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Racconti di DominazioneRacconti Erotici Etero

02- Cristina e il medico

By 13 Novembre 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

Cristina tornò dalla serata al night con la convinzione che la sua vita, almeno come era stata fino a quel momento, era definitivamente finita.
Invece entrando in casa si rese conto che poteva farla franca: suo marito dormiva e non aveva capito a che ora lei fosse rientrata, Inoltre, aveva addotto come scusa per il  suo ritardo una cena organizzata all’ultimo con Claudia, e lo stesso aveva fatto sua cugina, cosicchè suo marito, sentito il fidanzato di Claudia, non aveva avuto dubbi.
“Mai più!”, si era promessa mentalmente mille volte, “Non sono fatta per queste cose!”.
La sua vita era così ripresa in maniera tranquilla; magari un po’ noiosa, ma sicuramente senza preoccupazioni.
Con un po’ di fortuna avrebbe potuto lasciarsi alle spalle quel momento della vita.
Dopo circa un mese era stata aggredita da una forte emicrania ed era andata dal medico per farsi dare una controllata.
Si ricordava come lui fosse sulla lista di Augusto, ma non l’aveva visto tra il pubblico e aveva supposto non fosse venuto.
L’uomo le aveva controllato la vista, le aveva misurato la pressione, poi le aveva chiesto di spogliarsi.
Cristina si era tolta i vestiti, rimanendo in biancheria intima.
“No, si tolga tutto, signora”, le aveva ordinato il medico.
“Come sarebbe? Guardi che io ho solo mal di testa”.
“Si tolga tutto, le ho detto”
“Ma perchè?”.
“Perchè voglio vederla nuda, no?”.
“Ma come si permette? Per chi mi ha presa?”.
“Per quella che è, signora: una che si spoglia davanti a decine di persone in un night e, sempre nello stesso contesto, fa anche sesso plurimo con uomini che non conosce”.
Cristina sentì il cuore fermarsi.
“C’era anche lei?”, chiese angosciata.
“Certo che c’ero anche io, ero stato invitato. Suvvia, si spogli!”.
Cristina si tolse mestamente reggiseno e mutandine.
“Lei è ancora una bella donna, nonostante la gravidanza e tutto”, disse il medico. “Ha fatto una bella figura su quel palco l’altra sera, è piaciuta a tutti”.
Nel dire questo le prese un seno in mano e lo strinse leggermente.
“La sua visita cade proprio a proposito, tra l’altro, perchè avevo bisogno di una persona per compiere un piccolo esperimento”.
Cristina si sentì subito angosciata.
“Cosa? Dei medicinali?”.
Il medico rise:”No, assolutamente! Per chi mi ha preso, sono pur sempre un dottore! No, lei mi serve per perfezionare una tecnica”.
“Quale tecnica?”.
“Ho frequentato un corso di ipnosi recentemente. Sa, noi medici dobbiamo sempre tenerci aggiornati. Ho frequentato questo corso e volevo fare un po’ di pratica, tutto qui”.
“Non è una cosa pericolosa?”.
“No, per nulla. Non pensi all’ipnosi che vedi nei film: non posso costringerli a uccidere una persona o a buttarsi sotto ad un treno. L’ipnosi serve principalmente a sciogliere le inibizioni e a rivelare il vero io di ciascuno. Per questo motivo avevo bisogno di una persona naturalmente un po’ repressa”.
Cristina si sentì un po’ offesa da quest’ultima osservazione.
“Guardi che lei mi ha giudicata male, io non sono repressa!”, rispose un po’ piccata.
“No? Tanto meglio, allora. Si sieda sul divano”.
Cristina si accomodò, sentendosi molto a disagio per essere ancora nuda.
“Posso rivestirmi?”.
“No. Osservi bene questa penna, per cortesia”.
Il medico prese a far ondeggiare una penna d’oro davanti agli occhi di Cristina, disegnando davanti a lei una specie di otto.
Dopo pochi istanti lei sentì la testa diventare pesante e una specie di ronzio attraversarle il cervello.
“Bene, Cristina, ora la sessione può avere inizio. Sappia che, d’ora in avanti, quando io pronuncerò la parola aspirina, lei ubbidirà a quello che le dirò. E’ chiaro?”
Cristina annuì.
“Bene, Cominceremo con delle semplici domande, a cui lei deve rispondere sinceramente, Aspririna, Cristina. L’altra sera, al night, si è divertita?”.
“Sì”. Cristina sentì la risposta uscirle fuori dalla bocca naturalmente, come se il suo cervello non potesse controllarla.
“Aveva mai tradito suo marito?”.
“No”.
“Si è divertita con quegli uomini?”.
“Sì”
“Si è eccitata a spogliarsi davanti a così tante persone?”.
“Sì, molto”.
“Lo rifarebbe?”.
“Credo di sì”.
“Conosceva l’altra ragazza?”.
“Sì, è mia cugina”.
“Però. Sua cugina lavora abitualmente al night?”.
“No, lei è stata ricattata, come me”.
“Non sono convinto di questo”.
“Guardi che è vero”.
“Vero che vi hanno ricattate. Ma secondo me lei, Cristina, quando ha capito cosa stava per capitare, non se ne è dispiaciuta. Come sua cugina del resto”.
“No, forse no”.
“Bene, vedo che l’ipnosi sta funzionando alla grande”, commentò, prima di essere interrotto dal telefono che squillava.
Rispose con il vivavoce.
“Dottore, c’è un informatore medico che vuole vederla – gli disse la segretaria – Non ha appuntamento, gli ho già detto che lei è impegnato, ma sta insistendo”.
“Non si preoccupi, lo faccia passare”.
“Ok, aspetto che vada via la signora e lo faccio entrare”.
