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057 – La giovane “Rouge” rapita e stuprata

By 2 Agosto 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

Quando oggi, leggo le cronache sui quotidiani, vedo i servizi mandati in onda in tv e seguo la trasmissione ‘Chi l’ha visto?’ , mi vengono i brividi, perché penso che anche di me in un passato nemmeno troppo lontano, si era pubblicamente parlato. Si, sono diventata personaggio pubblico e interprete involontaria di un caso di rapimento per violenza sessuale. Sono stata violentata per parecchi giorni, da molte persone, uomini e donne, che mi hanno usata, approfittando di me, con sopraffazioni fisiche ed anche psicologiche.
Ero molto giovane allora e non capivo le motivazioni per cui i miei genitori mi tempestavano di consigli e di ammonimenti, sulla condotta corretta da seguire, specie in pubblico, per evitare di provocare delle reazioni sconsiderate negli uomini. Allora compresi, in ritardo devo ammettere, che la quasi totalità dei maschi, ragiona non usando il cervello, ma quasi sempre si fanno dominare dal loro supremo padrone, esso vive in simbiosi con loro e li costringe a comportamenti scorretti e delittuosi. Parlo del pene, che domina e condiziona tutti i comportamenti maschili. Non voglio sembrare una femminista sfegatata, anche perché, alla luce dei fatti a me successi, devo ammettere che anche noi virginali femminucce ci mettiamo del nostro per provocare. Ragazzine, ragazze, donne, non mi venite a tirare fuori i discorsi che noi possiamo andare in giro vestite come vogliamo e dobbiamo essere assolutamente libere di farlo!!! No! Non è necessariamente vero! Credo che il ragionamento da affrontare sarebbe troppo lungo e coinvolgerebbe discorsi tortuosi e incontrollabili. Ma per sintetizzare, credo che se noi evitassimo ad esempio di sederci su una panchina, indossando una gonna corta, corta, e non mostrassimo a tutti il colore del nostro micro perizoma, magari ci sarebbero parecchi stupri e atti di violenza in meno. Poi di esempi se ne possono fare a iosa: I jeans a vita bassissima, gli hot-pants che lasciano fuori mezze le natiche, magari pure molto scollati sul davanti,le magliette attillate con i capezzoli in bella vista, eeee””’
Come spesso succede, le colpe sono sempre da suddividere e quindi anche noi prendiamoci le nostre. Detto questo, nulla giustifica e nel mio caso giustificò il barbaro comportamento della famiglia di Zingari Rom che mi sequestrò e mi trattò come una schiava.

Non dirò il mio vero nome, ma userò un nomignolo che mi avevano appioppato gli amici, loro mi chiamavano ‘Rouge’ per i miei capelli rossi naturali. Non dichiarerò la mia età ed i luoghi dove si svolse il fatto, anche se posso dirvi che il tutto si sviluppò, diciamo al sud del nostro Bel Paese. Sono alta un metro e settantasei, allora ero giovanissima e questo l’ho già detto in precedenza; ero pure molto carina, il visino tipo barby, con occhi chiari e un sacco di lentiggini sul nasino all’insù ; come già detto i capelli erano e sono ancora, rossi mogano chiaro. Anche il corpicino era ben formato in tutto e per tutto; prima cosa, il mio bel seno, duro e sodo come il marmo, anche se del marmo, tranne la consistenza, non aveva nulla, anzi, i miei cocuzzoli erano sensibilissimi e morbidi al tatto, ed io ne andavo giustamente fiera. Camminando per la strada, mi muovevo ancheggiando mostrando orgogliosa la forma statuaria del mio sederino. Succedeva spesso che, a casa mia, nella mia cameretta, mi mettessi davanti allo specchio e, nuda come un verme, mi auto compiacessi delle forme del mio giovane corpo.
Quando ammiravo il ventre piatto e vedevo il mio cespuglio di riccioli rossi, spesso la mia mano scivolava fra le gambe, raggiungendo la mia ancora vergine vagina ed iniziavo a masturbarmi fin quando l’orgasmo arrivava al gran galoppo e come un uragano, mi sconvolgeva, scuotendomi e facendomi stringere fortemente le cosce, serrando e imprigionando fra di esse la mia manina porcella e birichina.

