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147 – Mamma Erica, sua figlia Ambra e il fidanzato brasiliano

By 26 Marzo 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Mi chiamo Erica, ho quarantacinque anni, sposata con Milo, mio coetaneo, sono madre di tre figli, due maschi, Lorenzo e Cristian rispettivamente di venti e ventidue anni e una femminuccia di nome Ambra, che di anni ne ha diciotto e circa sei mesi.
Fino al giorno del compleanno di Ambra, noi eravamo quella che si dice una famiglia modello. Mio marito è dirigente d’azienda in un’importante società siderurgica con sede amministrativa in Torino. Noi, viviamo in una villetta di nostra proprietà sulla collina torinese.
Diciamo che siamo benestanti e che viviamo agiatamente tutti e cinque, con l’ottimo stipendio di mio marito. Milo, è ingegnere meccanico e comunque la sua retribuzione se la merita tutta, sia per le capacità indiscusse che l’azienda gli riconosce ampiamente, sia per l’impegno e la disponibilità che lui elargisce a piene mani. Lo conobbi, ancora studente universitario e ci innamorammo perdutamente, io una bella ragazza e lui un affascinante giovanotto. E’ molto alto, un metro e novanta, capelli che ora sono percorsi da fili d’argento e che lo rendono ancora più interessante ed attraente. Ha gli occhi blue, un naso regolare e una bella bocca che mi attrae parecchio ancora adesso. Bel fisico muscoloso il giusto e delle mani molto lunghe e affusolate che quando si posano sulla mia pelle mi fanno sempre venire i brividi. Si dice che le dimensioni non contano, ma diciamo che la prima volta che lo vidi nudo ed eretto, pensai dentro di me che un simile meraviglioso esemplare di pisello non potevo perdermelo. Lui è bruno di capelli mentre io sono bionda naturale, anch’io ho gli occhi chiari ma color azzurro cielo, bocca con le labbra carnose, nel complesso il mio viso dolcissimo tipo Barbie, sono alta un metro e settantasei, un corpo formoso ma non troppo, seno di seconda misura, belle gambe e un sedere che ancora oggi attira gli sguardi concupiscenti dei maschi che incontro. Dicevo, che abbiamo tre figli, i due maschi fisicamente assomigliano in tutto e per tutto al padre, sia come altezza sia come corporatura e da quello che ho intravisto di sfuggita, sono entrambi ben dotati, con Lorenzo che, così ad occhio, possiede qualche centimetro in più di suo fratello. Ambra, beh lei è invece la fotocopia mia, capelli, occhi, culetto e fianchi identica a me. Le tette invece forse le ha ereditate dalla nonna paterna che indossa una sesta di reggiseno, la nostra cucciola invece indossa con orgoglio ‘solo’ la quarta misura. Ecco, questa è la mia famiglia e adesso vi voglio spiegare gli avvenimenti che hanno fortemente condizionato la vita di tutti noi in questi ultimi sei mesi.
Era il cinque Giugno, mancavano circa dieci giorni al compleanno di Ambra, lei, quel giorno, a pranzo, ci confessò tutta felice di aver conosciuto un ragazzo che le piaceva in modo particolare e che avrebbe avuto il piacere di farcelo conoscere. Noi, la sapevamo molto selettiva con i ragazzi e quindi comprendemmo che se era arrivata a parlarci di lui e, addirittura a chiederci di conoscerlo, significava che a questo ragazzo ci teneva in modo particolare.
Naturalmente acconsentimmo e ci accorgemmo che in lei si stava scaricando la tensione.
Sul suo viso solare apparve un sorriso raggiante ed abbracciò me e suo padre affettuosamente, ringraziandoci entrambi.
Trascorsero i giorni e un paio di sere prima del suo diciottesimo anniversario, la vidi nuovamente tesa e preoccupata, io e suo padre, le chiedemmo cosa avesse ma lei ci rispose che non aveva niente. Insistendo ulteriormente, un po’ confusamente ci confessò una cosa”.

‘Non so come dirvelo, ma ecco, lui non è di pelle bianca ma è un ragazzo mulatto, nato in Italia da mamma italiana e padre sudamericano..’

Mio marito, la guardò stupito e poi’..

