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Sei amiche in videochat – capitolo 5 di 9

Capitolo 5
Chiara riflette sul
significato della vera amicizia

Per contattarmi, critiche, lasciarmi un saluto o richiedere il racconto in PDF, scrivete a william.kasanova@email.it

Sullo schermo del tablet, nel suo rettangolo di streaming, Beatrice stringeva una mano nell’altra, entrambe poste davanti alle sensuali labbra che facevano impazzire ogni uomo avesse la fortuna, o la sfortuna, di incrociarle con lo sguardo. Ma l’espressione della ragazza, in quel momento, non lasciava trasparire la sua usuale spensieratezza che sembrava caratterizzare ogni suo pensiero, quanto piuttosto una tempesta di dubbi dolorosi che straziava la sua anima.

Erano diversi secondi che restava in silenzio, nonostante fosse il suo turno nel raccontare la propria migliore esperienza sessuale. Anche le altre ragazze erano mute, chiedendosi l’un l’altra con lo sguardo, attraverso la rete internet, cosa stesse succedendo, ma era palese che un clima di apprensione aveva invaso la videochat. Chiara non comprendeva cosa stesse accadendo: fino ad un attimo prima erano le solite chiacchiere, “io sono qui a godermi il sole”, “io la settimana prossima vado all’estero”, “io a settembre scendo nelle Marche…” e, una volta che Anna aveva dato la parola a Beatrice per raccontare, questa aveva improvvisamente smesso di conversare e si era chiusa in sé, evidentemente combattuta dai dilemmi. Ma quale fosse la natura di quei dilemmi, Chiara non riusciva a comprenderlo.

– Io… – iniziò Beatrice, insicura nella voce. Abbassò gli occhi che aveva puntato verso la webcam per qualche istante, cercando di nuovo il coraggio per esporre quello che evidentemente si contorceva nella sua coscienza. Solo dopo diversi secondi riprese: – io devo confessarvi una cosa. Un evento che mi è successo ma che non ho mai detto a nessuno… – La voce era bassa, come se la ragazza provasse una colpa per quanto stava per confidare.

– La cosa si svolge un sabato di un paio di mesi fa e io sono in casa da sola. I miei genitori sono andati a vedere per una cucina in un outlet in provincia di Venezia e non sarebbero tornati prima di sera, mentre mio fratello è con i suoi amici in una baita a ubriacarsi già da qualche giorno per festeggiare la fine della scuola. Io ho deciso di approfittarne e, amando il nudismo, giro per casa senza vestiti da mattina. Mi sono fatta la colazione e il pranzo senza nulla addosso, e non mi faccio problemi a passare davanti alle finestre: immagino sappiate che abito in una villetta circondata da una cinta di siepi che bloccano la vista dalla strada, quindi non rischio che qualcuno mi veda. Sì, la cosa mi lascia abbastanza delusa, ma non posso farci nulla.

“Mi annoio dopo una giornata a non fare nulla e guardare la tv nel fine settimana mi mette la depressione. Vorrei divertirmi con qualcuno, ma è giugno e chi mi piace o sta studiando per gli esami, o sta lavorando, o è su quella stupida baita a ubriacarsi.

“Provo a girare un po’ su Internet, ma i porno mi annoiano, soprattutto quelle cagate catalogate “per donne” e non ho voglia di chattare. Sono costretta ad ammettere che la realtà è ben diversa da quanto mi ero immaginata quando ho saputo che avrei trascorso un’intera giornata da sola a casa: mi ero illusa che avrei potuto passarla a fare pazzie, ma già starmene seduta nuda sul divano mi mette apprensione all’idea di sporcarlo.

“A questo punto, l’unica cosa intelligente da fare che mi viene in mente è, visto che sono già nuda, farmi una doccia. In effetti, mi dico, potrei usare proprio il soffione della doccia per darmi piacere: le gocce di acqua spruzzate sulla fregna mi hanno sempre fatto impazzire e…

– Mi auguro proprio che il climax del racconto non sia tu intenta a farti un bidè – la interruppe Anna, che quel giorno poteva sfoggiare i capelli color malva con delle ciocche gialle a intervalli regolari, facendo sogghignare Helga che si stava crogiolando al sole dei Caraibi, guardando il telefonino con gli occhiali a specchio. – Perché, se questo è il miglior orgasmo della tua vita, ti faccio notare che l’ho visto fare anche da una femmina di orango in un documentario usando un tubo dell’acqua…

Beatrice sollevò le braccia, sbuffando. – Ma vai al diavolo te a braccetto con quella scimmia! Sto raccontando una cosa che mi è successa e mi ha segnato come…

– Va bene, va bene! – si arrese Anna alzando le mani. – Narraci le tue incredibili avventure erotiche.

La ragazza, però, sembrò essersi offesa, e solo le preghiere di Cecilia, Arianna e Chiara riuscirono a convincerla a riprendere con la sua storia.

– D’accordo – concesse infine Beatrice. – Come stavo dicendo: mi sto avviando al bagno per una doccia, quando sento un rumore in casa. Mi fermo di colpo, spaventata, trattenendo il fiato, ma per diversi secondi non sento nient’altro. Beh, mi rassicuro che doveva essere stato… non lo so… a volte le finestre lo fanno quando va via il sole e le parti in metallo si ritirano raffreddandosi, o il gatto del vicino che è di nuovo venuto a dare la caccia agli scoiattoli nel nostro giardino che ha ribaltato qualcosa. Per essere un gatto, è sempre stato molto imbranato.