Erano le venti ed io, ero stata tutto il pomeriggio da una mia amica, chiamerò anche lei con il suo soprannome, ovvero Cozzetta, per il fatto che mi stava sempre appiccicata. Durante quelle ore trascorse assieme, noi parlammo parecchio, di ragazzi, poi della scuola e soprattutto ascoltammo in silenzio la nostra musica preferita. Lei ed io eravamo molto amiche e ci confidavamo tutti i nostri più intimi segreti. Mi ricordo che quella fu un estate torrida e che ‘Cozzetta’ ed io, quel giorno, per mitigare il gran caldo, ci svestimmo e ci regalammo una doccia interminabile, tutte e due nude sotto il potente e massaggiante getto d’acqua. Ci accarezzammo, delicatamente, ma non ci fu nulla di erotico o pornografico in quell’atteggiamento, fu veramente solo il sottilissimo piacere di due ragazze che si lavano vicendevolmente, strofinandosi impercettibilmente la pelle morbida e liscia. Quando uscii da casa sua era quasi buio ed io immersa nei miei pensieri, raggiunsi la fermata dell’autobus, guardai l’orario di arrivo e poi mi sedetti sulla panchina metallica ad attendere l’arrivo del mezzo pubblico. Con il classico senno di poi e alla luce di quanto successo poco dopo, credo che quel mio gesto naturale di sedermi, fu il mio primo errore, forse sarei dovuta rimanere in piedi, magari un po’ più nascosta nell’ombra e invece mi esibii, accavallando le gambe come d’abitudine e scoprendo quasi totalmente le mie belle cosce tornite. Una macchina rossa, scassata, passò per la strada e sentii i commenti salaci e volgari di quattro giovinastri che con i finestrini abbassati si rivolgevano a me ad alta voce.
Mi guardai attorno e purtroppo non c’era nessuno, poi vidi che si allontanavano, tirai allora un sospiro di sollievo e mi alzai avvicinandomi al pilastro di cemento che sosteneva la pensilina. Mi sentivo più protetta li nell’ombra, credetti di essere quasi invisibile e fu il secondo mio tragico errore. Sempre con il senno di poi, avrei dovuto attraversare la strada e raggiungere il bar che c’era proprio di fronte, ma non lo feci.
Loro, infatti, ripassarono in senso inverso e questa volta si fermarono e con un italiano parecchio stentato””.

‘Tu porca puttanella, ci fai un bel pompino?? Ah ah ah ah!!!’

‘Andatevene, se non mi metto ad urlare!!!’

Per tutta risposta li sentii ridere a crepapelle, mi guardai ancora intorno, ad un centinaio di metri un signore, che si era accorto che qualcosa non funzionava, camminava veloce verso di me, sperai che facesse in tempo ad arrivare e invece, loro scesero e mi presero con la forza sbattendomi dentro la macchina che partì a tutta velocità. Devo dire che quel’ signore fu poi molto utile alle forze dell’ordine per favorire il mio ritrovamento.
Fui bendata e stretta in mezzo a due di loro che mi mettevano le mani dappertutto. Puzzavano di sudore, di aglio e di vino, erano sicuramente ubriachi e parlavano fra di loro una lingua a me sconosciuta. Li pregai a lungo di lasciarmi andare ma loro per tutta risposta mi minacciarono con un coltello””.

‘Se non fare la buona, noi ti ammazziamo! Eh, eh, eh, prima noi ti scopare e poi ammazzare capito puttana!!! Mai preso cazzo di zingaro rumeno???’

Spaventata a morte, feci silenzio e loro continuarono a toccarmi dappertutto, mi aprirono la camicetta davanti facendo saltare i bottoncini , poi mi lacerarono con il coltello il reggiseno ed iniziarono a pasticciarmi indelicatamente le tette. Dopo una decina di minuti di questo inferno maleodorante, la macchina si fermò e mi fecero scendere spingendomi forte, io caddi a terra e mi graffiai le mani sul terriccio ghiaioso. Mi sollevarono e mi tolsero la benda dagli occhi”’..

‘Questa è puttana, l’abbiamo trovata in città, ‘ Tatal’ ( padre) la vuoi tu?’

Era un accampamento di zingari rom, c’erano molte donne, vestite con abiti lunghi e sgargianti e il capo stava seduto su una poltroncina di vimini di fronte ad una roulotte, davanti a lui seduti altri quattro maschi giovani, più in la alcuni bambini giocavano fra di loro con una palla un po’ sgonfia.

‘Dove avete trovato questa ragazza?’

Io stavo al centro dell’attenzione, mi tenevo i brandelli della camicetta chiusi sul seno come meglio potevo ed ero agitatissima non sapevo cosa fare, le gambe mi tremavano e nonostante il notevole calore esterno, io percepivo una stranissima sensazione di freddo dentro. I miei rapitori, intanto, erano entrati e subito usciti dal grande mobil-home, essi si erano serviti di una birra a testa ed ora la stavano tracannando avidamente. Uno di loro, con la voce alterata dall’alcool, rispose al padre parlando in rumeno, quindi vidi l’uomo che si alzò a fatica dalla poltrone di vimini e venne verso di me. La sua figura, vista in piedi era inquietante, la stazza dell’uomo impressionava moltissimo. Era molto alto, credo attorno al metro e novanta e possedeva una grossa pancia sporgente a mo di barile, pensai che pesasse almeno centoquaranta chili abbondanti e difatti camminava a fatica strascicando i piedi sul terreno. Quando mi fu vicino, mi analizzò come gli allevatori usano fare per esaminare un capo di bestiame prima di acquistarlo. Poi, usando ancora la loro lingua, parlò con una donna che pensai fosse la moglie. Anche lei era grossa e grassa, aveva dei fianchi e delle tette spropositate e quando la vidi girarsi per raccogliere il fazzoletto che gli era caduto a terra, notai, nonostante la gonna larga e lunga che indossava, un culone da guinnes dei primati.
Lei venne verso di me e mi prese per un polso conducendomi dentro la loro roulotte. Una volta li, mi spinse verso il fondo e poi fece scorrere una tenda in modo da chiuderci dentro a quell’angusto e sporco angolo del locale. Senza una parola, mi spogliò nuda, mi guardò per bene, poi mi divaricò le gambe e mi infilò un dito nella patata, sentii dolore e lei si fermò seduta stante. Prese da un armadio un vestito a fiori con l’arricciatura a vita e me lo diede in mano facendomi segno di indossarlo. Provai a raccogliere le mie mutandine e lei me le strappò di mano dicendomi””.

