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Amavo quella libreria principalmente per due cose, il suo ‘profumo di libro’, assolutamente non scontato visto l’incredibile numero di cose che le librerie di solito inseriscono al loro interno per bilanciare gli introiti, e per la disposizione dei libri che agevolava il mio percorso, tenendomi lontano da tutta quella carta stampata inutilmente. Ma c’era una terza cosa che amavo, la non disposizione alfabetica, quindi ‘autori’ come Volo Fabio non sarebbero mai andate a contatto con Vonnegut Kurt, e tutto il suo geniale illusionismo… ma a distrarmi dalla mia eccitante immersione in quel logo godereccio, ci pensò qualcosa di egualmente pruriginoso a livello mentale, il viso, anzi le sopracciglia, di una signora di circa cinquant’anni. Spiccavano di un rosso rame incredibilmente ramato e vivido, che facevano il paio con una chioma rossa molto vaporizzata portata con elegante sicurezza. Già perché di ‘capelli rossi’ ve ne sono tanti, ma il vero rosso quello originale, ecco è rarissimo. Raro a tal punto da condizionare il mio cervello capace di spostare l’attenzione sulle sopracciglia, gesto incondizionato che ‘scartava o approvava’ in una frazione di secondo la figura avendo quasi compassione delle ‘finte rosse’. Dell’aspetto in senso generale poco mi interessava, la rarità di quel colore quella si che era bella, di solito abbinato ad una pelle molto chiara. E questa cosa generava in me una vera e propria eccitazione mentale. La seguii a distanza per qualche minuto, con arroganza mentale pensai che disponeva della mia stessa mania di selezionare i libri da acquistare, tenendo gli stessi nella mano sinistra o sotto il braccio, e con la destra quelli ‘in forse’. Dalla mano sinistra spiccava la copertina gialla de “Il Maestro e Margherita” di Bulgàkov, libro di cui presi una copia e mi spostai verso la cassa, dove ad attendermi c’era Sergio, commesso sessantenne che tutte le volte mi doveva raccontare uno degli strani accadimenti di cui mi cibavo volentieri, come l’ultimo, che riguardava un cliente che domandò 2 metri e mezzo di libri, per la sua nuova libreria… non so se questa cosa se la inventò di sana pianta, ma fu comunque una stilettata al cuore. Una volta arrivato al bancone, porsi l’opera di Bulgàkov a Sergio, impartendo chiare istruzioni, e dopo aver pagato uscii.

Mi accomodai sulla panchina di un parco, immergendomi nella mia lettura, quando, quasi alla fine del primo capitolo la noiosissima vibrazione del mio telefono mi prelevò da una caotica strada di Nuova Delhi. Per infliggermi la punizione che meritavo per non aver spento il telefono, richiusi il libro inserendo con pollice e indice tra le pagine lo scontrino dei libri da poco acquistati, rispondendo ad un numero che non avevo in rubrica.
“Guardi che io i libri me li posso comprare da sola – tuonò la voce dall’altra parte del telefono – e se ho capito chi è lei non deve essere neppure così giovane per questi giochini adolescenziali fatti di bigliettini nascosti tra le pagine di un libro…”
Era la signora dai capelli rossi. Avevo chiesto a Sergio di caricare sul mio conto il totale dell’importo speso dalla persona al telefono, chiedendo di sostituire il libro che avrebbe acquistato con la mia copia, all’interno della quale avevo inserito una frase, che domandava alla misteriosa interlocutrice di commentare assieme a me, una volta finito il libro; ‘Ottima scelta – scrissi – se le va ne parliamo quando lo ha finito, mi chiami!’. Concludendo con il mio nome e il telefono.
“Quindi lo aveva già letto” la interruppi sorridendo.
“No – rispose stizzita – non l’ho letto ed anche quando lo farò di certo non lo commenterò con lei, le volevo dire che il gesto mi è parso puerile, il libro era per mio marito, si figuri cosa avrebbe potuto pensare qualora non mi fossi avveduta del biglietto!”
“In effetti era un ipotesi che non avevo vagliato, ma non è successo no?” – risposi.
“Quello che è o non è successo poco importa, è il gesto che mi pare infantile” – disse seccata.
“Bhe da puerile a infantile ecco, c’è stato un avanzo di condizione non indifferente non trova? Se parliamo ancora un’ora divento quasi adulto”. – ribattei.