“Più tranquilla, entro in bagno e apro l’acqua della vasca, inginocchiandomi per controllare quant’è calda. Mentre ho la mano nell’acqua, sento di nuovo un rumore, questa volta più forte e vicino. Faccio per alzarmi, spaventata perché capisco che non c’entra affatto il gatto dei vicini, quando in bagno irrompono due uomini che non ho mai visto prima.

“Faccio un salto a quella vista, ma sono troppo spaventata e sconvolta per ricordarmi di essere nuda e le mie mani, invece di nascondere la mia fregna e i miei capezzoli, salgono a coprire la mia bocca, come se volessero nascondere la mia sorpresa.

“Non faccio in tempo a urlare che uno dei due mi scivola dietro, mi mette anche lui una mano sulla bocca e con l’altra mi stringe contro di lui, bloccandomi.

“’Guarda che bella troia che abbiamo qui’ dice divertito all’altro.

“Io mi sto sgolando urlando come una pazza, ma la mia voce viene bloccata dalla mano. Sono terrorizzata, e quando vedo lo sguardo libidinoso di quello che mi sta davanti vorrei svenire.

“’Ah, sì’ fa l’altro, ammirando ogni punto del mio corpo. Si ferma a lungo sulle mie grosse bocce. Allunga una mano e ne stringe una con una certa soddisfazione. Io sono sul punto di impazzire. ‘Pensavamo se ne fossero andati tutti e invece è rimasta la figlia troia. Ed è proprio un bel tocco di fica.’

“Io inizio a piangere, le lacrime scendono lungo le mie guance. Ho una grande paura.

“’Non possiamo di certo svaligiare la casa e lasciare questa come testimone’ dice quello dietro di me. Nel solco delle mie chiappe, sento che si sta eccitando.

“Quello davanti lascia la mia tetta e porta la mano in basso, sul mio inguine. Mi mette un paio di dita dentro nella fregna. Io mi dimeno a quel tocco, alzando le gambe e cercando di graffiarlo in faccia. Lui si sposta un po’ indietro e ride. ‘È una gatta selvatica, la troia’ dice. ‘Smettila e parliamone.’

“Io sono spaventatissima, ma non posso fare altro che ascoltarlo.

“’Noi siamo venuti qui per svuotare la casa,’ dice, ‘ma se collabori non tocchiamo nulla di quanto c’è qui dentro.’

“Quello dietro di me, che sembra stia per sfondare i pantaloni nelle mie chiappe, sghignazza. Mi toglie la mano dalla bocca.

“’E cosa volete da me?’ domando senza fiato.

– Ah, ma che cazzo di storia è? – esclamò Anna, tra il divertito e l’infastidito. – Quando ironizzavo che avresti parlato di un bidet, non credevo comunque potessi cadere fino a questi livelli!

Beatrice divenne rossa in viso dalla rabbia. – Porca merda! – sbraitò, in preda alla collera. – Tu racconti quella cagata del tipo che te la lecca mentre dici la Divina Commedia, e la mia storia sarebbe peggiore della tua? Ma va a cagare! La tua è palesemente inventata!

– Perché, la tua no? – rise Anna. – Cazzo! Due ti entrano in casa e ti trovano nuda e, scommetto, ti propongono di scoparti come pegno perché non compiano un furto. Tu accetti e passi i prossimi dieci minuti a raccontarci di posizioni strane, minchie grandi quanto mattarelli e sborra da tutte le parti. E poi scopri che uno dei due scopa da dio, o forse entrambi, e te ne innamori – concluse, divertita.

Helga sogghignò e Arianna trattenne a stento un sorriso. Chiara si sentì molto dispiaciuta per la sua migliore amica: doveva ammettere che la storia era raccontata malamente e che non sarebbe servita una sfera di cristallo per immaginare la trama, non molto dissimile da quanto aveva insinuato Anna, ma…

– Beh, grazie, socia, e adesso che cazzo dovrei raccontare? – sbottò Beatrice.

Sul volto dell’altra si disegnò un sorriso maligno che lasciava presagire ben poco di piacevole. – Vuoi un suggerimento? Racconta di quando ti sei fatta sbattere, e per davvero, da Marco.

Il silenzio cadde nella videochat come un macigno, ogni ragazza bloccata come un fermoimmagine nello schermo delle altre in ciò che era intenta a fare in quell’istante. Nelle orecchie di Chiara, però, il nome citato da Anna risuonava come l’eco assordante di un colpo di fucile durante la caccia sui monti.

Beatrice era impallidita, incapace di spiccare una singola parola. Probabilmente non sarebbe stata così imbarazzata e confusa nemmeno se si fosse trovata realmente nuda in bagno e due ladri l’avessero colta d’improvviso.

Solo dopo qualche secondo Helga, incapace di nascondere il suo divertimento di fronte a tutto ciò, chiese, fingendosi incerta: – Ma, esattamente, quale Marco? Perché io ne conosco parecchi…

Anna fu sul punto di rimettersi a ridere ma, per qualche motivo, non lo fece. Fissò, invece, la webcam del suo computer portatile e Chiara sentì il suo sguardo trasmettersi attraverso la rete e posarsi su di lei, scivolarle sotto la pelle e incendiarle i nervi. – Ma come, “quale Marco?” Ma il fratello della nostra cara amica!