‘Nostro popolo no mutande!!’

Così raccolsi il vestito e lo feci passare da sopra il capo, lo infilai e me lo sistemai addosso alla meglio. La matrona, mi parlò ancora in pseudo italiano”’.

‘Tu guarda, specchio’

Ebbi la forza di sorridergli e mi guardai, però, pensai immodestamente, sei carina pure vestita da zingara. Poi chiesi””..

‘C’è un posto dove posso lavarmi?’

‘Venire con me’

Mi accorsi che quel mobil-home era del tipo che scorre lateralmente allargandosi fino a creare degli ambienti del tutto simili ad una vera casa. In effetti dalla parte opposta c’era il bagno. Grande, molto grande con tutti i servizi puliti e assolutamente in ordine. Lei entrò con me e”’..

‘Se tu volere, fai doccia.’

‘Grazie’

Mi sfilai il vestito e mi infilai sotto la doccia, mi lavai usando un bagno schiuma che era contenuto in una boccetta di vetro assolutamente anonima. Aveva un colore verdastro e poco invitante alla vista, ma lei insistette affinché io lo usassi””.

‘Buono, facciamo noi con ortiche e sapone fonduto’

Pensai alla mia povera e delicata pelle, con sapone e ortiche sarebbe diventata un fuoco. Non potei rifiutarmi e così lo usai. Quando uscii dalla doccia, ebbi la piacevole sensazione di freschezza sulla pelle con uno strano e altrettanto gradevole e intenso pizzicore generale.
Pensai, beh il ‘sapone fonduto’ e l’ortica danno veramente una botta di vita.
Mi infilai di nuovo il vestito e raccogliendomi i capelli volli uscire””

‘No capelli legati, la sera capelli sciolti per uomini’

Sciolsi allora i capelli e lei mi condusse fuori, mi fece sedere in terra a gambe incrociate attorno ad un fuocherello dove su una grossa griglia stavano cuocendo delle salsicce arrotolate e delle bistecche di maiale. Una donna, curava la carne girandola con un ferro appuntito e una musica gitana si propagava nell’aria trasmessa da un vecchio stereo a cassette. Alcune donne e ragazze ballavano attorno al fuoco girando ed agitando il corpo in modo estremamente sensuale, gli uomini seduti attorno le osservavano attentamente. Usando dei piatti di plastica un ragazzino fece il giro, distribuendo la carne, iniziò dal padre, al quale fu riservata una quantità superiore agli altri, e via, via distribuì il cibo a tutti, me compresa. Due donne entrarono nella roulotte e ne uscirono con dei bottiglioni appannati, di vino rosato e con due enormi cesti contenenti del pane casereccio e della frutta..
Fu posizionato al centro un tavolo, di quelli pieghevoli che si usano in campeggio, sopra al quale furono posate tutte le cibarie ed i vari beveraggi. Intanto la musica continuava dolcemente ad accompagnare la nostra cena. Pensai che se le cose andavano così, magari domani sarei potuta tornarmene a casa incolume. Purtroppo mi sbagliavo, guardai il mio Casio e vidi che erano le undici passate.
Quando giunse la mezzanotte, il padre padrone diede un ordine secco e tutti i bambini si infilarono dentro la roulotte, li seguirono, oltre alla matrona, alcune altre donne, che potevano avere dai trentacinque ai quarantacinque anni. Dopo circa quindici minuti, le donne ritornarono, alcune sedendosi attorno al fuoco e altre invece si misero ancora a ballare.
I maschi bevevano il fresco vinello e con le mani si servivano della carne addentandola e masticandola rumorosamente. Pensai in quel momento ai miei genitori””

‘Mastica con la bocca chiusa! Sei mica un ruminante!!!’

E poi ancora le parole di mio padre a risuonarmi nelle orecchie e nella mente”

‘Mi sembri un cannibale! Usa le posate cavoli!!!’

La matrona mi si sedete vicina e mi sussurrò””..

‘Tu capace a ballare?’

‘Si sono capace, mi piace molto ballare!’

‘Tu balla allora!’

