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Sei amiche in videochat – capitolo 7 di 9

Capitolo 7 –
Chiara riconosce che le
emozioni sono più importanti delle dimensioni

Per contattarmi, critiche, lasciarmi un saluto o richiedere il racconto in PDF, scrivete a william.kasanova@hotmail.com

Quel giorno, il quinto, furono le altre ragazze a trovare Chiara già collegata alla stanza che avevano usato per le loro videochat. Anna si limitò ad un saluto che suonava falso quanto una moneta da tre euro, mentre Helga non ci provò nemmeno, fingendo di non vedere affatto la biondina; in ogni caso, come con le altre, Chiara non avrebbe risposto al buongiorno. Beatrice, quando vide sullo schermo del proprio computer il viso infuriato dell’amica, non riuscì a impedire ad un moto di senso di colpa di adombrare i suoi lineamenti solitamente virati ad una leggera aria di strafottenza; pochi istanti dopo, sul monitor del tablet di Chiara apparve la notifica di un messaggio scritto privato, ma la ragazza non mosse un solo dito per leggere cosa riportasse.
Per quanto la ragazza con i capelli tinti e la rossa fingessero di non dare peso al comportamento di Chiara, anche loro dovettero percepire l’astio che la bionda emanava e sembrava trasmettersi attraverso la rete e impregnare la videochat: Beatrice si chiuse in un colpevole silenzio, e così anche Arianna che, innervosita, si arrotolava le ciocche nere sulle dita, indecisa se restare online o cercare un’ambiente meno mesto.
Era impossibile che la situazione potesse rimanere in quello stato molto a lungo, e infatti esplose quando infine l’ultima ragazza, Cecilia, apparve nel suo rettangolo di schermo, felice, con un paio di fiori di montagna tra i capelli castani, gli occhi che brillavano di felicità come i ghiacciai sulle cime delle montagne visibili alle sue spalle, un atteggiamento inusuale per la ragazza che sembrava vergognarsi anche di tossire.
– Buongiorno a tutte! – salutò con calore, come un raggio di sole che fendesse le nubi di cupezza che adombravano la videochat. Dopo qualche istante, però, anche lei rimase allibita dal comportamento delle altre ragazze, più freddo del solito. – Cosa succede? – chiese, forse temendo fosse accaduto qualcosa alle sue amiche che lei non aveva ancora saputo.
L’unica a rispondere fu Anna: – Oh, nulla che abbia importanza, credo. Piuttosto, per cercare di alzare un po’ il morale, ti ricordo che quest’oggi tocca a te la narrazione di tu-sai-cosa, nel caso tu ti trovi vicino a qualcuno che possa udire le nostre parole.
– Oh, sì… – rispose la moretta, arrossendo e abbassando lo sguardo. – Mi ero già seduta ad una panchina appena fuori da Ollomont. Passa di tanto in tanto qualcuno che sta facendo escursionismo, ma non credo ci sia nessuno che possa sentirmi.
– Molto bene, – continuò Anna, che si comportava come la presentatrice di un programma televisivo o radiofonico con le altre ragazze che assumevano il ruolo del pubblico e Cecilia quello di ospite che avrebbe rivelato i propri più sordidi e inconfessabili segreti. – spero che il tuo racconto sia più realistico di quelli sentiti ultimamente – aggiunse, come se il suo non fosse stato una balla bella e buona, come aveva svelato Beatrice.
La ragazza in vacanza in Valle d’Aosta dimostrò di fare uno sforzo nell’alzare lo sguardo verso lo schermo del suo smartphone, cercando di nascondere il proprio imbarazzo dietro ad un sorriso che, invece, non fece altro che renderlo ancora più palese. – Sì, è una cosa che mi è accaduta realmente un paio di mesi fa…
In quel momento sembrò che Chiara fosse tornata alla realtà. Sciolse le braccia che le cingevano il seno appena visibile sotto la maglietta e si sporse verso la webcam del suo tablet. – Lo sai cosa puoi raccontare, cagna in calore? – domandò con una voce che, in un altro momento, lei stessa non avrebbe riconosciuto come la propria.