Il silenzio nella videochat sembrò solidificarsi, diventare un livello in sovraimpressione nella trasmissione come una nebbia o un effetto speciale applicato con un filtro dal computer. O dal senso di apprensione che aveva attanagliato il petto di Chiara.

Helga si mise a ridere nemmeno fosse stata la battuta più divertente al mondo, mentre Beatrice appariva decisamente a disagio, come forse non lo era mai stata prima di allora quando il soggetto della discussione era uomini o sesso.

– Io… – tentennò, quasi facesse fatica a trovare le parole per esprimere quanto stava provando, quasi che quelle parole le fossero rimaste bloccate in gola, soffocandola – forse non è il caso di… voglio dire…

Chiara non era meno sopraffatta dall’emozione, la quale aveva raggiunto un’intensità tale che sembrava avesse smesso di essere solo una sensazione priva di fisicità ma avesse assunto una consistenza simile ad una pesante e torrida coperta che le fosse calata addosso, stringendola e facendola sudare. – Tu… hai fatto sesso con mio fratello? – chiese con un filo di voce.

La ragazza sentiva il suo cuore battere come mai aveva fatto prima, non tanto velocemente quanto con forza, come se avesse raggiunto dimensioni doppie o triple, come se al suo posto, nel petto, avessero messo un grosso tamburo percosso da un martello. Si sentì come se, in quel momento, avesse abbandonato la realtà in cui aveva vissuto dalla nascita e se ne fosse discostata di qualche passo verso l’esterno, come se vedesse le cose attorno a sé attraverso un vetro al pari di un entomologo che studiasse un formicaio con interesse ma, al contempo, con distacco.

Lo sguardo di Beatrice mentre fissava Chiara sullo schermo del suo computer lasciava trasparire una ben altra disposizione d’animo, simile a quella di chi dovesse dare un annuncio non dissimile alla morte di un caro ad un proprio amico, convinto che la colpa del decesso sarebbe stato imputata al messaggero, distruggendo un’amicizia che durava da anni.

– Mi spiace… – sussurrò la ragazza, che sembrava prossima alle lacrime. Sebbene fosse alta quasi un metro e ottanta, avesse spalle larghe ed un seno prosperoso, Beatrice in quel momento appariva come se si fosse sgonfiata, rattrappita dal dolore che stava causando alla sua migliore amica. – Io…

Quanto uscì dalle sue labbra stupì per prima la stessa Chiara, e solo sentire la propria voce dietro quelle parole la convinse che non era un’altra a parlare. Perché se l’avesse fatto un’altra, l’avrebbe fatto solo per causarle dolore. – Per favore, Beatrice… raccontami…

Perfino Helga rimase stupita dalla richiesta della ragazza, smettendo di sghignazzare; batté le palpebre, insicura che quanto aveva sentito non fosse stata solo una sua impressione. Beatrice deglutì come se avesse inghiottito qualcosa con la gola secca, mentre Cecilia appariva sconvolta e spaventata. Arianna non sapeva come comportarsi, apparentemente indecisa se divertirsi per il tiro mancino lanciato a Chiara o se contrirsi per lo sconvolgimento di Beatrice.

L’unica che rideva era Anna, soddisfatta. – Forza, Beatrice, narra loro della tua scopata con Marco! Anche sua sorella vuole sapere. E non mentire…

Il viso di Beatrice, solitamente solare e con un velo di simpatica strafottenza che lo rendeva irresistibile per chiunque lo vedesse, adesso non riusciva a celare la rabbia che scuoteva l’anima della ragazza. Nonostante questo, forse anche per la richiesta di Chiara, non poté fare altro, dopo qualche istante, che sospirare e cominciare il suo racconto, sebbene la sua voce sembrasse quella di qualcuno che stesse descrivendo il proprio avanzare lungo il corridoio del braccio della morte di un carcere più che una scopata.

– Era una sera del mese di maggio, un sabato per l’esattezza – spiegò raccontando lentamente, – Voglio fare una conquista e ho deciso di andare alla discoteca “Silver” per trovare un ragazzo con cui chiavare.

“Quando arrivo con il motorino nel parcheggio, comincio a guardarmi attorno, ma non c’è in giro nessuno di interessante: solo stronzetti di quattordici anni o quindici, che si credono fighi con i risvoltini ai pantaloni, che il sabato sera vogliono solo sballarsi di canne e cagate simili. Quelle mezze seghe hanno perfino il coraggio di venire a provarci con me, puzzando di erba come delle merde e con gli occhi rossi, rovinandomi la serata e il divertimento della caccia.

“Nel vederli mi viene quasi voglia di andarmene da un’altra parte, quando noto anche Anna nel parcheggio. Mi dico che, magari in due, quella torma di ragazzini ci starà lontano, quindi mi avvicino ad Anna e le chiedo se entriamo insieme nella discoteca. ‘Se mi offri un drink, sì’ mi risponde, ‘così magari mi insegni qualcosa su come rimorchiare.’

“So benissimo che mi consideri una zoccola, ma poco mi importa – aggiunse con un sorriso rivolto ad Anna attraverso la webcam, – So che sei invidiosa perché sono piena di uomini, e non è perché ho un corpo che non puoi nemmeno sognarti, ma perché non ho la tua personalità di merda. Tutto lì. Non dovresti invidiare le ore che passo in palestra, ma il fatto che non salgo su un pilastro ogni volta che mi trovo davanti a qualcuno.