Si alzò insieme a me e riempì un bicchiere colmo di vino, me lo porse, poi ne versò un altro per se stessa e mi fece capire di bere assieme a lei””

‘Tu bere tutto in solo colpo!’

Tracannai il bicchiere e sentii che era un po’ frizzantino e piacevolmente fresco, lei mi prese dalle mani il bicchiere e me lo riempì ancora posandolo assieme al suo sul tavolino. Poi si mise a ballare, mi sorrideva, invitandomi a muovermi con lei ed io a poco a poco, iniziai a ballare. Lo feci dapprima timidamente, mi vergognavo un po’, poi lei mi offerse un altro bicchiere e così sentii il mio corpo farsi più leggero ed iniziai ad ondeggiare al ritmo della musica; i mie fianchi dondolavano in modo sensuale e notai che persino la matrona, riusciva, nonostante la grossa stazza, a muoversi lascivamente. Ora i maschi applaudivano apertamente e uno per volta si univano a noi. Un ragazzo dai lineamenti bellissimi, alto all’incirca sul metro e ottanta , con capelli neri corvini, lucidi e impomatati, si mise a ballare con me, muovendo il bacino vicinissimo al mio, notai che i suoi occhi scurissimi e profondi si fissavano ipnoticamente dentro ai miei. Egli simulava il movimento maschile durante l’amplesso, indovinavo sotto i calzoni bianchi, la sua eccitazione puntare contro la stoffa e tenderla, eravamo ormai vicinissimi, fin quando lui, con un ultimo passo, mi fu contro, sempre muovendo sinuosamente il bacino strusciava la sua rigidità contro il mio basso ventre ed io come una calamita, seguivo e accompagnavo i suoi sensuali movimenti. Lo sentivo chiaramente contro il pube, forse fu il vino, forse la grande carica erotica che lui sprigionava o molto probabilmente, furono entrambe le cose, ma io mi sentivo illanguidire ed eccitare a dismisura.
Mi ricordai solo allora che tra la mia vergine patatina e il suo membro vi era solo la leggera stoffa del vestito. Sentii le sue mani sui miei fianchi, mi attirò a se ed ora avvertii chiaramente il pene contro la fighetta, conoscevo bene il mio corpo e fui certa che a quel punto la mia ‘gattina’ era oscenamente bagnata. Lui raccolse dal cesto della frutta una mela rossa e la mise fra le nostre bocche, morsi dalla mia parte e senza farla cadere inghiottii la piccola porzione di mela; la stessa cosa fece lui, asportandone però un pezzo più grande, ripetemmo la stessa operazione svariate volte fin quando rimase il solo torsolo. Quando lui fece cadere lo scarto della mela le nostre bocche si unirono e fu un bacio intenso, avvolgente, aveva delle labbra morbide ma spesse, create da madre natura per baciare, le nostre lingue lottarono a lungo, mentre tutto intorno a noi, si udivano fischi, applausi e incitamenti vari. Poi il sogno svanì, la musica cessò di colpo e iniziò per me una sessione bruttissima, il capo mi volle seduta sulle sue ginocchia, il ragazzo provò a distogliere il genitore dalle sue brutte intenzioni, ma lui fu irremovibile. Mi prese e mi fece alzare, poi manifestò chiaramente le sue intenzioni. In pratica era lo ‘ius primae noctis’ ovvero il diritto di scopare per primo la vergine.
Compresi solo allora il motivo per cui la matrona mi aveva visitata intimamente, sicuramente lo aveva comunicato al marito e adesso lui” Pensai”’.Ma cazzo! Avevo avuto mille occasioni nella mia pur breve vita di farmi scopare da un ragazzo giovane e adesso mi toccava un vecchio panzone!!!
Lo spavento iniziò a cogliermi poco prima del rapporto, quando vidi la grossa e lunga bestia che gli spuntava da sotto l’addome ridondante.
Nonostante la mia tenera fighetta fosse abbondantemente lubrificata, fu infatti un rapporto dolorosissimo, lui mi prese da dietro, e me lo infilò dentro di brutto lacerandomi l’imene e non preoccupandosi delle mie urla di sofferenza. Mentre mi penetrava bestialmente sentivo il peso della sua enorme pancia sulle mie natiche e il suo cazzo sbattermi in fondo, credo contro l’utero, ad ogni affondo il dolore era sempre più insopportabile, io gridavo tutti i nomi che mi venivano in mente”””..

‘Zingaro bastardo, pancione di merda, smettilaaa, vaffanculo figlio di puttanaaaa, mi sfondi tuttaaa, bastaaaaa, bastaaaa’

Lui mi rispondeva con altrettanti insulti””’

‘Curva’, (Puttana) Troia, sporca feminaaaa, te piace cazzo!!’

Poi mi venne diligentemente fuori, innaffiandomi tutta la schiena, sentivo colarmi dappertutto la sua lava bollente e poi lui mi prese per i capelli tirandomi verso di lui, mi fece inginocchiare e mi porse il pesante obice””..

