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124 – La professoressa, gli allievi e la figlia, tutti in vacanza (parte 2a)

By 4 Febbraio 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Chiaramente, il giorno seguente fu improntato da parte di tutti, ad una perfetta comunione di intenti. Si vide questo grande cambiamento anche nelle piccole cose.
Ad esempio, la mattina seguente, essendomi svegliata per prima, mi misi a rifare il letto e prima di questo spalancai la finestra e per far girare un po’ l’aria, aprii anche la porta che dava sul corridoio.
Dall’uscio aperto vidi passare prima i maschi, essi, mentre andavano in bagno, sfilavano davanti a me, completamente nudi con il cazzo bello inalberato e rigido. Le femmine, a parte Beatrice e Sabrina che passarono di fronte alla mia camera anche loro interamente nude, le altre si mostrarono comunque con indosso le sole mutandine. Fu un bellissimo spettacolo, vedere i giovani corpi maschili e femminili in tutto il loro splendore esibire senza vergogna le loro nudità, davanti al mio sguardo parecchio concupiscente. Pensai eccitata: Se è vero il detto che il buon giorno si vede dal mattino”’..
In effetti, fu una giornata molto particolare. Non esisteva più la professoressa e gli allievi, io ero ormai parte integrante del loro gruppo, mi davano del tu ma stranamente mi chiamavano prof. . Mentre si faceva colazione compresi da alcuni gesti inequivocabili che se fossi rimasta ancora un po’ tra di loro sarebbe scoppiata rapidamente un’altra mega orgia. Io avevo indossato solo una camiciola corta e molto trasparente e mentre mi adoperavo a lavare le tazze nel lavandino gli sfioramenti intenzionali si moltiplicavano, tutti avevano il diritto di toccarmi il culo, i maschi poi, ci appoggiavano tranquillamente il cazzo, premendomelo fra le natiche, altre mani, maschili o femminili che fossero, mi palpavano insistentemente i seni, insomma mi divincolai dai loro insistenti abbracci intimi e mi infilai on camera mia. Quando riemersi dalla stanza, mi ero infilata un copricostume e sotto avevo indossato un bikini giallo nemmeno troppo sconcio. Esordii dicendo loro che era meglio se fossimo andati tutti in spiaggia a scaldarci la pelle al sole, piuttosto che farci prendere nuovamente dalla foga del sesso. Alcuni mugugnarono rumoreggiando alquanto, ma poi si andarono a vestire e dopo circa mezzora ci incamminammo verso la spiaggia. Mentre me ne stavo distesa sul mio telo mare, riflettei a lungo su tutta la situazione che si era verificata la sera precedente e che sicuramente si sarebbe ancora verificata in un futuro nemmeno troppo lontano. Certo che se io, donna matura, investita tra l’altro di un ruolo molto importante per l’educazione dei miei giovani allievi,sentivo il prepotente bisogno di fornicare con loro, cosa potevo poi pretendere? Potevo forse richiedere maggiore serietà? Rispetto? Educazione? Potevo forse pretendere che calmassero i loro bollenti spiriti? Ero stata giovane anche io e avevo avuto gli stessi loro prepotenti pruriti post adolescenziali. Ricordo che a quei tempi non passava giorno che io non portassi le mie dita, che ogni volta diventavano più abili, a masturbarmi furiosamente. Bastava che vedessi un bel ragazzo per la strada, con un paio di jeans stretti e mi accorgevo che faticavo non poco a non fargli notare il mio interesse per quel pacco inguinale che i suoi pantaloni scoloriti evidenziavano oscenamente in modo provocatorio. Quante volte sull’autobus, mentre facevo ritorno a casa, qualche vecchierello ancora voglioso e arzillo mi palpava il sedere e magari mi strusciava con insistenza il cazzo contro le natiche. Rammentai che io mi spostavo poco volentieri da quella posizione ed ero invece contenta quando il pullman era strapieno e non potevo muovermi e allora, mi lasciavo ‘infastidire ed importunare’ volentieri, arrivando poi a casa eccitatissima con la mia micina fradicia di abbondanti umori. Così prima di pranzare, mi rintanavo in bagno e velocemente soddisfavo la mia impellente e impetuosa voglia di sesso.