Un sorriso teso sul volto della ragazza dai capelli tinti cercò di nascondere malamente ciò che davvero provava. Gli occhi lanciavano saette tali da fare invidia a Giove nei suoi giorni di peggiore malumore.

– Quella sera, – proseguì Beatrice, sorridendo appena, probabilmente nel vedere l’effetto delle sue parole su Anna, – c’era poca gente anche nella discoteca. Era ancora presto, e i ragazzi della nostra età non erano ancora arrivati, mentre quelli un po’ più vecchi erano già impegnati con qualcuna. La serata sembrava portare a poco di utile.

“Anna mi propone di offrirle da bere al bar e accetto, già convinta di restare solo un quarto d’ora, buttare giù qualche bicchiere di Coca Cola e poi tornarmene a casa, sperando di trovare qualcosa da guardare in televisione. No, ragazze: essere una bella figa, come mi definite voi, non significa che ogni volta che metto il naso fuori di casa ci siano dei ragazzi che cercano di sedurmi e portarmi a letto. O, per lo meno, ragazzi per cui valga la pena aprire le gambe e perdere del tempo a farli godere con la mia fregna.

“Ci sediamo al bar e ordiniamo da bere. Mentre cerco di annegare la mia insoddisfazione nelle bollicine della Coca, Anna mi colpisce al braccio con il gomito, indicandomi una coppia di ragazzi. Mi sporgo per vedere meglio oltre di lei: mi ci vuole poco per riconoscerli, anche se le luci sono basse… – Beatrice tentennò un attimo, come se facesse fatica a nominarli. – Sono Donato e… beh, tuo fratello, Chiara.”

La ragazza deglutì, al contempo felice che finalmente la storia cominciasse a parlare di Marco, ma anche spaventata di quanto Beatrice stava per raccontare nei suoi confronti. Era la sua migliore amica ma, in quel momento, si rese conto che era anche una sua competitrice al cuore di suo fratello e, con il corpo e il carattere che possedeva, partiva con un vantaggio incommensurabile.

Chiara poteva ricordare la sera di cui stava parlando Beatrice. Lei l’aveva passata a casa con il mal di testa per lo stress dovuto agli esami di maturità, rifiutando l’invito di Marco ad uscire con lui al bar a prendere un gelato per festeggiare il primo anno di lavoro al ristorante di piadine. Avrebbe anche potuto accettare, in realtà, e lo avrebbe fatto con piacere, non fosse stato per il fatto che suo fratello avrebbe incontrato Danilo: Chiara lo detestava. Era un ragazzo, nemmeno troppo brutto, che però era troppo volgare e viscido, e ci aveva provato con lei stessa qualche mese prima, dandole il voltastomaco: in quell’occasione, si era promessa che non avrebbe più passato un solo istante nelle sue vicinanze.

Peccato che, quella volta, a sua insaputa, suo fratello sarebbe stato sedotto dalla sua migliore amica proprio perché lei era rimasta a casa. Quando, a mezzanotte, Marco era rientrato, e lei gli aveva chiesto com’era andata, lui si era limitato a fare spallucce, senza dire di essere passato per la discoteca e aver penetrato Beatrice. ‘Solita routine’ aveva risposto con un sospiro, come se fosse tornato dal lavoro invece di una scopata con una tettona.

A ripensarci, in quel momento, Chiara sentiva dentro di sé la delusione, la rabbia e l’invidia pronte a colmarla e scaturirle dagli occhi. Dovette fare forza su sé stessa per non iniziare a singhiozzare davanti a tutte.

Nel frattempo, la voce di Beatrice divenne dura, tagliente. – Anna ride nel vederli. ‘Facciamo una scommessa’ mi sfida, ‘venti euro che non riesci a portarti a letto Donato.’ Mi guarda strano, lasciandomi capire che, in ogni caso, sarei io a smenarci: se rifiuto ci rimetto venti euro, se me lo scopo… Beh, socie, credo che l’unica donna che possa sopportare Donato sia la propria madre, e sono sicura che anche voi siate della mia stessa opinione.

Un mormorio di consenso risuonò nel canale audio della videochat. Chiara ebbe conferma di non essere l’unica a non poterlo vedere.

– E poi, non mi vergogno ad ammetterlo, – e alla ragazza sembrò che Beatrice si stesse confessando direttamente a lei attraverso lo schermo del computer, – a me Marco piace, e molto. Non ci ho mai provato perché… beh, perché è il fratello di quella che considero la mia migliore amica e… e spero lo sarà ancora dopo quello che sto raccontando.

Beatrice rimase qualche istante in silenzio, come a cercare il coraggio di continuare o lasciare la possibilità di Chiara di ribattere, ma la ragazza non rispose perché le sue parole sarebbero state deformate dalle emozioni che le stavano chiudendo la gola al punto tale che, avrebbe giurato, non le sarebbe stato possibile inghiottire nemmeno un ago da cucito.

Dopo un attimo in cui regnò il silenzio, la narrazione di quella sera riprese. – Sapevo che Anna lo faceva solo per farmi fare una figuraccia davanti a tutti, quindi decido di contrattaccare: ‘Te ne do cento io se te lo scopi tu, Donato.’ E dalla tasca estraggo il mio portafogli e da questo un verdone che metto sul bancone del bar. Sono i soldi che mi aveva dato mia nonna per aver passato gli esami di maturità e volevo godermeli ad una spa, ma l’idea che Anna venda la propria autostima prostituendosi per cento euro con quel picio è meglio di qualsiasi trattamento di bellezza.