“No, lo faccia entrare subito”.
Cristina si alzò e recuperò i suoi indumenti.
“Non le ho detto di alzarsi!”, le disse il dottore.
“Ma sta arrivando una persona!”.
“Non importa. Lei stia lì e non dica niente. Aspirina, Cristina”.
La donna si sedette nuovamente sul divano, mentre un ragazzo sui trent’anni, molto elegante e molto alto, entrava nello studio.
Una volta dentro guardò verso Cristina e poi verso il medico, perplesso.
“E’ una mia paziente – spiegò il dottore – Soffre di una malattia strana: ogni tanto diventa come sonnambula e fa cose strane. Un attimo fa, ad esempio, si è spogliata, come vede. Ma non reagisce. Provi a toccarle un seno, ad esempio”.
Il ragazzo si accostò a lei titubante.
“Forza, la tocchi!”.
Le pose una mano su una tetta, stringendo leggermente.
Cristina sentì dentro di sè l’impulso di alzarsi e dare uno schiaffo al tizio, ma non riuscì a muoversi. Le gambe sembravano di legno e la bocca non si apriva.
“Capisce cosa intendo?”, disse il medico.
L’uomo le toccò anche l’altro seno, ridacchiando.
“Non si  faccia problemi, lei non reagirà!”, lo esortò il medico.
Il ragazzo si inginocchiò davanti a lei e le leccò un capezzolo.
Cristina sentì il suo cuore accelerare.
Ancora una leccata, e non potè impedire al suo capezzolo di diventare duro.
L’uomo scese con la testa, le passò la lingua sulla pancia e nell’ombelico, poi le diede un bacio sulle grandi labbra.
“Però non è del tutto inerte, qui sembra che sia eccitata”, commentò.
“E’ interessante come esperimento”, disse il medico. “Continui!”.
Il rappresentante introdusse due dita nella vulva di Cristina.
Lei non riuscì a trattenersi e allargò le gambe, facilitandogli l’ingresso.
Lui prese a muovere le dita, sia dentro/fuori che agitandole dentro di lei.
Cristina prese a gemere, senza riuscire a trattenersi. Nella sua vita coniugale non amava lasciarsi andare a certe esternazioni, ma in quel momento non riusciva a impedirlo.
“Vuole scoparsela?”, chiese il medico.
“Posso? Non è sbagliato?”.
“No, l’autorizzo io. La ragazza è in cura da me, io sono responsabile”.
Il ragazzo esitò ancora un attimo, poi si calò i pantaloni e i boxer.
Con le mani guidò Cristina fino a farla inginocchiare in modo che avesse il busto appoggiato alla seduta del divano e le ginocchia a terra; poi si accovacciò dietro di lei e la penetrò da dietro.
Cristina si sentì riempire dal membro di questo sconosciuto e trasalì.
Lui le afferrò le tette con le mani e le strinse, mentre da dietro continuava a entrare e uscire.
Cristina avrebbe voluto fermarlo, dargli uno schiaffo ed andare via, ma non riuscì a reagire.
Pensò al medico che la guardava e ai vecchietti in sala d’attesa che forse stavano sentendo qualche verso, ma questo la eccitò ancora di più.
Sentì l’orgasmo arrivare da dentro e non riuscì a trattenerlo, piantando le unghie nel tessuto con cui il divano era ricoperto.
L’uomo andò avanti ancora qualche secondo, piantandole le unghie nelle tette, poi anche lui venne dentro di lei.
Rimase dentro ancora qualche istante, il tempo di riprendersi, poi lo tirò fuori e si rivestì.
“Non pensavo sarebbe potuta mai succedermi una cosa del genere. Queste cose capitano di solito nei film porno”, disse ansimando.
Il dottore e lui risero assieme della battuta, poi il medico lo congedò, fissando un appuntamento per un altro giorno.
Sii rivolse a Cristina, ancora inginocchiata a terra.
“Ora puoi rivestirti, Cristina, e non sarai più condizionata da me, almeno fino a quando non sentirai ancora la parola. Aspirina”.
Cristina si alzò e recuperò i suoi vestiti.
“Lei dovrebbe vergognarsi – disse al medico mentre si rivestiva – Lei sta abusando della sua posizione, La radieranno dall’ordine, non finisce qui!”.
“No, non finisce qui, ma non come pensa lei. A meno che non voglia raccontare ad un magistrato anche cosa è successo la scorsa sera al night. Non credo che le convenga: ha una famiglia e un lavoro, non sarebbe facile rinunciarvi da un momento all’altro. Ho dubbi che suo marito vorrebbe a casa una spogliarellista che ama accoppiarsi su un palco, e neppure il preside della sua scuola credo giudicherebbe edificante questo suo hobby”.
Cristina guardò verso terra.
“Sabato prossimo, quindi – proseguì il medico – Ci troveremo alle undici del mattino nel posteggio davanti alla spiaggia. Sia puntuale e non faccia scherzi, che non le conviene”.

Cristina, il giorno dopo, si presentò puntuale all’appuntamento con il dottore.
Era uscita piuttosto stordita dalla visita del giorno precedente: ricordava solo di essersi spogliata per farsi visitare e poi di essersi rivestita, ma poco di più.
Forse non si era sentita bene, perchè era molto sudata e affannata.
L’unica cosa che la contrariava era di non riuscire a ricordare il motivo per cui avrebbe dovuto incontrare il dottore, ma immaginò fosse per qualche terapia.
Era un professionista scrupoloso, lavorava anche il sabato mattina.
Il dottore sopraggiunse dopo qualche minuto e la accolse con un bel sorriso.
“Bene, vedo che non mi ha deluso”, le disse.
Entrarono assieme nello stabilimento e il dottore la guidò verso una cabina.