Mentre fantasticavo con la mente assorta nei miei osceni pensieri, percepii la pelle calda e come una bistecca in padella mi girai prona a prendere ancora il sole sulla schiena e sul mio sedere parecchio scoperto. Guardai il gruppo dei miei ragazzi e vidi che i maschietti seduti sulla sabbia giocavano a carte mentre tutte le femmine, mia figlia compresa, prendevano il sole sdraiate sui lenzuoli da bagno. Chissà se qualcuno dei ragazzi, in quei giorni si sarebbe fatto avanti per provare a scoparmi, mah, l’unica cosa da fare era attendere gli eventi e magari’ aiutarli a prendere determinate direzioni. Certo era che io potevo essere la loro madre e poi da essere obbligata con il ricatto, stavo diventando io quella che li desiderava da impazzire. Rimuginai per tutta la mattinata, ma non riuscii a razionalizzare i miei pensieri, mi rimaneva sempre il dubbio se fregarmene delle apparenze e approfittare di questa breve vacanza per divertirmi spensieratamente oppure rimanere ligia ai miei doveri di madre, di donna seria e integerrima e anche di insegnante ed educatrice. Ci pensarono i quattro maschietti a farmi decidere, senza tanti giri di parole, sentii solo un lungo brivido percorrermi la schiena, nel momento stesso in cui Ghedì, il ragazzo di colore, mi sfiorò le chiappe con una mano. Aprii gli occhi e li vidi tutti e quattro in piedi due da una parte e due dall’altra. Rocco fu il primo a parlare, lui aveva compiuto da poco diciotto anni, imberbe come un bambino con il viso d’angelo e i capelli biondi lunghi sulle spalle, mi chiese con la massima gentilezza se andavo con loro a prendere il sole sugli scogli. Mi girai per guardarli bene in viso e poi dissi a Ghedì di non permettersi più di toccarmi il culo, specie in pubblico. Lui mascherò il suo imbarazzo ridendo e scusandosi con me per il suo modo di fare piuttosto impudente. Chiesi loro dov’è che volevano andare e il rumeno Costantino, mi indicò con la mano gli scogli che si ergevano dal mare a circa sessanta metri. Mi sollevai in piedi e gli risposi che sarei andata, ma solo se mi aiutavano perché io non ero molto capace a nuotare. Si premurarono di confermare il loro aiuto ed io allora, raccolsi il mio telo e in mezzo a loro mi incamminai decisa. Entrammo in acqua e camminammo per almeno una quarantina di metri con il livello alle ginocchia. Poi gradatamente scendemmo facendoci immergere sempre di più, quando mi accorsi che il liquido azzurro diventava più scuro e mi arrivava al collo, loro mi tennero per le braccia sollevandomi letteralmente e mi fecero attraversare gli ultimi quattro o cinque metri che ci separavano dagli scogli. Salirono per primi e poi mi tesero la mano aiutandomi ad arrampicarmi fin alla sommità, dove c’era una pietra tonda di circa un metro di diametro scendendo due scalini naturali scavati nella roccia si trovava un masso grandissimo completamente piano. Eravamo soli e anche nascosti completamente dai possibili sguardi indiscreti dei bagnanti che c’erano in spiaggia. I quattro giovani, mi aiutarono a sistemare il telo mare e così mi sedetti ad ammirare lo spettacolo del mare e degli yot che in lontananza solcavano le calme acque formando scie bianche che si andavano a perdere con onde sempre più piccole che scivolavano inesorabilmente verso la spiaggia. Intenta a godermi tanta bellezza in lontananza, non mi accorsi che di bellezza ne avevo tanta vicinissima a me. Mi voltai verso sinistra e rimasi ipnotizzata dai corpi completamente nudi dei quattro miei allievi. L’unico che si copriva con le mani le parti intime era il giovanissimo Rocco, forse si vergognava e sicuramente era stato convinto dagli altri a togliersi il costume.