‘Suchia, putanaaaaa!!!’

Non so come riuscii ad aprire la bocca per accoglierlo ma sentii le labbra circondargli la cappella e le sue ultime gocce di sborra posarsi sulla mia lingua”’

‘Tu manda giù mia sboraa!!!’

Mi lasciò li inginocchiata, si sollevò i pantaloni e senza nemmeno lavarsi uscì sullo spiazzo antistante, io rimasi frustrata, inginocchiata a terra e sporca di sperma dappertutto, da dietro mi era colata sul davanti e così ne ero piena, non sapevo cosa fare, avevo un pressante stimolo a fare la pipì, mi toccai la vagina ed estrassi la mano piena di sangue. Mi misi a piangere a dirotto abbandonandomi in avanti appoggiando i gomiti al pavimento. Per fortuna, venne in mio soccorso, la vecchia matrona e lei mi aiutò ad alzarmi conducendomi ancora nel bagno. Mi sedetti sulla tazza e urinai un fiume di pipì, poi mi lavai per bene e feci scorrere l’acqua nel bidet fino a riempirlo di acqua fresca e ci rimasi con i genitali a bagno per qualche minuto. La donna intanto aveva preso una mutandina pannolino e me lo porgeva, mi asciugai e lo indossai chiudendolo a vita con il velcro. Poi lei mi fece cenno di farmi la doccia ed io aprii il pannolone e lo tolsi posandolo sul bordo del lavandino. Fu gentile, mi aiutò a lavarmi la schiena, il bagno schiuma alle ortiche anche questa volta mi diede un sacco di beneficio e mi sentii meglio. L’unica mia parte dolorante era la vagina, sfondata da quell’energumeno bastardo e superdotato!! Indossai il pannolone e uscii nello spiazzo.

Quella fu la mia prima sera, rimasi seduta con gli altri attorno al fuoco, mentre il padre bastardo e stupratore mi guardava mostrandomi un sorriso ebete e canzonatorio. Verso le tre di notte, finalmente la moglie del figlio di puttana mi condusse dentro e mi indicò un divano letto sul quale avrei potuto riposarmi.
Il giorno seguente fui svegliata quando il mio orologio segnava le sette, ero riuscita a dormire ben quattro ore!!! Ancora la mente mi portò ad alcune frasi dei miei genitori, la mamma”’..

‘Ehii, guarda che sono le undici non ti alzi mai????’

E come sempre papà rincarava la dose”’.

‘Ti sembra di essere in un albergo??? Arrivi alle ore piccole, ti alzi a mezzogiorno, ma come cavolo fai a vivere così???’