“Anna mi fissa stupita, ma le è impossibile trattenersi dal guardare… anzi, ammirare il verdone. Lo vuole, lo so, so che è sempre in bolletta e i soldi, per lei, sono come le sigarette per mia zia sempre con una di quelle in bocca. Mi meraviglierei se non accettasse, e non resto delusa.

– Mi stai descrivendo come una morta di fame! – sbottò Anna, rossa in viso dalla rabbia.

Beatrice sollevò un dito, contraddicendola. – No, ti sto descrivendo come una zoccola morta di fame, e fidati che lo pensiamo tutte. Ma torniamo alla storia – continuò, prevenendo la controbattuta dell’altra, che rimase vistosamente adirata.

– Certo, Anna ha fatto un po’ la difficile, tirando fuori la storia che non potevo sfidarla quando lei lo aveva già fatto con me, e che a lei Donato non piaceva. Ma se fossimo state in un cartone animato, la banconota da cento euro le avrebbe fatto gli occhi dolci e convinta ad avvicinarsi muovendo un dito e, sebbene non lo fossimo, Anna accetta comunque. Allunga una mano per prendere il verdone ma io sono più veloce, me lo aspettavo, e i soldi ritornano nel mio borsellino. ‘I soldi saranno nella tua tasca dopo che il picio di Donato sarà stato nella tua fregna, cara mia…’ le sorrido, beffarda.

“Ci alziamo prendendo i nostri drink e ci avviciniamo ai due ragazzi. Loro ci notano e sollevano lo sguardo verso di noi, sorridendo. O, più precisamente, Donato sorride all’idea di vederci arrivare, mentre Marco sembra apprezzare meno la nostra presenza.

“Anna non perde tempo e inizia subito a parlare con Donato, facendo la carina – raccontò Beatrice, anche se lasciò, in qualche modo, almeno per Chiara, sottintendere che Anna non è mai stata carina, sia nell’accezione di bellezza che di simpatia. – Il ragazzo, che dev’essere a secco di fregna peggio di quanto immagini, non si lascia sfuggire l’occasione e, una volta che il bicchiere di Anna è vuoto, lui propone di pagargliene un altro.

“’Sono maggiorenne,’ fa, ‘posso prendere degli alcolici anche per te, Anna. Che ne dici?’. Devo ammettere che il ragazzo ha delle tecniche di seduzione non indifferenti, considerando che anche noi abbiamo diciotto anni…

“Anna, forse ancora più attratta dall’alcool che dai cento euro, sembra quasi saltare dalla gioia a quella proposta. Si alza con Danilo e vanno al bancone per prendere qualche drink: fatto sta che nel giro di due minuti io e Marco rimaniamo soli sul divanetto dove era seduto al nostro arrivo.

Beatrice si fermò un attimo, come a scegliere le parole giuste per poter continuare, probabilmente per non offendere Chiara con quanto stava per dire. – Io… beh, mi è sempre piaciuto Marco, l’ho detto anche prima. So che ad alcune di voi no, anche se non ho mai capito il motivo. È simpatico, intelligente, carino. Da qualche tempo, poi, non lo so… Quando ti guarda con quel sorriso insolente… sembra che ti spinga contro un muro, penetri con due dita esussurrando in un orecchio che, finché non ti avrà chiavata, non avrai saputo cos’è il vero piacere – disse tutto d’un fiato, come se stesse confessando un misfatto. Poi si bloccò, trattenendo il respiro, accorgendosi di aver fatto davvero qualcosa che non avrebbe dovuto. Abbassò lo sguardo e così la voce. – Non ci avevo mai provato per rispetto tuo, Chiara, ma ho sempre sentito una forte attrazione verso di lui.

“Non avrei voluto nemmeno in quel momento, ma quando lui mi ha sorriso e invitato a chiacchierare, probabilmente sollevato dall’allontanamento di Anna e Danilo dal nostro tavolino, mi sono sentita sopraffare da un bisogno incontenibile di stare con lui.

“Abbiamo parlato per un momento, ma non è difficile capire che lui prova quello che sento io nei suoi confronti. Noto continuamente che i suoi occhi passano dai miei alle mie labbra e, in quel momento, si morde le proprie: la cosa non fa altro che eccitarmi sempre più.

“Mi sento stordita, come se fossi ubriaca. Stare accanto a Marco senza fare nulla mi causa un dolore fisico, devo fare qualcosa. Pure una pazzia, anche a costo di rovinare tutto, mandare tutto a puttane e farmi prendere a sberle, ma non posso restare passiva. Riduco a zero la nostra distanza che ci separa sul divanetto, lui mi guarda incuriosito. Mi chiede cosa sto facendo, ma le mie labbra non voglio usarle per parlare. Metto una mano dietro la sua nuca, avvicino la mia testa e lo bacio sulla bocca.

Chiara sentì il suo cuore perdere un colpo a quelle parole, immaginando suo fratello venire baciato dalla sua migliore amica. Un senso di frustrazione le strinse il petto e la gola, ed un moto di pianto le irritò gli occhi. Per un istante non volle credere a quanto aveva appena sentito, poi fu sul punto di urlare al microfono con tutta la sua voce: l’unica cosa che glielo impedì fu non sapere se gridare “sei una troia, Beatrice!” o “come bacia mio fratello? Com’è?

