Voglio…’ un fiotto di sangue le era sgorgato dalle labbra, ‘morire’ aveva risposto lei.
‘No, non dirlo, vedrai che ti dimenticherai di tutto, farò un filtro e…’
‘Morire…’
‘La pagheranno, vedrai’ le aveva detto poco convinta. Sapeva che, spalleggiati dal figlio della Contessa, l’avrebbero fatta franca.
‘Non… non ce la faccio…’ aveva rantolato Desdemona, e Adamantia aveva scorto che i suoi occhi avevano perso il lume della ragione. La fiamma della vita. Quegli uomini l’avevano già uccisa, uccisa dentro.
‘Gliela faremo pagare!’ aveva detto già pensando di avvelenarli, non sarebbe stato difficile, in fondo.
‘Nessuna pena, nemmeno la morte…’ aveva ansimato Desdemona con un singhiozzo, ‘potrebbe ripagarmi del male che mi hanno fatto, di ciò che mi hanno…’
‘Tolto’ aveva proseguito Adamantia per lei.
Poi Desdemona, con un colpo di tosse aveva sputato altro sangue e infine i suoi occhi si erano rovesciati. Dopo pochi istanti Adamantia, che le teneva un polso, aveva sentito il battito del suo cuore cessare. E mentre trasportava il cadavere dell’amica verso la grotta, piangendo, meditava di farla tornare per vendicarsi, così da darle la pace che meritava, nell’aldilà. E dare ciò che meritavano ai mostri che le avevano aggredite.

Adamantia, sforzandosi di non piangere ulteriormente, prese le pietre che aveva nel sacchetto iniziando a posizionarle sul cadavere dell’amica. Sapeva di avere poco tempo. Voleva che quei marrani la pagassero, che si ritrovassero Desdemona di fronte, che fosse lei a ucciderli uno a uno, godendo del loro terrore, del loro smarrimento e infine nell’infliggere loro dolore, prima di ucciderli. L’avrebbe resa potente e spaventosa.
Mise la prima sulla fronte. ‘Perché la tua mente torni limpida, e dimentichi l’abisso di sofferenza nel quale ti hanno gettato, ma ricordati di vendicarti. Sii potente e spietata.’
‘è male’ le parve di sentire bisbigliare fra gli arbusti fuori dalla grotta. Ignorò quel suggerimento, lo sapeva, ne era consapevole.
Pose la seconda pietra sul petto di Desdemona. ‘Perché il tuo cuore torni a battere, a palpitare, a vivere, ma ricordati di vendicarti. Sii forte e invincibile.’
‘Non devi’ sibilò la brezza invernale, entrando persino nella grotta a scompigliarle i capelli.
Deglutì. Poi poggiò la terza pietra sul ventre del corpo illuminato dalla luce tremolante della lanterna. ‘Perché le tue ferite vengano risanate, le cicatrici spariscano, anche quelle dell’anima ma ricordati di vendicarti di chi te le ha inflitte. Senza compassione.’
‘Basta’ ululò il vento. Adamantia sentì il rombo di un temporale lontano.
Mise l’ultima pietra sui piedi. ‘Perché tu possa camminare nel mondo, muoverti agevolmente, così da compiere la tua vendetta…’
Una violenta pioggia prese a scrosciante di colpo sul bosco e Adamantia si interruppe e si girò verso l’imboccatura della grotta. L’esterno era un ammasso di arbusti e macigni che proiettavano ombre innaturali al chiaro si luna, e la pioggia non faceva che confondere quelle sagome, sembravano muoversi. Poi giunsero i lampi. Quasi che la natura, stanca di dare suggerimenti, avesse pensato di passare all’azione, mentre Adamantia cercava di sovvertirne le regole.
Adamantia ci pensò su, forse per avere qualcosa era necessario arrivare a un piccolo compromesso. ‘vendicati di coloro che ti hanno fatto del male, però ricorda, amica mia, polvere eri e polvere ritornerai, quando tutto sarà compiuto’ fece una pausa, passando una mano sul viso gelido dell’amica. ‘Pulvis es et in pulverem reverteris’ mormorò concludendo. Il temporale cessò, allontanandosi tanto rapidamente quanto era comparso. Forse era il compromesso giusto.
Mancava solo una cosa. Per completare il rituale doveva sacrificare un essere vivente. Aveva pensato a un coniglio, e ne aveva intrappolato uno nel pomeriggio, che se ne stava in una cassa rovesciata nella grotta.
Lo afferrò, poi incontrò quegli occhi limpidi, e ricordò la voce che aveva sibilato ‘è male’. Gli diede una carezza sul muso e la lasciò libero di correre via. Non era mai riuscita nemmeno a tirare il collo a un pollo, figurarsi un coniglio, chissà cosa s’era messa in testa. Si guardò attorno affranta. ‘Va bene, va bene, ho risparmiato il coniglietto ma ora che faccio? Puoi mandarmi un segno?’
Niente. Sbuffò. S’era fregata con le sue stesse mani. Il piano era di risvegliare Desdemona e poi di nascondersi da qualche parte, attendere la sua vendetta, eventualmente aiutarla o assistere e poi, una volta che i delinquenti fossero morti ‘ possibilmente in modo orribile- tornare in paese. Inizialmente l’idea di riportala in vita e tenercela, ma la natura e la Dea non sembravano di quel parere e temeva che, esagerare nello sfidarle avrebbe reso nullo l’incantesimo. Ora, se non l’avesse completato, non solo avrebbe ugualmente subito il colpo di ritorno ma anche pensare di tornare a vivere A Borgo Castellaro sarebbe stato impossibile. Quei tre l’avrebbero uccisa. E là c’era la sua casa. L’unica che avesse mai conosciuto. Incurvò le spalle, stava quasi per dire al corpo senza vita di Desdemona che aveva fallito, quando sentì qualcosa ronzare e poi urtare la lanterna. Si voltò di scatto, c’era una grossa falena notturna, col corpo peloso e le ali spesse.
‘Grazie Dea!’ disse velocemente. Poi l’acchiappò e la tenne nel pugno chiuso, schiacciando e sgretolando l’insetto sul corpo dell’amica.
In qualche modo la Dea l’aveva aiutata. Ma c’era qualcosa che Adamantia ignorava, della divinità che adorava, ovvero il suo incredibile senso dell’umorismo, e il suo rancore nei confronti di chi cercava di farla fessa.
Attese e poi attese ancora che Desdemona si risvegliasse, addirittura le aveva portato un involto con degli abiti puliti e adatti alla vendetta, a giudizio suo, a dire il vero attese per tutta la vita. Fu costretta a trasferirsi in un altro paese, e a trovare lavoro come sguattera e smise anche di curare le persone, ma ogni settimana andava fino alla grotta a controllare se l’amica si fosse risvegliata. Non avvenne. Tuttavia il corpo di Desdemona non invecchiava, restava lì, come sospeso nel tempo, e le ferite lentamente, molto lentamente guarivano. L’ultima volta che Adamantia la vide, dimostrava ancora poco più di vent’anni. Lei invece ne aveva sessantacinque, un’età ragguardevole per quel periodo. Dopo quella volta una frana aveva chiuso l’ingresso alla grotta ma Adamantia non se ne accorse mai, perché una malattia la portò via in pochi giorni. Non ebbe mai modo di sapere dove avesse sbagliato con l’incantesimo, seppure ci si fosse arrovellata per tutti quei lunghi anni. E fosse stata convinta fino al suo ultimo giorno di vita che qualcosa, in qualche modo aveva funzionato, seppure non abbastanza.
Forse.

Gennaio 2016

‘Che suono fastidioso, possibile che non si possa dormire nemmeno un giorno in santa pace? Maledetti taglialegna, persino in città li si sente!’
Desdemona si rigirò su un fianco cercando di riprendere sonno. Sentì alcune pietre rotolare. Strinse gli occhi, raggomitolandosi nella coperta. Poi si rese conto di non avere una coperta, ma qualcosa di polveroso addosso che si era sgretolato non appena si era mossa, e ora del pulviscolo sottile e fastidioso, che odorava di muffa, la stava facendo tossire. Inoltre il suo letto non era mai stato così duro.
E poi era… nuda!
Spalancò gli occhi, ritrovandosi dentro a una specie di grotta, distesa fra la polvere, mentre la luce del giorno filtrava da un’apertura fra le rocce che ne coprivano parzialmente l’ingresso.
‘Cosa diavolo…’ cercò di ricordarsi cosa fosse successo la sera precedente. La testa le doleva. Un sabba, c’era stato un sabba, ricordava solo quello, lei e altre donne, compresa la sua amica Adamantia, che danzavano seminude attorno a un altare, bevendo vino. Ecco forse quel mal di testa era per via del vino. Tuttavia non si spiegava come fosse potuta finire in una grotta. Si sedette incrociando le gambe, poi prese a massaggiarsi le tempie, a quel punto di rese conto che i capelli erano un groviglio inestricabile di nodi e foglie secche. E aveva un gran freddo.
I suoi ricordi successivi al sabba, erano stati azzerati dall’incantesimo di Adamantia, ma lei ovviamente lo ignorava.
Si alzò sentendosi stranamente rigida, e si guardò attorno. C’era una specie di involto a terra, lo aprì nella speranza di trovarci i suoi abiti, ma c’erano solo cose polverose, fra cui una veste nera davvero malconcia, degli stivali in pelle rovinati, delle calze in lana ancora passabili, un corpetto e dei mutandoni inservibili. Indossò immediatamente le calze e poi infilò la veste, in lana nera, lunga fino ai piedi e piena di buchi, come se ci avessero banchettato delle tarme. ‘Deve essere stato una sabba davvero grandioso, ma dov’è Adamantia? Possibile che mi abbia lasciata qui? Da sola?’
Si infilò anche gli stivali malconci, alcuni pezzi di pelle le rimasero in mano.
Tossì ancora una volta, poi si diresse verso la luce proveniente dall’esterno. Provò a spingere il masso ma quello non si mosse nemmeno di un centimetro. Il cerchio alla testa di Desdemona peggiorò considerevolmente. ‘Sono imprigionata!’ sentì il cuore martellarle nel petto, era quasi doloroso, come se non solo avesse i muscoli esterni anchilosati, ma pure quelli interni. ‘Che idea!’
C’era un’apertura, ma troppo in alto per raggiungerla. E poi uno spiraglio sottile, che giungeva fino a terra, dal quale non sarebbe potuto sgusciare fuori nemmeno un gatto. Tentò di arrampicarsi, cadendo per due volte di fila, dopo essere scivolata sulla roccia.
‘Ehilà, c’è qualcuno?’ chiese. Del resto le era parso di udire il rumore dei taglialegna quando facevano a pezzi i ciocchi per il camino, nel cortile. Forse qualcuno stava abbattendo un albero poco distante.
Fuori un uccellino prese a cantare e lei si rese conto, fissando gli alberi spogli, di non sapere esattamente dove fosse, per la prima volta con una lucidità spaventosa.
‘Ehilà, c’è qualcuno là fuori?’ urlò con maggior impeto. Attese una risposta mentre sentiva l’adrenalina scorrerle nelle vene. Che l’avessero murata viva tacciandola di stregoneria? Be’ in effetti un po’ era vero però…
‘Chi è?’ gridò da fuori una voce maschile.
‘Grazie Dea’ pensò Desdemona. ‘Qua… alla grotta, devo essere rimasta… credo prigioniera’ rispose un pelino indecisa. Se l’avessero murata viva non sarebbe stato intelligente esordire con la storia della strega murata viva.
‘Dove sei?’ la voce pareva provenire dall’alto. Guardò in su, dallo spiraglio fra i massi. C’era qualcuno di… colorato. Coloratissimo. E indossava dei mutandoni aderenti, così tanto che si scorgevano cose che nemmeno dai mutandoni si sarebbero dovute scorgere. Abbassò lo sguardo. Forse stava espletando dei bisogni quell’uomo. E doveva essere di un certo lignaggio per portare colori così sgargianti, le stoffe tinte con tanta intensità erano costose.
‘Qua sotto’ rispose titubante arricciando il naso. ‘Che vergogna averlo visto a quel modo, dal basso poi…’
Sentì delle pietre ruzzolare e poi un tonfo, riaprì gli occhi. Sbirciando dallo spiraglio vide che c’era un uomo, molto strano. I capelli castani gli ricadevano dinanzi al viso ma tutt’attorno erano così corti che… forse aveva avuto i pidocchi! E poi aveva qualcosa di strano addosso, una camicia gonfia e coloratissima e quei mutandoni dello stesso color violetto. In più portava uno strano copricapo. Sembrava quasi di vetro, con una sorta di nastro che lo teneva fissato dietro alla testa e nel quale il sole si specchiava.
‘Mi dispiace, signore se vi ho interrotto mentre espletavate i vostri bisogni corporali, è che io devo essere rimasta ehm… intrappolata qua dentro e non so come’ disse balbettando.
‘Che, mi pigli per il culo?’ disse lui cercando di guardarla meglio.
‘Pure sboccato come un servo di un’infima casa d’appuntamenti’.
‘No, vedete, messere se voi poteste chiamare aiuto… magari, uno dei vostri servitori o forse…’
‘Hai bevuto parecchio eh ragazzina?’ disse l’uomo.
Desdemona lo guardò meglio, aveva qualcosa un mano, tipo un piccone, ma più piccolo e poi delle corde appese in vita, più sotto i suoi attributi si intuivano perfettamente e lei abbassò rapidamente lo sguardo sui piedi. Aveva delle scarpe tutte colorate e stranissime! Forse è un giullare ‘ pensò. Una volta ne aveva visto uno.
Sì, aveva bevuto al sabba in effetti.
‘Come sei finita lì dentro?’.
Era anche irriverente a darle del tu a quel modo, ma se era un Signore d’alto lignaggio la cosa forse si spiegava, del resto lei era solo una popolana. Dunque era un Signore o un giullare? Tuttavia ritenne inappropriato domandarglielo.
‘Non lo so’ rispose ritenendo ugualmente inappropriato dirgli del sabba e del vino.
‘Aspetta, ti passo una corda e ti tiro su, ok?’
‘Vi ringrazio, signore.’
Lo sentì commentare ‘pazzesco’ mentre si ritraeva per svolgere la fune.
Quando la corda entrò dal pertugio lei inizialmente si ritrasse. Sembrava un serpente, tutta colorata. Con delle strane tonalità di giallo zafferano, frammiste a un verde brillante come quello dell’erba in primavera.
‘Devi prendere la corda’ scandì lui come se parlasse a un bambino.
‘Sì’ rispose facendosi coraggio e afferrandola.
‘Legatela in vita, tipo imbracatura, io mi sposto in alto e tiro su!’
‘Sì.’
‘Hai capito bene?’
‘Sì’ rispose lei di nuovo fissando la corda. ‘Cos’è un’imbracatura? Qualcosa che ha a che fare con le brache?’ Che ne sapeva lui che le brache non le aveva nemmeno, e se quelli erano calzoni, erano davvero vergognosi.
‘Allora muoviti, stavo facendo freeclimbing, meno male che sono attrezzato ma se non riesco a tirarti fuori chiamo i Vigili del Fuoco o la Forestale, okay? Stai tranquilla!’
Parlava anche in modo strano. E lei aveva capito si e no la metà di quanto le aveva detto.
‘Hai qualcosa di rotto?’ chiese lui.
‘La veste?’ rispose lei, che villano a farglielo notare.
‘No. Che ne so una caviglia?’
‘No.’
‘Allora legati la corda in vita!’
Desdemona si legò la corda attorno, lui sbirciò dallo spiraglio. Aveva occhi incredibilmente azzurri. ‘Stringi bene il nodo, magari riesco a tirarti su anche così, non pesi molto. Spero tu non abbia una commozione cerebrale.’
Lei annuì stranita. Le era arrivato un profumo strano, pareva provenire dall’uomo, sembrava sapone e da bucato frammisto a una fragranza piacevole, quasi di fiori di sottobosco. Forse non ce li aveva più i pidocchi.
Con pochi movimenti fluidi l’uomo salì sulla roccia, e prese a tirare la corda. ‘Mi chiamo Nicola, puoi chiamarmi Nick, come tutti. Tu come ti chiami?’ disse lui con la voce tesa dallo sforzo.
‘Che nome bizzarro!’
‘Mi chiamo Desdemona Ravini, messer Nickcometutti.’
‘Oh porca puttana!’ esclamò lui.
Desdemona arrossì, quella parola l’aveva capita.
‘Nick, mi chiamo Nick Valenti!’
‘Oh, Nick Valenti’ borbottò lei. ‘Ho capito.’
Lui la issò fino a che Desdemona ebbe le mani sul masso, a quel punto, recuperando velocemente la cima, le afferrò i polsi trascinandola fuori. Se la strinse addosso, per evitare che cadesse. Molto addosso. Molto stretta.
‘Devi aver fatto un bel volo, bella! è da tanto che sei lì? Vuoi dell’acqua?’
Desdemona arrossì fino alla radice dei capelli, divincolandosi.
‘Ehi, così ci caschiamo dentro tutti e due, aspetta, scendiamo così, per di qua, metti il piede lì e…’
Il dimenarsi disperato di Desdemona li fece cadere entrambi, fortunatamente non verso la grotta, ma nel prato. E messer Nick si ritrovò con Desdemona cavalcioni. Non era affatto spiacevole.
E nemmeno per lei. Si guardarono per un istante lunghissimo, mentre la ragazza, che non indossava biancheria, sentiva proprio ciò da cui aveva distolto gli occhi poco prima, premerlesi addosso. Trattenne il fiato incapace di muoversi.
Non aveva molta esperienza con gli uomini e, per dirla tutta, essere vergine la metteva a disagio non solo con gli uomini ma anche con Adamantia, e soprattutto prima dei sabba quando, fra consorelle, si chiacchierava di sacrificare donzelle illibate.
‘Vai subito al dunque eh tu, Descosa!’
‘Desdemona’ disse lei pur senza spostarsi. Era indecisa, se si fosse alzata lui, così disteso, avrebbe avuto modo di sbirciarle sotto alla veste, e se fosse rotolata di lato lui avrebbe potuto prenderlo per un invito a scambiarsi le posizioni. Pertanto rimase lì, imbambolata a fissarlo, sentendosi accaldata e incredibilmente viva. Possibile che quell’uomo con gli strani calzoni le facesse un effetto simile? Pareva che tutto il suo corpo si risvegliasse. Distolse lo sguardo puntandolo sulla camicia gonfia. ‘La vostra camicia si chiama Moncler? Oppure è il nome della vostra Famiglia?’ chiese incapace di dire altro se non la prima cosa che le passasse per la mente. Lui scoppiò a ridere.
‘Ma magari!’ disse muovendosi tutto nel ridere, cosa che la turbò ulteriormente. ‘E poi è un piumino, mina una camicia!’
‘Piumino’ gli fece eco Desdemona osando sfiorare quel tessuto simile alla seta con la punta delle dita. Rabbrividì.
‘Hai freddo!’ esclamò lui, scansandosi di scatto. Lei rimase seduta nell’erba improvvisamente dispiaciuta che quel contatto, seppur inappropriato, fosse terminato.
Messer Nick, cavallerescamente (!) aprì la zip per sfilarsi il giubbotto, Desdemona sentendo quel suono strano si raggomitolò di lato.
‘Hai paura della zip? Ma sei strana forte, deve essere stata una sbronza colossale!’ disse lui lanciandole il piumino. ‘Mettitelo dai, io ho il maglione!’
Lo indossò. Era caldo, morbido e piacevole.
‘Senti, Desdemona, dimmi chi devo chiamare, perché ti vengano a prendere, sembri sotto shock, e anche… cioè eri a una festa in maschera?’
Lei lo guardò sgranando gli occhi. ‘Cosa?’
‘Sembri fuori di melone!’ scandì lui.
‘Melone’
‘Oh, cazzo!’
Lei arrossì di nuovo pensando ‘che imprecazione scurrile’. Però chiese: ‘Come potete chiamare qualcuno? Non c’è nessuno qua attorno’ osservando i paraggi.
‘Col cellulare, no? Vai, tra. C’è campo!’
Desdemona si guardò attorno, non ce n’erano di campi, solo boscaglia, una piccola radura, la grotta e la montagna sopra alla grotta. Si grattò la testa ricordandosi che i capelli erano in uno stato spaventoso. ‘Non lo so… sono di Borgo Castellaro’ disse infine.
‘Di dove?’
‘Borgo Castellaro, immagino sia qui vicino.’
‘No, guarda, qua siamo vicini a Cuneo, non esiste un paese con quel nome.’
Desdemona deglutì due volte, come era possibile? Dove era finita? Dove diavolo l’avevano portata? Si sentì prossima alle lacrime.
‘Ehi, non fare così, magari hai battuto la testa e hai perso la memoria. Immagino che tu non abbia documenti vero?’
‘No’ rispose senza sapere a cosa si riferisse.
‘Forse sono rimasti là dentro, vado a vedere, se vuoi’ disse lui inclinando il capo, sì aveva un bel viso, e gli occhi di un azzurro simile a quelli del cielo. Non aveva mai visto un uomo così… pulito!
‘No. Non avevo niente, ho guardato’ rispose lei, non voleva restare sola. E non voleva nemmeno che lui entrasse là dentro. Quel luogo le faceva paura, anche se non sapeva perché.
‘Vieni, ho la macchina, giù di lì’ le disse aiutandola ad alzarsi.
‘Che macchina?’ avrebbe voluto chiedergli, ma quando si rialzò un capogiro la fece vacillare e lui fu pronto a stringerla. Sentì il calore del suo corpo e nuovamente l’energia vitale parve scorrerle nelle vene.
Quell’uomo dalle brache strette e colorate iniziava a piacerle, anche se era bizzarro. Lui la strinse ancora un po’, infilandole impudentemente le mani sotto al piumino e prendendo ad accarezzarle la schiena. Non si era mai sentita così, uno strano languore le riscaldò il ventre. E il cuore iniziò a correre spedito.
Però c’era qualcosa di strano, qualcosa che non riusciva a spiegarsi. Guardò a terra. Non c’era neve, nemmeno un rimasuglio. Quanto aveva dormito?
‘Che giorno è?’ chiese affannata.
‘Sabato.’
Impossibile.
‘Come sabato?’
Lui sbuffò alzando gli occhi al cielo.
‘Sabato, nove Gennaio, duemilasedici’ disse con un’alzata di spalle.
Com’era quella cosa che aveva detto lui imprecando poco prima? ‘Oh cazzo?’ Le parve improvvisamente appropriata.