Sembrò che tutte le altre ragazze la stessero fissando attraverso le loro webcam, sorprese che un linguaggio simile potesse uscire dalle labbra di Chiara, e soprattutto rivolte alla dolce e timida Cecilia. In particolare, quest’ultima aveva la bocca spalancata, incredula e sconvolta.
Ma Chiara non se ne rese conto minimamente, e anzi continuò: – Racconta di quando ti sei scopata mio fratello, puttana: voglio proprio sentire come hai fatto a sedurre Marco e a portartelo a letto, visto che non ho mai capito cosa tu abbia di così speciale da essere sempre nei suoi pensieri – aggiunse, sfogandosi per come si sentiva quando suo fratello parlava di Cecilia.
La ragazza era impallidita, gli occhi spalancati. Sembrava non riuscisse a respirare tanto appariva sconvolta alle parole di Chiara. – Io… – provò a pronunciare con un filo di voce, ma le successive parole si tramutarono nell’imitazione del boccheggiare di un pesce. Solo dopo quello che parve uno sforzo riuscì a dire: – Come lo sai?
– Ah, ma allora ve lo siete scopate praticamente tutte il fratello di Chiara. Manco solo io, poi possiamo fare un club – rise Helga. – Su, dai, Cecilia: racconta quanto lo stallone ti ha chiavata! Sono davvero curiosa di scoprire se ti ha chiavata contro un muro come la nostra amica tettona!
Un istante dopo, certamente istigata dall’idea di far fare una pessima figura a Marco e, di conseguenza, anche a Chiara, si aggiunse Anna alla richiesta. Il sorriso che illuminava il suo viso lasciava ben pochi dubbi sul fatto che non lo facesse con un minimo di rispetto per nessuno dei protagonisti del rapporto sessuale. – Sì, Cecilia, rendici partecipi del piacere che hai vissuto.
Il timido volto della ragazza stava assumendo lo stesso colore dei suoi capelli castani, incapace di dire una sola parola.
Beatrice, invece, sembrava vibrare nel suo rettangolo di schermo, divisa in una sensazione di vergogna di essere ignorata da Chiara e, al contempo, di insostenibile curiosità per come si era svolto l’incontro tra la sua amica e il loro comune amante. Forse perfino un po’ di gelosia pareva agitarsi sul suo volto, tra un respiro e l’altro.
Anche Arianna provò a incitare il racconto, ma ormai Cecilia, forse spinta da una sorta di protagonismo che sperimentava per la prima volta da quando faceva parte di quel gruppo di ragazze che l’avevano sempre considerata fino ad un certo punto, dopo un profondo sospiro che ridonò il normale colorito al suo viso, concesse di condividere la sua esperienza: – D’accordo. Avevo passato la mattinata a riordinare le idee e a preparare una sorta di scaletta riguardo a quando avevo fatto l’amore con un amico di mio cugino che credo possa essere interessante, ma… – si interruppe un istante, come se stesse cercando le parole più adatte, poi continuò: – Mi spiace che tu l’abbia scoperto, Chiara, e sono desolata che tu possa considerarmi una… una cagna in calore – e pronunciò quelle parole abbassando un po’ gli occhi quanto la voce, – ma è da tempo che sono innamorata di tuo fratello. L’unico motivo che mi ha sempre impedito di approcciarmi a lui non era tanto la timidezza che complica la mia vita quanto il fatto che, finendoci a letto, sarebbe un po’ come tradire la nostra amicizia.
La mano che tamburellava sulla scrivania al ritmo del suo cuore si fermò a metà di una ripetizione, con le dita medio e indice ancora sollevate quando Chiara sbottò: – Però te lo sei scopato ugualmente, cagna.
– Ma finiscila! – esclamò Anna, divertita. – Tuo fratello necessita del tuo consenso scritto per infilare la sua minchia dove ha voglia?
– Mi chiedo se è gelosa o invidiosa, ma non capisco di chi dei due coinvolti nella scopata – disse Arianna, sogghignando.
Chiara maledisse tutte loro, ma come nel caso del racconto di Beatrice, doveva ammettere di non avere la forza di abbandonare la videochat perché, se non le era possibile essere posseduta da suo fratello, non poteva negare che ascoltare, seppur con la morte nel cuore, una troia che ne narrasse le gesta era il massimo a cui potesse aspirare.