‘Ambra, ma scusa, qual è il problema? E’ un bravo ragazzo? Nero, bianco o giallo che importanza ha??? Per me e credo pure per la mamma non si sono problemi”

Un’altra volta alla nostra giovane ragazza, brillarono gli occhi dalla felicità, ancora il sorriso comparve e modificare la sua espressione e nuovamente ci abbracciò ringraziandoci.

Venne il giorno fatidico, era di domenica e a mezzogiorno in punto, puntuale come un treno svizzero, arrivò Alejandro. Prima di aprire guardai dallo spioncino e vidi davanti all’uscio di casa un giovanottone alto alto, con un enorme mazzo di rose rosse in mano. Aprii io la porta e lo accolsi prendendomi innanzitutto cura dei fiori. Gli strinsi poi la mano e lui la strinse a me, energicamente, salutò educatamente anche mio maritò e i nostri figli maschi, quindi baciò sulla bocca Ambra. Era ed è ancora, un bel ragazzo, pelle ambrata, occhi neri penetranti, il naso piccolo e la bocca carnosa ma non troppo. Alto all’incirca come mio marito e fisico magro ma scolpito, indossava una maglietta aderente bianca e un paio di ampi pantaloni di lino, volutamente stropicciati, di color avana chiaro. Il pranzo era pronto e così si sedemmo a tavola, parlammo del più e del meno, ma specie io, ogni tanto porgevo alcune domande ad Alejandro, così, puramente a scopo conoscitivo. Seppi che era nato a Milano, che aveva ventun’anni, che studiava medicina e che, il padre medico, per motivi di ricerche scientifiche, un anno prima, si era trasferito a Torino e che lavorava in un grande centro ospedaliero per la ricerca e la cura contro il cancro, a pochi chilometri dalla città.
Si vedeva che era un ragazzo di buona famiglia, educatissimo, molto gentile e premuroso.
Festeggiammo fin verso le sedici, con la classica torta e le diciotto candeline, con lo spumante e con la consegna da parte nostra di alcuni regalini e da parte di Alejandro di un pacco che la nostra Ambra evitò di aprire davanti a tutti e che noi famigliari comprendemmo contenesse qualche indumento intimo. Verso le sedici e trenta i due, in cerca di un po’ di intimità, si ritirarono nella cameretta di nostra figlia e poco dopo sentimmo della musica che si diffondeva nella casa. Cristian e Lorenzo uscirono per andare in discoteca e noi due ‘vecchi’ ci infilammo in camera nostra a schiacciare un meritato pisolino. Faceva parecchio caldo quel giorno ed io una volta in camera mi spogliai e altrettanto fece Milo. Io in reggiseno e mutandine e lui con i soli slip, ci distendemmo sul letto e ci abbracciammo; tutto questo faceva parte ormai da tempo immemore di una specie di rito che mio marito ed io mettevamo in atto tutte le domeniche pomeriggio partendo dal giorno in cui convolammo a giuste nozze. Era dolce e romantico far l’amore con il mio ingegnere, lui aveva fantasia da vendere e sapeva sfiorare e lambire il mio corpo con le dita e con la lingua, facendomi raggiungere l’acme del piacere più intenso ed appagante.
Non era il tipo che lo metteva dentro, magari senza preliminari e che pensava solo a se stesso. Lui pensava innanzitutto a me, a volte mi faceva impazzire dal desiderio, mi teneva sulla corda, continuando a leccarmi la figa od accanendosi con i miei sensibilissimi capezzoli.
In altre occasioni, cominciava ad insalivarmi partendo dalle dita dei piedi, salendo poi lentamente, fino a raggiungere l’interno delle cosce, vicinissimo alla mia vagina colante, ma non la toccava, io gli prendevo il capo e cercavo di spingerlo contro le mie labbra dischiuse, ma lui leccava i peli del pube e risaliva ancora verso il seno. Una tortura estenuante ma sublime, dolcissima e al tempo stesso piacevolmente sfibrante. Poi lui mi faceva girare alla pecorina, la mia posizione preferita, che mi consentiva di farmi penetrare a fondo e al tempo stesso di solleticarmi con le dita il clitoride. Anche quel pomeriggio avvenne tutto questo e lui alfine mi penetrò profondamente con quel suo cazzone immenso, mi sbattè energicamente facendomi dondolare le seppure piccole tette, mi mise come al solito due dita nel culo pompandomelo per bene, poi io cominciai a delirare e venni con un orgasmo squassante e liberatorio. Mi lasciò riprendere e quindi fece ciò che io già sapevo, lo sfilò dalla figa e mi penetrò nel culo. Lui amava da sempre il mio sedere e gli piaceva incularmi ogni volta che poteva. Il mio sfintere ormai abituato alle sue grosse dimensioni, si aprì e lo accolse volentieri, non tardai a venire di nuovo e poi lui affondò in me e mi sborrò tutto il suo abbondante seme nelle viscere. Queste scopate duravano a volte anche un paio d’ore e alla fine mi sentivo senza forze, ma anche pienamente soddisfatta e completamente appagata. Recuperammo il respiro regolare e nel silenzio della nostra camera udimmo dei gemiti soffocati provenire dall’altra parte del muro che divideva camera nostra con la stanzetta di Ambra. Milo mi guardò e mi chiese’..