Beatrice era ormai incapace di fermarsi, i ricordi di quella sera sembrava li stesse vivendo in quel momento, li stesse raccontando in tempo reale. – Credo che Marco abbia solo due possibilità: staccarsi da me o, come molti prima di lui, infilarmi la lingua in bocca, quasi la stia scopando… Invece, con mia sorpresa, appoggia una mano sul mio collo con delicatezza ed una dietro la mia schiena e inizia a succhiarmi un labbro, intervallando questo con baci sull’angolo della mia bocca. Sono stupita da quanto si stia dimostrando dolce: ero convinta fosse uno di quelli che apre le gambe ad una ragazza senza troppi problemi e se la scopi fino allo sfinimento.

“Dopo diversi minuti passati a baciarmi, coccolandomi con le sue labbra e sfiorandomi con le dita sul collo, si stacca da me. Mi guarda negli occhi con un sorriso che sale fino ai suoi. ‘Mi piace la sensazione che danno le tue labbra’ mi dice. Io non riesco a parlare: sono eccitatissima, la fregna mi sta bagnando le mutandine e i pantaloni, sono accaldata e lo voglio dentro di me come mai nessun altro, ma al tempo stesso vorrei che non smettesse mai di baciarmi.

“’Marco…’ gli dico, incapace di respirare per il desiderio, ’ti voglio!’

“’Anch’io ti voglio’ mi risponde, continuando a guardarmi negli occhi come se si fosse perso nella loro profondità. Sembra che possa vedere la mia anima. ‘Ma non posso portarti a casa mia perché… – Beatrice si interruppe di colpo, come se avesse improvvisamente compreso di aver detto qualcosa di troppo.

Le ragazze in collegamento attesero qualche secondo, probabilmente aspettando che la narratrice continuasse senza immaginare il motivo dell’improvvisa interruzione. Solo Chiara lo comprese.

– …perché ero a casa io – spiegò con dolore. Aveva impedito a suo fratello e alla sua migliore amica di fare sesso nel loro appartamento perché aveva il mal di testa. In un’altra occasione avrebbe trovato ironico che l’emicrania di una ragazza impedisse ad altri due di fare l’amore, ma in quel momento si sentì una merda, sebbene non ne comprendesse il motivo. – Mi spiace… – aggiunse con un soffio di voce, più per l’abitudine che aveva di contrirsi per eventi che non ricadevano sotto il suo controllo che per motivi reali.

Anna scoppiò in una risata. – Ma tanto hanno chiavato comunque, di che cazzo ti preoccupi?

Chiara sollevò gli occhi sulla ragazza dai capelli tinti che se la rideva, scorgendo anche Beatrice che scoccava uno sguardo assassino, probabilmente indirizzato verso Anna.

– Continua a raccontare, per favore – la pregò Chiara. Ormai, nonostante tutto il dolore che stava provando, voleva sapere come fosse andata a finire.

Questa volta lo sguardo della sua migliore amica, o almeno quella che aveva ritenuta tale fino a quel momento, abbandonò ogni rancore, sostituito da un apparente compassione. – D’accordo… – concesse dopo un istante di silenzio, quindi riprese a raccontare.

– Non potevamo andare nemmeno a casa mia perché c’erano i miei e mio fratello, impegnato in un qualche torneo di videogiochi come quasi ogni sera – spiegò. – E di certo non volevo fare sesso in un gabinetto: l’avevo fatto una volta ed era stata un’esperienza disgustosa essere scopata in mezzo all’odore di piscio e cannabis. E poi avevo visto che Anna e Donato erano scomparsi, quindi avevo immaginato ci fossero già andati loro nei cessi.

La ragazza nominata mormorò qualcosa con la faccia schifata all’idea di Beatrice che fosse andata a fare sesso in un gabinetto pubblico, ma lo disse a voce così bassa che Chiara non ne sentì la voce. L’espressione del volto bastò comunque a far capire quale fosse la sua opinione a proposito.

– Marco dice che potremmo andare sulla sua macchina e, per quanto non lo trovi affatto comodo, accetto, non vedendo alternative. Usciamo e ci dirigiamo verso il parcheggio, ma in quel momento iniziano ad arrivare macchine una dopo l’altra, a occupare posti: speravo in un po’ di privacy, ma resto delusa. Farsi beccare dentro un’auto che stai cavalcando un ragazzo è troppo anche per me. Non possiamo nemmeno andarcene, perché Marco dice di avere a bordo dei documenti di quel coglione di Donato.

“Mi fermo sconfitta, bloccando anche Marco. Io ho una gran voglia di fare sesso con lui e non voglio rimandare e, per quanto sia insoddisfacente, mi basterebbe anche una sveltina: non voglio che sia solo quella volta ma che Marco si innamori di me per poterlo avere ancora, quindi ho un’idea.

“Avvicino le labbra al suo orecchio e toccandolo su una spalla gli dico: ‘Qui dietro c’è un capannone che non usa nessuno in questo periodo. Appena oltre c’è un prato: potremmo fare lì.’

“Lui mi guarda stupito, e sembra sul punto di rispondere di no, ma evidentemente anche lui ha una gran voglia come me e accetta. ‘Lo faremo meglio la prossima volta,’ mi promette, ‘ma in questo momento non posso fare a meno di averti mia.’

“Lo porto dietro alla discoteca e poi oltre il capannone. A pensarci adesso ci potrebbero essere state delle telecamere a riprenderci, ma, se è successo, chi ha visto i filmati dev’essersi limitato a farsi una smanettata su di noi e non ha caricato su Internet il video della nostra scopata.