“Cosa facciamo? – chiese sospettosa Cristina – Pensavo dovessimo parlare, andare al bar….”.
“Pensava male – tagliò corto – Ora entra nella cabina e mettiti questo”.
EStrasse di tasca un perizoma e glielo porse.
“Forse devo aver dato adito a qualche equivoco, ma non ho nessuna intenzione di prestarmi a cose del genere”, tagliò corto Cristina.
Il medico sosprò:”Aspirina, Cristina, aspirina. Ora entra nella cabina e fai quello che ti ho detto”.
La donna entrò nella cabina, si liberò di tutti i vestiti e indossò il perizoma.
Era talmente minuscolo che il sedere era di fatto completamente scoperto e davanti un minimo triangolino, per di più semi trasparente, le copriva giusto il sesso.
Fortunatamente era depilata completamente, diversamente sarebbe stato uno spettacolo opinabile.
“Non posso avere almeno un reggiseno?”, chiese da dentro la cabina.
“No”, rispose laconico il medico. “Ora esci, forza!”.
La ragazza uscì fuori e si fece condurre per mano dal dottore.
“Non coprirti!”, le ordinò lui.
Attraversarono il bar, incuranti delle persone sedute ai tavoli.
Più di uno posò lo sguardo sui seni di Cristina, ma lei non fece nulla per coprirsi.
Si sentiva in imbarazzo, anzi, sarebbe morta pur di non trovarsi lì, ma una forza dentro di lei le impediva di reagire.
Uscirono dal bar e si recarono sulla spiaggia.
Il medico trovò un’area non particolarmente affollata e distese due asciugamani.
“Sdraiati sulla schiena – le ordinò – Braccia lungo il corpo, non ti coprire!”.
Cristina eseguì con disciplina le disposizioni, anche se il disagio dentro di lei cresceva ancora.
Non aveva mai fatto topless in vita sua, e se mai avesse deciso di farlo avrebbe sicuramente scelto una spiaggia deserta.
E ci sarebbe andata con suo marito, ovviamente, non con il suo medico.
Cosa stavano facendo, tra l’altro? Perchè erano lì?
Passarono un paio di ragazzi con ostentata indifferenza, ma non si astennero dal guardarla.
Si sentiva la pelle sfrigolare, come se scottasse.
“Posso coprirmi?”, chiese.
“No”, fu la laconica risposta del medico.
Passò ancora un’altra coppia, questa volta di uomini più maturi.
“E poi si lamentano se le chiamano zoccole!”, disse uno all’altro, incurante di farsi sentire.
“Posso coprirmi, la prego!”.
“No, Cristina. Anzi, togliti il perizoma!”.
“La prego, c’è gente…”.
“Aspirina, Cristina. Togliti il perizoma”.
Cristina sentì improvvisamente come non ci fosse nulla di male nel togliersi anche il perizoma, e si sfilò l’ultimo indumento.
“Brava. Ora sdraiati di nuovo, senza coprirti”.
Si coricò nuovamente.
Ripassarono i due ragazzi di prima, questa volta guardandola apertamente, poi due donne, queste con uno sguardo carico d’odio.
“Allarga le gambe!”, le ordinò il dottore.
Cristina eseguì, consapevole come ora ogni parte del suo corpo fosse ormai esposta.
Avrebbe voluto scattare in piedi e correre via, ma il suo corpo non sembrava rispondere al comando e rimaneva lì, disteso al sole.
Rimase in quella posizione per circa mezz’ora, finchè non si sentì chiamare per cognome.
Si sollevò sui gomiti e vide un ragazzo di circa vent’anni che si stava avvicinando.
“Ma lei è la professoressa di inglese!”, diceva.
Cristina si schermò gli occhi con una mano per vederlo meglio.
“Sono Mario, sezione B, si ricorda?”, disse il ragazzo.
Cristina lo mise a fuoco e si ricordò di lui: era un suo ex allievo.
“Sì, certo che mi ricordo. Come stai?”.
“Bene, Non mi aspettavo di trovarla qui, non sapevo le piacesse il nudismo”, disse lui, indicando con una mano il corpo di Cristina.
Nonostante la lotta interiore, lei non si coprì.
Il medico indicò una macchina fotorafica che pendava dal collo del ragazzo.
“Perchè non le fai qualche foto per celebrare l’incontro?”, propose.
Il ragazzo era imbarazzato, e il medico intuì subito il motivo.
“No, non sono il marito – spiegò – Sono solo un amico. Anzi, se volete vi faccio da regista per questo servizio fotografico”.
“Perchè no?”, disse il ragazzo.
“Bene!”, esclamò il medioco, entusiasta della nuova situazione.
“Cristina, mattiti a quattro zampe!”, ordinò.
La ragazza si mise in posizione, sentendosi sempre più in imbarazzo.
Due foto.
“Ora abbasati un pochino, lascia che i capezzoli sfiorino la sabbia!”.
Inarcò leggermente la schiena, ubbidendo all’ordine.
Altri due scatti.
“ Mario, vai dietro di lei. Cristina, allarga bene le gambe!”.
Ora era perfettamente visibile, sentiva che anche il buco del sedere era ormai esposto.
Due scatti.
“Brava. Ora abbassa il bacino, porta la figa a toccare la sabbia”.
Due scatti.
“Brava, sei veramente una modella nata. Ora mettiti in ginocchio e porta le mani dietro alla nuca”.
Eseguì anche questo ordine, esponendo perfettamente il seno.
A distanza, alcuni gruppi di persone si erano fermati ad ammirare la scena.
“Bene, Mario, direi che il servizio si può definire completo. Mi sembra ti sia piaciuto, o sbaglio?”.
Indicò verso il costume del ragazzo, dove si vedeva una pronunciata erezione.