“Guardi non ho tempo, mi dica dove le posso lasciare i soldi, mi scriva un SMS, buona giornata”
Riattaccò il telefono in maniera secca, non concedendomi opportunità di risposta.
Tornai grazie al mio libro a Nuova Delhi, dove la percezione di calca umana, mista agli odori speziati di cibo era però parecchio scemata, visto che una parte di mente stava rielaborando contenuti e senso di quella telefonata. ‘Sei proprio un pirla’ mi ripetei chiudendo il libro, ma il tremolio delle dita ed il fragore che mi concesse lo scrivere quelle poche righe, mi avevano dato belle emozioni e bella energia, quindi ne valeva la pena. Vero, una parte di me desiderava quella donna, ma anche così ecco, non sarebbe stato male. Decisi di memorizzare quel numero, così come fanno tutti in maniera banale e legata ad un evento, di quelle cose che poi ti dimentichi e sai che se ti serve non troverai mai più, come il secondo calzino di una lavatrice. ‘Rossa Libreria’, così la memorizzai.
Passarono alcuni giorni, ed ancora una volta dimenticai di spegnere il telefono, questa volta la vibrazione fu molto fastidiosa perché enfatizzata dal coperchio di una scatola di biscotti in lamiera, nella quale tenevo alcuni quaderni di appunti. L’eco mi trapanò il cervello, abbattendo la bellissima costruzione che avevo concesso ad un libro non scritto così bene, ma con una bella idea di fondo… di quelli che si trovano in libreria alla voce ‘idea bellissima, ma occasione sprecata’. Era lei.
Rossa Libreria: Non mi hai più scritto…
Marco: Buonasera, è sempre molto diretta ed essenziale lei… con chi ho il piacere di conferire?
Rossa Libreria: Sono la persona a cui hai pagato i libri, quella del ‘fogliettino’, e quella che ti ha chiamato subito dopo.
Marco: Lo avevo inteso, ti stavo chiedendo il nome. Io sono Marco
Rossa Libreria: Rossana, mi chiamo Rossana.
Marco: Ci ho quasi preso!
Rossa Libreria: ???
Marco: Il nome, ti o memorizzata con un nome di fantasia, e ci ho quasi preso.
Rossa Libreria: ah… e come di grazia
Marco: ‘di grazia’, questa forma arcaica mi piace assai
Rossa Libreria: avanti, come mi hai memorizzata
Marco: ‘Rossa Libreria’
Rossa Libreria: ‘Uomo d’altri tempi’
Marco: così mi hai memorizzato?
Rossa Libreria: si certo, per il tuo modo di vestire strano, e per il fatto che hai scritto un biglietto, non mi capitava da anni. Rossa non mi piace, mi hanno sempre presa in giro per i miei capelli, ma ok va bene.
Marco: Non lo avrei mai cambiato. In quanto ad altri tempi si, vero,ho cinquant’anni, si sono d’altri tempi
Rossa Libreria: non in quel senso… anzi scusa devo essere stata fastidiosa al telefono. Ne ho poi parlato con una mia amica, e le si sono illuminati gli occhi. Avrebbe voluto essere lei la destinataria di tale attenzione. In effetti mi ha fatto piacere. Bel gesto.
Marco: condividerai con me la critica del libro?
Rossa Libreria: potevi anche rispondere alla mia riflessione
Marco: sono timido, sdrammatizzavo, ma ecco mi pare molto bello.
Rossa Libreria: perché lo hai fatto?
Marco: sarò diretto Rossana (che bel nome!) ho un debole per i capelli rossi, da sempre, non chiedermi perché ma è così. Ti sarà capitato ecco, ora ti è capitato di nuovo.
Marco: (ah posso tenere il tuo contatto registrato con ‘Rossa Libreria’ ?)
Rossa Libreria: si puoi tenerlo… e grazie per essere stato chiaro e diretto. Apprezzo. Si mi è capitato qualche volta… quindi cosa vuoi fare?
Marco: direi cena, conosco ottimi posti, e se ne parla.
Rossa Liberia: in che senso???
Marco: ti sto invitando a cena Rossana
Rossa Libreria: ma ti ho detto che sono sposata, poi perché dovrei accettare?
Marco: forse perché mi hai risposto?
Rossa Libreria: no non vuol dire nulla! Comunque al limite un aperitivo, dove dico io e pago io questa volta.