– CONTINUA-

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Parte II ‘ Pandemonium

Quando raggiunsero l’auto di messer Nick, Desdemona rimase a fissarla per un bel pezzo, girandoci attorno più volte prima di salirci sopra. Fu solo quando lui la convinse che non era pericolosa e le mostrò con pazienza che non era una camera di tortura e nemmeno una bara che accettò di accomodarsi – tesissima ‘ sul sedile del passeggero.
Nick mise in moto l’auto e Desdemona puntò i piedi sul tappetino. ‘è molto veloce questa carrozza automatica!’ commentò vedendo che il panorama si muoveva rapidamente, guardando alternativamente fuori dal parabrezza e dal finestrino.
‘Macchina o autovettura o auto, ecco come si chiama, non è una carrozza automatica’ puntualizzò Nick leggermente infastidito. ‘Devi avere davvero preso una bella botta per pensare di provenire dal 1600!’
‘Non è che lo penso è così’ rispose Desdemona senza dare nemmeno troppo peso alle sue parole, era davvero incuriosita da ciò che vedeva, non c’erano più soltanto sporadiche fattorie fra un campo e l’altro, oppure occasionali mulini, ma vere e proprie costruzioni, alcune molto strane e poi c’erano degli stendardi coloratissimi ai lati della strada, con disegni fantastici.
‘Che belli questi stendardi’ commentò. ‘Sono tantissimi, si vede che qua nel futuro avete molti Signori, e Conti e fate tanti tornei…’
‘Che stendardi?’
Che sciocco! Come faceva a non vederli? Erano ovunque! ‘Tipo quello, della Casata Esselunga!’
Nick scoppiò a ridere. ‘è un supermercato, e quello è un cartellone pubblicitario!’
‘Oh. Quindi non fanno tornei?’
‘Direi di no.’
Desdemona si accasciò sul sedile. Pareva che ogni cosa, di questo futuro in cui s’era ritrovata, fosse strana, o la facesse sembrare sciocca. Decise di non parlare più.
Ci riuscì quasi per cinque minuti filati. Poi Nick accese l’autoradio e lei, con uno scatto degno di un felino, si rincantucciò sul sedile. ‘Che diavoleria è mai quella?!’ gridò tappandosi le orecchie.
‘Iron Maiden’ rispose lui sghignazzando e poi abbassando il volume. ‘Questa storia mi sta divertendo. Non capisco di cosa tu ti sia strafatta, o se tu finga, ma ti giuro che se fingi, lo stai facendo bene!’
‘Stracosa?’
‘Stra-fat-ta.’
‘Stra…’
‘Vuol dire che hai preso delle sostanze che ti hanno incasinato il cervello!’
‘Incasinato?’ gli fece eco lei. La lingua era proprio cambiata, sembrava che Nick parlasse come uno straniero.
‘Sì, che ti hanno fritto il cervello, che ti hanno fatto sbarellare… oddio, come posso dirtelo?’
‘Nella mia lingua?’
Nick ci pensò sopra. ‘Che hai bevuto, o inspirato o che ti sei iniettata una sostanza stupefacente, molto stupefacente e che ora pensi di venire dal passato!’
Oh. Forse si riferiva al laudano, o a qualche dose eccessiva di filtro di mandragora o decotto di belladonna o magari a vino e birra.
‘No, ve lo giuro, abbiamo fatto un sa…’ No. Non poteva dirgli del sabba, era certa che la Stregoneria non fosse ben vista nemmeno nel suo secolo, il fatto che scrivessero i nomi sui vestiti per non confondersi non deponeva a favore della loro apertura mentale. ‘Un… una specie di festa e…’
‘Ecco, appunto, esattamente come dicevo, vedrai che in ospedale sistemeranno tutto.’
Desdemona lo guardò corrucciata. Aveva paura di quel mondo che non conosceva, del quale stentava persino a capire gli idiomi più comuni. Conosceva ‘ se così si poteva dire ‘ soltanto messer Nick Valenti, e temeva che l’ospedale a cui lui si riferiva fosse un sanatorio per malattie mentali. Ricordava che avevano rinchiuso lì anche la sua bisnonna, quando aveva iniziato a rivelare agli altri le sue visioni sul futuro. Rabbrividì, ricordandosi di urla, catene e terapie a base di secchiate d’acqua fredda e solitudine.
‘Vi prego messer Nick Valenti, non mi portate nel sanatorio, mi crederanno pazza e non mi lasceranno più uscire.’
Lui stacco lo sguardo due volte dalla strada prima di scoppiare a ridere. ‘Dimmi la verità, è uno scherzo dei miei amici vero?’
‘No, che dite?’
‘Scusa e che dovrei farne di te?’
Il viso di Desdemona si illuminò: ‘Sono una valida coppiera, e poi so cucinare, pulire, preparare… uhm… tisane, e decotti, oh e so tessere e cucire!’
‘Oh, fantastico!’ disse lui sarcastico. ‘Guarda proprio una coppiera mi serviva, e anche una che mi preparasse i decotti e le tisane, ho messo l’annuncio proprio ieri!’
‘Veramente?’
‘No.’
Seguì una risata che Desdemona ritenne inappropriata.
Quando entrarono in città Desdemona si sentì terrorizzata e si rincantucciò sul sedile strizzando gli occhi per poi aprirli lentamente. Incuriosita. Fino a sbirciare quegli strani palazzi e le strade brulicanti di veicoli con curiosità e ammirazione crescenti. Quando lui fermò l’autovettura accanto all’ospedale lei nascose per un istante il volto dentro al piumino col nome. Nick emise un sospiro triste.
‘Non fare così, resterò con te finché non capiscono chi sei, promesso!’
Desdemona mugugnò qualcosa.
‘Insomma cos’altro vuoi che faccia?’ sbraitò Nick perdendo la pazienza.
Lei capì che non le credeva. Non poteva. Non ci sarebbe riuscito. Aveva la mente chiusa proprio come i suoi compaesani del passato, quelli superstiziosi, che temevano persino i decotti e che invece di curarsi pregavano. Un somaro! Tuttavia, non voleva che quel somaro la lasciasse. Chissà perché aveva sentito qualcosa per lui, quando l’aveva stretta, il suo ventre s’era illanguidito e aveva percepito come una piccola scossa elettrica.
E poi aveva imparato qualcosa sui somari, durante la sua breve vita, se non li potevi convincere, dovevi fingere di dare loro retta e poi fregarli, in qualche modo.
‘Va bene, vi seguirò’ disse allora, già architettando un piano per rimanere con lui.
Nick fece il giro dell’auto e le aprì lo sportello. ‘Vi ringrazio, messere.’
Lui grugnì qualcosa. ‘Senti, quando saremo dentro, ti sarei grato se non mi chiamassi messere e dammi del tu… prova a dire ‘Va bene, Nick”.
‘Va bene, Nick’ rispose lei remissiva.
Lo seguì docilmente mentre lui la teneva per mano, cercando di non fissare le damigelle in abiti a dir poco discinti che si aggiravano per le strade. Strade dove non passavano cavalli e carrozze ma auto… come quelle di Nick. E c’erano delle costruzioni grandi come castelli e poi colori, suoni, cose magiche! Non c’era fanghiglia sulle carreggiate, bensì una strana sostanza simile al lastricato, ma tutta liscia e uniforme. C’erano anche degli straccioni in giro, con brache strappate e strani cappucci. Uno forse era un barbaro perché portava una sorta di copricapo fatto di pelo che pareva una cresta bluastra e cose davanti agli occhi, paragonabili ai paraocchi dei cavalli da tiro. Forse per non farsi distrarre dalle pulzelle discinte, pensò Desdemona.
Quando le porte scorrevoli all’ingresso dell’ospedale si aprirono sibilando come serpenti, Desdemona si ritrasse in un angolo facendo voltare anche quelle tre o quattro persone che già non la stavano fissando per via dei suoi capelli scarmigliati e pieni di foglie secche e naturalmente degli abiti.
Nick fece un cenno ai passanti, muovendo un dito in cerchio accanto alla propria tempia. ‘è tutto okay, è fuori di testa, ma sta bene’ spiegò.
Percorsero l’atrio fino alla reception, dove Nick lasciò un istante Desdemona a leggere accuratamente tutto quello che c’era scritto su un distributore automatico di bevande calde, per andare a spiegare alle infermiere che aveva trovato una ragazza apparentemente priva di memoria.
‘Sembra che questa scatola produca bevande calde… forse allora la magia qua da loro è incredibilmente potente’, pensò. Vide un uomo infilare disinvoltamente delle monete in una fessura della scatola e poi, dopo qualche istante e qualche ronzio, usciva la bevanda. Pazzesco! Bastava inserire del conio e la macchinetta, come per magia faceva comparire quello che volevi. In un bicchiere morbido!
Rimase a fissarla con gli occhi sgranati finché Nick non tornò con un’infermiera abbigliata in modo indecoroso. Nemmeno fosse la tenutaria di un bordello. Con una sottoveste bianca a maniche corte, dalla quale sbucavano delle strane calze bianche e si vedevano non solo le caviglie ma pure i polpacci!
‘Ecco, signorina, questa è la ragazza che ho trovato. Si chiama Desdemona e ha perso la memoria, come le dicevo pensa di provenire dal diciassettesimo secolo.’
La donna la guardò da capo a piedi, inclinando il capo a destra. ‘Signorina, non ricorda come si chiama?’
Desdemona sorrise timidamente. ‘Ma certo che lo so, mi chiamo Desdemona Ravini’ disse tranquillamente.
‘E… lei è convinta di venire dal passato giusto?’ chiese la donna mettendosi le mani sui fianchi e mordicchiandosi un labbro.
‘Non diciamo castronerie, santi numi!’ rispose Desdemona assumendo la sua stessa posizione.
L’infermiera guardò Nick sollevando un sopracciglio, chiaramente scocciata. ‘Lui mi ha detto così!’
Nick aveva la bocca spalancata.
‘è uno scherzo dei suoi amici, e lui ci è cascato in pieno! è da un pezzo che tento di dirgli che è uno scherzo ma non vuole darmi retta, chissà cosa si è stra- fat ‘ to!’ concluse Desdemona.
Nick diventò rosso come un peperone. ‘No, infermiera senta… adesso le spiego…’
‘Non ho tempo da perdere con le vostre stupidaggini, ma lo sapete che vi potrei denunciare? Qua ci sono persone che stanno male veramente, vergognatevi!’
Nick tentò di spiegarsi nuovamente. ‘Non è così, mi creda.’
‘Ho le sue generalità, signor Nicola Valenti, e ringrazi il cielo che chiudo un occhio, dovrei denunciarla davvero!’ gli urlò da sopra la spalla ciabattando via. ‘Drogati’ commentò indispettita.
‘Nick Valenti, lo sai che da questa scatola di ferro escono dei decotti già pronti e caldi?’
‘Sì, lo so. Cosa t’è saltato in mente, cazzo?’
‘Non volevo che mi abbandonassi’ rispose lei sorridendo. ‘Hai del conio per un decotto?’
Lui alzò gli occhi al cielo maledicendo il giorno in cui l’aveva incontrata. Poi guardando quei suoi occhi sgranati e il groviglio che aveva in testa si intenerì.
‘Certo. Cosa vuoi?’
‘Tè’.
Lui sorrise ricordandosi la vecchia battuta di un film. Ma era chiaro che lei invece si riferiva alla bevanda. Purtroppo. No, che purtroppo, meno male! Quella ragazza era una sciagura.
Non avendo altra scelta decise di portarsela a casa, convinto che cercando su internet, con calma, avrebbe scoperto chi era. Oramai tutti avevano un account facebook.
Fu incredibilmente difficile convincerla a salire in ascensore per raggiungere il suo appartamento e Nick rimpianse più volte di avere deciso di provare a fare un po’ arrampicata proprio in quel punto preciso. Forse avrebbe fatto meglio a starsene a casa a vedersi un film. O ad andare a zonzo con i suoi amici.
Una volta in casa lei prese a vagare ovunque, meravigliandosi di ogni oggetto con ooohh e ahhh continui. E lui decise di prepararle un bagno caldo, mostrandole dove fossero shampoo, bagnoschiuma e asciugamani. Cosa che provocò una nuova invasione di ahhh e ooohhh e un’altra miriade di domande. Decise di tralasciare di dirle del phon per evitarsi dei problemi. Una volta fatto quello, sperando che non s’affogasse nella vasca, immaginandosi già ospite in qualche programma televisivo pomeridiano a spiegare perché avesse portato a casa un’estranea che s’era impiccata/annegata/tagliata le vene nel suo bagno, accese il portatile deciso a cercarla in rete.
‘Desdemona Ravini’ digitò sul browser del motore di ricerca.
-About 68 results (0.65 seconds) –
Nessuno dei quali comprendeva quel nome e quel cognome, almeno non insieme.
Affranto cercò su facebook ottenendo più o meno gli stessi risultati. Si passò le mani fra i capelli e mandò un paio di messaggi whatsupp ai suoi due amici, restando sul vago, giusto per capire se fosse uno scherzo dei loro. Gli risposero entrambi che non ne sapevano nulla ed entrambi gli chiesero anche se fosse figa e se si quanto.
Alla sua risposta. ‘Sì –smile-; – parecchio smile doppio -;! ‘ gli chiesero di andarla a vedere ma lui tergiversò. Si disse che lei si sarebbe spaventata, che non era ancora pronta. Ma in realtà voleva solo prendere tempo. Tempo per stare con lei.
Si sentiva come se fosse sotto al suo incantesimo. Quella ragazza lo innervosiva, lo irritava, però lo divertiva. Non si era mai sentito così. Come se avesse la facoltà di insegnarle tutto, da zero, come se ne fosse responsabile. C’era qualcosa in quella ragazza che lo incuriosiva decisamente. E un po’ gli suscitava anche un malsano istinto di protezione. Tutte sensazioni che non aveva mai provato per una sola donna e sicuramente non in un arco di tempo così breve.
Le preparò un panino, mentre la sentiva sguazzare e canticchiare nella vasca.
Dopo più di un’ora la udì gridare: ‘Nick Valenti! Non trovo la mia veste! Come posso uscire da questa stanza senza abiti!?’
E fu molto, molto difficile convincerla a infilarsi una sua maglietta e dei pantaloni della tuta senza rimetterci le falangi cercando di introdurre gli abiti nella stanza da bagno.
Più tardi, quando Desdemona si presentò pulita, con il viso limpido, gli occhi scintillanti, e ciocche di capelli umidi che le ricadevano dinanzi al viso, indossando i suoi abiti, Nick capì che era incredibilmente attratto da quella ragazza e che, sicuramente la cosa non avrebbe portato nulla di buono. Era famoso per perdere la testa per donne che non gli davano la minima. Mentre la guardava sorridendo inebetito, pensò anche che avrebbe fatto di tutto per capire chi fosse, ma nel frattempo di certo non l’avrebbe lasciata sola. Magari col tempo la memoria le sarebbe tornata. Pregò anche che la botta presa alla testa o le droghe che aveva assunto non la uccidessero rendendolo incriminabile di omicidio colposo per non aver gestito meglio la cosa del ricovero ospedaliero.
Desdemona lo guardò con uno strano sorriso. ‘Grazie Nick Valenti, e perdonami se al sanatorio sono stata sgradevole…’
Lui la interruppe con un cenno della mano. ‘Non importa, sono sicuro che dopo una buona notte di sonno ti sentirai meglio e riacquisterai la memoria, magari anche solo parzialmente.’
Desdemona stava per rispondergli quando il suono acuto del campanello la fece sobbalzare. ‘Iron Maiden?’ Chiese lei appiattendosi contro al muro.
‘No’ rise Nick. ‘Solo il campanello di casa. Stai tranquilla, può essere che sia il mio vicino, a quanto pare fa la spesa solo una volta al mese e ogni due per tre viene a chiedermi qualcosa in prestito.’
Desdemona capì solo in parte ciò che le aveva detto Nick. Spesa, due per tre e altri modi di dire le erano incredibilmente ostici.
Si rintanò mezza nascosta dietro al tramezzo che separava la cucina dal corridoio, guardando Nick Valenti aprire la porta al vicino.
In quel momento accaddero due cose, simultaneamente: 1) sentì una sorta di strana energia pervaderla e 2) dalla porta entrò una grossa falena notturna.
Mentre Desdemona fissava l’uomo fermo sulla soglia di Nick Valenti chiedere in prestito dello zucchero, qualcosa parve fare una specie di ‘clik’ nel suo cervello, come se gli ingranaggi di un meccanismo complesso, fossero stati oliati e si fossero messi in moto, per un momento. E da quella sensazione scaturì un ricordo, o meglio, uno stralcio di ricordo. Quasi come quando Nick Valenti aveva infilato il conio nel distributore automatico e ne era uscito il bicchiere morbido con il tè. Anche quel ricordo scottava. Un bosco buio, una sensazione di terrore e di dolore, e accanto a lei il viso di quell’uomo, del vicino di casa di Nick. Riusciva ancora a sentirne l’alito da ubriaco sfiorarle la pelle del viso. Le sue mani adunche su di lei.
Tuttavia non capiva come fosse possibile. Se quell’uomo faceva parte del futuro, come poteva averlo visto nel passato? Oh era differente ora, nel ricordo aveva la barba lunga e i capelli unti, mentre in quel momento pareva rasato di fresco, e aveva i capelli molto corti, puliti, anche gli abiti erano diversi; però lo sguardo era lo stesso. Strano, sinistro, con quegli occhietti infossati piccoli quanto quelli di un piccione e le iridi nere come il carbone. Desdemona rabbrividì, mentre il meccanismo dentro di lei pareva nuovamente incepparsi. Però continuò a fissare l’uomo parlare con Nick Valenti, ritraendosi inconsciamente verso la cucina. Era successo qualcosa, realizzò. Forse un incantesimo andato male e lei era stata proiettata in qualche modo arcano nel futuro, e quell’uomo c’entrava qualcosa. Spostò lo sguardo sulla nuca di Nick Valenti, sottile, aggraziata, poi scese sulle sue spalle larghe, perfettamente intuibili sotto alla maglia color lavanda, e poi più in basso. Non indossava più i mutandoni coloratissimi di prima, ma un paio di pantaloni azzurrognoli, con delle sfumature più scure, decisamente meno aderenti. Sembravano stargli magicamente aggrappati ai fianchi pur senza l’ausilio di bretelle o cintura. E gli stavano molto, molto bene. Distolse lo sguardo, non doveva distrarsi. Doveva concentrarsi su quell’uomo. Ma il ricordo sembrava sbiadirsi sempre di più, quasi avvolto da una strana foschia.
Nick si voltò verso di lei per andare in cucina a prendere lo zucchero e lo sguardo dell’uomo sulla soglia agganciò quello di Desdemona. ‘Salve, signorina’ le disse con un cenno dalla mano. Lei avvampò, provando una sensazione di panico puro. Senza rispondere raggiunse Nick in cucina. ‘Chi è quell’uomo?’ gli chiese osando persino sfiorargli la spalla. Oh, la maglia era così… morbida e la sua spalla così…
‘Il mio vicino, te l’ho detto’ rispose lui mentre metteva dello zucchero in un contenitore. Anche sullo zucchero scrivevano zucchero… che zucconi, pensò Desdemona fissando il contenitore strano in cui Nick stava versando lo zucchero più fine che lei avesse mai visto. E quanto! Nick doveva essere molto facoltoso, aveva la dispensa zeppa di confezioni di cose col nome sopra! Ma non doveva farsi distrarre!
‘Intendo come s’appella’ specificò.
Nick la guardò sorridendo e lei per un istante si ritrovò a ricambiare il suo sorriso divertito con uno ebete.
‘S’appella… cioè si chiama Geriotti, credo che il nome di battesimo sia Tiberio, ma lo chiamano tutti Tommy… sai con un nome simile…’ Nick fece una smorfia, forse s’era reso conto che nemmeno Desdemona era molto usuale come nome.
‘Scusami’ disse sfiorandole il fianco per passare. ‘Vado a dargli lo zucchero.’
Lei rimase lì, e fu a quel punto che la falena che era entrata quando Nick aveva aperto la porta le si poggiò delicatamente sul polso. Desdemona la guardò, sembrava strano vederne una in pieno giorno, aveva il corpo peloso e le ali spesse, il suo primo istinto fu di scacciarla, poi le parve di udire una voce sussurrare alle sue spalle: ‘Ricordati di vendicarti’. Si voltò di scatto, convinta che ci fosse qualcuno in cucina, o meglio che ci fosse Adamantia, la sua amica, proprio lì alle sue spalle. La voce sembrava la sua. Ma era sola. E quando sollevò il polso la falena era sparita.