Mario si coprì velocemente, provocando le risate del dottore.
“Non preoccuparti, è normale, soprattutto alla tua età. Cristina, va in acqua con il ragazzo e scopatelo, così almeno gli passa”.
Cristina non disse una parola, si scrollò i granelli di sabbia di dosso e prese per mano Mario, portandolo in acqua.
“E’ sicura di questa cosa? – le chiese il ragazzo, perplesso – Guardi che non c’è nessun obbligo, anzi, mi spiace per quello che è successo….”.
“Stai zitto e non preoccuparti, lo faccio volentieri”.
Cristina si stupì delle parole che aveva appena pronunciato. Lo pensava, aveva sempre ritenuto Mario un bel ragazzo, però non credeva avrebbe avuto l’ardire di dirglielo così.
Cosa stava succedendo?
Fecero qualche passo,condusse il ragazzo verso una scogliera e appoggiò la schiena alla roccia.
Portò le mani sul costume del ragazzo e glielo abbassò, scoprendogli il pene.
Lo toccò.
“Bene, vedo che la temperatura dell’acqua non ha influito sul tuo amichetto. Forza, fai quello che va fatto!”.
Mario non era del tutto sicuro di quello che stava capitando.
“Posso baciarla, almeno?”, le chiese.
“Certo, che domande!”.
Mario si protese verso di lei, appoggiando il suo ventre su quello di lei.
“Lei è sempre stata la più bella”, le confessò passandole la lingua sul collo.
Cristina si sentì immediatamente lusingata al complilento, chiuse gli occhi e portò una mano di Mario su un suo seno.
Il ragazzo strinse immediatamente, facendole scappare un gemito.
Lei gli piantò le unghie nella schiena, poi allargò le gambe e guidò il pene di Mario dentro di sè.
Il ragazzo si produsse in un sospiro e affondò il colpo.
Cristina cercò la bocca di Mario e gli morse il labbro inferiore, mentre lui continuava a entrare e ad uscire da lei.
Il medico dalla spiaggia osservava il suo lavoro, contento del risultato.
Non credeva che Cristina sarebbe stata capace di arrivare a tanto, era veramente soddisfatto.
Lei, nel frattempo, aveva ormai gli occhi chiusi e con le gambe circondava il bacino di Mario, facendosi cullare dai suoi colpi pelvici.
Ci mise pochi minuti a venire, seguita subito dopo da Mario.
Rimase qualche istante a godere del momento, ancora avvinghiata a lui, poi sciolse l’abbraccio e lentamente tornarono verso la riva.
Senza curarsi d’altro, tornò accanto al medico e si adagiò sull’asciugamano, godendosi il momento.
Il medico liquidò il ragazzo.
“Direi che ti è andata di lusso stamattina. Ora lasciaci stare!”, gli intimò.
Mario si allontanò mogio, chiedendosi per quale motivo Cristina non lo volesse neppure salutare.
Il dottore lasciò passare qualche minuto, si rivestì, poi accarezzò la schiena di Cristina, svegliandola.
“Ora me ne andrò, le disse. Tu ti risveglierai e non ti ricorderai nulla di quello che è sucesso; tutto ti sembrerà un sogno. Aspirina”.

Cristina riaprì gli occhi.
Doveva essersi addormentata in spiaggia.
Si stiracchiò voluttuosamente, chiedendosì perchè i suoi vicini di asciugamano la stessero guardando con uno strano sorriso.
Se ne accorse subito: era completamente nuda!
Venne presa dal panico. Si coprì il pube con una mano e gattonò verso la sua borsa, sperando di trovare qualcosa con cui coprirsi.
Frugò disperatamente, fino a trovare una t shirt. La indossò rapida, poi si avvolse l’asciugamano attorno alla vita.
I capezzoli disegnarono subito due aloni umidi sulla maglietta, mettendola subito in soggezione, ma decise di non preoccuparsene: in quel momento la priorità era andare a casa.
Corse rapida verso l’uscita dello stabilimento.
Ad un certo punto pensò che sarebbe stata perduta; davanti a lei si era materializzato Mario, un suo ex allievo. Maledisse la sorte: certa genete non la incontri per anni, e poi ci sbatti dentro quando sei di fretta e non puoi fermarti.
Lui le sorrise, ma lei guardò oltre e fece finta di non riconoscerlo.
In fin dei conti erano passati anni, come evrebbe potuto lui pensare che lei volesse anche solo parlargli?

Cristina accolse con soddisfazione l’annuncio del preside con cui dichiarava concluso il consiglio di classe.
Gaurdò l’ora: aveva mezz’ora per andare a recuperare suo figlio dai suoi genitori, poi l’avrebbe portato a casa e finalmente si sarebbe rilassata.
Chiuse l’agenda e raccolse la borsa.
“Cristina e Sabina, per cortesia fermatevi ancora dieci minuti, devo parlarvi”, chiese il preside.
Cristina guardò verso la collega, sconfortata.
Sabina era l’insegnante di ginnastica e tra loro non era mai corsa simpatia.
Una volta Cristina l’aveva accusata velatamente di non fare nulla durante le sue lezioni, e da quel momento Sabina non le aveva più rivolto la parola.
Con il senno di poi, Cristina si era pentita di quel gesto, visto che Sabina era l’unica collega più o meno dela sua età con cui avrebbe potuto legare, ma non si erano mai riappacificate.
Il preside attese che gli altri insegnanti defluissero, poi accese il computer e si collegò ad internet.
“Da qualche giorno è attivo un sito dedicato agli ex allievi della scuola”, spiegò mentre digitava un indirizzo web.
Aprì una schermata su cui era in bella mostra la loro scuola, contornato da una serie di pulsanti.