– Non dare ascolto a quella noiosa, Cecilia – raccomandò Helga con la sua fastidiosa voce ma, sebbene le sue parole fossero rivolte alla ragazza che quel giorno aveva il compito di raccontare, sembrava a Chiara che stesse guardando lei con un barlume di derisione nei suoi occhi.
Forse spinta dai continui incoraggiamenti delle ragazze, forse solo desiderosa di raccontare al mondo di un’esperienza che portava nel cuore, Cecilia, dopo l’ennesimo, profondo respiro, iniziò a raccontare, mentre i ghiacci sulle montagne alle sue spalle luccicavano nel sole di agosto e una leggera brezza accarezzava e giocava con le sue ciocche castane nel frinire delle foglie delle piante attorno a lei.
– Allora… era il pomeriggio noioso di una domenica dell’aprile appena trascorso che stavo passando al pub vicino a casa mia. Non sono un’amante dei locali, ma la domenica, tra mezzogiorno e le sei, nel pub non c’è quasi mai nessuno e mi piace trascorrerlo con un libro ed un bicchiere di aranciata, mangiucchiando un cestino di patatine unte, fritte al momento. La domenica mi piace togliermi un capriccio. Quel pomeriggio avrei potuto passarlo anche a casa, visto che i miei non c’erano e la tv sarebbe rimasta spenta, ma non mi andava di restarmene rinchiusa tra quelle quattro mura, dove ormai passavo il tempo studiando per gli esami.
“Ero ormai giunta a metà delle patatine e, mentre tra le mie mani il Muro Scudo veniva distrutto con le atomiche detenute dalla famiglia Atreides e i Fremen si lanciavano alla conquista di Arrakeen sotto il comando del Muad’dib, noto che entra qualcuno nel pub. Abbandono per un attimo il destino dell’universo descritto da Herbert per vedere chi possa essere e il cuore mi balza in gola quando noto che è Marco…
“Indossa una maglietta bianca e dei pantaloni di jeans rovinati. Si avvicina al bancone e, mentre aspetta che il barista finisca di battere il conto di un altro cliente, si volta verso di me e sembra che il suo viso si illumini nel riconoscermi. Il mio si arrossisce, in realtà, e questo mi fa maledire il fatto di avere con me un Kindle e non un libro vero dietro il quale nascondere la mia emozione.
“Lui mi sorride e, muovendo le labbra in una domanda silenziosa, mi chiede se può sedersi con me. Fortunatamente il barista lo distrae e mi permette di avere qualche secondo per calmare un po’ il mio cuore che sta battendo all’impazzata. Penso che da quando ci conosciamo ci saremo scambiati una ventina di parole in tutto, ma è sempre stato gentilissimo con me, pur senza assumere quel comportamento da zerbino o viscido di chi vuole portarti a letto.
“Quando torna a voltarsi nella mia direzione, dopo aver ordinato qualcosa, mi scopre a metà di un sospiro con cui cerco di contenere la mia agitazione. Mi sorride di nuovo discretamente, facendo nascere in me il desiderio di compagnia. Della sua compagnia.
“Vado nel pub per trovare un po’ di solitudine, ma nel suo caso sono più che pronta a fare un’eccezione. Cerco di non pensare a lui… beh, per lo stesso motivo per cui nemmeno Beatrice ci aveva mai provato prima di quella volta, devo ammettere, ma mi piace, e non solo a livello fisico. Quindi, lo invito a unirsi a me con piacere.
“Un bicchiere di aranciata viene appoggiato accanto a lui, attirando la sua attenzione, e richiama il barista dicendogli qualcosa. Un attimo dopo lo stesso scompare dietro il bancone, si rialza con in mano un succo che sbatte un attimo, stappa e il liquido giallo si riversa in un bicchiere di vetro alto che si affianca a quello già presente. Marco prende entrambi e si siede davanti a me dopo aver posto quello con il succo alla mia destra.
“’Ricordo che in un paio di occasioni ti ho vista berne’ dice, sorridendo ‘Spero solo di aver indovinato il gusto, o te lo faccio cambiare.’