Marco: è contro la mia religione
Rossa Libreria: ? in che senso religione?
Marco: far pagare una donna… non è nel mio stile.
Rossa Libreria: gli stili si cambiano Marco
Marco: Marco, hai scritto Marco, molto interessante!
Rossa Libreria: cosa c’entra??? Non ti chiami Marco?
Marco: si, mi chiamo Marco
Rossa Libreria: e allora?
Marco: nulla, mi piace.
Rossa Libreria: senti MARCO, vado a nanna, ci sentiamo presto.
Marco: torno a leggere. Notte
Ci trovammo dopo qualche giorno, in centro e poco distanti dalla libreria, dopo il lavoro. Faceva l’impiegata in un’azienda di tessuti, le sue passioni spaziavano in maniera trasversale. La lettura su tutte. Discutemmo di moltissime cose, fino a quando a metà di una discussione si interruppe dicendomi “Marco, ma mi stai ascoltando?”.
“Colpa dei tuoi capelli!”. Affermai. Lei si mise a ridere e continuammo a dialogare. Era stato tutto molto intenso, molto più di quanto non mi aspettassi. La accompagnai all’auto ed in maniera totalmente inaspettata, mi concesse un bacio ‘a stampo’ sulle labbra. “Ciao uomo d’altri tempi!”.
Lo stupore scavallò l’eccitazione di aver sentito, anche se solo in quella maniera, le labbra di Rossana.
Ci vedemmo per altre tre volte, con l’ultima dove si stabilì una forte empatia, ed in maniera quasi del tutto naturale le nostre mani si inseguirono durante i nostri dialoghi. Alcuni silenzi, nei quali ci scambiammo sguardi intensi, suggellarono una forte intesa. Le chiesi se aveva voglia di passare da me, accettò con l’unica condizione di riportarla a casa al massimo entro un’ora…
Salimmo a casa mia, e mi disse che quel luogo era come se lo era immaginato forse non del tutto, ma ci era andata vicino. Così come aveva fatto la prima volta, fu lei a prendere l’iniziativa, mentre ero girato di spalle nel tentativo di versale da bere. Mi baciò delicatamente e ci spostammo sul divano. I baci si fecero sempre più intesi e le mie mani giocavano con i bei seni, che scoprii dopo poco. I due capezzoli turgidi testimoniavano la sua forte eccitazione, con la mia lingua che ruotava attorno alle estremità del seno, facendola gemere di piacere. Bagnai le mie dita e presi a tastarle il capezzolo non avvolto dalla mia lingua.
Apri le gambe, e d’istinto salii dal ginocchio sino all’interno della sua coscia, carezzandola dolcemente. Sentivo il suo calore e la sua passione viva e pulsante, il suo battito accelerò e a sua volta mi passò la mano tra le gambe. Si alzò la gonna, e con più facilità ma sempre con delicatezza la toccai, potevo sentire le mutandine umide di piacere… lei, ora davvero molto eccitata, infilò pollice e indice nella mutandine di pizzo nero, e si abbassò le mutandine fino a metà coscia.
In quel momento potei vedere quello che avevo temuto… era completamente liscia.
“E’ un sacrilegio lo sai?” Esordii fermandomi e guardandola negli occhi
“Ma che cazzo dici???” rispose stranita.
“Perché una donna con i capelli rossi… dovrebbe rasarsi?” le chiesi.
“Tu sei un perfetto idiota, ed io più di te a darti retta…” disse rivestendosi imbufalita.
“Allora non mi hai ascoltata quando nei miei discorsi ti ho parlato di quello che significa per me… il capello rosso”.
“Sei un deficiente! Ciao!”. Disse uscendo di casa ancora trafelata.
Smettemmo di sentirci per una settimana, visto che al mio messaggio ed alla mia telefonata della sera stessa non risposte.
Rossa Libreria: E’ stato umiliante, te ne rendi conto?
Marco: non era quello l’obiettivo, e lo sai
Rossa Libreria: Si ma se pensi così non sei normale
Marco: probabile… ma è la mia richiesta
Rossa Libreria: quindi non mi vuoi vedere fino a quando…
Marco: si fino a quando non sarai ‘al naturale’ Rossana. Ecco mi piacerebbe indossassi anche delle calze autoreggenti bianche. Odio le collant.