‘Ma secondo te la nostra novella diciottenne sta”.?????’

‘Scopando????’ Mi sa di si”’

‘Mi sa pure a me, beh è giusto, anche lei deve fare le sue esperienze, o no???’

‘Si Milo è giusto, a me e a te piace farlo no?? Quindi’..’

‘Ok, io vado in bagno a pisciare e a darmi una lavata, vieni anche tu??’

‘Si, mettiti almeno le mutande però’..’

Mi infilai una tuta addosso e lui fece altrettanto e uscimmo dalla camera. Passando davanti alla loro stanza non udimmo alcun rumore, poi improvvisamente la porta si spalancò e Alejandro nudo comparve sulla porta, lei anch’essa nuda subito appresso. Entrambi si coprirono repentinamente le pudende e si infilarono in camera chiudendosi la porta alle spalle.
Guardai mio marito e vidi sul suo viso una risata repressa, io invece non riuscii a trattenermi e scoppiai a ridere. Ci infilammo in bagno e piegati in due continuammo a sbellicarci dalle risate fino a sentir dolere le mascelle. Poi, appena fui in grado di parlare”.

‘Milo, ma gliel’hai visto al ragazzo???’

‘Madonna mia, ma che cazzo ha???’

‘Che bestia!!! Tu hai un cazzo che fino a poco fa ritenevo fosse un super cazzo, ma il ragazzino ha una sberla incommensurabile!!!!!!’

‘Dai va laviamoci e poi lasciamogli il bagno libero.’