“A stento mi esce un ‘grazie’ tanto sono commossa. Prendo il bicchiere, lo accosto alle labbra e bevo un sorso. È succo alla pesca, che non ho mai potuto sopportare, preferendo quello alla pera, più delicato, ma in quel momento mi sembra la bevanda più gustosa al mondo. In realtà, sono talmente abbagliata dalla dolcezza che traspare dal suo viso che non ricordo nemmeno se ho bevuto l’intero contenuto del bicchiere in quella singola volta od ho centellinato il succo per tutto il tempo che abbiamo passato al tavolo.
“In realtà non ricordo nulla di quanto abbiamo parlato. So solo che faticavo a respirare e sentivo un calore invadere tutto il mio corpo, il suono della sua voce sembrava il movimento delle onde che, nei romanzi, cullano sempre il protagonista portandolo ad uno stato simile all’ipnosi, e il profumo della sua pelle scaldata dal sole e con una nota di sudore mi stavano portando ad uno stato di desiderio che non avevo mai vissuto prima. Ammetto che, se non fosse finita com’è finita, una volta che lui mi avesse lasciato da sola, avrei pagato la mia consumazione e sarei corsa a casa per soddisfarmi da sola, fino a slogarmi le dita.
“E invece, per qualche motivo, mentre stavamo discutendo di qualcosa, ho avuto il bisogno di confidargli: ‘Ho la casa libera. I miei non ci sono.’ E non glielo dissi con l’intonazione di voce di una che propone una scopata così, vieni da me e ingroppami; no: mi accorsi che lo stavo pregando di portami a casa, pormi sul letto e unire i nostri corpi e i nostri cuori in cui non sarebbe stato il suo uccello a finire nella mia passerina, ma la mia coscienza a perdersi nei suoi occhi…
Cecilia si interruppe: dall’incrinatura della voce che giungeva attraverso le casse acustiche era semplice capire che quelle parole avevano colmato la sua anima di un’emozione che stava per sopraffarla. Sbatté un paio di volte gli occhi che avevano cominciato a luccicare. Restò qualche secondo respirando profondamente, cercando di calmare il suo cuore e la sua mente.
– Scusate… – sussurrò dopo qualche istante.
– Non preoccuparti, gioia – le disse Beatrice con una dolcezza che sembrava impossibile per una ragazza che, il giorno precedente, aveva raccontato con fervore di essere stata scopata contro un muro in un prato senza economia di particolari. – Posso capirti.
Cecilia riprese con la sua narrazione, sebbene con una certa fatica. – Sono costretta ad ammettere che non ricordo molto di quanto accadde tra quel momento e quando aprii la porta di casa mia con Marco al mio fianco, una mano sulla mia spalla sinistra, stringendola con dolcezza.
“Quando siamo entrati, mi giro verso di lui, insicura su come comportarmi. Forse devo offrirgli qualcosa da bere? Come ci si comporta quando si porta un ragazzo in casa propria per fare sesso? Ma il problema non si pone perché lo risolve Marco: appoggia una mano sul mio collo, una su una guancia e, avvicinandosi al mio viso, mi sussurra: ‘Ti ho sempre desiderata, Cecilia’. Un istante dopo inizia a baciarmi con passione, prima su un angolo della bocca, poi l’altro, ed infine comincia a succhiarmi un labbro.
“É qualcosa di fantastico, che mai mi sarei aspettata. È incredibilmente erotico essere baciata in quel modo, senza fretta, il ragazzo che esplora le mie labbra. Quando poi mi spinge contro il muro e mi impedisce di sfuggire, per quanto non lo farei per nessun motivo al mondo, mi sento bagnare tutta, e non solo nelle mutandine ma proprio il sudore pizzica tutta la superficie della mia pelle mentre comincia a stilare sotto i miei vestiti, a causa di un calore che sento crescere dentro di me.
“Marco continua a baciarmi dolcemente e di tanto in tanto stacca le sue labbra dalle mie, mi guarda negli occhi con desiderio e mi sussurra in un orecchio: ‘Non hai idea da quanto tempo ti desidero…’
“’Anch’io ti voglio…’ rispondo senza fiato, o almeno credo di averlo fatto tanto sono stordita dalla voglia di fare sesso con lui.
“Mi sbottona i pantaloni e me li cala con le mutandine. Mi ero aspettata qualcosa di più romantico da lui, magari qualche coccola prima di fare l’amore, ma in quel momento sono talmente eccitata che anche farmi scopare contro un muro, una sveltina, è più che sufficiente. E invece, Marco si inginocchia davanti a me, appoggia le dita sulle labbra della mia passerina, le discosta e mi bacia lì.