Il preside cliccò su “Fotogallery”, e subito si aprì una sotto sezione.
C’erano le vecchie foto di classe, le foto delle gite, gli ex allievi e una sezione “insegnanti”.
Il preside cliccò sul nome di Cristina, facendo apparire diverse miniature.
Le scorse dalla prima: c’era una foto mentre spiegava in classe, ancora con i capelli biondi; poi una mentre parlava con un collega e una mentre scendeva dalla macchina.
La quarta foto lasciò Cristina senza fiato. Era completamente nuda, distesa su una spiaggia.
“E questa cos’è?”, chiese sbigottita.
Il preside non rispose, passando alla foto successiva.
Era nuovamente lei, sempre nuda, questa volta con le gambe aperte.
“E’ un inganno!”, protestò Cristina. “Devono averle alterate con Photoshop, io non ho mai scattato quelle foto!”.
Il preside non disse nulla, ma scorse velocemente le foto rimanenti.
Erano in tutto una decina di scatti, tutti sullo stile.
Cristina si coprì il volto con le mani: non poteva sopportare che il preside potesse vedere delle foto del genere, anche se frutto di una manipolazione. Magari aveva creduto che fosse lei, che quello fosse realmente il suo corpo.
A dire il vero, erano fatte bene; quello sembrava veramente il suo corpo.
Il preside passò alla cartella di Sabina.
In questo caso c’erano diverse foto scattate in palestra durante la lezione, più due prese in un’ambientazione che sembrava essere un prato.
Sabina era completamente nuda, distesa a prendere il sole.
“Quel bastardo di Paolo!”, esclamò lei non appena le vide.
Cristina si ricordava: Paolo era stato un supplente che aveva frequentato la loro scuola un paio di anni prima, e qualcuno aveva insinuato che Sabina avesse avuto una storia con lui.
Evidentemente era vero.
“Bene, ragazze – disse il preside – Io non sono qui a questionare sulle vostre abitudini fuori dal lavoro…”.
“Ma sono false!”, disse Cristina.
Il preside la fulminò con uno sguardo.
“….tuttavia non posso tollerare che il nome della scuola sia abbinato a certe immagini. Ho già scritto al sito chiedendo la loro rimozione, ma chi mi ha risposto mi ha comunicato come le proprietarie dei diritti delle foto siate voi, e solo voi possiate chiederne la rimozione. Ho controllato con un legale, è vero.
“Per questo motvivo vi chiedo di attrezzarvi immediatamente affinchè queste foto vengano rimosse in pochi giorni; diversamente dovrò prendere provvedimenti e fare in modo che il vostro nome non sia più associabile a questo istituto”.
Il messaggio era molto chiaro; in silenzio raccolsero i loro libri e lasciarono la stanza.

Cristina passò la serata a rimuginare.
Non ne aveva parlato con il marito, non se l’era sentita. Anche se le foto erano ritoccate, l’imbarazzava che lui la vedesse in certi contesti. Meglio di no.
Aveva scritto una mail al webmaster intimandogli di rimuovere gli scatti, pena querele e denunce, ma ancora non aveva ricevuto risposta.
Un “ping” annunciò l’arrivo di una nuova mail.
La lesse impaziente.
Il webmaster invitava lei e Sabina per un confronto di persona, al fine di far loro firmare una richiesta scritta. Dopo, diceva, avrebbe rimosso le foto senza problemi.
La cosa non la convinceva, così chiamò la collega.
“Forse hai ragione, per ti dico: andiamo e togliamoci sto problema dalle balle. Non so te, ma io non posso permettermi di perdere il lavoro”, disse amara Sabina.
Cristina rispose alla mail e disse che erano d’accordo.

Si accordarono per il giorno dopo: prima si sarebbe risolto il problema, meglio sarebbe stato.
Entrambe telefonoro al preside e spiegarono che stavano andando a risolvere il problema, lui non ebbe difficoltà a concere una giornata di libertà.  
Partirono assieme in auto, e solo quando furono molto vicine al posto si resero conto che il navigatore le stava portando in una strada di campagna.
Si spinsero verso un casolare isolato, quindi fermarono l’auto e scesero.
Non c’erano altre abitazioni, così suonarono il campanello, benchè non ci fosse l’indicazione di nessun nome.
Nessuno rispose, ma lo scatto della cancellata le invitò ad entrare.
Avanzarono cautamente attraverso il cortile fin verso la porta d’ngresso, che nel frattempo si stava aprendo.
Quando la porta si aprì completamente, Cristina riconobbe un suo ex allievo.
“Lombardi!”, esclamò sorpresa.
Il ragazzo sorrise e le porse la mano.
“Profesoressa, che piacere vederla!”.
Strinse la mano anche a Sabina e le invitò ad entrare.
Le fece accomodare e offrì loro da bere.
“Innanzi tutto vi voglio chiedere scusa per quello che è capitato – disse – Ho trovato quelle foto in internet e mi è sembrato figo metterle sul sito, però non voglio causarvi problemi e le toglierò subito”, disse.
“Dove le hai trovate?”, chiese Sabina.
Lombardì alzò le spalle.
“Non ricordo di preciso. Forum, blog, posti del genere. Posso risalirvi, se volete, ma ci va un po’ di tempo”.
“Ci farebbe piacere se lo scoprissi”, disse Cristina. “Ma perchè hai voluto che venissimo qui? Non potevi cancellarle direttamente quando te lo abbiamo chiesto?”.
“Ora studio legge, un po’ sono informato – rispose – Ho bisogno che mi firmiate una liberatoria, con cui dichiarate che non intraprenderete azioni legali contro di me. Io le cancello e la storia finisce qui, ok?”.
Cristina non aveva neppure pensato a chiedergli i danni, così disse di sì; lo stesso fece Sabina.