Rossa Libreria: devi essere matto… ma i matti mi sono sempre piaciuti…
Marco: probabile, anche le rosse lo sono
Rossa Libreria: ma senti, ci possiamo vedere comunque? Nel frattempo intendo…
Marco: certo!
Rossa Libreria: sei uno stronzo, non te l’ho mai detto credo. Ma segnatelo.
Marco: lo farò
Ci frequentammo per un mese circa, forse cinque settimane, intervallate anche da un mio viaggio in USA, dopo il quale ci saremmo visti. Tra le cose curiose che mi raccontò, vi fu la ‘giustificazione’ che dovette dare al marito relativa al ‘re infoltimento’, giustificata da una finta allergia, ed il fatto che nel periodo di ‘intermezzo’ tra l’essere liscia e lo stato che aveva ormai raggiunto, c’era una fase di incredibile prurito decretato dalla crescita.
Ci trovammo due giorni dopo il mio arrivo, ed aveva fatto le cose in grande. Una sua amica era partita, e mi comunicò che si era offerta di curare le piante assai delicate della conoscente, ci saremmo spostati in auto, l’appuntamento era per le 18 di fronte alla libreria. Arrivai con un leggero anticipo, e poco dopo svoltò l’angolo. Indossava un tailleur corto, color rosa, mentre le gambe erano fasciate dal calze bianche… l’immaginarla di fronte allo specchio che si vestiva per me, era qualcosa di incredibilmente eccitante.
Parlammo poco di noi, e molto del lavoro prima di arrivare a destinazione. Entrammo in silenzio, in quella che era una casa molto bella e ben curata. Ebbi però poco tempo per osservare l’ambiente, che Rossana conosceva evidentemente molto bene, visto che mi prese per mano portandomi nella camera da letto.
“Decisa” riuscii a dire, mentre mi trovavo spalle contro il morbido materasso, con lei a cavalcioni su di me. Mentre ci baciavamo le alzai la gonna, e staccai le mie labbra dalle sue per constatare quello che le dita avevano percepito, ovvero delle bellissime calze bianche, che finivano con un fine ricamo, per dar spazio alla chiara e delicata pelle di Rossana. Feci proseguire le mani fino al suo culetto, che avvolto da mutandine in pizzo sempre bianche. Le abbassai leggermente, carezzandola, per poi sbottonarle la parte alta del tailleur, e liberarle i bei seni, che iniziai a leccare dolcemente. Indossava un profumo dolcissimo, che non contrastava col bell’odore della sua pelle. Cominciò a spogliarmi, concentrandosi con la lingua sul mio collo, le spalle ed il petto. La lasciai fare. Ad un certo punto si fermò esclamando.
“Ora la tua sorpresa”.
Si alzò sulle ginocchia, abbassando piano le mutandine, scoprendo il pelo rosso che aveva tra le gambe. Fu una visione incantevole.
“Cazzo” esclamai
“Ora me la lecchi per bene” ordinò, spostandosi all’altezza della mia bocca. Anche questa sua parte ‘volgare’ non me la sarei mai aspettata…
Cominciai a leccarla dal lato interno delle cosce, palpandole piano il culetto, ancheggiante. Pochi istanti dopo affondai la mia lingua nella sua fica, infilandola il più possibile. La lingua spalancò un immaginaria diga, con il suo sapore che copioso ed inarrestabile mi inondò le labbra e la lingua. D’istinto cominciò a carezzarsi con due dita, prendendo la mia testa con l’altra mano per assicurarsi che non smettessi di concederle piacere. Cominciò poi a muovere in maniera ritmica le anche, per godersi tutto il movimento della lingua, gemendo si piacere.
“Quanto cazzo mi hai fatto aspettare… ora leccala finché non te lo dico io stronzo” disse ansimante.
Continuai per una decina di minuti, il suo sapore mi aveva ormai inondato il viso… fino a quando allungando la mano sinistra prese tra due dita il mio membro.
“Messo bene… se prometti di non farmi male… continuiamo”
Non risposi, e seguendo con la lingua il mio corpo raggiunse il mio pene. Con la punta della lingua iniziò a giocarci, fissandomi, per poi prenderlo tra le sue labbra, chiudendo gli occhi. La spostai supina, tenendo con due dita il mio membro nella sua bocca, volevo osservare quel bellissimo pelo rosso tra le sue gambe, cosa che mi eccitò moltissimo.