Udì la porta chiudersi e fece capolino per vedere se l’uomo se ne fosse andato. Era così.
‘Abita qui quell’uomo?’ chiese. ‘In questa stessa magione?’
Nick sorrise, ‘Sì, la porta in faccia alla mia.’
Si sentì inquieta a saperlo sotto al suo stesso tetto, anche se non riusciva a collegare le cose.
‘Oh, e… lo conosci bene?’
‘Quante domande. è solo il mio vicino, no, non lo conosco bene. Che c’è ti ricorda qualcuno? Vuoi che gli chieda se ti ha già vista? Può essere che ci aiuti!’
Il cuore di Desdemona prese a martellarle nel petto. ‘No, no. Ti prego, non mi piace!’ le sfuggì di bocca.
Nick annuì ma non pareva convinto. Poi le diede il panino che le aveva preparato e mentre lo mangiava Desdemona pensò che non aveva mai assaggiato nulla di così buono.
Mentre Nick andava a cercare qualcosa nell’altra stanza Desdemona, seduta in cucina, guardava pensierosa fuori dalla finestra, cercando di capire quale legame avesse con quell’uomo. Forse aveva che fare con le sue doti di chiaroveggente, ne aveva avuto un assaggio un paio di volte. Aveva sognato un fiume da ragazzina, e sua madre e suo padre che gridavano tentando di sfuggire alle acque impetuose. E qualche mese dopo i suoi genitori erano morti proprio così, fortunatamente la famiglia presso la quale erano a servizio l’aveva tenuta come sguattera e poi come aiuto cuoca. Altrimenti sarebbe stata una delle tante orfane di Borgo Castellaro. E poi un’altra volta, pochi mesi addietro ‘ almeno per lei ‘ quando aveva sognato un uomo dal volto celato che la accompagnava in un lungo viaggio, e durante quel viaggio finivano con l’innamorarsi e fare l’amore, tuttavia quel sogno l’aveva lasciata turbata, non finiva bene, ma non riusciva a ricordarsi come.
Nick trascorse il resto della giornata a istruirla sulle cose del futuro, spiegandole come funzionasse la TV, il forno a microonde e mille altre cose.
Ma fu la TV a catturare la sua attenzione, non riusciva a credere che quella scatola magica potesse raccontare delle storie illustrate, dove i protagonisti erano persone in carne e ossa.
Fu difficile per Nick spiegarle che la ‘scatola’ come la chiamava lei, non conteneva davvero persone in miniatura. Rimase a seguire un film dopo l’altro, piacevolmente divertita e meravigliata, spaventandosi e persino urlando di tanto in tanto, e anche piangendo, mano a mano che i film si susseguivano. Era pazzesco! Un’invenzione davvero inimmaginabile, che le apriva le porte su quel mondo del futuro.
Ogni tanto sbirciava Nick, era così affascinante, e presto, complice la stanchezza, immaginò che Nick fosse come uno dei protagonisti di quelle ‘storie vive’, dove ci si baciava, e si faceva anche l’amore, seppure lei assistesse a quelle scene arrossendo e sbirciando solo da un varco fra le dita.
Ne fu presto totalmente presa, come una sorta di lavaggio del cervello. Non si rese nemmeno conto che si fosse fatto buio. Quando Nick Valenti le disse che era ora di andare a dormire, le spiegò che le avrebbe ceduto il proprio letto, e lui avrebbe riposato sul divano.
Quando si mise a letto, avvolgendosi fra quelle coltri così morbide, e su quel pagliericcio che non odorava affatto di paglia, era stremata. Il cuscino e le lenzuola odoravano del profumo di Nick. Sapone e da bucato e fiori di sottobosco, forse anche legno di cedro. Odore di Nick Valenti, pensò prima di addormentarsi, immaginando, in quegli attimi sospesi che precedono il sonno, che lui la stringesse fra le braccia e la baciasse, proprio come aveva visto in quei film che lui le aveva mostrato. Con la musica in sottofondo e il vento e tutto quel toccarsi e stringersi… così indecoroso e vergognoso da essere meraviglioso.
Quando cadde nel sonno la farfalla notturna sbucò da dietro all’armadio, dove si era nascosta per tutto quel tempo e le svolazzò accanto, sfiorandole le gote con le ali, poi si posò sulla sua fronte e prese a zampettarle sul viso. Desdemona si mosse nel sonno e la farfalla si librò in volo per poi tornare a camminarle sugli occhi, soffermandosi sulle sue ciglia.
Fuori i rumori del traffico si erano placati, quasi come una belva in letargo, ma un’altra si sarebbe presto svegliata. La farfalla le svolazzò addosso e poi, quando lei si sollevò improvvisamente a sedere nel letto, con le palpebre ancora chiuse, svolazzò via.
Gli occhi di Desdemona si aprirono di scatto, completamente bianchi, brillanti come un lampo nella notte più buia, saettarono da un capo all’altro della stanza. Poi sul suo viso si distese un ghigno malvagio. Non era Desdemona, non la Desdemona che aveva conosciuto Nick, almeno. Era quell’Altra, quella che era stata violentata in un bosco, quella che era morta, quella che aveva dormito per più di quattrocento anni, per portare a termine la vendetta progettata da Adamantia.
L’Altra si alzò camminando per la casa buia in punta di piedi, come se ne conoscesse ogni anfratto, indossava solo la maglietta di Nick Valenti, ed era scalza. Raggiunse il salotto e si fermò a fissare la sagoma addormentata del padrone di casa. Rimase lì a lungo a osservarlo, gli occhi bianchi e fulgidi che lo scrutavano e le mani lungo i fianchi, con gli occhi socchiusi, come se lo valutasse. Poi si chinò e lo annusò, infine gli accarezzò una ciocca di capelli, e se ne andò.
Raggiunse rapidamente la porta, prese le chiavi con gesti sicuri, gli stessi che aveva visto compiere a Nick quel pomeriggio, e aprì la porta.
Uscì sul pianerottolo richiudendosi la porta alle spalle e si diresse verso quella di fronte. Lesse il nome, inciso su un targhetta sull’uscio. ‘Geriotti’. Le palpebre le si chiusero e poi si riaprirono lentamente. Gli occhi tornarono normali. Pigiò il dito sul campanello, una volta, poi un’altra. Finché non udì la voce strascicata che proveniva da dietro l’uscio dire: ‘Arrivo! Che cazzo! Sono le tre del mattino!’
Quando Tiberio Geriotti aprì la porta, si trovò davanti la bella ragazza che aveva visto nel pomeriggio a casa del vicino. Un po’ addormentato chiese sfregandosi gli occhi: ‘Che succede? Nick non sta bene?’
Lei sorrise. Un sorriso che non le sfiorava nemmeno gli occhi.
‘Posso entrare?’
Lui annuì distrattamente fissando i capezzoli turgidi così evidenti sotto alla maglietta sottile.
L’Altra si chiuse la porta alle spalle. ‘Tiberio Geriotti’ disse facendo un passo verso lui. Tiberio Geriotti, così simile al proprio antenato, indietreggiò istintivamente, perché la voce della donna sembrava impersonale e gutturale, persino un po’ inquietante. Lei avanzò ancora e lui incespicò nello stipite della porta che dava sulla cucina.
L’Altra chiuse un istante le palpebre e quando le riaprì, i suoi occhi erano di nuovo completamente bianchi e splendenti. Tiberio Geriotti arretrò e poi si voltò correndo verso la camera da letto dove aveva lasciato il cellulare, gridando: ‘Cosa vuoi? Chi sei?’
L’Altra si sollevò sulle punte dei piedi finché non fu in equilibrio soltanto sulle dita, poi con le unghie che sfioravano a malapena il pavimento, si mosse raggiungendolo velocemente, lui si voltò con il viso contorto da una smorfia di terrore e lei lo colpì con un manrovescio che lo mandò a sbattere contro la cassettiera.
‘Ti prego, cosa vuoi da me?’ singhiozzò l’uomo terrorizzato.
L’Altra incombeva su di lui, il viso pallido come quello di una morta, gli occhi bianchi e spalancati, librata a pochi centimetri dal pavimento e prese a dire con una voce che poco aveva di umano: ‘Ci ha visti quando le hai levato il cappuccio per ficcarle il tuo cazzo in bocca!’. Una pausa. Lui sgranò gli occhi.
‘Non ci ho pensato’ proseguì lei con un ghigno. ‘Dobbiamo ammazzarle, adesso’. Un filo di sangue prese a scorrerle giù dalle labbra. ‘Fammi prima finire!’ Una lacrima le rotolò sulla guancia esangue ‘Così la spacchi!’ A quel punto l’Altra ridacchiò e poi aggiunse sempre con quella voce terribile ‘Intanto deve morire!’
Dopodiché si avventò sul Geriotti con le unghie e coi denti, con le mani, coi pugni, con tutta la furia che, quattrocento anni prima, era stata incapace di usare.
Lo afferrò per la gola fino quasi a soffocarlo e poi, quando fu quasi svenuto gli fece picchiare il capo ripetutamente sulla cassettiera tanto da spaccarne i cassetti. Ne uscirono fotografie e ritagli che gli ricaddero accanto come foglie d’autunno. Infine, mentre lui gorgogliava cose incomprensibili e il sangue che fuoriusciva dalla ferita alla testa le macchiava le mani, l’Altra, mormorò: ‘Ti concedo il mio perdono e ti dono la pace’. Poi gli afferrò la testa con entrambe le mani spezzandogli il collo. Fissò le polaroid macchiate di sangue sparse attorno a lui, ritraevano donne seminude, torturate, alcune in catene, un’altra era forse morta a giudicare dalle labbra esangui. L’Altra sorrise e poi si diede una sommaria ripulita nel bagno del Geriotti, stentando a togliersi il sangue dalle mani. Poi lasciò l’appartamento e tornò in quello di Nick, richiudendo a chiave la porta. A quel punto gli occhi le si chiusero per un istante, e lei scivolò carponi a terra.
Quando li riaprì erano tornati normali. La farfalla notturna nella camera da letto di Nick si sgretolò, e i suoi resti si dissolsero in un refolo di vento inesistente, nel nulla.
Desdemona si rialzò sentendosi le ossa doloranti e la bocca secca, si chiese cosa ci facesse lì, accanto alla porta d’ingresso di Nick Valenti, con la sola maglietta addosso, come quando si era messa a letto. Sentiva un gran freddo, lo stesso che le era parso di percepire quel pomeriggio, causato dal ricordo che le aveva suscitato per un istante quell’uomo che voleva lo zucchero di Nick.
Sentì le lacrime salirle agli occhi, e guardando la maglietta notò delle strane macchie. Nick si sarebbe arrabbiato perché gli aveva sporcato quella maglietta che si chiamava Nike? Quasi come lui? Andò in camera da letto rovistando fra le cose di Nick Valenti fino a trovarne una simile e se la mise addosso, tuttavia, quando tentò di rimettersi a letto qualcosa la spinse a esitare. Aveva freddo. Molto freddo ed era come se quel meccanismo inceppato avesse fatto un altro scatto in avanti, risvegliando qualcosa dentro di lei, qualcosa che non riusciva a capire ma che la spaventava. Le ombre della notte sembravano ingigantirsi, e lei sentiva nuovamente quella sensazione di smarrimento, la stessa che aveva provato nella grotta, quando si era sentita intrappolata. Quando Nicl l’aveva trovata. Camminò a piedi nudi sino al divano dove dormiva Nick, poi deglutendo gli si accoccolò accanto, proprio come aveva visto fare in un film, quel pomeriggio, meravigliandosi della propria audacia.
Nick si mosse nel sonno. Lei lo strinse godendo del contatto col suo corpo caldo, mentre una sensazione di languore sembrava snodarlesi nel ventre. Qualcosa di pulsante che la faceva sentire viva. La riscaldava.
‘Che ci fai qui, Desdemona?’ mugugnò lui con la voce impastata.
Non lo sapeva nemmeno lei, non poteva sapere che l’Altra aveva smosso qualcosa nel suo subconscio. Non voleva solo vendetta, ma anche rivalsa. Voleva che Desdemona avesse ciò che in qualche modo le era stato sottratto.
Allora disse una delle cose che aveva sentito in un film ‘Sono qui per te’. Immediatamente sentì le guance scottare e pensò di ritrarsi. Lui si girò facendo scricchiolare il divano. ‘Ti è tornata la…’ forse avrebbe voluto dire ‘memoria’ ma non ci riuscì, le labbra di Desdemona si poggiarono delicatamente sulle sue, dapprima timidamente, poi quando la lingua di lui le stuzzicò, con foga crescente. Quella cosa che sentiva nel ventre era più forte di tutte le sue paure o delle sue convinzioni o delle cose che le avevano inculcato in testa. Quella cosa voleva essere liberata, in qualche modo. Nick ricambiò il bacio. ‘Santi numi’ sospirò lei, quando Nick le accarezzò le labbra con la punta della lingua. Lui rise e poi riprese a baciarla spingendosi contro di lei. ‘Non so nemmeno cosa sto facendo’ mormorò Desdemona sentendosi per un attimo in balia di emozioni che non riusciva a controllare, era come se qualcosa dentro di lei avesse fatto un nuovo clik, e quel nuovo clik era difficile da dominare.
Sentì il sorriso di lui incresparlesi nell’incavo della gola. ‘Lo so io anche per te, fidati. Magari ti tornerà la memoria’. Lei capì che scherzava ma era troppo agitata per ridere o sorridere. Lui le sfilò la maglietta che si chiamava Nike, e prese a mordicchiarle e a succhiarle i capezzoli, fino a infiammarla. Non aveva mai immaginato che sarebbe stato così, Adamantia le aveva detto che gli uomini facevano in fretta e cercavano soltanto il loro piacere personale, ma a Desdemona non pareva affatto così.
Anzi, sembrava che Nick volesse fare provare piacere a lei. E ci riusciva perfettamente. Mentre lei fissava le ombre sul soffitto, che non erano più spaventose, ma sembravano delicati arabeschi dipinti apposta per quel momento, lui scese a baciarle i fianchi sino ad arrivare a qualche centimetro di distanza dalla leggera peluria bionda che aveva sul pube. Le baciò l’interno della coscia facendole divaricare leggermente le gambe e Desdemona tentò di richiuderle. ‘Resta ferma, lasciami fare, questo non te lo scorderai’ sussurrò con quel velo d’ironia che era tipico di ogni sua frase.
Poi la lingua di Nick prese a giocherellare con suo sesso, assaporandola lentamente, per poi leccarla e succhiarla, emettendo versi così osceni da accenderle ancora di più i sensi. ‘Santi numi’ disse di nuovo, lui parve divertito, e quella risata che tremava lì, nell’epicentro del proprio piacere la fece sospirare nuovamente.
La penetrò con un dito e lei sussultò. Era una sensazione strana, bellissima e totalmente nuova. La sua lingua tornò ad accarezzarla, stavolta più intensamente.
‘Non mi sento bene, Nick… sento come qualcosa nello stomaco… come se mi venisse da vomitare’ disse senza pensarci. Lui sollevò un attimo la testa guardando il petto ansante di Desdemona, i senti perfetti che si sollevavano e abbassavano rapidamente. ‘Non me l’aveva mai detto nessuna, stai male veramente?’
‘Non… non lo so mi sento strana’ mormorò lei muovendo il bacino senza quasi accorgersene.
‘Non dirmi che non hai mai scopato.’
Desdemona ci pensò su, eccome se aveva scopato! Aveva spazzato tanti di quei pavimenti che Nick Valenti non sarebbe nemmeno riuscito a contarli. ‘Certo che sì!’ disse punta sul vivo come se lui l’avesse tacciata di essere pigra o una sfaccendata che non sapeva scopare nemmeno una pavimento, tuttavia non capiva il nesso.
‘Allora non sei mai venuta?’
‘Venuta dove?’
Lui rise. Poi la penetrò con due dita facendola inarcare e proseguendo il lavoro con la lingua. Desdemona sentì qualcosa di caldo sciogliersi dentro al proprio ventre, qualcosa di liquido, come un’onda che la prendeva e poi la lasciava facendola contrarre, provando cose che mai aveva immaginato… ‘Nick Valenti… santi numi… oddio… oddio sì!’.
Le ci volle qualche istante per riprendersi. E quando lo fece lui stava sorridendo, mentre la fissava. Si coprì il seno con le mani, d’istinto. Poi richiuse le gambe.
‘Così sei venuta’ disse lui.
‘Oh…’
‘Non ti era mai successo?’
‘Non me lo ricordo’ mentì. Quelle donne spigliate dei film piacevano molto a quegli uomini simili a Nick e non voleva sembrargli sciocca.
‘Ti senti bene?’
‘Oh, meravigliosamente’ disse lei, subito mettendosi una mano dinanzi alla bocca. Era disdicevole dire così?
‘Non devi vergognarti, sono felice di essere riuscito a farti godere’ mormorò lui, baciandole il seno che aveva lasciato libero.
Godere, ecco cos’è. Sorride indecisa su come proseguire o su cosa fare. Nick si sollevò sopra di lei posizionandosi fra le sue gambe. ‘Fammi posto che ci riprovo’ le disse ridendo, mentre le baciava il collo. Poi le diede un bacio profondo, che divenne sempre più selvaggio, tanto che Desdemona si sentì quasi soffocare, ma era come se il suo corpo anelasse a riprovare immediatamente quelle sensazioni fantastiche e l’unico in grado di fargliele provare, fosse Nick. Inarcò il bacino andandogli istintivamente incontro.
Lui la penetrò lentamente, lei emise un gemito, sembrava doloroso. Lui entrò ancora di più, con un verso strozzato e la sensazione di dolore lasciò spazio a quella della pienezza. Desdemona socchiuse gli occhi, non aveva mai provato nulla di simile. Era come se fra di loro si stabilisse un legame, un legame che ancora non capiva ma era qualcosa che la completava.
‘Stringimi’ le disse lui e lei obbedì. Lo strinse con le braccia e anche dentro di sé, aveva capito perfettamente, stavolta. Lui rimase immobile dentro di lei ‘oddio sì’ le farfugliò all’orecchio.
Desdemona si sentì potente per la prima volta ‘ a sua memoria- da quando si era risvegliata. In quel momento capì che non era solo lui ad avere il controllo su tutte quelle cose che lei non conosceva, per un motivo o per l’altro. Anche lei ne aveva. Poteva dargli piacere, accenderlo ancora di più, esattamente come aveva fatto lui con lei, e si eccitò ancora di più all’idea.
Nick si ritrasse lentamente e poi la penetrò a fondo, facendola gemere. ‘Sì, Nick Valenti!’ disse lei, stringendolo di nuovo.
‘Solo Nick’. Un nuovo affondo, un’altra stretta. Le mani di Desdemona che gli artigliavano la schiena per poi spingere le sue natiche verso di lei.
‘Ti piace solo Nick?’ disse ridendo.
‘Mi fai impazzire’ disse lui muovendosi più rapidamente.
Nel preciso momento in cui venne Desdemona capì molte cose, prima di tutto quella cosa che le aveva spiegato una volta Adamantia, dell’uomo che sparge il proprio seme dentro alla donna. Lo sentì nettamente, come sentì il proprio corpo contrarsi. E capì che anche loro due erano una specie di meccanismo, e che i clik che potevano fare l’uno con l’altra erano tutti parte di un grande disegno, più grande di lei, o delle sensazioni incredibili che provava. Ma anche che aveva instaurato un legame profondo unendosi a lui in quel modo. Non era come capitava nei bordelli, era qualcosa di diverso, non avevano condiviso solo il piacere ma anche parole, gemiti, gesti, sorrisi e quelli erano la cosa più intima. Aveva udito la voce di Nick incerta, eccitata, roca… ed era sicura che quel genere di cose contassero. O almeno contavano molto per lei. Il suo corpo pareva più vivo di quanto non fosse mai stato, pieno di emozioni e di percezioni, come se Nick l’avesse risvegliata da un lungo sonno.
Furono svegliati all’alba, dalle sirene della polizia.