Così entrambi dopo aver fatto la pipì ci lavammo e quatti quatti rientrammo in camera nostra. Io sbattei apposta la porta per far sentire loro che eravamo rientrati e difatti dopo pochi secondi li sentimmo uscire e chiudersi in bagno.
La sera Alejandro si fermò a cena e per i primi minuti si percepì nell’aria un ché di imbarazzo reciproco. Poi loro si accorsero che noi non eravamo affatto turbati dall’aver scoperto che loro scopavano e ripresero la normale confidenza. Verso mezzanotte lui si alzò e ci salutò dicendoci che doveva andare via perché abitava dalla parte opposta della città e che essendo così tardi era meglio che se ne andasse. Io, sorridendo un po’ maliziosamente, gli chiesi se voleva restare a dormire da noi, tanto avevamo capito che tra di loro esisteva una certa intimità e che quindi poteva dormire tranquillamente assieme ad Ambra. I due piccioncini si guardarono negli occhi, lei gli sorrise come a dire fermati e lui colse la palla al balzo ed accettò di buon grado. Rimanemmo ancora un po’ tranquillamente seduti in sala, poi Ambra si allontanò per andare in bagno e in quel frangente notai che il giovanotto ogni tanto mi sbirciava le cosce che il vestitino abbottonato sul davanti mi lasciava parecchio scoperte. Avvicinai i lembi dell’indumento ma essi rimasero uniti per una frazione di secondo, poi si aprirono nuovamente. Li lasciai com’erano, le mutande le avevo e se mi guardava le cosce non succedeva niente di particolare. Mentre mi parlava, ogni tanto il suo sguardo cadeva irresistibilmente attratto sulle mie cosce. Mi venne in mente di provocarlo e così scavallai le gambe e separai di qualche centimetro le ginocchia. Riuscii quasi a percepire il raggio laser dei suoi occhi penetrarmi fra le gambe alla ricerca della mia nascosta intimità.
Intanto fece ritorno Ambra che si sedette di fianco a lui, separai ulteriormente le cosce e ancora i suoi occhi su di me e perforare l’oscurità fra le mie gambe. Buttai l’occhio sull’ampia patta dei suoi pantaloni ed ebbi l’impressione che qualcosa si fosse mosso in modo molto chiaro. Sentii fra le mie gambe il classico e conosciuto calore che precedeva di pochi secondi l’allagamento interno ed esterno. Il ragazzino mi eccitava e io eccitavo lui. Chissà che gusto prendersi dentro quel lunghissimo manganello!!! Ambra poi disse che era stanca e che voleva andare a letto, così si alzarono dalle poltrone e ci salutarono. Lui prima di seguire lei, lanciò un ultimo sguardo fra le mie gambe ed io fingendo lo sforzo per sollevarmi divaricai le gambe e mi sollevai a mia volta. Fui certa che lui avesse visto le mie mutandine bianche.
Avrebbero scopato di nuovo? Se al posto di mia figlia ci fossi stata io sicuramente me lo sarei fatto ficcare dentro!!!
Al mattino del lunedì non lo sentii nemmeno uscire di casa e quando mi alzai, non trovai più nessuno, tutti erano andati a raggiungere le loro occupazioni e così con tutta calma, mi misi a riassettare la casa. Fu una settimana caldissima, sotto tutti i punti di vista, mio marito che doveva partire per andare a Parigi per lavoro, io presissima a stiragli le camicie e a preparargli tutto l’occorrente, i figli che iniziavano a scalpitare per le vacanze imminenti e che per questo motivo chiedevano soldi. Poi successe che il giovedì, Ambra e Alejandro decisero che sarebbero andati assieme a Milo a Parigi. Altri preparativi e il sabato con le valigie pronte e tutto prenotato, Alejandro telefonò dicendo che forse si era beccato l’influenza e che aveva la febbre alta, quindi non sarebbe potuto partire. Ambra fu incerta se andare ugualmente con suo padre oppure rimanere a casa con Alejandro, poi dietro insistenze di quest’ultimo decise di approfittare del viaggio di papà e andare con lui.
Partirono il venerdì sera dicendoci che sarebbero tornati la domenica sera sul tardi. Lorenzo e Cristian decisero di andare al mare un paio di giorni e in pratica rimasi sola soletta a casa.
Trascorsi in pratica l’intero sabato in piscina, infastidita da un paio di cinquantenni che mi corteggiavano insistentemente. La sera, guardai la tv e andai a nanna presto, mi svegliai al mattino già in attesa che arrivassero mio marito e mia figlia. Verso le dieci, sentii suonare il telefono di casa, pensai ai due ‘Parigini’ e invece era Alejandro, lui mi disse che stava meglio, che non aveva più la febbre e che nel primo pomeriggio sarebbe andato a giocare un torneo con la sua squadra di calcio e che poi, se non disturbava, sarebbe venuto a casa nostra per attendere l’arrivo di Ambra. Gli dissi che per me andava bene, poi mi adoperai a rifare il letto mettendo lenzuola pulite, pronte per la serata di passione con il mio Milo.
