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Calma scende la sera;
oblique luminescenze rosa/viola
sulla tastiera cullano
pensieri che volano
su nuvole ovattate;
vibrano i sensi, dondolano
dolcemente nel moto
continuo di erranti, elastiche
dita metafisiche che
plasmano la sua figura;
inseguono il limite del contorno,
si spingono ardite, palpano
la solida massa all’interno.

Recettori nervosi trasmettono
misteriosi turbamenti,
elettriche visioni frammentano carne
e ossa, triturano sentimenti.

Annaspa l’ingombro,
fantastica presenza/assenza
che materica diventa. Acuto
si fa l’affanno, nasconde
nel grembo il capo; fastidio che assale,
che non è rifiuto, scarto, negazione
di quello che invece, sottile
si avverte, si fa strada, s’avanza,
arrogante, impone la sua presenza.

Si fa netta, ora, la prorompente,
cocente bellezza, turgido diventa
e soggiace, all’istante,
al nevrotico desiderio che schiavo
dinanzi pretende.

Distese membra si articolano pronte
sull’invitante materia che d’accanto
promana dense spire di desiderio;
l’incenso s’accende; spirali di profumo
si spandono, impregnano l’ambiente.
D’improvviso si fa duro il procedere;
belluino l’assalto; cruento lo scontro;
languidi baci prefigurano profonde
penetrazioni in misteriose cavità oscure
che si aprono sotto lo sforzo che tende
muscoli e nervi, prima che il flessibile
velo ceda e accolga, l’orifizio, il gustoso
grimaldello che ha forato la sua corazza.

E andiamo, cavalcando i nostri strumenti
[di sfrenato piacere.

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Nina Dorotea

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