– continua-

III- Circulus

Desdemona si stiracchiò, mormorando qualcosa. Nick invece si rizzò a sedere sul letto.
‘Che accade, Nick Valenti? Cos’è questo suono?’
Lui, stupito che non avesse tirato in ballo nuovamente gli Iron Maiden, la guardò per un istante, per imprimersi, chissà perché, quel momento nella memoria, poi balzò fuori dal letto infilandosi rapidamente i jeans. ‘Sirene, qua sotto, è successo qualcosa.’
Desdemona si immaginò immediatamente delle creature mitologiche, che col loro canto ‘ insopportabile fra l’altro ‘ si assiepavano sotto alla magione di Nick Valenti, del resto in quel futuro, tutto pareva possibile.
‘Sirene della polizia!’ le disse Nick vedendola accigliata.
‘Oh…’ rispose lei, continuando a non capire. ‘Le forze dell’ordine, Desdemona, le guardie, o come diavolo le chiameresti tu’ sbraitò Nick, nervoso. Si sentiva stanco, incredibilmente stanco. Non si era mai sentito così spossato dopo una notte di sesso, mai. Tuttavia non ci fece caso, troppo preso a guardare fuori dalla finestra. ‘Vengono qua, entrano nel portone’ disse passandosi una mano sul viso, incontrando la ruvidezza della barba che stava ricrescendo.
Desdmeona fissò le sue spalle ampie, la curva armoniosa della schiena, le fossette di venere appena visibili ‘ perché semi coperte dai jeans ‘ al di sopra dei glutei. Per un istante avvampò scorgendo i segni dei graffi che gli aveva lasciato sulla pelle, per poi crogiolarsi nei ricordi della notte di passione. Si sentiva ancora le sue mani addosso, e quella sensazione di appagamento completo ancora le faceva battere il cuore e pulsare il sesso.
‘Hai fatto qualcosa di male?’ gli chiese lei. Lui non rispose. ‘Nick Valenti, perché sei così agitato?’
Lui si voltò per un istante verso di lei. ‘E se venissero per te? Se pensassero che ti ho rapita?’
Lei sorrise. ‘Be’, dirò loro che non è vero.’
‘Non funziona così’ le abbaiò lui da sopra la spalla continuando a guardare fuori.
‘è strano il tuo mondo, Nick Valenti’ commentò Desdemona.
Lui si voltò a guardarla per un istante, lì, coperta a malapena dal lenzuolo stropicciato e dalla coperta attorcigliata, si morse un labbro meditabondo prima di dirle: ‘Vestiti, dai’. Poi si infilò egli stesso una maglietta, mentre Desdemona obbediva, mettendosi la maglietta che si chiamava Nike e correndo a piedi scalzi in camera a recuperare i pantaloni della tuta.
Lì a terra, in un angolo, c’era l’altra maglietta Nike, quella sporca del sangue di Tiberio Geriotti, ma lei non la notò nemmeno, nella fretta di vestirsi.
Nick la seguì in camera. ‘Devo trovare qualcosa di pulito da mettermi addosso’ disse aprendo la cassettiera. Rovistò fino a trovare una felpa e se la infilò in fretta, già incamminandosi per lasciare la stanza. Fu a quel punto che inciampò in qualcosa. Si abbassò per vedere cosa fosse. Era la maglietta che aveva dato a Desdemona, quella grigio antracite, ed era sporca. Sembrava di qualcosa di scuro, come cioccolato o sangue!
La strinse fra le mani voltandosi verso la ragazza, lei era intenta a legarsi i pantaloni della tuta in vita e indossava una maglietta simile. Nick si rese conto che era grigia, della Nike, ma non antracite. ‘Desdemona, cosa è successo a questa maglietta?’
Lei sollevò lo sguardo su di lui, sbattendo le palpebre. ‘Non… non lo so.’
In quell’istante suonò il campanello di casa.
Nick si precipitò ad aprire, in preda all’agitazione, notando una cosa strana. Era solito chiudere a chiave la porta d’ingresso e mettere poi il mazzo di chiavi in un piatto d’ottone su un tavolino adiacente alla porta. Ma le chiavi erano nella serratura. Tuttavia doveva aprire, non aveva tempo di soffermarcisi troppo. Fece girare le chiavi nella serratura e spalancò la porta.
‘Che succede?’ chiese fissando il tipo alto e ben vestito che gli stava di fronte, gli pareva persino di averlo già visto, solo non ricordava dove. ‘Ho sentito le sirene e…’ si sporse per guardare oltre la sagoma imponente dell’uomo. C’era un andirivieni di poliziotti, e di gente con tute bianche. Aveva visto abbastanza film e telefilm da sapere che alcuni di quelli erano della scientifica. La sua mente fece un rapido collegamento: scientifica=omicidio.
‘Mi dispiace disturbarla di Domenica mattina, signor…’ l’uomo controllò il taccuino che aveva in mano. ‘Valenti, Nicola Valenti’ disse tornando a guardarlo. ‘Sono l’ispettore Gottardi, della Omicidi, purtroppo devo comunicarle che il suo vicino di casa, il signor Tiberio Geriotti è stato assassinato questa notte.’
Nick fece involontariamente un passo indietro. ‘Cazzo! Come assassinato?’
‘Brutalmente assassinato’ disse l’ispettore Gottardi con un tick nervoso all’occhio sinistro. ‘è stato un amico del Geriotti a chiamarmi, cioè a chiamare la polizia, perché non si presentato questa mattina al negozio di articoli per il fai da te, dove lavorava e lui non riusciva a reperirlo né al telefono e nemmeno quando è venuto qua di persona.’
L’ispettore Gottardi lasciò il tempo a Nick di digerire la notizia. Poi chiese: ‘Lei ha sentito qualcosa stanotte, oppure è in possesso di eventuali informazioni che potrebbero esserci utili nello svolgimento delle indagini?’
Il pensiero di Nick andò subito alla maglietta, e se fosse stato davvero sangue? E le chiavi, perché erano inserite nella serratura? E se fosse stata Desdemona? Cosa sapeva di lei? Annaspò.
‘Signor Valenti?’
‘No, io… non ho sentito niente.’
‘Vive solo?’ lo incalzò il detective.
Nick deglutì, qualcosa lo induceva a proteggere Desdemona, quella forza strana che era stata attrazione fin dal principio, ma che si era tramutata in qualcosa di differente, senso di protezione, affetto e anche… non aveva senso. Niente pareva avere più senso.
Una falena entrò dalla porta, Nick la scacciò nervosamente via, con una mano. ‘Sì, vivo solo.’
L’investigatore si sistemò la cravatta. ‘Glielo chiedo solo per precauzione, ma non è fra i sospettati, era da solo qui in casa, la notte scorsa?’
Nick sentì il battito del cuore rimbombargli sino alle orecchie. Se avesse mentito si sarebbe potuto giocare un eventuale alibi, se avesse detto la verità correva il rischio di mettere nei guai Desdemona. E se avessero trovato la maglietta? Se non avesse detto nulla però avrebbero potuto accusarlo di complicità, di favoreggiamento e di chissà cos’altro.
‘Perché chi sono i sospettati?’ chiese per prendere tempo.
‘Non dovrei rivelare nulla ma… sono state trovate ciocche di capelli biondi, lunghi, nel bagno del signor Geriotti, la scientifica nei prossimi giorni indagherà su eventuali riscontri, non è detto che sia una donna ma ci sono buone probabilità. Comunque era solo stanotte?’
‘Sì’ rispose Nick pregando che Desdemona non comparisse dietro di lui.
L’ispettore appuntò qualcosa sul taccuino, poi aprì la giacca, per estrarne un bigliettino da visita e Nick notò prima la fondina con la pistola e poi vide che c’era una polaroid di una donna seminuda, sanguinante che gli sbucava malamente dalla tasca interna, il bordo era macchiato di sangue. Distolse lo sguardo sentendosi sempre più agitato. Gli parve di averlo già incontrato, forse una notte che era rientrato tardi si erano incrociati proprio nell’androne. No, era impossibile. Doveva essere il panico a fargli pensare quelle cose strane.
‘Capisco’ disse l’ispettore socchiudendo gli occhi .’Senta, le lascio il tempo di pensarci sopra. Le lascio anche il mio biglietto da visita, mi chiami anche se le venisse in mente la più piccola sciocchezza, va bene?’
Nick lo guardò pregando che se ne andasse, sentendosi le gambe molli. In che guaio si era appena cacciato?
‘Certo, la chiamerò senz’altro se mi venisse in mente qualcosa’ snocciolò rapidamente rigirandosi il biglietto da visita fra le mani. Che motivo potrebbe avere avuto un ispettore di polizia, per avere in tasca foto di quel genere? Prove probabilmente. E perché non erano inserite in un’apposita bustina?
‘Grazie e possibilmente’ disse l’ispettore agganciando il suo sguardo, ‘eviti di rilasciare dichiarazioni ai giornalisti, parli prima con me. Buona giornata.’
Nick richiuse la porta e diede anche due giri di chiave, per buona misura. Poi ci si appoggiò contro, affannato. ‘Maledetto il giorno che l’ho incontrata!’