“Mi coglie d’improvviso, per quanto l’abbia sognato spesso. È qualcosa di incredibile, che non saprei descrivere a parole: non è solo una sensazione fisica, è soprattutto l’idea che qualcuno stia facendo qualcosa di simile per me, stia impiegando il suo tempo per darmi piacere. Chiudo gli occhi e mi sento svuotare da ogni pensiero mentre mi sembra che la lingua di Marco, più che la mia passerina, stia solleticando un organo del piacere che non credevo di possedere.
“Non posso trattenermi dal gemere, le mie dita si avvinghiano tra i suoi capelli, ho paura che voglia smettere e sarebbe orribile. ‘Marco…’ sussurro. Lui non risponde ma sono sicura che sta sorridendo, anzi la sua lingua si muove con ancora maggior vigore.
“Ad un certo punto un paio di dita si fanno strada dentro di me, e sembra una bastonata di delizia nella mia testa. Le sento sprofondare, allargare il mio utero come un grosso uccello che inizia a possedermi con forza. Mi ritrovo con gli occhi chiusi ed una scossa di piacere che mi scorre violentemente lungo la colonna vertebrale che si scarica in un gemito ininterrotto che sfugge dalla mia gola.
“Mi sento bagnare sempre di più, il succo della mia passera scivolare fuori di me e inzuppare la mano di Marco che mi sta possedendo. Il suono prodotto dalle sue dita diventa sempre più liquido mentre entrano ed escono da me.
“Non so quanto sia durato tutto questo, ma posso dire che è terminato quando non ho potuto trattenere un grido di piacere, tutti i miei muscoli che si contraevano e poi si rilassavano di colpo. Mi sono ritrovata ad ansimare, cercando di riprendere il fiato quando mi sono resa conto che non respiravo da almeno quindici secondi.
“Marco si rialza con il viso che luccica per il succo della mia passerina che si è sparso sulle sue guance e sulle sue labbra mentre mi leccava e mi sorride. ‘Hai un buon sapore, bambina’ mi dice. La cosa mi emoziona a tal punto che scoppio a piangere, lo abbraccio e comincio a baciarlo, mentre le mie lacrime lavano il suo volto.
“Restiamo un momento a baciarci, io che piango senza pantaloni e lui che ha il sapore della mia passera. È forse il momento più bello della mia vita, sono felicissima e mi sento amata come mai prima di allora.
“Questa volta sono io ad inginocchiarmi davanti a lui: gli abbasso la zip dei pantaloni, glieli faccio scendere e posso notare dal rigonfiamento delle sue mutande che è pronto ad essere amato. In un attimo abbasso anche il suo intimo.
“Il suo uccello è in erezione davanti a me, un… – Cecilia era talmente infervorata nel raccontare che si rese conto che Helga aveva chiesto qualcosa solo quando lo ripeté.
– Com’è la nerchia di Marco? – domandò la rossa. Non era necessario un grande sforzo, anche solo guardando la sua espressione, per comprendere che la richiesta era stata posta solo per ridicolizzare Marco alle orecchie di tutti e soprattutto di Chiara, alla quale sembrò che il cuore perdesse un colpo.
Cecilia sbatté le palpebre, come scossa da un sogno e gettata improvvisamente nella realtà. – Cosa? Ah, sì… Beh, il pisello di Marco è… – mormorò confusa, poi sorrise malvagia. – Il pisello di Marco è perfetto per dare piacere ad una donna – dichiarò. Beatrice, che aveva assunto un’espressione torva alla domanda di Helga, che sembrava, dalle sue parole, costantemente sommersa di cazzi enormi, scoppiò in una risata.
La rossa, invece, sbottò qualcosa e fece finta di perdere interesse per il racconto di Cecilia.
– Comunque, – proseguì Cecilia, – mi trovo davanti il suo uccello in tiro, lo prendo con una mano e lo sollevo, quindi comincio a baciarlo alla base. Marco sussurra qualcosa di dolce nei miei confronti e appoggia una mano sulla mia testa, accarezzandomi i capelli. Percorro con le labbra l’asta fino dove finisce la pelle e poi ritorno sotto, leccandolo sull’altro lato. Gli accarezzo le palle con dolcezza, strappando un gemito di piacere a Marco che mi ringrazia.