“Bene. Allora venite giù con me, nel mio studio, così vi faccio firmare il foglio e – in tempo reale – cancello tutte le foto. Controllerete anche voi che io lo faccia effettivamente”.
Aprì una porta e imboccò una rampa di scale in discesa; Cristina e Sabina lo seguirono.
Scesero un piano e si ritrovarono di fronte ad una porta metallica.
“Venite, prego”, disse Lombardi.
Aprì la porta e le fece entrare in una stanza buia.
“Ora accendo la luce, non temete”, le rassicurò.
Accese la luce, e Sabina urlò.
Attorno a loro c’erano altri quattro ragazzi che, non appena la luce si accese, si avventarono verso le ragazze e le immobilizzarono tenendole per le braccia.
“Cosa succede? Eravamo d’accordo!”, urlò Cristina.
“Non eravamo d’accordo un cazzo”, disse Lombardi con ben altro tono di voce. “Non ci riconosce, professoressa?”.
Cristina guardò i quattro ragazzi che le stavano trattenendo.
“Rampini… Destefanis….Motta e Signorelli. Certo che vi riconosco”, disse.
“Cosa ci accomuna tutti quanti? Non è difficile, prof”, le chiese ancora Lombardi.
Cristina scosse la testa.
“Siamo quelli che, in quarta liceo, siamo stati bocciati a causa del suo voto negativo a fine anno”.
In quel momento si ricordò, così come si ricordò anche che i cinque ragazzi non avrebbero meritato di ripetere l’anno. Però le erano antipatici, facevano continuamente battute su di lei a sfondo sessuale, e questo era stato determinante.
Lombardi si avvicinò a lei e le sbottonò alcuni bottoni della camicetta.
Cristina provò ad opporsi, ma i due ragazzi che le tenevano immobilizzate le braccia non le consentirono alcun movimento.
Le scoprì il reggiseno, poi le tolse la camicetta.
Cristina sentiva il cuore battere forte.
I due ragazzi le forzarono le braccia verso l’alto, e solo in quel momento vide che dal soffitto pendeva una catena, al termine della quale vi era un paio di manette.
Le serrarono attorno ai suoi polsi.
Lombardi si avvicinò a lei e le toccò il seno attraverso il reggiseno.
“Belle tette, prof, le ha sempre avute belle”, commentò.
Cristina provò a ritrarsi, ma venne bloccata dalla catena.
Lombardi si chinò e la privò delle scarpe, poi le slacciò i pantaloni e glieli abbassò attorno alle caviglie.
“Alzi le gambe, prof, tanto ormai non è che cambi molto”, disse.
Cristina sollevò i piedi e il ragazzo le tolse i pantaloni.
Aveva addosso solo la biancheria intima.
Cristina si vergognava da morire….essere ridotta così, di fronte ai suoi ex allievi!
Sospirò.
Lombardi si voltò verso Sabina.
“E veniamo a lei, invece. Lei sa qual è la sua colpa, vero?”.
Sabina annuì tristemente.
“La racconti alla sua collega, che magari non la conosce”.
Sabina deglutì e si rivolse a Cristina.
“Per l’ultima prova, quella che avrebbe deciso se sarebbero stati promossi o no, gli avevo promesso che avrei rubato il compito in classe e glielo avrei passato”, ammise.
“Veramente?”, chiese Cristina.
“E poi?”, la incalzò Lombardi.
“E poi non glielo diedi”, continuò Sabina.
“Però i soldi li tenne, vero? Duemila euro così, gratis, senza nemmeno una spiegazione!”.
“Mi spiace!”, piagnucolò Sabina.
“Ora è tardi, purtroppo!”.
I quattro ragazzi si avventarono su di lei.
La lotta era impari: lei già era una ragazza, poi contro quattro non avrebbe potuto resistere.
In due le fecero saltare i bottoni della camicetta e gliela levarono, mentre gli altri le sfilavano i pantaloni.
“Toglietele tutto!”, ordinò Lombardi.
Tempo qualche secondo e anche il reggiseno e il perizoma vennero lacerati e buttati da parte, poi la condussero a forza verso una sedia, dove la fecero sedere.
La legarono con le braccia dietro allo schienale e le caviglie incrociate sotto alla seduta, imponendole in questa maniera di scoprire il sesso.
Lombardi le passò le mani sulle tette, pizzicandole i capezzoli con la punta delle dita.
“Tette piccole ma carine. Bel fisico anche lei, prof”, commentò.
Lombardi si avvicinò a un mobile e ne estrasse un macchinario grosso come un tostapane, e da questo svolse un lungo cavo elettrico terminante con un piccolo morsetto.
Lo accostò al capezzolo di Sabina e lo pinzò.
La ragazza si produsse in un breve urlo.
“Mi dispiace, ma ora è tempo di pagare per le sue colpe”, disse.
Estrasse un altro cavo, e con questo pinzò l’altro capezzolo.
Un altro urlo.
Svolse ancora un cavo, accostandolo al clitoride.
“No, ti prego!”, disse Sabina.
Lombardi prese a massaggiarle il sesso, fino a far risaltare il clitoride.
Lo pinzò.
Un altro urlo.
“Bene, prof. Come avrà capito, quello a cui ora è legata è un generatore elettrico. Dobbiamo ancora decidere quanta potenza daremo, e questo dipenderà da come si comporterà con noi”.
Si avvicinò alla donna e si sbottonò i pantaloni, da cui estrasse un pene già in erezione.
“Da ragazzo avrei veramente voluto che lei me lo succhiasse, ma non pensavo sarebbe successo veramente”.
Lo accostò alla bocca di lei, che lo guardò con disgusto.
“Meno storie, meno dolore”, ribadì Lombardi.