Stavano ancora tutti in piedi e mi guardavano ostentatamente, essi mi sorrisero e si avvicinarono a me. Si inginocchiarono vicinissimi e le loro mani si adagiarono dolcemente sulla mia pelle bollente. Mi accorsi di essere psicologicamente impotente di fronte a tanta meraviglia. Il mio sguardo si posò dapprima su Ghedì, il più vecchio dei quattro, che aveva diciannove anni, poi guardai Giampiero che di anni ne aveva diciotto e mezzo, quindi feci scorrere gli occhi su Costantino, lui aveva diciotto anni e un mese perché era nato il primo di maggio, posai lo sguardo su di Rocco, il più giovane essendo lui nato diciotto anni prima al trentuno di maggio. La nudità di Ghedì la conoscevo già, il suo pesante bananone era un potente arma da guerra e anche Giampiero avevo avuto modo di gustarmelo in bocca ed assaggiarne l’abbondante succo dei coglioni, anche lui era molto ben dotato, non come il suo compagno di colore ma in quanto a dimensioni ci andava parecchio vicino. Guardai gli altri due maschi del gruppo e mi stupì non poco la estrema lunghezza del pisello di Costantino, sottile e lungo, tutto incappucciato con sotto due belle palle ben suddivise tra di loro da uno spesso cordone centrale più scuro di tutto il resto. Rocco aveva spostato le mani e ora potevo vedere la sua attrezzatura. Lui era di pelle bianchissima e il suo cazzo al contrario, era molto più scuro, circonciso, anche lui come gli altri, ce l’aveva ancora molle, ma non fu questo a stupirmi, mi lasciò invece di stucco la larghezza della sua cappella. Lungo una ventina di centimetri ma di diametro era almeno sui cinque centimetri. Le palle proporzionate al resto molto lunghe e pendenti completavano l’opera. Mi trovai in pochi secondi senza il reggiseno del costume e subito appresso anche la mutandina scese lungo le mie gambe lasciandomi completamente nuda. Rocco, timidamente mi fece i complimenti per il mio boschetto di peluria serica e nera come la pece. Lo ringraziai con voce roca, che tradiva chiaramente la mia estrema eccitazione, poi feci scivolare la mia mano sinistra verso il suo grosso batacchio, ero curiosa ed estremamente desiderosa di sentirmelo in mano, anelavo tastarne la consistenza e così lo impugnai saldamente e cominciai a muovermi su e giù lungo quell’asta piena e vigorosa. Il giovanotto si inarcò all’indietro spingendo la sua massiccia mazza in avanti, mi piegai verso quella grossa prugna violacea e la accolsi fra le mie labbra, spingendomelo fino in gola. Sentii delle mani che mi misero a pecorina e un cazzo spingersi nella mia figa, ero presa tra due fuochi e come una zoccola impazzivo mugolando oscenamente. Lasciai il membro di Rocco per un attimo, solo per vedere chi era colui che stavo ospitando dentro di me e vidi che era il rumeno Costantino il ragazzo che mi stava sbattendo il cazzo nella vagina. Tutto il mio corpo ora si muoveva come un altalena avanti e indietro, sentivo il cazzo del ragazzino Rocco crescermi ulteriormente in bocca ed io, mentre con le labbra tirate allo spasimo gli circondavo la gigantesca cappella, sentivo e subivo i fortissimi colpi di bacino che Costantino mi assestava ad ogni prepotente affondo. Poi il rumeno mi prese per i capelli e mi tirò il capo all’indietro, vidi infilarsi sotto di me il corpo d’ebano di Ghedì e poi il suo cazzo infilarsi assieme a quello del suo amico Costantino nella mia figa. Pensai di morire, due cazzoni insieme nella mia figa, uno in bocca, me ne mancava uno nel culo e avrei fatto l’en-plein. Fu forse telepatia, ma Giampiero quasi certamente mi lesse nel pensiero e si piazzò a cavallo delle mie chiappe e guidò la sua mazza contro il mio buco del culo, spinse alcune volte, fallendo l’obiettivo, ma il giovane fu perseverante e spinse ancora, fin quando il mio sfintere si dilatò e acconsentì al pene di entrare. Credo che, almeno una volta nella vita una donna debba provare ad avere due cazzi in figa, uno in culo e uno in bocca. E’ la migliore sensazione, la più paradisiaca, la più completa e appagante che una femmina possa chiedere di sperimentare. Tutti i sensi erano a mille, piacere intenso, goduria impagabile e mi lasciai andare facendomi travolgere da una irrefrenabile passione, venni una volta mentre i loro cazzi durissimi mi scandagliavano in tutti i miei fori disponibili. Poi venni ancora, furono diversi orgasmi ravvicinatissimi tra di loro, infine quando li sentii indurirsi dentro di me, quasi a scoppiare e percepii senza ombra di dubbio i loro schizzi bollenti riempire l’interno del mio corpo, provai un ultimo orgasmo, il più intenso, il più devastante, ma anche il migliore di tutti quelli precedenti. Che sensazione di vuoto quando si sfilarono da me, mi parve di essere uno straccio, senza alcuna energia, mi lasciai andare sulla nuda pietra mentre i miei giovani allievi, girati verso il mare iniziarono a pisciare. Si rivestirono e cavallerescamente attesero che mi riprendessi, quindi mi aiutarono a scendere in acqua e mi guidarono fino in spiaggia. Erano le quattordici e delle ragazze nessuna traccia. Camminammo nei viali del campeggio e raggiungemmo la casa, le trovammo mentre cucinavano per tutti. Dissi loro che erano proprio diventate delle brave donnine, esse mi guardarono con aria di scherno e Beatrice, mi disse che ero una gran puttana. Anche mia figlia Linda, di solito sempre dalla mia parte, mi guardò in modo strano sogghignando in modo significativo. Dopo pranzo andai a riposare un po’, mi sentivo esausta e anche un po’ frustrata, così mi infilai sotto il lenzuolo e chiusi gli occhi in cerca di rilassamento. Dopo qualche minuto, sentii bussare alla porta, invitai, chiunque fosse, ad entrare e così comparve sulla soglia Lisa, aveva il viso parecchio serio ed ombroso, le chiesi cosa volesse e lei mi rispose che voleva sapere se era vero ciò che gli avevano riferito di me e dei ragazzi. Le domandai di dirmi cosa le avevano riferito e lei mi proiettò il film di quanto successo tra me e i miei giovani allievi maschi. Se ne stava seduta sul bordo del letto con il vestitino sollevato e le cosce nude interamente scoperte, io vedevo di profilo le sue tenere tettine, con in punta le dolcissime fragoline di bosco, comparire e scomparire dentro alla profonda e aperta scollatura. Ero ormai diventata una ninfomane, una troia, zoccola e puttana ninfomane.