Mangiucchiai qualcosa senza grande appetito e poi mi sedetti finalmente a guardare i programmi della televisione. Verso le sedici decisi di andare in camera e rendermi presentabile all’ospite. Indossai un vestitino corto e molto scollato, completamente fioreggiato, di maglina fasciante, sotto misi un paio di mutandine tipo culotte, di pizzo bianco trasparente, molto alti in vita ma parecchio sgambati sul davanti. Dietro invece mi salivano fino a metà natiche lasciandomi il sedere per buona parte scoperto. Andai poi in bagno e sciolsi i capelli pettinandoli con cura, mi truccai leggermente con un trucco appena accennato, indossai poi le scarpe con il tacco dodici e quindi mi andai nuovamente a sedere in poltrona. Quando stavo seduta l’abitino saliva sin oltre metà coscia e la scollatura offriva la visione di buona parte del mio seno libero da supporti.
Erano le diciassette e trenta quando squillò il campanello di casa, andai ad aprire e Alejandro entrò stringendomi la mano e baciandomi sulle guance.
Lo guardai da dietro mentre mi precedeva nel corridoio e notai che aveva pure un gran bel sedere. Questa volta indossava dei jeans blue a tubo, stretti in fondo e non solo in fondo.
Lo feci sedere, gli chiesi se voleva un caffè, lui optò invece per un bicchiere d’acqua fresca.
Alla fine gli servii l’acqua ed anche un’aranciata. Mi sedetti davanti a lui e cominciammo a chiacchierare. Mi disse che suo padre era brasiliano e sua mamma italiana di origini pugliesi.
Estrasse con fatica dal portafogli che teneva nella tasca posteriore dei jeans una fotografia dei suoi genitori. Lei bellissima donna con caratteristiche prettamente mediterranee e lui un bell’uomo brasiliano, che non poteva dire che il figlio non fosse suo. Il padre un poco più robusto di lui e con una traccia di pancetta incipiente, ma a parte queste piccole cose erano praticamente identici. Pensai, chissà se sono uguali anche nel pisello? Cacciai indietro la domanda sconcia e guardando il giovanotto negli occhi gli chiesi se amava veramente Ambra. Lui senza un attimo di esitazione mi rispose che l’amava dal primo momento che l’aveva vista.
Alejandro amava mia figlia ma intanto frugava con lo sguardo fra le gambe della madre.
Accavallai le gambe e così facendo scoprii quasi per intero la mia coscia sinistra. Mentre mi parlava distrattamente prese una rivista dal portariviste e se la appoggiò sulle gambe. Al giovanotto gli era sicuramente diventato duro. Allineai le gambe e con un gesto molto femminile presi il bordo del vestito e lo tirai castamente verso il basso. Ero una porcella tentatrice, ma pensai che non fosse giusto che lo facessi indurire al mio probabile futuro genero. Mi chiese il permesso per andare in bagno e gli risposi che non era proprio il caso di chiedermelo. Si alzò in piedi e in quel momento vidi la grossa e lunga sbarra che imprigionata dai jeans si espandeva gonfiando la stoffa verso il suo lato sinistro. Una forte sensazione di calore fra le gambe confermò la mia eccitazione. Una moltitudine di pensieri contradditori fra di loro mi invasero il cervello. Lui era bellissimo, un cazzo da paura, eravamo soli, mi guardava come se volesse scoparmi da un momento all’altro, perché non approfittare?
Questi erano quelli che mi facevano propendere per cogliere l’attimo. Gli altri pensieri invece mi dicevano che ero una mamma, ed ero proprio quella della sua fidanzata che poi era pure mia figlia. Non potevo tradire la mia bambina, non potevo io ultraquarantenne farmi sbattere da un ragazzino che aveva più o meno l’età dei figli miei. Oddioo, meglio se mi chiudo dieci minuti in camera mia, lontana dalla tentazione!! Mi alzai in piedi ma lui uscì proprio in quel momento dal bagno, il lato porco di me fece si che i miei occhi si posassero ancora sul suo animale, non era più come prima ma si indovinava ancora chiaramente la forma cilindrica di tanto ben di Dio!! Mi sentivo il viso avvampare, balbettati che faceva molto caldo per essere a metà Giugno, lui guardò l’orologio e poi mi disse”..