Quando Nick aveva aperto la porta Desdemona era in camera da letto. Quando aveva udito la voce dell’ispettore le sue labbra avevano mormorato ‘Goffredo Gottardi’, ancora prima che l’ispettore si presentasse. Si era accasciata sul letto senza nemmeno rendersene conto, mentre il solito meccanismo nel suo cervello aveva iniziato nuovamente a muoversi. Lampi di luce, sprazzi di lucidità nel buio che proteggeva la sua memoria e la sua sanità mentale grazie all’incantesimo di Adamantia. Quell’uomo che le toglieva un cappuccio, in un bosco innevato, mentre le sue ginocchia erano scorticate dal pietrisco e gelate dalla neve, e le ficcava il proprio uccello in bocca, spingendo, insistendo, mentre rideva e lei invece piangeva. Le sue risate cattive, l’odore di urina che emanava, il sapore disgustoso. La paura e l’umiliazione. Tuttavia come poteva essere un suo ricordo dal momento che lei non era mai stata con un uomo prima di incontrare Nick Valenti?
Si era arrovellata sentendosi sempre peggio, poi nella stanza aveva udito, proprio come il giorno precedente, il sussurro della voce di Adamantia: ‘Perché le tue ferite vengano risanate, le cicatrici spariscano, anche quelle dell’anima ma ricordati di vendicarti di chi te le ha inflitte. Senza compassione.’ E il meccanismo nel suo cervello aveva fatto un nuovo clik. E infine era arrivata la farfalla notturna. Svolazzava indecisa, librandosi nell’aria, mentre Desdemona ascoltava la voce dell’uomo parlare con Nick Valenti. Non ne aveva il terrore, come era successo il giorno precedente quando aveva visto il Geriotti, quella che sentiva era una cosa diversa, sì era paura, ma non dell’uomo… di qualcos’altro. Qualcosa che, iniziava a capirlo solo in quel momento, era più grande di lei.
La notte d’amore con Nick Valenti pareva averle regalato nuove energie, e anche il suo cervello ne beneficiava. Sarebbe potuta sembrare una sempliciotta, anche nella sua epoca, ma non lo era affatto. Sapeva leggere, mandare a memoria formule e incantesimi, conosceva a menadito le ricette dei decotti e dei filtri e delle tisane, sapeva fare di conto e soprattutto aveva una mente aperta. Per questo la sua mente, come rinvigorita dalla nuova linfa vitale della notte appena passata, prese a fare dei collegamenti, all’inizio assurdi, poi via via sempre più accettabili. Forse in parte ciò che sua nonna chiamava la ‘vista’ ovvero la capacità di scorgere sprazzi di futuro ‘ spesso nei sogni- la aiutò.
Il primo campanello d’allarme era la voce di Adamantia. Era certa che il tono che aveva udito fosse quello che l’amica utilizzava quando recitava degli incantesimi. Poi ovviamente il fatto che si fosse ritrovata di colpo nel futuro, e ultimo ma non meno importante gli sprazzi di ricordi che la attraversavano quando entrava in contatto ‘ o quasi- con persone che forse aveva già incontrato nella vita del passato.
Si passò una mano sulla fronte, poi prese a fissare la maglietta insanguinata mentre ascoltava le parole dell’ispettore che le aveva suscitato l’ultimo ‘clik’.
Il vicino di casa di Nick Valenti era stato assassinato. E lei la notte prima s’era ritrovata – come per magia ‘ carponi dinanzi alla porta d’ingresso di Nick. Con la maglietta insanguinata. C’era senza dubbio un nesso, soltanto che non capiva quale fosse, le mancavano dei tasselli. E la sua mente era turbata eppure eccezionalmente reattiva. Si sentì come rimestare dentro, come se ci fosse un potere dentro di lei del quale non aveva mai avuto sentore. Sì, c’era qualcosa che non andava e qual qualcosa era proprio lei.
La farfalla notturna le si appoggiò sull’avambraccio. Lei rabbrividì scacciandola. Una falena in pieno giorno, per la seconda volta, e sempre mentre provava quelle sensazioni contraddittorie.
Attese finché non sentì la porta dell’appartamento richiudersi. Poi si alzò di scatto per andare nel bagno.
Nick bussò alla porta. ‘Desdemona, dimmi di quella maglietta.’
Chiuse gli occhi aprendo il rubinetto dell’acqua per lavarsi. ‘Non posso Nick Valenti, non credo capiresti, non capisco nemmeno io’ pensò, fissando il proprio riflesso nello specchio. Per un attimo lo vide differente, insanguinato, pieno di ripugnanti cicatrici. Chiuse gli occhi e li riaprì. Era di nuovo lei. Rabbrividì.
‘Desdemona, ho mentito per te.’
‘Dammi qualche momento’ rispose. Ma oramai un brivido dentro di lei suggeriva che il tempo per le spiegazioni stava scarseggiando.
Riempì d’acqua la vasca. Era così facile farlo senza trasportare secchi d’acqua scaldati sul fuoco. Poi entrò nella vasca dopo averci disciolto quella sostanza che Nick Valenti chiamava bagnoschiuma. Chiuse gli occhi concentrandosi al massimo, ripercorrendo tutti gli avvenimenti del giorno precedente.
Stentò a scacciare la presenza di Nick da quei ricordi. Il suo carisma e la sua personalità parevano soverchiarli tutti. Tornò a pensare al suo risveglio nella grotta, a tutte le percezioni, cercando di focalizzarne ogni istante. Poi sentì un tuffo al cuore, c’erano delle pietre, là. Forse su alcune c’erano vergate delle rune. Ripensò alla voce di Adamantia, le pietre, Adamantia, la farfalla.
Le pietre, Adamantia, le sue parole, la maglietta, la farfalla. Deglutì cercando di rifiutare ciò che la sua mente le suggeriva. Le pietre, le rune, il suo risveglio, lei stessa ferita nello specchio, quegli uomini che la violavano e la picchiavano nel ricordo nebuloso, le parole dell’amica, la vendetta, la maglietta, l’uomo morto. Spalancò gli occhi di colpo. Adamantia le aveva fatto un sortilegio, o qualcosa di simile. Forse perché… perché quegli uomini l’avevano… oddio no.
Si tirò su rapidamente dall’acqua, c’era un solo modo per scoprirlo: tornare alla grotta ed esaminare le pietre! Si asciugò e rivestì velocemente, poi uscì dal bagno, cercando Nick. Lo trovò in cucina, intento a bere un caffè.
‘Nick Valenti, devi riportarmi alla grotta’ disse fissandolo intensamente.
Lui si voltò di scatto tossendo. Lo aveva spaventato. Forse anche lui aveva pensato che lei avesse ucciso quell’uomo, e c’erano buone possibilità che avesse ragione.
‘Sei impazzita? Dimmi di quella maglietta!’
‘Per dirti della maglietta dovresti riportarmi alla grotta.’
‘Tu sei matta! Hai.. hai…’ hai ucciso il mio vicino di casa? Non riusciva nemmeno a dirlo.
‘Se ho ucciso il tuo vicino di casa?’ disse lei con gli occhi velati dalle lacrime. ‘Non lo so, Nick Valenti.’
‘Maledetto il giorno che ti ho incontrata!’ esclamò lui sbattendo la tazza nel lavello.
Fu come un pugno nello stomaco per Desdemona.
‘Portami alla grotta, puoi anche lasciarmi lì se lo ritieni opportuno, ma devo farlo, devo… capire.’
‘Allora spiegamelo, cazzo!’
‘Non posso, Nick Valenti. Non riesco ancora a spiegarlo nemmeno a me.’
Il petto di Nick si abbassava e sollevava tanto rapidamente quanto aveva fatto la notte precedente, dopo che avevano fatto l’amore. Era affannato, spaventato. Desdemona si sentì malissimo, ma sapeva di non avere altro modo per capire cosa le fosse successo.
Dal canto suo Nick, non sapeva che altro fare, avrebbe potuto riportarla in ospedale ma e se lei fosse stata colpevole e avessero scoperto tutto? Aveva persino mentito alla polizia. Rapidamente pensò che solo i suoi amici sapevano che aveva trovato Desdemona, e poi certo l’infermiera. Però forse l’avrebbe fatta franca. Forse.
E poi c’era quella cosa che sentiva per quella ragazza, quella cosa spugnosa e strana che gli chiudeva perfino la gola, quando pensava che – anche se forse era stata capace di uccidere un uomo – lui l’aveva protetta, comunque.
Si alzò guardando fuori dalla finestra. Le volanti erano sparite.
‘Dammi un attimo’ le disse senza guardarla, per poi andare a prepararsi.

Lungo il tragitto Desdemona cercò di spiegargli qualcosa, che nel passato era stata una specie di strega, una guaritrice, cercò di dirgli che aveva quegli strani sprazzi di lucidità che parevano dei ricordi, ma lui sembrava assorto in altri pensieri. In effetti non faceva altro che pensare se qualcuno li avesse visti uscire di casa. Aveva fatto scendere prima lei, imbacuccata come una mummia e poi era sceso lui. Le aveva detto di percorrere un isolato e poi l’aveva fatta salire in auto, guardando negli specchietti retrovisori ogni due minuti.