Cosi mi alzai e andai in bagno, feci la pipì e controllai il pannolino, c’era una macchia di sangue in corrispondenza del mio buco martoriato, ma pareva sangue ormai raggrumato e quasi secco. Mi toccai con le dita, il dolore era quasi scomparso e non sanguinavo più. Buttai il pannolino ed uscii, la matrona mi fece cenno di uscire sullo spiazzo dove gli uomini erano vestiti di tutto punto con la camicia e la cravatta. In piedi e in disparte, con le mani in tasca, parlavano fra di loro, mentre le donne lavoravano alacremente. Fui assoldata infatti per andare a prendere l’acqua ad una fontana che si trovava a circa trecento metri dal loro accampamento. Credetti di perdere l’uso delle braccia, quando al ritorno le pesanti taniche, una per parte mi tiravano gli arti verso il basso provocandomi delle fitte tremende ai muscoli e ai tendini. Arrivai e posai i contenitori accasciandomi distrutta su una sedia. Le altre mi guardavano con commiserazione, mi osservavano come se fossi una bestia rara. Nel mondo normale, questi lavori pesanti di solito li fanno i maschi che sono meglio dotati fisicamente, qui invece gli uomini non fanno assolutamente nulla mentre le donne si sbattono a fare i lavori, ad essere amanti e mogli, a preparare i pasti, insomma a fare tutto, assolutamente tutto!!
Durante il giorno, quando nessuno poteva controllarmi, venni poi segregata nel ripostiglio della roulotte seduta su una sedia di ferro e chiusa dentro a chiave. Quello stesso giorno poco prima della cena si fecero dare il numero di cellulare dei miei genitori e compresi allora che volevano richiedere un riscatto. La seconda sera, ci furono ancora musica e balli ed io fui invitata a ballare, lo feci ma con meno convinzione confronto alla sera precedente. Ero ossessionata dall’idea di soggiacere ancora con il vecchio porco. Invece, lui non mi guardò nemmeno in faccia e ballai tutta la sera con il ragazzo bello e sensuale. Scoprii che si chiamava Mircea, in italiano Mirco, e lui, balbettando l’italiano mi chiese il mio nome, mi era molto simpatico e glielo dissi.
Verso le tre della notte, come la notte precedente, tutti se ne andarono a dormire e anche io mi buttai sul mio giaciglio e mi addormentai subito. Fui svegliata un ora dopo, da una mano che mi premeva sulla bocca e quando aprii gli occhi vidi Mirco che mi faceva cenno di stare zitta. Lentamente mi tolse la mano dalla bocca e avvicinò alle mie labbra le sue e mi baciò appassionatamente. Mi divincolai, lottai, ma lo feci con poca convinzione e non riuscii o forse non volli respingerlo, cedetti quindi alle sue mani, che mi perlustravano il corpo, mi accarezzavano dolcemente e lui incessantemente continuava a baciarmi. Portava dei calzoncini di tela bianchi con l’apertura sul davanti, tipo mutandoni del nonno. Si inginocchiò poi fra le mie gambe, armeggiò qualche secondo con le sue mutande, fin quando il suo pene scattò fuori come una molla, notai la sua cappella luccicare al fascio di luce del lampione esterno che penetrava dalla piccola finestra. Percepii nettamente, il calore e la rigidità del suo membro fra le mie cosce aperte e lo sentii appoggiarsi fra le labbra della mia fighetta bagnata. Ero tesissima, mi aspettavo che il lacerante dolore della sera prima, si propagasse dentro di me, squassandomi il corpo e l’anima.
Ma, non ci fu nulla di simile, anzi, più lui mi entrava dentro e più il piacere invadeva tutto il mio essere. Lui non smise per un attimo di baciarmi, le sue labbra carnose si appiccicavano a ventosa sulle mie, la sua lingua cercava e trovava la mia, mi pareva lui avesse cento mani, mi accarezzava il seno con il palmo della mano aperto, girando sopra ai capezzoli piacevolmente eretti e dopo poco sentivo la stessa mano sotto il sedere, lo fece anche con entrambe le mani artigliandomi fortemente le natiche e perlustrarmi con le dita il buchetto posteriore. Ad ogni spinta i suoi addominali si contraevano e ritmicamente sentivo sotto le mie mani i suoi glutei guizzare. Respiravo affannosamente e cercavo di farlo nel modo più silenzioso possibile, anche lui era molto discreto e al tempo stesso riusciva ad essere enormemente passionale. Durò almeno quarantacinque minuti quel rapporto silenzioso e appassionato ed io ebbi il primo orgasmo della mia vita, provocato dalla penetrazione maschile. Rimanendomi dentro lui mi lasciò rilassare e recuperare fiato, poi lo vidi di colpo affondare in me in modo prepotente, violento, sentii che il suo grosso glande toccava il fondo della mia vagina, compresi allora che stava per venire e gli fui grata che decidesse di eiaculare all’esterno. Si rimise in ginocchio e si impugnò il cazzo, dirigendo i bollenti getti di lava sulla pelle del mio ventre. Quando le ultime gocce furono munte, si pulì ulteriormente la cappella strusciandola alcune volte sul mio boschetto di peli serici e poi lo rinfoderò dentro le mutande. Pensai che come aveva fatto il padre anche lui se ne sarebbe andato e invece mi fece capire che avrebbe dormito con me, sullo stretto divano. Al mattino, tutta la tribù di nomadi, ci vide abbracciati, nudi sotto le lenzuola, pacificamente e seraficamente attorcigliati uno contro l’altra. Nei giorni che seguirono, molte volte ci accoppiammo di nascosto, lontani dall’accampamento dove lui mi portava, in mezzo ai prati dietro una grossa pietra, persino sulla sedia metallica dentro l’angusto magazzino. Successe spesso che mi leccasse la figa ed io ricambiassi succhiandogli il cazzo, imparai a inghiottire la sua sborra……… Poi un mattino, lui mi si avvicinò e mi parlò”

‘Senti L’.. io sono figlio di capo, e tu mia fidanzata, dimmi se tu mi vuoi sposare’

Rimasi allibita, non seppi cosa rispondere, lui era bellissimo, dolcissimo, molto, molto affettuoso, ne ero certamente innamorata pazza, ma come potevo pensare di sposare uno zingaro, la quale famiglia mi aveva rapita e suo padre mi aveva violentata?
Lui interpretò il mio silenzio come un no e da quel momento terminò la mia pace. All’ora della cena, quando tutta la famiglia era radunata attorno al fuoco, Mirco, si alzò in piedi e disse”’..

‘Parlo italiano così L’.. mi capisce. Genitori e fratelli, con lei io non sono più fidanzato e da oggi, non è più mia, fatene quello che volete.’