Sabina aprì la bocca e il ragazzo guidò il suo organo dentro alla sua bocca.
Lei lo accolse fino in fondo, consapevole che, più lo avrebbe fatto stare bene, meno sarebbe stata punita.
Dentro di sè sapeva di meritare la pena. Non aveva passato il compito ai ragazzi perchè qualcuno dei colleghi aveva notato qualche movimento sospetto; però aveva dei debiti, e le aveva fatto comodo incassare quei soldi.
Aveva pensato di barattare il mancato pervenimento del compito con la promozione, ma poi proprio Cristina, in consiglio di classe, aveva posto veto alla loro promozione.
E a quel punto lei li aveva già spesi.
Estrasse il membro del ragazzo dalla bocca e prese a leccargli il prepuzio, scendendo poi lungo la lunghezza come fosse un gelato.
Sentì un sospiro arrivare da Lombardi, così lo prese ancora in bocca, stringendo le labbra attorno alla pelle.
Lo sentì venire di prepotenza, e trattenne il fiato mentre il suo seme le scorreva in gola.
Inghiottì e sospirò.
“Brava, è stata brava!”, disse Lombardi riallacciandosi i pantaloni.
“Quasi quasi mi verrebbe voglia di soprassedere con l’elettricità”, disse.
Si avvicinò all’apparecchio, posandoci una mano sopra.
“No, scherzavo”, disse, e ruotò una manopola.
Sabina sentì i capezzoli e il clitoride farle male  come se fossero stati morsicati da un serpente.
Istintivamente provò ad alzarsi dalla sedia, ma le corde la tennero ferma.
Ricadde pesantemente sul sedile, mentre Lombardi riportava la manopola nella posizione iniziale.
“E’ stata brava con il pompino, forse le risparmierò un po’ di elettricità”, disse.
Riaccese la macchina, ma questa volta Sabina non saltò sulla sedia.
Strinse i denti: nonostante la potenza fosse inferiore, era comunque alta.
Lombardi si voltò verso Cristina.
“Ora veniamo a lei”, disse.
Le toccò nuovamente il seno, mentre Cristina lo guardava negli occhi con aria di sfida.
Lombardi si frugò nelle tasche ed estrasse un coltello a serramanico.
Estrasse la lama e la appoggiò sullo sterno di Cristina, proprio sotto alla sottile fettuccia che unisce le due coppe del reggiseno.
La guardò negli occhi, poi tirò il coltello verso di sè, tranciandola di netto.
Il reggiseno cadde a terra, scoprendo le tette di Cristina.
La ragazza chiuse gli occhi, mentre Lombardi appoggiò entrambe le mani sui seni di lei.
Strinse forte.
“Avevo visto le foto, ma toccarle è proprio un’altra cosa. Lo sa, prof, che a quindici anni mi sono fatto alcune seghe pensando a lei?”.
Cristina non rispose, imbarazzata a quel pensiero.
Lombardi si avvicinò e le prese un capezzolo in bocca.
Lo strinse leggermente tra i denti, rendendoglielo subito duro.
Cristina emise un sospiro.
“Non le dispiace, vero?”, disse Lombardi. “Lo sapevo che dentro dentro è una porca”.
Lombardi continuò a baciarla, spostandosi dal seno alla pancia, fino a scendere, piano piano, fino all’inguine.
Le leccò lentamente l’ombelico, poi continuò a baciarle la pelle fino al basso ventre.
Afferrò l’elastico delle mutandine con entrambe le mani e gliele abbassò fino ai piedi.
Ora era completamente nuda.

Davanti  a lei, Sabina cominciava ad avvertire una forte sensazione di caldo ai capezzoli e al clitoride.
Provò a liberarsi dei legami, ma erano troppo stretti.

Lombardi mise una mano sul sesso di Cristina, insinuandosi tra le labbra con la punta di un dito.
Cristina fece un passo indietro, ma le manette le impedirono di andare oltre.
“Ha paura? Non ce nulla da temere, non le faremo nulla che non le piaccia. E questo sembra piacerle, dico bene?”, disse Lombardi facendole l’occhiolino.
In effetti Cristina sentiva che si stava bagnando, pur non riuscendo a capirne il motivo.
Fece ancora mezzo passo indietro, e sentì il sedere urtare contro qualcuno.
Come fosse stato un segnale, due mani da dietro si posarono sui suoi seni.
“Chi è?”, chiese.
Non sentì risposta, mentre invece sentì distintamente il suono di un paio di pantaloni che venivano calati a terra.
“Calma, vi prego”, chiese.
Sentì la punta di un pene passarle sulle natiche.
Chiuse gli occhi e pregò che non stesse per capitarle quello che temeva.
Il pene sconosciuto le si insinuò in mezzo alle chiappe.
“Vi prego…”, disse.
“Allarga le gambe!”, le ordinò Lombardi.
Eseguì l’ordine, e subito dopo sentì la punta di un prepuzio appoggiarsi al suo ano.
“Ragazzi, vi prego, ho un bambino, sono una mamma….”.
“Temo che questo stia eccitando Rampini ancora di più”, disse Lombardi.
Subito dopo Cristina sentì il membro entrarle nell’ano, facendosi strada con prepotenza tra le pareti del suo intestino.
Non potè trattenere un urlo.
Da dietro Rampini cominciò a stantuffare dentro di lei, mentre lei non poteva muover un passo, legata per i polsi e trattenuta per i seni dall’uomo dietro di lei.
Lombardi la guardava sorridendo, mentre anche Destefanis, fino ad ora in disparte, si avvicinava a lei.
Si posizionò di fronte e prese a guardarla, mentre lei non riusciva a concentrarsi su di lui, presa com’era da quello che stava capitando dietro di lei.