Quando giunsero alla grotta lei aveva smesso di parlare e lui di annuire distrattamente.
‘Vuoi lasciarmi qui?’ gli chiese pregando che rispondesse di no.
Lui sembrava stanchissimo, profonde occhiaie gli segnavano gli occhi.
‘No. Fai questa cretinata che credi di dover fare, ti calerò nell’apertura con la fune, e poi ti tirerò fuori, altrimenti rimarresti intrappolata dentro’ le rispose guardando oltre lei. Come se non volesse rischiare di incontrare il suo sguardo.
‘Mi dispiace, Nick Valenti’, stava per aggiungere che qualunque cosa fosse accaduta non era colpa sua, ma sapeva, in qualche modo, che gli avrebbe mentito.
‘Ti lego la corda in vita’ rispose lui, prendendo ad assicurarle addosso la fune. Il loro alito si condensava in piccole nuvolette diafane che si scontravano per poi rarefarsi e sparire. Desdemona sentiva il suo profumo, quell’odore irresistibile, avrebbe voluto baciarlo, stringerlo per farsi coraggio ma i modi bruschi di lui la indussero a lasciar perdere.
La calò nella grotta. Lei andò verso il punto dove si era ritrovata il giorno precedente. Tastò fra le foglie secche e la polvere, fino a ritrovare due pietre, era buio e non leggeva le rune, tastò ancora fino a ritrovare le altre due. Quattro pietre. Un incantesimo potente. Ne tenne due per ogni mano, portandole fino all’imboccatura della grotta dalla quale entrava una spessa lama di luce. Poi le ispezionò bene. Chiuse gli occhi un istante, era come temeva. Prese un profondo respiro e le posizionò a terra, distanti l’una dall’altra di pochi centimetri, fino a formare un quadrato. Poi prese il piccolo involto che aveva portato con sé e lo aprì, guardando la falena. Non volò. Le ali erano rovinate, ma era ancora viva. La poggiò a terra. L’animale camminò lentamente fino a posizionarsi nel centro delle pietre. Il bagliore del sole riverberò sulle incisioni delle pietre per un attimo, poi le pietre, quasi fossero calamitate si unirono e la falena, improvvisamente prese a librarsi nell’aria. Desdemona percepì una specie di scossa elettrica attraversarle il corpo, scuoterla, e si ritrovò a fissare il soffitto cosparso di pirite senza nemmeno vederlo. Vedeva tutt’altro. Quasi come uno dei film che le aveva mostrato Nick Valenti.
Iniziò con lo stupro. Lo vide tutto, dall’inizio alla fine, ma non come se ne fosse stata la protagonista, bensì dall’esterno. Non sentiva il dolore, ma vedeva bene cosa avesse subito, e fu difficile non serrare le palpebre, ma temeva che se l’avesse fatto la visione si sarebbe interrotta.
Le lacrime presero a rotolarle lungo le guance ma le ignorò, quegli uomini la violavano, la usavano, la picchiavano, lei li malediva. E Adamantia era legata e incappucciata. Poi la visione le mostrò il rito compiuto dall’amica. Un brutto rito. Una cosa che non si sarebbe dovuta mai fare. Non le sfuggì l’episodio del coniglio. Le strappò un sorriso. Poi pensò che se avesse utilizzato il coniglio Nick Valenti si sarebbe ritrovato dei conigli in giro per casa e sorrise di nuovo, però amaramente. In quel momento capì che la falena non era stata sufficiente. Non era bastata a risvegliarla per portare a termine la vendetta nel periodo giusto, e non era nemmeno sufficiente a tenerla in vita, ecco perché aveva risucchiato l’energia vitale di Nick Valenti, facendo l’amore con lui. Ecco perché era così stanco, e spossato. Sentì una stretta al cuore a quell’idea.
L’incantesimo le aveva donato il modo di conoscere l’amore, quello che le era stato precluso, e allo stesso tempo di restare in vita per portare a termine la terribile vendetta. Quando pensò che tutto fosse finito, la visione proseguì mostrandole l’omicidio del Geriotti, il vicino di casa di Nick. Oh era una tremenda e spaventosa strega vendicatrice in quella sorta di fotogrammi. Agghiacciante. Potente. Proprio come aveva invocato Adamantia.
Non le sfuggì il dettaglio delle istantanee, non sapeva cosa fossero esattamente, le aveva viste solo in un film, ma capì che erano una specie di prova che il Geriotti era ancora un gran bastardo, sicuramente un violento, probabilmente ancora un assassino di donne. Sicuramente qualcosa del suo antenato si era reincarnato in lui, e lei ora avrebbe avuto occasione di vendicarsi, in un certo quel modo, e di sistemare le cose. Poi vide anche l’ispettore Gottardi, incredibilmente simile al Goffredo Gottardi della sua epoca nascondere le fotografie nella giacca, una di quelle lo ritraeva con una donna torturata a morte. E capì che tutto era collegato.
La visione finì e lei stramazzò a terra. Mentre giaceva col viso al suolo rielaborò tutto. Nick l’aveva richiamata alla vita, come accade con le piante carnivore quando un insetto passa loro accanto. Proprio Nick che viveva accanto al Geriotti, uccidendolo era entrata in contatto in qualche modo col Gottardi, mancava solo Fiordisaggio, e sapeva che presto il cerchio si sarebbe chiuso, e lei sarebbe tornata polvere, proprio come aveva invocato Adamantia.
In tutto ciò Nick era la sua rivalsa, un modo per avere ciò che le era stato tolto, e allo stesso la sua fonte energetica. Era orribile. ‘Cosa diavolo hai fatto Adamantia?’ gemette. A risponderle solo l’eco delle pareti rocciose.
‘Ehi, bella addormentata, stai bene?’
No.
‘Sì. Ho ritrovato la memoria’ disse con una nota di disgusto nella voce.
‘Oh! Meno male’ rispose lui. ‘Ti tiro fuori?’
‘Sarebbe stato meglio che non l’avessi mai fatto’ pensò. ‘Sì’ rispose.
E lui la aiutò a uscire, quasi a rinascere per… be’ per la terza volta ormai.
E lì sul prato ancora freddo, gli raccontò tutto. Proprio tutto. Non le importava più che la credesse o meno. Tant’era.
Lui non la interruppe mai, se non per sfiorarle la mano, o porgerle degli strani panni di carta per tergersi le lacrime.
‘Mi credi?’ gli chiese infine.
‘No. Non posso credere a tutte queste cose, Desdemona, ma c’è qualcosa nel tuo sguardo che mi fa pensare che tu creda sia vero.’
‘è vero!’
‘Devi credermi, Nick Valenti è tutto vero e devi aiutarmi a finire, a portare a termine i piani di Adamantia altrimenti…’
‘Altrimenti cosa? Morirai o mi succhierai via… l’energia vitale?’ chiese con un sorrisetto sbilenco e ironico.
‘Sì, e non solo’ rispose lei abbassando gli occhi.
‘Non mi renderò complice di un triplice omicidio, solo perché tu ti sei… inventata questa storia’ rispose Nick scuotendo il capo, seppure il dettaglio delle foto nascoste nella giacca dell’ispettore lo tormentasse.
‘Lo farai se non mi aiuterai, quelle persone, quelle che devo uccidere continueranno a fare del male, capisci? Finché non concederò loro il mio perdono e la pace, altrimenti di generazione in generazione continueranno a essere dei bruti, dei malvagi, perché io li ho maledetti capisci?’
‘Non è possibile’ rispose lui.
Desdemona gli accarezzò il viso. ‘Allora con tutta la tua tecnologia, quella della quale mi hai parlato, cerca e cerca bene fra i vari delitti a sfondo sessuale, vedrai che quei cognomi ricompaiono di generazione in generazione, quando sono stati… come dicono nei film, ecco sì beccati, s’intende!’
Nick d’istinto mise mano al cellulare, poi si ricordò che lì non c’era campo.
‘Lo farò, lo farò e se avrai ragione tu ti crederò, altrimenti tornerai all’ospedale insieme a me’ disse grattandosi il mento. ‘Abbiamo un accordo?’
‘Abbiamo un accordo, Nick Valenti.’
Tornarono all’auto e Nick guidò pensieroso fino in un punto in cui il cellulare avesse campo, poi si collegò al motore di ricerca.
Desdemona invece scese dall’auto guardandosi attorno. Erano in un punto soprelevato, abbastanza lontano dal centro abitato, dal quale si scorgevano campi, pianure, colline e in lontananza la città. Assaporò l’odore della brezza invernale, si riempì gli occhi di quel cielo limpido che solo le giornate d’inverno particolarmente limpide avevano, e poi tornò a ripensare a Nick Valenti. Oh avrebbe volentieri rinunciato alla propria vendetta per poter stare con lui, ma non sarebbe stato un bene, per lui, quello era il colpo di ritorno. Un incantesimo di quel genere non poteva essere semplicemente accantonato, dimenticato. Adamantia non l’aveva solo aiutata a vendicarsi, in qualche modo l’aveva maledetta, pur non volendo, e poi si ricordò che aveva sempre intuito che la Dea avesse un senso dell’umorismo tutto particolare. Solo che non la faceva ridere.
Quando Nick scese dall’auto era pallido. ‘Ho trovato. Li ho trovati, diversi casi, sì, avevi… non lo so, un po’ ti credo’ si passò una mano fra i capelli. ‘Cazzo è assurdo ma ti credo.’
‘Devo occuparmi dell’ispettore e poi ne mancherà solo uno’ disse lei continuando a fissare il cielo, il viso privo di ogni espressione.
‘Ho paura a chiedertelo ma… come pensi di trovarlo?’
‘è tutto concatenato, Nick, una sequenza di eventi che io catalizzo, o l’universo lo fa o la Dea, dopo che mi occuperò del Gottardi toccherà all’ultimo, Fiordisaggio.’
‘Non posso aiutarti, capisci che potrebbero incriminarmi? Non sono un giustiziere, non è come nei film, nella realtà anche se ammazzi il cattivo, sei ugualmente colpevole.’
‘Lo so’ rispose lei guardandolo in faccia. ‘Per quello lo farò io, non possono risalire a me, per loro nemmeno esisto.’
‘Cosa conti di fare?’
Lei sorrise. ‘Devi solo darmi quel biglietto da visita, dove c’è l’indirizzo e…’
‘E?’
‘E fare l’amore con me, se ti va, Nick Valenti’ un sorriso dolceamaro. ‘Ti prometto che sopravviverai.’
‘Adesso?’
Desdemona vide che gli tremava leggermente il labbro inferiore, un moto di nervosismo o forse di emozione, non se lo chiese e lo baciò. Aveva bisogno di stare con lui e non solo per l’energia vitale che le avrebbe trasmesso, ma anche per sentirsi amata, almeno un po’, per vivere un pezzetto di quella vita che non solo non aveva avuto occasione di vivere, ma che in realtà, una volta portato a termine il compito prefisso dal sortilegio, non avrebbe mai vissuto.
Lui si tolse il giubbotto e fece scivolare a terra quello di lei. Il contatto fra i loro corpi sembrava funzionare quasi come quello delle pietre, se si avvicinavano troppo si appiccicavano l’uno all’altra. A Desdemona non sfuggì l’analogia.
Si baciarono, spogliandosi, incuranti del freddo o di essere all’aria aperta, si sentivano ugualmente accaldati e così eccitati da non preoccuparsi che qualcuno li potesse scorgere.
‘Desdemona, sai quella cosa di succhiarmi l’energia vitale?’ chiese lui con una nota divertita nella voce. Oh come le era mancato quel suo modo divertente di formulare le frasi. Lei mugolò un ‘sì’ mentre gli sfiorava il collo con un bacio lento e languido. ‘Ecco, avrei un’idea, se ti va.’
Le spiegò la sua idea.
Le andava.
Fu diverso rispetto a quando le avevano ficcato un uccello in bocca violentandola. Le diede la sensazione di avere il controllo. Non di essere sopraffatta. E poi Nick Valenti non puzzava, aveva un buon odore e la turgida consistenza della sua virilità nella propria bocca; era piacevole anche per lei. Si sentiva eccitata e godeva persino del contatto della lingua con quella pelle tesa, con la punta congestionata. Le sue orecchie si beavano dei suoni che emetteva la bocca di Nick Valenti, per esternare il piacere che provava. Delle mani di lui ad accarezzarle il capo. Non era una violenza, soltanto un modo per scambiarsi il piacere. Quando lui venne nella bocca Desdemona si sentì bene, potente, forte, donna.
‘Oddio, Desdemona…’ disse lui, riprendendo a baciarla, nelle loro bocche il sapore di quel godimento, i corpi pieni di energia. Rotolarono a terra senza smettere di baciarsi e lui le infilò le dita dentro, mentre attorno a loro l’azzurro del cielo si confondeva col verde brillante dell’erba ancora umida di rugiada. La fece gemere, sospirare e poi ancora gemere, finché lei, ormai impaziente, non gli rotolò sopra. Quasi nella stessa posizione in cui erano quando lei gli era finita addosso, uscendo la prima volta dalla grotta. Iniziò a cavalcarlo beandosi di quel senso di pienezza, così diverso dalla scena violenta alla quale aveva assistito e partecipato, seppure i ricordi fossero nebulosi, in prima persona. Era piacere puro, Nick le strinse i seni, mormorando qualcosa di dolce ma Desdemona non lo udiva, persa nel deliquio del piacere, in attesa di quell’onda che l’avrebbe fatta contrarre e sentire appagata e completa. Lo cavalcò con foga sempre maggiore, i corpi che cozzavano, uniti in quel punto dove pareva risiedere il loro intero nucleo.
E poi accadde. Arrivò il piacere, il momento in cui si perdeva godendo, e sentendo che Nick era parte di lei, dentro di lei, fino in fondo, a fondo. Lui emise un gemito e lei si accasciò su di lui, i respiri affannosi. ‘Santi numi, è sempre così?’ chiese stranita.
‘Eh, santi numi, no. Dipende, deve esserci sintonia…’ rispose lui accarezzandole il viso.
‘Sintonia… una sorta di legame?’
‘Sì, una sorta di legame, devi… insomma è difficile da spiegare. Il corpo gode per un’azione meccanica, ma ti senti così bene quando… insomma se c’è qualcosa’ concluse guardando il cielo.
‘Qualcosa tipo cosa?’
Nick la guardò negli occhi, poi li chiuse per un istante, prima di dire ‘qualcosa tipo… una cosa’.
Chiarissimo. Si strinse a lui.
Più d’ogni altra cosa Desdemona avrebbe desiderato che lui rispondesse ‘qualcosa tipo l’amore’, tuttavia sapeva che era sbagliato, lei se ne sarebbe andata presto, ma avrebbe indagato ancora per avere un ulteriore momento di felicità, se una voce alle loro spalle non li avesse fatti sobbalzare.
‘Bello spettacolo, Signor Valenti!’
Si girarono verso la voce. L’uomo che si era avvicinato in silenzio era alto e corpulento. Ed era l’ispettore Gottardi. Impugnava una pistola.
Desdemona cercò a tentoni gli abiti, ma la voce del Gottardi la gelò. ‘No, non vestirti resta così’ le disse muovendo a scatti la canna della pistola nella sua direzione. ‘Sei davvero una gran figa, ed era bello vederti scopare con questo stronzo.’
Nick afferrò i jeans infilandoseli alla bell’e meglio. Ammutolito. Era sfinito, consapevole che Desdemona facendo l’amore con lui si era abbeverata ancora una volta della sua energia. E lui gliela aveva donata volentieri. Soltanto che in quel momento era spossato.
L’ispettore sorrise, ma era più un ghigno, poi si rivolse a Nick. ‘Ho capito che c’era qualcuno in casa con te, vi avevo sentiti parlare prima, e so che è stata lei ad ammazzare Tommy, il mio amico, per quello vi ho seguiti.’
Nick deglutì, mentre sul suo viso si susseguivano espressioni contrastanti, stupore, paura, incredulità.
L’ispettore Gottardi sogghignò prima di proseguire. ‘Tommy era un patito delle riprese video, c’era da immaginarselo che avesse una telecamera accesa in camera. E questo sarà un meraviglioso snuff film1, ne sarebbe orgoglioso immagino, anche se il regista di solito era lui.’
Desdemona lo guardò con gli occhi sgranati. Non sapeva cosa fosse uno snuff film. (*)
‘Cosa?’ chiese spaventata e incapace di muoversi, come se l’antico terrore l’avesse nuovamente paralizzata.
‘Non sai cos’è, bella? Presto ne sarai la protagonista’ disse il Gottardi.
‘La prego ispettore, la lasci andare… non non diremo niente’ tentò di dire Nick, strisciando verso lo sportello aperto dell’auto.