Lui si sedette e mi guardò a lungo intensamente, poi iniziò a mangiare e a bere, lo vidi ridere con gli altri, compresi che a più riprese parlavano di me, mi schermivano, univano il pollice e l’indice a mo di cerchio e con l’indice dell’altra mano lo facevano andare su e giù dentro a quella circonferenza. Era la simulazione della penetrazione, lui raccontava nei particolari tutto ciò che avevamo fatto. Lo faceva intenzionalmente per dileggiarmi, per farmi comparire agli occhi dei suoi parenti una puttana con la quale si era solo divertito. Gli era bruciato dentro il mio pseudo rifiuto e voleva dimostrare a tutti che lui era il maschio forte e che io per lui non rappresentavo nulla, anzi meno di nulla.
Dopo cena la solita musica fece il suo melodioso ingresso mescolandosi miracolosamente alle alte fiamme del fuoco acceso. Notai che le donne, come ad un segnale prestabilito, si preoccuparono immediatamente di mettere a nanna i bambini. Si diede inizio al ballo ed io fui invitata da uno dei fratelli di Mirco, uno di quelli che mi aveva rapito e condotta in mezzo a loro. Mi rifiutai e allora lui mi prese per un braccio e mi fece alzare a forza, fui obbligata a ballare con lui, ma fu solo per poco, tutti gli altri maschi della famiglia a parte il vecchio padre e Mirco, mi circondarono ballando e notai che il cerchio attorno a me si stringeva sempre di più. Ad un certo punto li ebbi tutti addosso e mentre io ondeggiavo in mezzo a questo anello umano, loro iniziarono ad allungare le mani, non potevo ribellarmi, erano una decina, tutto il mio corpo era percorso da dita che mi rovistavano dappertutto, indugiando in particolar modo sul seno e fra le mie gambe. Il lungo vestito, fu sollevato e rimasi interamente nuda. Un anonimo D.j. troncò la dolce e suadente melodia, inserendo come sottofondo una delle musiche più erotiche di sempre; si diffusero infatti nell’aria le note di ‘Je t’aime moi non plus’ Attorno a quel fuoco ora c’erano molti corpi nudi, maschili e anche femminili, non avevo mai visto tanti cazzi tutti assieme e devo dire che molte donne, giovanissime e anche anziane si erano spogliate. I maschi muovevano il bacino dal basso verso l’alto, facendo sobbalzare il pene e i testicoli. Le donne si avvicinavano ballando a gambe aperte, con le ginocchia semi piegate e il busto all’indietro, esse muovevano le tette da destra a sinistra e all’inverso, offrivano la figa scura e pelosissima ai maschi. Ad ogni sobbalzo il cazzo di ognuno di loro si induriva un po’ ed erano già parecchi che mostravano un erezione completa. Non ero più io sola al centro dell’attenzione ma ora c’eravamo tutte noi femmine che avevamo formato a nostra volta un tondo e ballando allargavamo e stringevamo il cerchio al ritmo della musica. La mia sorpresa più grande fu quando vidi chiaramente uno dei fratelli di Mirco abbracciarsi e aggrovigliarsi a sua sorella e in special modo mi fece rimanere di stucco il vedere che un gruppo di maschi si stavano possedendo fra di loro. Mentre due di loro si inculavano un altro succhiava il cazzo all’inculato e vidi il cazzo uscire dal culo del ragazzo e una abbondante sborrata maculare il corpo di quest’ultimo. In quell’accampamento vi era una sola numerosissima famiglia, erano quindi tutti fratelli e sorelle. Non capivo più nulla, vidi passare dei bicchieri e vidi una scatola di cuoio aperta sul tavolino con dentro delle sigarette fatte a mano con le cartine. Me ne fu offerta una e dal gusto compresi che era uno spinello. Il solito vino fresco fu servito e i bicchieri colmi comparvero nelle mani di tutti che assieme, in un sol colpo, lo mandammo giù per ritemprare e ristorare le nostre gole secche e arse.
Si formarono molte coppie che iniziarono a baciarsi e a fare sesso orale e non solo, fui l’unica a guadagnarmi le prestazioni di tre o quattro di loro e devo dire che fui trattata malissimo, mi insultavano e mi toccavano, mi prendevano in giro dicendomi che ero eccitata come una troia, e così finii per terra, seduta sopra ad uno di loro, il suo cazzo infilato nella figa e poi mentre lui mi teneva abbracciata a se un altro mi sputò la sua saliva sul buco del culo e mi allargò con le dita il foro anale, quindi ci appoggiò il cazzo e lo spinse oltre lo stretto anello. Gridai il mio dolore, ma mi fu messa la sordina immediatamente. Il cazzo del terzo, infatti, mi si infilò in bocca e cominciò a pomparmi come se fosse una penetrazione vaginale. Il culo mi faceva malissimo e ne compresi il motivo quando con un urlo bestiale lui mi sborrò nell’intestino e poi, somministrandomi una energica sculacciata, lo estrasse e si alzò in piedi. Mi sottrassi per un attimo al pompino e mi voltai per vedere chi era l’intruso posteriore e lo vidi mentre passava davanti a me e vidi soprattutto il suo gigantesco membro. In quel momento fui presa per i capelli e fatta girare per meglio ricevere il fluido caldo e denso che l’altro giovane mi stava schizzando in bocca, mi sbatté la pesante cappella sulle labbra della bocca strusciandomelo sulle guance per pulirselo meglio. In quel preciso istante sentii i violenti colpi di bacino, che da sotto mi penetravano la figa a fondo e lo udii urlare il proprio piacere eiaculandomi dentro fino all’ultima goccia. Mi sbalzò da lui e si alzò, mentre un altro, si mise a cavalcioni infilandomi il cazzo tra le tette, me le schiacciò per imprigionarvi in mezzo il suo membro, poi lo fece scorrere nel canale avanti e indietro fin quando i suoi schizzi mi colpirono sotto il mento e formarono un laghetto nella fossetta del collo, lui raccolse con le dita la sborra e me la porse da bere, io chiusi fortemente la bocca, ma con la mano libera mi schiaffeggiò a ripetizione gridando””

‘Apri bocca puttana!!! Bevi mia sborra!!!!’