“Beh, attraversiamo il prato dove c’è una vecchia casa in sasso mezza crollata con l’erba che cresce alta ed una selva poco distante. Andiamo a nasconderci dietro e torniamo a limonare e, senza nessuno attorno, Marco inizia a palparmi il culo. Non si limita a stringerlo ma lo accarezza, lo manipola. Mi piace talmente tanto che, senza che lui me lo dica, io sbottono i pantaloni e li abbasso perché possa massaggiarmelo meglio.

“Lui, però, abbandona il mio sedere e mette una mano davanti, sul bagnato che ha intriso le mie mutandine. ‘Sei già eccitata’ dice, sorridendo soddisfatto. ‘Meglio.’ Usa l’altra mano per avvicinarmi la testa alla sua e comincia a baciarmi il collo, poi sussulto deliziata quando sento un paio di sue dita scivolare oltre l’elastico dei miei slip e sprofondare nella mia fregna. Quello che sembra un litro di liquido si riversa fuori e un forte profumo di figa ci avvolge.

“Marco mi spinge contro il muro in pietra continuando a lavorare nella mia fregna senza quel movimento che certi fanno come se ti stessero scopando con le dita ma più… massaggiandola, direi. E dimostra di essere davvero bravo. Ho sempre pensato che nulla possa valere quanto un bel picio nella fica, ma le sue dita iniziano a farmi ricredere. L’altra sua mano è sulla mia nuca per non farmi sbattere la testa contro la parete e le sue labbra mi baciano il collo come se fosse un vampiro intento farmi sua.

“E da come mi sto eccitando, dalla sensazione di piacere che inizia a crescere dentro di me, partendo dalla mia fregna e invadendo ogni muscolo come una stanchezza deliziosa, sta davvero riuscendo a farmi sua.

“’Voglio essere la tua troia, Marco’ sussurro nel suo orecchio quasi senza nemmeno accorgermene.

“’Ti renderò tale, puttanella’ mi promette lui. A pensarci adesso, se chiunque altro mi avesse parlato in quel modo l’avrei preso a sberle fino a fargli sputare i denti, ma in quel momento è stato come sentirmi dedicare una poesia d’amore.

“Quelle dita dentro di me, Marco che ama il mio collo con le sue labbra e le sue parole che mi garantiscono piacere come non ne ho mai provato… Socie, non mi sono mai sentita tanto eccitata in vita mia: mi sembra di avere un fuoco dentro di me che mi brucia, che mi causa uno splendido dolore che non vorrei mai spegnere e, allo stesso tempo, estinguere, e solo il latte nelle palle di Marco può salvarmi.

Un profondo respiro riempì i polmoni di Chiara, che solo in quell’istante si rese conto che aveva trattenuto il fiato ascoltando Beatrice narrare di suo fratello intento a sgrillettarla, sconvolta all’idea che la sua migliore amica avesse avuto dentro di sé, a darle piacere, le dita di Marco. Forse, quello che la sconvolse maggiormente, fu l’impressione di annegare nell’effluvio della propria passera bagnata tanto fu intenso l’odore che invase il suo olfatto, eccitata dal racconto nonostante ne fosse… terrorizzata? Disgustata? Inorridita? Lei stessa era la prima a non saperlo, ma il divario delle emozioni che le stringevano il cuore e quelle che le facevano pizzicare la fica la faceva stare malissimo.

– Stringo Marco a me, gli pianto i denti nella spalla quando mi sento venire. Sto per piangere dal piacere, qualcosa che non ho mai provato prima, qualcosa che credevo esistesse solo nella recitazione delle attrici porno. Porca merda, che meraviglia! Singhiozzo mentre mi sento mancare per l’orgasmo, stringendomi ancora più al mio amante. E tutto questo con le sue dita.

“Non posso più resistere, devo essere posseduta da lui o impazzisco. Lo bacio con passione e metto una mano sul suo cavallo mentre la mia lingua fa ciò che vorrei facesse lui con il suo picio nella mia passera: è evidente sotto il tessuto dei suoi jeans che è pronto a scoparmi. ‘Chiavami, Marco…’ gli sussurro senza riuscire a fermare il mio ansimare, ‘ti voglio dentro di me.’

“Anche se l’unica luce che ci avvolge è quella di una Luna ridotta ai minimi termini, sono sicura che Marco stia sorridendo. Mi gira e mi spinge contro il muro di pietra. Sento le mutandine scivolare lungo le mie gambe e una sua mano salire sotto la mia maglietta, avvolgere una mia boccia. Le sue dita la stringono, con una dolcezza che in quel momento non riesco a riconoscere, ma che adesso, al pensiero, mi fa impazzire. Mi ritrovo con le gambe aperte, inclinata con il busto in avanti, appoggiata contro il muro con una guancia e le mani. Sento l’inguine di Marco appoggiarsi alle mie chiappe, ed un attimo dopo qualcosa di bollente aprire i lembi della mia fregna.

“’Adesso sei mia, Beatrice’ dice, e un attimo dopo il suo picio sprofonda dentro di me. La mia bocca si apre e i miei occhi si spalancano nella passione che mi sta soffocando. La mano con cui Marco teneva la sua nerchia si appoggia sulla mia testa e mi tiene ferma contro il muro.