La ragazza esitò un po’ nel continuare, forse per quanto stava per raccontare, forse per un mormorio che si sentiva nell’audio della chat e che nelle sue cuffiette doveva essere appena udibile. Solo dopo qualche istante, durante i quali sembrava stesse tentennando nel fare un balzo oltre un baratro, riuscì a riprendere, abbassando sguardo e voce: – Apro le labbra, allungo la lingua fuori e, guardandolo negli occhi, lo lascio entrare nella mia bocca. Il suo sorriso si allarga man mano che il suo uccello scivola dentro di me, ma l’eccitazione che mi invade sembra ancora maggiore della sua: sento la mia passerina bagnarsi come nemmeno quando vi erano le sue dita.
“Muovo avanti e indietro la testa, il pisello di Marco che si strofina sulle mie papille gustative, la pelle che lascia un sapore di maschio che mi fa impazzire, mentre la sua… il suo glande accarezza e mi solletica il palato. Non l’avrei mai creduto, ma scopro che è divertente succhiare un ragazzo… No, non divertente, piuttosto… soddisfacente. Il contatto delle sue dita sulla mia nuca ma soprattutto sentirlo sospirare, trattenere il fiato e poi lasciarlo andare con un suono di puro piacere è la cosa più soddisfacente che abbia mai provato. Beh, dopo il ditalino-leccata di un attimo prima, ovviamente – aggiunse, arrossendo ulteriormente, sebbene il suo volto non potesse nascondere la felicità che quel ricordo aveva fatto nascere nel suo cuore.
– Non posso smettere di succhiare, è come se non ne potessi fare a meno. Peccato che Marco… beh, alla fine viene. ‘Cecilia…’, mi dice, con una voce che sembra di qualcuno impaziente di fuggire, ‘sto per venire…’ e al tempo stesso sento le sue palle irrigidirsi e l’asta del suo uccello emettere un odore pungente.
“In altri casi ne sarei disgustata, lo farei uscire dalla mia bocca, ma dopo che Marco mi si è presentato davanti coperto dai miei umori, non posso di certo fare qualcosa di simile: mi assicuro che il suo pisello mi resti in bocca, nonostante i suoi tentativi di sfilarlo e, anzi, appoggio una mano sul suo sedere muscoloso per fermarlo.
“Un attimo dopo… beh, un attimo dopo mi viene in bocca, lo sento irrigidirsi e gemere di piacere mentre il suo succo di palle si svuota sulla mia lingua in cinque o sei schizzi. Beh, diamine, che soddisfazione averlo fatto venire.
Chiara ascoltò le ragazze commentare la prodezza orale della sua ex amica: quella troia di Beatrice si complimentò con lei nemmeno avesse fatto chissà cosa, quasi come se nessuno avesse mai ciucciato un cazzo prima di allora, mentre Helga e Anna sogghignavano all’idea di averlo succhiato e aver bevuto la sborra di Marco; Arianna era vistosamente disgustata, a differenza di quando era stata la ragazza ad essere sollazzata con la lingua.
Lei, invece, era devastata dall’idea che quella merdina di Cecilia avesse messo in bocca l’uccello di suo fratello e bevuto la sua sborra, mentre lei, la sorella, nonostante da anni sognasse una cosa simile, non le fosse mai stato possibile farlo… Le sembrò di avere un attacco di gastrite che le sconvolgesse tutto il petto e la rabbia montare dentro di lei fino a portarla ad un passo dal piangere e vomitare.
– Spingo la testa in dietro e lascio uscire dalla mia bocca il pisello di Marco, ora completamente luccicante dalla mia saliva. Se prima lo desideravo, ora provo verso quella strana protuberanza un amore che non credevo di poter sperimentare. Lo lascio scivolare in una mia mano e poi gli do un bacio in punta. Con la lingua passo sul taglio in mezzo alla… al glande e asporto le gocce di succo ritardatarie.
“’Cazzo… Cecilia… sei fantastica’ geme lui, con la voce che sembra quella di un disco che salta. Sono soddisfatta di quanto ho fatto e, sorridendo, mi alzo in piedi. ‘Ti è piaciuto?’ gli chiedo, anche se so che l’ho fatto godere.