Mi eccitavo per ogni piccola visione, per un centimetro di pelle in più, certo anche per tanti centimetri di cazzo dentro di me, mi agitavo e impazzivo di desiderio per il sesso in generale, per i maschi e per le femmine in egual maniera. Lei mi accarezzò il viso, io la coscia, lei mi sfiorò le labbra della bocca, io la aprii e le succhiai le dita, lei scese con le stesse dita bagnate dalla mia saliva fra le mie tette, scostò il lenzuolo di lato e trovandomi nuda, accarezzò lungamente il mio pube, giocò arrotolandosi i peli fra le dita, io le sbottonai il vestito e liberai le splendide e sode tette. Si alzò in piedi e si sfilò il vestito dalle braccia e lo lasciò cadere a terra, quindi si avvicinò a me, più dappresso, a strettissimo contatto, le dissi di togliersi anche le mutandine, lei mi obbedì e poi ritornò a sedersi sul letto. Entrambe nude, io con il mio corpo più opulento e lei con il suo da eterna adolescente, ci accarezzammo quasi distrattamente a lungo guardandoci sempre e incessantemente negli occhi. Lei spiava le mie reazioni ed io le sue, la vidi rabbrividire dal piacere più di una volta, poi lei si distese su di me, la sua bocca si posò sulla mia ed io dischiusi ancora le labbra e ci baciammo a lungo, forse fu il bacio più lungo della storia. Dopo il sesso prepotente e violento con i maschi, ora mi godevo quello dolce più del miele, l’essenza della grazia e della estrema delicatezza. Due mondi diversi, due modi molto dissimili fra di loro, eppure entrambi mossi dallo stesso unico scopo, quello di dare e ricevere piacere. Con le labbra gonfie e consumate dal bacio infinito, lei scivolò sul mio corpo, percorrendolo con la lingua, dapprima fra i miei seni, poi ancora più in giù sull’addome, quindi la sua saliva sul mio ventre e ancora più in basso fra le labbra della mia bagnatissima figa. Leccava benissimo, conosceva perfettamente il suo corpo e di conseguenza comprendeva esattamente anche il mio, la sua lingua toccava le corde della mia piccolissima arpa, con sapienza e grande bravura, lambiva i punti che sapeva sensibili e ricettivi, succhiava il clitoride, lo lavorava come nessuno mai aveva saputo fare. Le dissi che anch’io la volevo leccare e lei agilissima si mise nella giusta posizione.
Che splendida e depilatissima feritoia che aveva, anche lei all’interno delle labbra era fradicia di umori scivolosi e filosi, la leccai e la sentii gemere lungamente mentre continuava a lavorarmi la mia intimità esplorandone tutti gli anfratti anche quelli più nascosti e reconditi. Così per l’ennesima volta, venni, assieme a lei, all’unisono, con la sua figa che strusciava contro la mia bocca e il mio bacino che si sollevava per andare incontro alla sua famelica lingua. Lei poi si sdraiò vicina a me mi abbracciò e come una bambina da lì a poco si addormentò. Pensai che per almeno quindici giorni non avrei più pensato al sesso, già questo fu il mio pensiero, ma come spesso succede a molta gente, anch’io feci i conti senza l’oste’..