Mi spostai, estraendolo, e cominciai a baciarla con passione, poggiandole il fallo sopra quell’accogliente ciuffo di pelo. Lo presi con la mano e lo puntai tra le sue gambe larghe.
“Fai piano, è grosso… ti prego” disse.
“Fai tu allora…” le dissi prendendo la sua mano e poggiandola sul mio membro.
Lei acconsentii, prendendolo delicatamente tra le dita, mentre l’altra mano con il gomito puntato sul materasso era sul mio addome. Chiuse gli occhi e si infilò il membro tra le gambe.
Iniziai a spingere piano, mentre lei d’istinto aprì la bocca e allargò le dita delle mani, come per allargare tutto l’allargabile.
“Mhhhhh siii, entrami, fai pianoooo”
Era fradicia, e quella cosa facilitò l’ingresso del mio pene che ora la stava stantuffando con regolarità, mentre lei con le mani sul mio culetto voleva spingessi fino in fondo.
“Voglio sentire le palle che sbattono sulla mia fica” mi disse guardandomi.
La cosa continuava ad eccitarmi, mi inarcai, le passai una mano dietro alla schiena e la presi per la nuca, iniziano a spingere con più vigore. Ad ogni colpo estraevo fino alla punta il mio cazzo per poi infilarlo fino in fondo, la cosa eccitava tantissimo Rossana, che non smetteva d bagnarsi. Con una mano raggiunse le mie palle, che afferrò con dolcezza massaggiandole, mentre a mia volta le stavo carezzando il clitoride con la punta del mio membro, zeppa del suo sapore.
“Rimettilo ti prego” mi implorò.
La accontentai con un colpo di reni che la fece gemere di piacere. Con le mani sui suoi polpacci portò le stesse sulle mie spalle, dicendomi: “Voglio che mi sfondi!”.
Cominciai a scoparla con più energia, ora potevo sentire la sua fica attorno al mio cazzo avvolgermi, con Rossana che aveva le braccia lungo il corpo, concedendosi totalmente in mia balia.
“Veloce ti prego!” mi disse “Non smettereeeeee” ripetè quando aumentai il ritmo dei miei colpi dentro di lei. “Vengo cazzzzzo vengoooooooooooo”. Disse, inarcando la schiena.
Mi spostai tra le sue gambe, leccandola in maniera vorticosa, ora il suo sapore era ancora più intenso e caldo. “Si leccami….leccami, la lingua dentro” gridò tenendomi le mani contro il suo sesso bollente, quasi impedendomi di usare al meglio la mia lingua.
Poco dopo riprese fiato, e mi volle baciare.
“Sai di me… quanto cazzo mi fai bagnare… cazzo!” mi disse, prima di iniziare a leccarmi il viso.
Decisi di prenderla per le spalle e girarla, mettendola a carponi… mentre mi posizionai dietro di lei.
“Che idee hai? Li no…” mettendosi una mano davanti al culetto.
“Non ti preoccupare…” risposi sorridendo.
Le feci alzare il culetto, poggiando la sua testa sul materasso, dicendole… “Rilassati Rossana”
Con due dita le aprii le grandi labbra, infilandoci la lingua. Poi mi misi dietro di lei e la infilai da quella posizione. Cosa che riprese a farla gemere di piacere. Mentre godeva si toccava i seni e vedendo il mio interesse mi disse: “Ti piace se mi tocco le tette vero?”. Risposi in maniera affermativa, giocando con i suoi capezzoli turgidi, dopo aver intinto le dita nel suo copioso nettare. Quella posizione e lei che si dava così da fare, mi obbligarono per un attimo ad estraniarmi da quella situazione, per non venire.
Ma il mio intento fu rimandato di poco, visto che dopo aver goduto mi disse “Voglio vederti sborrare!”. Si girò e prese il mio cazzo tra le labbra, succhiandolo e leccandolo con maestria, mentre con le mani mi massaggiava lentamente… “Dai vieni… sborra” mi disse. Situazione che mi eccitò moltissimo. Provai ad estrarre il cazzo dalla sua bocca ma mi rincorse con le labbra. Le venni tra le labbra godendo in maniera incredibile, lei attese qualche istante con gli occhi chiusi, per aprire la bocca poco dopo, lascandosi scorrere lo sperma sul seno. Con due dita recuperò il liquido cremoso e lo depositò sul folto pelo rosso…

fantasticoscrittore@virgilio.it

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