Dolorante, con le guance in fiamme, aprii la bocca e lui mi colò all’interno i lacci densi e grumosi del suo sperma ormai tiepido.
Ancora oggi, se ci penso, non riesco a comprendere due cose, la prima come feci a non rimanere incinta e la seconda come fece il mio penetratore anale a far entrare quella enorme bestia nel mio strettissimo buco del culo.
In quei cinque giorni, di prigionia avevo perso la verginità di tutti i miei buchi, che avevo inutilmente e a lungo, gelosamente custoditi vergini. Il giorno seguente, fermai Mirco, mi appartai con lui e gli spiegai i motivi per i quali non avevo saputo rispondere alla sua richiesta di matrimonio.
Poi gli chiesi spiegazioni circa i rapporti sessuali assolutamente incestuosi che si svolgevano nella loro famiglia e lui mi spiegò che era abbastanza normale che ciò accadesse. Parecchi gruppi di nomadi erano composti da famiglie dove non esisteva lo scambio di donne con un’altra famiglia, magari di un’altra etnia. Così tutti i rapporti e molti figli erano frutto di rapporti fra di loro e queste regole valgono da secoli. Mi domandai: Sono più progrediti loro o lo siamo di più noi???
Nei giorni seguenti ogni sera fui usata da qualcuno e in occasione della sera prima della mia liberazione feci sesso con due ragazze giovanissime come me. Fu una esperienza inizialmente brutta, io non sapevo nulla del sesso fra femmine e quando le due ragazze mi condussero nel loro giaciglio maleodorante, giuro che ebbi i conati di vomito che si accentuarono quando fui obbligata con la forza a leccare le loro fighe che sapevano di urina””..

‘Tu lecca figa, poi non senti più odore, a noi piace di più leccare figa se sa odore!!’

‘Mi fate schifoooo’

‘Tu puttana, lecca figa!!!’

‘Non vogliooo, non sono lesbicaaaa!!!’

‘Tu sei porca, preso tanti cazzi, adesso lecca figa!!! Subito capitoooo???’

Le leccai prima una e poi l’altra, le nettai i loro orifizi, lappando i loro buchi del culo e devo dire che ne fui ricambiata gradevolmente. Poi ci presi gusto e una volta eliminato l’afrore d’urina assaporai il gusto della figa e compresi anche il perché spesso sull’ ‘autobus che mi conduceva a scuola un uomo mi si avvicinava e poco prima di scendere mi sussurrava all’orecchio ‘ti leccherei per ore la figa’. Era piacevole sia farlo sia riceverlo e di questo ne feci poi esperienza nella vita futura. Le donne mi portarono poi in bagno con loro. Vidi una di loro sedersi sul bidet e l’altra sedersi sulla prima guardandola in viso. Compresi che quella sopra stava facendo la pipì su quella sotto, inondandole il pube e la vagina di calda pioggia dorata. Le due si invertirono e toccò all’altra liberarsi la vescica colma. Poi toccò a me e anche io la feci sulla seconda ragazza. Nessuna delle due si lavò, ma entrambe si alzarono e dopo aver indossato le lunghe vesti se ne andarono. Rimasi io da sola e ne approfittai per mettermi sotto la doccia e lavarmi completamente, tirando persino fuori la lingua e far passare sopra i caldi getti purificatori.

La mattina dopo, molto presto, erano le sei, fecero irruzione in quel campo nomadi, una trentina di carabinieri armati fino ai denti, indossavano giubbotti antiproiettile e in pochi minuti mi liberarono. Arrestarono altresì tutti i componenti della famiglia. Io riuscii a salvare Mirco dichiarando che lui non voleva e che aveva cercato di proteggermi e difendermi. Fu rilasciato dopo un mese, mentre gli altri subirono pene dai cinque ai dieci anni. Il merito di questo ritrovamento fu da riconoscere totalmente a quel signore che in lontananza avrebbe potuto salvarmi ma non arrivò in tempo. Io conobbi quel signore e dopo un anno circa convolammo a giuste nozze. Lui oggi è mio marito”’ Ma chissà quel ragazzo bellissimo di nome Mirco che fine avrà fatto???
Un bel peccatuccio, ancora oggi, con lui, lo farei ben volentieri..!!!

Come al solito buon sesso a tutti Ombrachecammina

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