Destefanis le toccò il seno e avvicinò le sue labbra a quelle di Cristina.
Lei aprì la bocca e ricambiò il bacio.
Destefanis si calò i pantaloni e puntò il suo membro verso di lei.
“Aspetta, aspetta che finisca dietro!”, gli disse Cristina.
Lui sembrò non sentirla, e senza dire una parola la penetrò davanti.
Cristina si sentì immediatamente piena, con due membri dentro di sè.
I ragazzi presero a muoversi sempre più forte e sempre più all’unisono, facendo dimenticare a Cristina dove si trovava e cosa stava facendo.
Si sentiva sempre più un oggetto sessuale, ma si sentiva fiera di esserlo.
Oltre trent’anni, e questi ragazzi così giovani ancora volevano fare sesso con lei.
Non solo, erano anni che lo volevano fare.
Niente male per una che, fino a qualche settimana prima, poteva dire di aver avuto un solo uomo nella sua vita.
Sull’onda di questi pensieri Cristina venne, mordendosi le labbra per non gemere.

Lombardi si rivolse verso Sabina.
La ragazza era rossa in faccia per lo sforzo di non urlare e aveva gli occhi lucidi.
Le accarezzò il viso.
“Forse può bastare”, disse.
Si accostò all’apparecchio elettrico e lo spense.
Sabina si lasciò cadere sulla sedia, esausta.
Lombardi si avvicinò a lei e le staccò i morsetti dai capezzoli e dal clitoride, provocandole un’immediata sensazione di sollievo.
Nel frattempo, Motta, uno dei due ragazzi rimasti in disparte,  aveva preso un materasso che fino a quel momento era rimasto addossato ad una parete e l’aveva calato a terra.
Lombardi liberò le caviglie di Sabina e la fece alzare in piedi, anche se non le slegò i polsi.
La guidò verso il materasso e la fece sdraiare di schiena, poi le legò i polsi all’estremità dello stesso, assicurandoli ad una fettuccia.
Con calma, senza fare movimenti bruschi, le legò ciascuna caviglia ai bordi del materasso, imponendole in questo modo di tenere scoperto il sesso.
Sabina non impose nessuna resistenza.
“Ora – disse – useremo la tua figa per qualcosa più divertente che essere un conduttore elettrico”.
Chiamà Motta, che cominciò a spogliarsi davanti a lei.
Quando rimase nudo si sdraiò su di lei e la penetrò.
Sabina sospirò di piacere.

Cristina venne una seconda volta, mentre i due ragazzi non sembravano intenzionati a smettere.
Incominciavano a farle male i polsi, quando finalmente sentì il ragazzo dietro di lei venire.
Ansimò pesantemente, e dopo pochi secondi fu la volta di quello davanti.
Entrambi i ragazzi si staccarono da lei, lasciandola sudata e soddisfatta.
Riprese fiato, e nel frattempo notò che Motta stava scopando con Sabina.
Li guardò senza nemmeno far finta di fare altro, fino a quando anche il ragazzo venne e si staccò dal corpo della collega.
Lombardi si avvicinò a Cristina e le diede una pacca sulla figa.
“Vede che alla fine si è divertita”, disse.
Fece un cenno agli altri due ragazzi, che le liberarono i polsi.
Cristina sentì immediatamente il sollievo alle spalle; fece appena in tempo a massaggiarsi i polsi che le legarono nuovamente le braccia dietro alla schiena.
Lombardi le afferrò un capezzolo e la portò fin davanti a Sabina.
“Inginocchiati!”, le ordinò.
Cristina ubbidì, temendo di sapere cosa avrebbe dovuto fare.
“Ora lecca la figa alla tua amica!”, le ordinò.
“No, veramente no! Non l’ho mai fatto!”.
“Mi sembra un’ottimo opportunità per imparare. Forza, o la macchina elettrica questa volta la collego a te!”.
Cristina chinò il volto verso il sesso della collega e sospirò.
Tirò fuori la punta della lingua  e la passò tra le labbra.
Aveva un sapore forte.
Un altro colpo di lingua, questa volta un po’ più lento.
Sentì un sospiro arrivare da Sabina.
Poggiò la punta della lingua tra le labbra e provò ad insinuarsi dentro; quando le sentì schiudersi la leccò ancora più lentamente.
Un altro gemito da Sabina.
Sentiva il suo corpo venire attraversato da sensazioni nuove, come la prima volta che si era toccata.
Poi le piaceva che fosse proprio Cristina a farle quello.
La sua collega presuntuosa, quella che la trattava dal basso all’alto solo perchè lei era laureata; eccola qui, ammanettata a leccarla la figa.
Cosa dirai al tuo bel marito, questa sera?
Sentiva lo stomaco contrarsi per l’ecccitazione e i capezzoli diventare talmente duri da fare male.
Ancora un’altra leccata da parte di  Cristina, e sentì un lungo brivido attraversarle l’inguine.
Ancora la punta della lingua di lei, e questa volta Sabina venne, stringendo forte gli occhi per non perdersi nemmeno una sensazione.
“Brava, Cristina, è stata veramente brava. Ora chiudiamo le danze!”, disse Lombardi.
La fece mettere in ginocchio e chiamò Signorelli, l’unico a non aver ancora fatto sesso.
Si sbottonò i pantaloni ed estrasse il suo membro.
Cristina si inginocchiò e lo prese in bocca.

Lombardi accompagnò le ragazze alla porta.
“Noi tutti abbiamo perso un anno di scuola, un anno di vita, per la vostra superficialità. Meritavamo di avere giustizia”, disse.
Cristina annuì. Aveva ragione, in fin dei conti.
E poi, ma questo non poteva dirlo, quella vendetta non le era dispiaciuta affatto.  

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