‘Abbiamo qualche ora di tempo sai???’

‘Per fare cosa???’

‘Per fare ciò che desideriamo tutti e due!!’

Tentai di prendere una posizione decisa”

‘Ma cosa stai dicendo, non capisco le tue allusioni!!’

‘Erica, mamma Erica, le capisci benissimo le mie allusioni, tu vuoi me e io voglio te’.’

‘Ma sei matto, io, ecco, non voglio proprio niente!!!’

Eravamo entrambi in piedi, lui vicinissimo a me, con i tacchi ero alla stessa sua altezza, le sue mani si posarono sui miei fianchi, timidamente tentai di ribellarmi, sentii le sue morbide e spesse labbra sulle mie, posai le mie mani sul suo torace e finsi di volerlo spingere via, mi strinse a se, sentii la sua virilità contro il mio ventre, aderii a lui come una sanguisuga, mi abbassò le spalline del vestito, me lo arrotolò verso il basso, io lo aiutai abbassando le braccia, lo sforzò ancora oltre i fianchi e quindi mi accorsi che si trovava per terra attorno alle mie scarpe con il tacco. La sua bocca si incollò a ventosa sui miei capezzoli, lui sospirò”..

‘Ummhh che belle aureole scure che hai, sembrano quasi neree”’

‘Ale, ti prego smettiamola, non va bene quello che stiamo facendo, non va’ be’neee’..’

Lui mi succhiava con quelle labbra fantastiche i capezzoli, me li leccava, mentre la sua mano destra mi massaggiava la figa fradicia da sopra le culotte.
Si abbassò accucciandosi davanti a me, mi fece poi scivolare le mutandine fino a farle arrivare a raggiungere il vestito. Io scesi dalle scarpe e mi liberai con un calcio degli indumenti ammucchiati alle caviglie, poi lo guardai dal basso verso l’alto, gli sfilai la maglietta e quindi fui abilissima ad aprirgli i jeans. Sotto aveva dei boxer rossi, con la scritta ‘uomo’ che percorreva ad intervalli il largo elastico superiore. Tirai in avanti e gli liberai il cazzo. Beh, il cazzo è un termine che non è attinente alla realtà. Con quella parola si intende di solito un membro maschile di una ventina di centimetri largo all’incirca come un kiwi.
Il pistolone del giovanotto era lungo attorno ai ventisei, forse ventisette centimetri e largo come una lattina della Coca Cola!!! Rimasi lì inginocchiata davanti al totem come ci stanno gli indiani Sioux davanti alla loro divinità, ovvero in adorazione. Se lo prese in mano e me lo batté a mo di randello sulla bocca”..

‘Prendimelo in bocca, dai succhiami il cazzo!!!’

Intontita da tanta potenza, obbedii e glielo presi in mano, solo lo stringerlo mi dava sensazioni di piacere, sentivo chiaramente la figa allagarsi copiosamente. Glielo presi in bocca, lo circondai a fatica con le labbra e gli ingoiai la cappella, il fusto mi scese inesorabile fino in gola, io gli accarezzai le palle da tennis che gli pendevano lì sotto”.

‘Brava come sai fare bene i pompini!!! Sei molto più brava di Ambra’..’

‘Ummmhhhhhh’..’

‘Lo vuoi in figa????’

Liberai la bocca dal missile e rovesciando gli occhi verso l’alto gli dissi di si. Lui mi aiutò a sollevarmi poi mi fece sedere sulla poltrona, mi aprì le gambe ma io”..

‘Mi piace di più a pecorina””

‘Ummmhhhh, troiaaaa, a pecorina lo vuoi eh??? Girati, fammi vedere sto bel culo che hai!!

‘Siiiii”.’

‘Wowwww, sei uno spettacoloooo”.’

Sentii la sua cappellona contro la mia famelica vagina, poi mi scivolò dentro e mi sconvolse completamente i sensi”’

‘Aleeeee’.. Madonnina miaaaaaaa”.. Che meravigliaaaaa”. Sbattimelo tutto dentrooooo Ahhhhhhhhhhhhh’.. Siiiiiiiiiiiii”’ Cosììììììì, cosììììììì, cosììììììì, Oddiioooo tuttooooo, tuttooooooo, muoio, muoiooooooo””

Nel giro di dieci minuti venni due volte e poi lui si sfilò da me lasciandomi all’interno un vuoto che mi parve incolmabile, poi sborrò copiosamente allagandomi la schiena con abbondanti fiotti di sborra che mi parve essere alquanto bollente.

Ci risistemammo e io mi lavai la faccia con acqua fresca per eliminare dal mio viso quel colore paonazzo che dava l’impressione che fossi stata al sole dei Carabi.