“’Voglio riempirti, troietta’ mi dice cominciando a spingere, colpi profondi e potenti. Io sono incapace di pensare a qualsiasi cosa che non sia il suo picio dentro di me che mi fotte, al desiderio che devo soddisfare con i suoi movimenti di bacino. Lo voglio, voglio la sua nerchia dentro di me, ho bisogno che il suo latte riempia la mia fregna.

“Continua a usare termini che, in altri momenti, mi avrebbero disgustata, ma in quell’istante, sotto le stelle, in quel prato, sua schiava sessuale, in quella posizione in cui non sono altro che un buco dove Marco può trovare un orgasmo, non fanno altro che aumentare la mia eccitazione. Mi chiama troia, puttana, zoccola, ed ogni insulto non fa altro che far gocciolare di più la mia passera, le vibrazioni dei suoi colpi si ripercuotono attraverso il suo braccio sulla mia testa, bloccandomi sempre più contro il muro, ed ogni colpo mi avvicina sempre più al mio secondo orgasmo.

“La mano che mi stringe la tetta scende al mio inguine e comincia a sgrillettarmi. Fa malissimo, ma vorrei che non smettesse mai di malmenarmi la lumachina. Il piacere sembra dolore tanto è intenso, mi arriva al cervello e mi impedisce di pensare a qualsiasi cosa che non sia essere chiavata sempre più forte. ‘Marco…’ gemo contro il muro.

“’Adesso sei la mia troia’ dice Marco. Io non rispondo perché non voglio ammetterlo davanti a lui, ma sono disposta a qualsiasi cosa pur di vivere ancora un solo istante come quello che sto vivendo in quel momento. Non credevo fosse possibile provare una sensazione simile in un prato, addossata ad una casa di pietra diroccata.

“E per quanto creda di aver raggiunto il culmine, un attimo dopo ho un orgasmo che, al confronto di quello precedente, è qualcosa di inarrivabile. Sento le gambe cedermi, cerco di afferrarmi ai sassi del muro ma le mie dita sono prive di forze, urlo di piacere ma non ho un filo di voce e la mia bocca e gli occhi restano spalancati, la mia mente è martellata dalle ondate di piacere che mi stanno bruciando l’anima.

“Credo di crollare a terra, e invece la mano che mi stava sgrillettando mi prende a mezzo corpo e mi sostiene, quella che mi teneva bloccata contro la vecchia casa mi stringe alla gola. I colpi di Marco dentro la mia fregna diventano più profondi e lenti. “Sei la mia troia, Beatrice, sei la mia troia” mi dice con una dolcezza che sembra impossibile. Le sue spinte rallentano sempre più, fino a restarmi dentro, fino in fondo, a lungo. La sua nerchia sembra prendere vita e un attimo dopo un liquido caldo riempie la mia passera. Non posso trattenere un sorriso nel sentire il latte delle palle di Marco dentro di me. Improvvisamente, mi sento soddisfatta.

“Potrebbe lasciarmi a terra, seminuda e sporca della sua sborra, in quel prato, e andarsene senza una sola altra parola, e lo amerei per il resto della mia vita come mai nessun altro. E invece, socie, mi solleva dalla mia posizione a novanta gradi, mi gira, mi stringe a sé, la mia passera che riversa il mio succo e quello di Marco contro la sua nerchia che si sta sgonfiando, e mi bacia con dolcezza e passione. “Grazie, bambina” mi sussurra mentre passa dalle mie labbra al mio collo.

“Credevo di non avere più un minimo di energia in me dopo quella chiavata meravigliosa, ma in quel momento mi sento come se potessi scalare una montagna. Lo abbraccio al collo e gli sussurro che voglio essere ancora sua.

Beatrice si interruppe improvvisamente, lanciando uno sguardo nella webcam che, trasmesso sullo schermo del tablet di Chiara, diede l’impressione che la ragazza stesse guardando proprio lei. Fu sicura che la sua amica, se ancora poteva considerare tale, le avrebbe implorato perdono per quanto aveva raccontato e per essersi scopata il suo adorato fratello.

E invece, quasi con divertimento, Beatrice aggiunse sorridendo: – In quel momento, vedo dietro a Marco Anna e Donato che escono dal bosco accanto a noi, e a loro volta ci vedono. Si fermano, Anna sconvolta e Donato divertito, fissandoci. Sorrido loro e poi torno ad amare Marco: mi inginocchio, afferro il suo picio, apro le labbra e…

Chiara si trovò in mano il tablet, in piedi, fissando lo schermo furibonda. Avrebbe spezzato lo schermo se non si fosse accorta consciamente di cosa stesse facendo; invece, dopo un istante, lo riposò con ben poca grazia sulla scrivania, sconcertata. Chiuse la connessione con la chat e quel gruppo di troie senza nemmeno salutare, anzi decisa a non vedere più nessuna di loro, e rimase a fissare il computer.

Non credeva di essersi mai sentita così… così tradita. Tradita da Beatrice, tradita da Marco. Quella puttana aveva sedotto suo fratello, e lui non aveva perso occasione per scoparsela. Stronzo schifoso… Stronzi schifosi, piuttosto: una non sa tenere a bada la passera e l’altro il proprio cazzo nei pantaloni, e dentro di sé Chiara sapeva che avrebbe voluto fare sesso con entrambi.

Sconvolta dall’ira, la ragazza abbandonò la sua stanza e si diresse verso quella di Marco stringendo i pugni e sollevando le spalle come non le era mai accaduto.

CONTINUA…

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