Quando ci svegliammo in casa non c’era più nessuno, un biglietto diceva che erano tutti in spiaggia e così anche noi ci vestimmo e raggiungemmo l’allegra compagnia.
Avevamo pranzato tardi e quindi pur rivestendoci, rimanemmo in spiaggia fin oltre il calar del sole. C’era solo la luna con il suo chiarore diafano a darci un barlume di luce e noi ci stringemmo in gruppo seduti sulla sabbia ormai tiepida e chiacchierare e a scambiarci impressioni sui primi giorni della nostra sia pur breve vacanza. Compresi ben presto che ero io a rappresentare il centro della discussione. Come dar loro torto, il personaggio principale, quella che aveva animato fin ora le loro vacanze ero indubbiamente io. Così parlando, parlando, ci dimenticammo di andare a cena, era troppo piacevole stare lì nella semioscurità a ridere e scherzare, a far battute, a prenderci in giro, senza alcun limite o remora particolare.
Affamati di cibo, ma satolli di sentimenti positivi, parlammo fino alla mezzanotte, poi a qualcuno venne in mente l’idea balzana, ma sempre molto suggestiva, di fare il bagno nudi. Non feci in tempo ad oppormi o forse non lo volli proprio fare, fatto sta che li vidi tutti e sedici spogliarsi velocemente e correre verso il mare. Rimasi da sola, poi le loro voci, praticamente in coro, mi invitarono a seguirli ed io entusiasta di essere riuscita, ancorché a modo mio, a rinsaldare questo gruppo di giovani scapestrati, mi denudai a mia volta e corsi un po’ goffamente fino a trovarmi in mezzo a loro dentro la tiepidissima acqua del mare. Questo fu il preludio di un orgia incredibile, ci ritrovammo in breve tutti sulla battigia e mentre le onde accarezzavano i nostri corpi nudi, ci aggrovigliammo rotolandoci sulla sabbia, non si riusciva a vedere chi entrava o chi usciva, chi era leccato e chi leccava, a chi si succhiava il cazzo, chi te lo metteva in culo o chi te lo stava ficcando nella figa. Conobbi al tocco il maestoso cazzo di Rocco e la sua sontuosa cappella, ci giocai assieme all’unica femmina che conoscevo benissimo, ovvero mia figlia, poi lui ci abbandonò nel momento in cui ci vennero vicini un paio di altri maschi, li individuai erano Ghedì e Giampiero, ora mia figlia ed io ne avevamo due a disposizione. La mia fanciulla si sdraio davanti a me con le cosce spalancate e io messa a pecorina iniziai a leccarla, a fatica Ghedì scivolò sotto di me e si posizionò in modo che io potessi succhiarglielo, io leccavo un po’ la fighetta di Linda e un po’ ciucciavo il cazzo a Ghedì, lui intanto la leccava a me, poi Giampiero mi disse che me lo avrebbe sbattuto nel culo e lo fece, compresi che il ragazzo d’ebano si stava adoperando a leccare le palle al suo compagno e amico. Sentivo infatti Giampiero che lo incitava a proseguire, e lui lo fece, leccando un poco me e un poco lui. Sentii Giampiero sfilarsi dal mio culo e capii che glielo aveva ficcato in bocca a Ghedì e che gli aveva riempito di sborra il cavo orale. Anche la mia Linda venne e infine sotto i colpi di lingua del nero anche io raggiunsi l’orgasmo. Intanto il gruppo di ragazze si stavano palleggiando Costantino e Rocco che sembravano gradire le attenzioni di tutte quelle deliziose femmine. Ormai abituata alla semioscurità vidi Rocco che aveva un paio di ragazze messe a pecorina davanti a se e lui che dava quattro o cinque colpi a una per poi spostarsi e omaggiare anche l’altra di qualche prepotente affondo. Più in la c’era un gruppetto di ombre femminili che lesbicavano fra di loro. Costantino infine si stava facendo spompinare il cazzo da due giovani fanciulle che si scambiavano vicendevolmente il suo lungo cazzo. Meravigliosa notte, fu una delle notti più indimenticabili della mia vita. Un paio di giorni dopo purtroppo terminò quella fantastica vacanza e riprendemmo il solito tran-tran, casa scuola, scuola e casa’…
Magari il prossimo anno, con nuovi allievi, chissà se riuscirò a trasformarmi da integerrima professoressa di matematica ad una vera, grande e incommensurabile troia????? Come scrisse ne ‘Il V Maggio’ Alessandro Manzoni, poesia dedicata a Napoleone”’. ‘Ai posteri l’ardua sentenza”..’

Buon sesso a tutti
Da parte di Ombrachecammina

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