‘Stai fermo, tu!’ Nick si bloccò sotto alla minaccia dell’arma.
‘Hai visto le foto vero?’ chiese l’ispettore rivolto a Desdemona, ‘anche quella dove c’ero anche io, ecco perché lui ti ha parato il culo. E magari ne hai anche presa qualcuna, chi lo sa. Manca anche un video e non posso permettere che tu, fottuta troia, mi rovini la carriera.’
‘Non ho preso niente’ disse Desdemona.
‘Balle. E tu, Valenti, ti sei messo in un bel casino, ma meglio così se l’avessi arrestata chissà cosa sarebbe saltato fuori, immagino di doverti ringraziare.’
‘La prego la lasci andare, lei non sa niente’ disse Nick, muovendosi ancora un poco verso l’auto.
‘Fiore, vieni fuori!’ gridò il Gottardi.
Un uomo del tutto simile a Gualtiero Fiordisaggio sbucò dai cespugli, aveva un telefonino di ultima generazione in mano.
Desdemona sentì lo stomaco rovesciarsi mentre un nuovo déjà vus le faceva girare la testa e appannare la vista. Un altro clik. Un clik maledettamente spaventoso, il meccanismo si muoveva, e stavolta lo faceva piuttosto velocemente.
‘Hai ripreso la scopata di questi due?’ chiese l’ispettore al proprio complice.
‘Certo.’
‘Cazzo!’ disse Nick strizzando gli occhi per un istante.
‘Adesso mi copro la faccia e tu riprendi va bene? Poi ci scambiamo.’ disse rapidamente l’ispettore tirando fuori un passamontagna dalla tasca. ‘Non amo molto non programmare, ma in questo caso uniremo l’utile al dilettevole.’ Una nuova risata.
Desdemona si sentì sprofondare. Stava per accadere tutto di nuovo, quasi come la volta precedente. L’incredibile concatenarsi di eventi, il cui epilogo sarebbe dovuto essere la sua vendetta, stava per renderla – ancora una volta – una vittima.
L’uomo che Desdemona aveva immediatamente riconosciuto come Fiordisaggio, che l’ispettore chiamava Fiore, sembrò nervoso. ‘E lui?’ chiese indicando Nick col capo.
‘Danni collaterali’ disse il Gottardi. ‘Il film sarà ancora più forte con lui che ci guarda mentre violentiamo la sua fidanzatina! Poi lo ammazziamo.’
Fiordisaggio rise sguaiatamente.
Desdemona si ritrasse mentre l’ispettore si infilava il passamontagna, strisciando all’indietro, la minaccia della pistola la terrorizzava e sembrava che i suoi arti si muovessero al rallentatore.
Nick le lanciò uno sguardo strano. Aveva gli occhi dilati e le mani tremanti.
Nick Valenti, anche se Desdemona non lo sapeva, era solo un impiegato, non era un uomo d’azione nel senso più stretto del termine e di certo non sapeva come affrontare una simile situazione. In più si sentiva stanchissimo, sfinito. Tuttavia era consapevole di non poter permettere che facessero quella cosa orribile a Desdemona, e ovviamente nemmeno aveva intenzione di morire.
L’ispettore Gottardi si aprì la patta dei pantaloni. ‘Succhiamelo, puttana.’
Desdemona rimase immobile.
Lui le si avvicinò puntandole la pistola alla tempia. ‘Ti ho detto di succhiarmelo, puttana!’
Il Fiordisaggio stava filmando.
Desdemona voltò la testa di lato, valutando che avrebbe preferito morire, anzi, forse a quel modo tutto sarebbe andato a posto. ‘No. Uccidimi piuttosto, non lo farò.’
‘Quando fanno resistenza è ancora più eccitante’ disse l’ispettore con una luce sinistra negli occhi, iniziando a segarsi lentamente con la mano sinistra. Nella destra impugnava l’arma e la rivolse verso Nick, continuando a fissare Desdemona. ‘Succhiamelo, stronza, oppure lo ammazzo!’
Il Fiordisaggio si avvicinò di qualche passo, continuando a filmare.
Desdemona, con gli occhi velati di lacrime, si apprestò a obbedire, con un senso di nausea che le si arrampicava nella gola.
Poi accaddero due cose allo stesso tempo. Una farfalla notturna prese a svolazzarle attorno, pareva quasi comparsa dal nulla, e Nick, con un movimento rapido, prese la picozza da dietro ai sedili.
‘Attento!’ gridò Fiordisaggio all’indirizzo del Gottardi. Nick si alzò di scatto brandendo l’arma improvvisata e quando l’ispettore tentò di sparare a Nick, Desdemona lo afferrò proprio per l’uccello, che era a pochi centimetri dal proprio viso. Il colpo mancò Nick di pochi centimetri e rimbombò a lungo nella vallata.
Quando l’ispettore, d’istinto, rivolse l’arma verso la donna, quella non era più Desdemona, era già l’Altra. Gli torse l’uccello con cattiveria, mentre con un rapido movimento dell’altra mano lo colpiva al braccio, facendogli cadere l’arma a terra.
Lui urlò. Gli occhi dell’Altra erano bianchi, brillanti. In un lampo si erse, librandosi a pochi centimetri dal suolo, nuda e bellissima, perfetta, integra, pura. La sua ira e la sua sete di vendetta sembravano quasi farla risplendere, come una dea vendicatrice.
L’ispettore gridò arretrando. Fiordisaggio tentò di fuggire, Nick però raccolse la pistola da terra, abbandonando la picozza. ‘Fermo, bastardo, altrimenti ti sparo!’. L’uomo si bloccò, lasciando cadere il cellulare.
Poi tutto avvenne all’improvviso. La voce dell’Altra risuonò cupa e disumana.
‘Ci ha visti quando le hai levato il cappuccio per ficcarle il tuo cazzo in bocca!’.
Nick si voltò a guardarla per un istante. Era spaventosa, tuttavia non fu quello a colpirlo, ma un’altra cosa: le credeva, le credeva disperatamente e nonostante ciò lo facesse dubitare della propria sanità mentale, capì che la amava. Era impossibile ma era così.
L’Altra tuonò ‘Non ci ho pensato’ poi sorrise incombendo sull’ispettore, con le mani adunche, mentre lui crollava a terra strisciando all’indietro proprio come aveva appena fatto lei, pochi minuti prima.
‘Dobbiamo ammazzarle, adesso’ disse l’Altra spalancando gli occhi. ‘Fammi prima finire!’ Spalancò la bocca, mostrandogli i denti prima di aggiungere ‘Così la spacchi!’ La sua voce era terrificante e il ghigno che le si stava allargando sul viso raccapricciante, ‘Intanto deve morire!’
‘No. Aspetta…’ disse l’ispettore voltando un attimo la faccia verso Nick. ‘Fermala!’
‘No’ rispose Nick.
L’Altra raccolse la picozza da terra e colpì l’ispettore alla gola. Il sangue iniziò a zampillare e l’uomo mise le mani sopra alla ferita, gorgogliando parole senza senso, mentre, il sangue gli bagnava anche le labbra.
La voce stentorea e disumana dell’Altra disse: ‘Ti concedo il mio perdono e ti dono la pace’. Poi l’Altra calò un colpo potente proprio al centro della fronte dell’ispettore, conficcandogli l’arma improvvisata nel cranio. Il corpo del Gottardi rimase fermo per un istante, prima di accasciarsi al suolo.
L’Altra sorrise. Poi, muovendosi in linea retta, sospesa a pochi centimetri dall’erba si avvicinò a Fiordisaggio, che nel frattempo s’era voltato e aveva assistito alla scena impietrito. ‘No, ti prego. Non so neanche chi sei.’
‘Ma io so che tipo d’uomo sei tu’ rispose lei, mentre muoveva il capo lentamente a destra e a sinistra, come un predatore che si prepari all’attacco, valutando la preda. Nick fece un passo indietro. Non lo spaventava la furia sovrannaturale dell’Altra, anzi la guardava quasi con ammirazione. Le voleva lasciare campo libero.
Avrebbe potuto sparare al fioridaggio, ma sapeva che non era compito suo. Attese, fissando l’Altra come ipnotizzato. Comprendendo in un fugace lampo di consapevolezza, che dentro a ogni donna ce n’è un’Altra e poi un’altra ancora, e che non è possibile conoscerle tutte. Mai.
L’Altra ringhiò portando il viso a pochi centimetri da quello del Fiordisaggio. Dagli occhi dell’uomo presero a sgorgare lacrime. Lei sogghignò, poi gli mise le mani attorno al collo iniziando a stringere. Lui tentò di farle allentare la presa con le mani, ma la forza dell’Altra era sovrumana, proprio come aveva espressamente richiesto Adamantia.
Lo sollevò da terra, tenendolo solo per il collo, mentre i piedi dell’uomo si dibattevano nel vuoto.
Colui che era stato carnefice più volte in tutte le proprie reincarnazioni, a causa della maledizione di una strega, divenne cianotico in pochi istanti, con gli occhi strabuzzati, mentre il contorno delle iridi gli si insanguinava, fino a rendergli sanguigna la sclera completa. I carnefici stavano per diventare tutti quanti vittime.
L’Altra lo lasciò improvvisamente andare e lui ricadde al suolo, in ginocchio, quasi esanime.
L’Altra prese la pistola dalle mani di Nick Valenti.
‘Ti concedo il mio perdono e ti dono la pace’ disse con un lampo degli occhi a sottolineare il concetto. Poi fece fuoco e lo colpì dritto in fronte. Il corpo di Fiordisaggio cadde all’indietro, mentre il foro in fronte, pareva un terzo occhio che fissasse il cielo.
La farfalla notturna si sgretolò all’istante, diventando polvere, mentre l’Altra lasciava il corpo di Desdemona, facendola collassare a terra, quasi raggomitolata.
Nick le si precipitò accanto, aveva le mani gelide il cuore che gli martellava nelle tempie.
‘Stai bene?’
‘Sì. Sto bene, il cerchio è chiuso, finalmente’ disse lei con le palpebre serrate. ‘Grazie, Nick Valenti.’
Rimasero abbracciati per qualche istante, finché i loro respiri non tornarono normali, quasi come dopo che facevano l’amore.
Poi si rivestirono, cercando di capire come fare sì che Nick non fosse coinvolto. C’erano le sue impronte sulla pistola e sulla picozza. E c’era il video. Lo cancellarono, poi fecero a pezzi la scheda.
Decisero di gettare le armi e il cellulare nella grotta dove Nick aveva trovato Desdemona, dopo averli ripulite come meglio potessero.
‘Il mio cellulare ha agganciato un ripetitore da queste parti… se controllassero…’ disse Nick una volta che si furono liberati delle armi e dopo aver prudentemente spostato l’auto.
‘Non lo faranno’ disse Desdemona.
‘Come lo sai?’
‘Il cerchio è chiuso, salteranno fuori le prove di quanto questi gaglioffi fossero malvagi, e non sospetteranno mai di te.’
‘Ripeto: come lo sai?’
‘Perché le cose sono andate come dovevano andare, non sarai ulteriormente coinvolto, Nick Valenti, la Dea ha una propria giustizia e a volte, quando si rende necessario può modificare gli eventi, come hai notato’ rispose lei placidamente. ‘Stavolta fidati di me, uomo del futuro.’
E lui lo fece.
‘E ora?’ le chiese più tardi già sapendo che il loro tempo insieme stava per terminare.
‘E ora, quando giungerà il tempo, tornerò nell’oblio, in pace.’
‘Non c’è modo di…’
‘Non c’è modo Nick Valenti, santi numi, se c’è una cosa che avresti dovuto imparare da questa storia è che gli esseri umani non possono sovvertire le leggi della natura, e poi l’incantesimo è chiaro, polvere ero e polvere ritornerò, come ti ho spiegato.’
‘Pulvis es et in pulverem reverteris’.
‘Non è giusto’ disse lui serrando le mascelle.
Lei sorrise. ‘Voglio essere felice ancora una volta, Nick Valenti’.
Magari parlavano due lingue leggermente discostanti in terminologia e idiomi, ma lui la capì al volo. La baciò senza esitazione.
Il bacio si fece immediatamente più prepotente, sapevano entrambi che sarebbe stata la loro ultima occasione di stare insieme. Le mani di Nick si fecero audaci e la sua bocca affamata. Rotolarono nell’erba accanto alla grotta, un po’ dove tutto era iniziato.
Ancora una rivincita. Desdemona gli sfilò la maglietta, dimentica di tutta la pudicizia che le era stata instillata sin dalla nascita, poi prese a baciarlo fino a scendere alle sue anche, lui ansimò, lei gli sfilò i pantaloni e prese immediatamente in bocca il suo sesso, succhiando, accarezzando, leccando, schiacciandoselo contro il palato quasi ad abbracciarlo, stringendolo. Poi lui la spinse delicatamente di lato, liberandola degli abiti per darle lo stesso piacere, la lingua, le dita, e poi ancora.
Gemiti e sorrisi, e poi rantoli di piacere. Lui la penetrò di colpo, facendole mancare il fiato, scorrendo dentro di lei velocemente, con colpi ravvicinati, ansimando, spingendola contro la terra. In quel momento Desdemona parve restituirgli tutta l’energia che lui le aveva prestato. Nick si sentì d’un tratto potente, vigoroso. E impiegò buona parte di quell’energia per far godere Desdemona. Era come se un flusso immaginario passasse dall’uno all’altra, lei lo stringeva, lui affondava, lei gemeva, lui sospirava e poi di nuovo, finché non raggiunsero l’apice e una sorta di elettricità statica avvolse il loro orgasmo in una bolla che per un istante sembrò quasi crepitare nell’aria.
Si guardarono ansimanti.
‘Santi numi, Nick Valenti!’
‘Cazzo, Desdemona Ravini!è stato pazzesco!’
Quando i loro respiri si acquietarono era quasi giunta la sera, l’imbrunire tentava di avvolgere la grotta e lo spiazzo erboso nel suo abbraccio oscuro, mentre la luna iniziava a fare capolino fra le i rami spogli degli alberi circostanti. E Nick tentava di non smettere di avvolgere Desdemona nel proprio.
‘Devi lasciarmi andare, Nick Valenti. Non è triste, è solo un cerchio che si chiude’ disse lei con un sorriso dolceamaro che le giocava sulle labbra.
‘Fa cagare questo cerchio che si chiude’ rispose lui suscitando la risata cristallina di Desdemona. ‘Non puoi andartene davvero. Come farai? Scomparirai? Tonerai a dormire nella grotta? Non puoi perché io…’ io ti amo. Ma non lo disse. Gli sembrava così melenso, sdolcinato, forse completamente fuori luogo. Era mai possibile dire a una sconosciuta che avevi creduto matta, che pareva uno spirito vendicatore, che era pure un’assassina, che l’amavi? Perdipiù dopo soli due giorni?
‘Perché tu?’ chiese lei sfiorandogli il naso con l’indice.
‘Perché io non voglio, ecco!’ Si sentì un idiota. Un bambino idiota. L’ultimo dei bambini idioti e il primo dei pirla.
‘Nemmeno io rispose’ lei, sembrava delusa.
Nick valutò di ritrattare con un giro di parole ambizioso volto a dirle qualcosa tipo che era interessato a lei o che gli suscitava qualcosa oppure che voleva viverla… tutte parole differenti per non dirle una verità che lo faceva sentire piccolo. Piccolo e indifeso, e un po’ spaventato all’idea di perderla e allo stesso tempo di essersi lasciato coinvolgere in quella follia.. Ma non ce ne fu il tempo. Un vento gelido prese a soffiare da nord e si udirono i rantoli di un temporale in lontananza. Le foglie presero a vorticare all’improvviso attorno a loro.
‘Ciao, Nick Valenti, sei stato come il cavaliere del mio sogno, mi hai accompagnata lungo tutto il mio breve viaggio. Grazie.’ La mano di Desdemona che Nick stringeva si fece da diafana a trasparente, per poi diventare così impalpabile da scomparire. E lei tornò polvere, come le farfalle notturne, proprio come aveva invocato Adamantia.
Il sortilegio era stato completato.
Nick rabbrividendo si chiese se fosse tutto vero. O se non avesse sognato tutto quanto. Non l’aveva mai nemmeno fotografata, mai, neanche una volta, non gli restava neanche un ricordo ‘ o una prova tangibile ‘ della sua esistenza. Aveva detto di lei ai suoi amici, tutto lì. E nemmeno poi molto. Tornò all’auto. Il cellulare lo avvisò che era arrivato un messaggio whatsupp.
‘Ehi, ma che cazzo di fine hai fatto? Quella bella ragazza ti ha rapito? Quand’è che ce la fai conoscere?’
Guardò il messaggio. Mai, pensò.
Poi digitò rapidamente: ‘Non c’era nessuna bella ragazza, vi ho presi per il culo, me ne sono stato a casa tutto il giorno a giocare con la play e a tirarmi seghe!!’.
In parte avrebbe voluto che fosse vero.

