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Carla era rimasta sola. Non le era mai accaduto. I primi giorni era stato fantastico stare a casa dal lavoro e mettere in pausa la sua vita iper-frenetica, fatta di meeting, call, progetti con scadenze serrate e clienti da accontentare. Certo, lavorava ancora, faceva lo smart working, ma non era la stessa cosa: non doversi truccare davanti allo specchio al mattino per poi scappare al lavoro, spesso senza aver fatto colazione; niente più pranzi ingessati di lavoro o cene d’asporto oltre i tempi supplementari. Ora la sua vita si era letteralmente trasformata: le email a colazione odoravano di caffè e pane appena tostato, i pranzi non le richiedevano più di essere attenta, carina e simpatica per qualcun altro, durante la cena fuori dalla finestra della cucina c’era ancora il sole.

Fu al terzo giorno che realizzò di essere sola. Quel senso di vuoto le arrivò addosso all’improvviso, mentre chiamava al telefono il suo capo, Alberto, che non le rispondeva. Quell’uomo le piaceva: amava il suo senso di sicurezza, che le trasmetteva attraverso lo sguardo, bramava le carezze di quelle mani maschili grandi e forti. Ma Alberto era un uomo sposato e, cosa assai rara, anche fedele (o almeno così pensava Carla) e questa situazione la costringeva ad una vita monacale, priva di qualsiasi riferimento ancorché accidentale alla sessualità. Per conoscere altri uomini non ne aveva il tempo. Ma le cose sarebbero cambiate.

Assalita da questo senso di vuoto nella testa Carla si recò in bagno e si sedette sulla tazza del gabinetto. Urinò. Fu in quel momento che il suo telefono squillò: era Alberto che la stava chiamando. Rispose che ancora il liquido dorato sgorgava dalla fonte della sua femminilità. Lui le chiese che stesse facendo e lei gli rispose in modo evasivo, proprio mentre con un pezzo di carta igienica tra le mani si puliva la figa ancora bagnata di pipì. Fu in quel momento che qualcosa dentro di lei scattò, come quando si schiaccia un interruttore per accendere la luce: prima la stanza è buia, poi tutto diventa chiaro e visibile.

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Quella sera prima di andare a dormire Carla si masturbò a lungo e lo fece anche nelle sere successive. Era come se i silenzi delle giornate trascorse in solitudine lavorando da casa dovessero trovare sfogo appena calate le tenebre nelle urla dei suoi orgasmi. Funzionava, ma fino ad un certo punto. Carla era ancora sola.

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Una sera, sempre presa da quell’eccitazione ormai consueta, Carla scaricò sul cellulare una di quelle app che si usano quando non si hanno intenzioni troppo innocenti. Iniziò una serie di conversazioni con uomini che dalle foto profilo apparivano affascinanti, interessanti e di successo. Carla non era una donna fatta per perdere tempo. Dopo i saluti iniziali, era lei che portava il discorso verso argomenti decisamente più eccitanti del colore preferito o del viaggio più costoso mai fatto. Era eccitata e sapeva quel che voleva. Alla fine scelse lui, Lorenzo. Le foto che lo ritraevano mostravano un bel uomo, con la barba curata e lo sguardo vagamente assorto. Lei gli chiese di mandarle una foto del suo cazzo. Nella risposta lui sembrò esitante, ma dopo alcuni istanti i puntini puntini della chat in scrittura lasciarono spazio ad un chiaro punto esclamativo: quello nella foto era un pene di tutto rispetto! Quella sera l’orgasmo di Carla arrivò più violento del solito.

Il giorno dopo, mentre sorseggiava il caffè a colazione Carla scrisse a Lorenzo un messaggio sulla chat: “Stasera, ore dieci, via ……”.

Lore

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