“Mi aspetto che mi risponda qualcosa, magari di volgare, e invece mi abbraccia, mi stringe a sé e mi bacia con passione. Non è come prima, questa volta la lingua entra subito nella mia bocca e, nonostante abbia il sapore del suo sperma, inizia a fare l’amore con la mia bocca. Lui sa della mia passerina… Nonostante questo, con i nostri sessi che si sfregano l’uno con l’altro, è meraviglioso… cazzo, è fantastico, mi sento svuotata da ogni forza, sento la mia testa priva di peso, sono prossima a crollare a terra, ma al contempo potrei andare avanti così per tutto il giorno.
Helga rideva dell’apertura del cuore di Cecilia. – Ma poi ti ha chiavata, ‘sto Marco? No, perché per qualche bacio… e leccata… – disse, ma non riuscì a celare nella sua voce quanto stava davvero provando dentro di sé. A quanto pareva, pensò con soddisfacente malignità Chiara, farsi sbattere contro un muro da cazzoni delle dimensioni di un mattarello non la soddisfaceva quanto voleva far credere, e quel senso di intimità e dolcezza che tutte agognavano sembrava essere piuttosto carente nella sua vita sessuale.
‘A quanto pare, sentire quella cagnetta in calore raccontare di quando si è fatta mio fratello non fa male solo a me’ pensò con gli occhi che le bruciavano ma le labbra che accennavano comunque un leggero rialzamento nei loro angoli.
Cecilia era ormai talmente immersa nelle emozioni che il racconto le stava rievocando che sembrò non riconoscere la derisione nelle parole della rossa. – Sì! Ed è stato incredibile e dolcissimo! – commentò talmente stucchevole che a Chiara sembrò mancasse solo che le pupille assumessero la forma di due cuoricini. – Dopo avermi spinta contro il muro di nuovo e avermi baciata a lungo, l’ho accompagnato sul letto e lì mi ha presa… Beh, non subito. Prima mi ha spogliata e massaggiata con dolcezza, poi…
Poi la voce della ragazza sulle montagne, con i fiori tra i capelli accarezzati dalla brezza, con i ghiacciai che brillavano alle sue spalle, iniziò a rompersi, gli occhi castani luccicare sempre più, i singulti interrompere il racconto e le mani salire al volto. Un attimo dopo la chat venne invasa dal pianto doloroso di Cecilia.
Fu l’unico suono che fece vibrare le membrane degli altoparlanti delle altre cinque ragazze, ammutolite di fronte a quell’improvviso cambiamento. Solo dopo qualche istante, Beatrice pose la domanda con una dolcezza che sembrava quella di una madre alla figlia dolorante: – Cos’hai, Ceci?
I gemiti di disperazione impedirono alla brunetta di rispondere per qualche lungo, penoso secondo, finché, le parole strozzate dall’emozione, implorò: – Voglio tornare a casa! Voglio essere ancora tra le braccia di Marco!
– Posso capirti, piccola… – ammise a sua volta Beatrice, che sembrava che la stessa emozione stringesse il suo cuore, – posso capirti…
Chiara ebbe un brivido che le sconvolse tutto il corpo. Per qualche motivo che lei stessa non comprese, poteva accettare che quella puttanella raccontasse di lei e suo fratello che si fottevano l’un l’altra con abbondanza di schizzi di sborra e bava sui loro inguini e suoi loro volti, le loro urla bestiali dovute al momento dell’orgasmo… avrebbe accettato anche sentire il racconto del corpo nudo di Cecilia accarezzato dalle mani di Marco, con lui che le diceva quanto fosse bella, dolce e desiderabile… Ma vedere una ragazza piangere perché lontana da suo fratello? no, quello era troppo doloroso, comprese con un nuovo attacco di dolore al petto. Con un sospiro di angoscia, lasciò che l’indice destro trascinasse la finestra della videochat in basso, chiudendola.
Poi portò le mani agli occhi e, anche lei, si mise a piangere.

Continua…

Per contattarmi, critiche, lasciarmi un saluto o richiedere il racconto in PDF, scrivete a william.kasanova@hotmail.com

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