Marzo 2016

Nick Valenti se ne stava in cima alla roccia che stava tentando di scalare il giorno in cui aveva incontrato Desdemona. Il vento gli scompigliava i capelli, mentre lui fissava il cielo azzurro ripensando a lei. Ci pensava spesso. Non era solo il dispiacere di non averla potuta tenere con sé, era anche il rimpianto di non averle detto quelle due parole. Quelle due paroline che non era mai riuscito a pronunciare e che forse, magari anche solo per poco, l’avrebbero resa davvero felice, forse completa. E poi spesso ripensava alla storia con estrema incredulità. Era stato tutto un concatenarsi di eventi. Una straordinaria sequenza di pezzi che si erano incastrati via via l’uno con l’altro fino a completare una sorta di puzzle. La polizia non l’aveva più interrogato, miracolosamente. Sui giornali era comparsa la storia dell’ispettore coinvolto in un giro di snuff movies e la sua connivenza con il Giriotti alias Tommy e con il Fiordisaggio aveva fatto notizia per settimane. Ma il caso era stato archiviato come un regolamento di conti. Le indagini si erano quasi. Alcune volte aveva letto sui giornali che si parlava di una donna misteriosa, della quale erano stati rinvenuti capelli biondi sulla scena del primo delitto. Ma la cosa era andata scemando quando non erano riusciti a ricollegarla a nessuno dei sospettati, e si era supposto che appartenessero a una prostituta che forse il Geriotti si era portato a casa.
Il puzzle però era incompleto, pensò Nick. E lui? Che ne era di quell’ultimo pezzo che si era innamorato di una donna morta praticamente nel diciassettesimo secolo, che aveva fatto solo una capatina nel futuro per dare modo alla maledizione di smettere di perpetuarsi? E perché era stato proprio lui a provocarne il risveglio? Certo il nesso era che viveva accanto al Giriotti. Forse la Dea, quella dea della natura nella quale credeva Desdemona, aveva atteso fintantoché un uomo che rispondesse ai canoni estetici e spirituali di Desdemona fosse nei paraggi, che le reincarnazioni dei tre ‘gaglioffi’ come li chiamava Desdemona, fossero collegate e concatenate.
Ogni volta che Nick ripensava a tutta la storia ‘ il che accadeva spesso- tornava sempre a quel punto. Poi regolarmente sentiva una sorta di nostalgia mista alla malinconia nel petto. Era come se fosse stato un altro per due giorni, forse un uomo migliore, per averla protetta, per averla amata a suo modo, per averle prestato quella scoppiettante energia, grazie alla loro unione, ma ora non gli restavano che una manciata di ricordi e la consapevolezza che non avrebbe mai trovato un’altra come lei.
Forse, pensò, erano destinati a stare insieme nel passato, magari anche lui stesso aveva avuto una specie di doppelganger nel diciassettesimo secolo che avrebbe incontrato Desdemona, se non fosse morta. Forse sarebbero rimasti insieme. Per sempre. Per tutto il tempo loro concesso. Quello che lui non aveva avuto. Aveva solo assaggiato. Non era abbastanza. Quella donna aveva messo in discussione ogni cosa logica in cui lui credesse e poi si era volatilizzata, come non fosse mai esistita. A volte nelle notti più lunghe cercava di convincersi che fosse stata tutta un’allucinazione.
‘Cazzate!’ disse a voce alta per scacciare quei ragionamenti che non lo portavano mai a nulla.
Per levarsi quelle idee romantiche dalla testa, che spesso lo portavano a mettere in dubbio la propria sanità mentale, si aprì la patta dei pantaloni per urinare. ‘Una bella pisciata qua in alto… e vaffanculo’ pensò.
‘Santi numi!’ disse una voce femminile alle sue spalle.
Si voltò richiudendosi in fretta i calzoni, convinto che Desdemona fosse tornata solo per dirgli che era un marrano.
Invece vide una ragazza simile in tutto a Desdemona, ma abbigliata quasi come lui. Pantaloni in lycra da arrampicata, pile, un giubbino smanicato fuxia, occhiali da sole, picozza e corda. I capelli raccolti in una coda alta.
‘Desdemona?’ chiese avvampando, indeciso.
La ragazza lo guardò sollevando gli occhiali, aveva gli stessi occhi di Desdemona
‘Stefania’ disse lei, sollevando un sopracciglio. ‘Non dirmi che sei venuto fin quassù per pisciare, e chi è questa Desdemona?’
Lui si pulì malamente le mani sul didietro dei pantaloni, imbarazzato, per poi avvicinarsi lentamente a lei, mentre un sorriso gli impegnava il viso, seppure lui non se ne rendesse neanche conto. ‘No. No, certo, vengo quassù per pensare. Non per pisciare e Desdemona è… be’ tu le somigli in modo pazzesco.’
‘Anche tu mi ricordi qualcuno’ disse lei, facendogli cenno di no quando lui le porse la mano mormorando ‘Nick Valenti’.
‘Stefania Ravini, studentessa di medicina.’
Nick Valenti scoppiò a ridere.
‘Cazzo ridi? Piscione!’
‘Niente è che… no, aspetta, prima di dire altro… che giorno è oggi?’
Lei sollevò gli occhi al cielo. ‘Chi sei? Lo smemorato di Cuneo? Sabato, otto Marzo 2016.’
‘Buona festa della donna’ balbettò lui visibilmente sollevato.
‘Buona festa della donna un cazzo, non lo sai che in questa ricorrenza risale al 1908, quando delle operaie di un’industria tessile morirono in un incendio dopo aver protestato contro le condizioni in cui erano costrette a lavorare. E che morirono perché il proprietario le aveva chiuse dentro alla fabbrica? Bruciate vive, proprio come streghe!’ Si mise le mani sui fianchi osservandolo incazzata.
Nick fissò quelle labbra così simili a quelle di Desdemona, la donna pareva molto decisa, un misto fra la timida Desdemona e la potente Altra Desdemona, la Vendicatrice. Gliela ricordava. Forse anche lei aveva avuto modo di reincarnarsi chissà come. Oramai aveva imparato a smettere di fidarsi unicamente della logica.
‘Hai ragione… Uhm, Stefania. Comunque adoro le streghe!’ disse con un sorriso sbilenco.
‘Veramente? Anche io, sai si diceva che una mia antenata…’

Da qualche parte nel bosco, la Dea, sotto le sembianze temporanee di un coniglietto paffuto sorrise, poi si gettò in un cespuglio di caprifoglio. Il cerchio era finalmente completo.

FINE

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