Alle ventitrè e trenta arrivarono i nostri. Ci trovarono a guardare la tv, li salutammo e poi tra di noi ricominciammo, come se niente fosse successo, a darci tranquillamente del lei.
Ambra mi portò un regalino che contribuì pesantemente a farmi sentire più merda di quel che pensavo d’essere. Alejandro ricevette il suo e nell’aprirlo mi guardò significativamente.
Milo, mi regalò un anello credo abbastanza costoso e anche lì il rimorso crebbe a dismisura.
Andammo a letto e per la prima volta finsi l’orgasmo, lui non se ne accorse e così da li a poco ci addormentammo. Mi svegliai pensando che fossero le otto e invece erano solo le tre, con la mente ingombra da mille rimorsi non dormii più. Mi pareva di essere in altalena, se pensavo alla scopata stellare con Alejandro andavo in brodo di Giuggiole, mentre se la mia mente si soffermava sui torti che avevo distribuito equamente tra Ambra e Milo, i rimorsi prendevano il sopravvento e io mi sentivo male. Pregai che il giorno arrivasse presto e alle sei e trenta, stanca di girarmi e rigirarmi nel letto mi alzai. Andai in bagno e mi sedetti sulla tazza, stavo facendo la pipì che la porta si aprì e Alejandro entrò con in mano il lungo batacchio duro e pronto per pisciare. Con gli occhi semi chiusi si accorse di me all’ultimo momento, si ritrasse e io gli feci posto alzandomi dal water. Mentre lui la faceva io presi lo spazzolino per lavarmi i denti e udii in quel momento la vocina dolce di mia figlia”

‘Ale, ci sei tu in bagno???’

Poi l’uscio si aprì nuovamente e lei entrò, vide il suo moroso con il cazzone in mano e io che tranquilla mi lavavo i denti. Rimase di stucco e in verità, di stucco, ci rimanemmo anche io e Ale”

‘Ma, mamma, Ale, ma siete nudi, ma cosa ci fate insieme in bagno? ‘

Alejandro volle far credere ad Ambra che non si era accorto della mia presenza e che era entrato con gli occhi ancora chiusi e che non mi aveva vista. Lei lo guardò incazzatissima, io tentai di uscire dal bagno ma sulla porta c’era lei che mi fulminò con lo sguardo.
Poi si voltò e piangendo se ne tornò in camera sua chiudendosi dentro a chiave.
Feci indossare un accappatoio di Milo al ragazzo e andai poi a mettermi addosso qualcosa, quindi in assoluto silenzio mi buttai sulla poltrona e a mia volta piansi.
Lui se n’era andato in cucina e stava seduto su una sedia e contemplare il vuoto fuori dalla finestra, io nonostante tutto, lo guardai e gli dissi sottovoce di chiudersi la vestaglia davanti che gli si vedeva il cazzo penzolante.
Verso le otto si svegliò mio marito, poi i ragazzi. Dopo colazione, sia lui, sia i miei figli si vestirono ed uscirono per andare al lavoro. Con gli occhi gonfi dal pianto, Ambra arrivò in cucina e subito dopo cominciò a sbraitare. Lo fece senza interruzione per almeno quindici, venti minuti, poi gradatamente si placò. Mi avvicinai a lei, pronta a parare qualche schiaffo o qualche pugno, invece lei non fece nulla di tutto questo. Solo mi chiese”.

‘Mamma, perché? ‘

‘Non so spiegartelo, non lo so, sono state una serie di cose concatenate fra loro ed è successo”

‘Di preciso cosa è successo???’

‘E’ imbarazzante spiegare nei particolari cosa è capitato’.. ‘

‘Voglio saperlo!!!!’

Alejandro che fino a quel momento era stato zitto”.

‘E’ successo che lo abbiamo fatto, insomma abbiamo scopato”.’

‘Bastardo!!! Glielo hai ficcato dentro????’

‘Si è andata così, si gliel’ho messo dentro!!’

‘Perdonaci Ambra, io sono tua madre e ho sbagliato, ma io ti voglio troppo bene e anche Ale ti ama da impazzire. Me lo ha detto lui che ti ama. Il nostro è stato un rapporto di sesso, credo pure che sia solo colpa mia, io l’ho provocato, non so cosa mi è preso ma è colpa mia solo mia!!!!’

‘No, E rica, la colpa è di tutti e due, ho iniziato io a toccarti, la colpa è mia”

‘Bastaaaaaaaa!!!!!!!!! Basta non voglio sapere di chi è sta cazzo di colpa!!!!! So solo che mia madre ha fatto sesso con quello che credevo essere l’amore della mia vita!!!!!

Lui gli si avvicinò e la abbracciò, le chiese scusa, le promise che non sarebbe mai più successo, lei lo guardò negli occhi, lui la strinse a se, poi io vidi il ponte levatoio di lui sollevarsi, era una macchina da sesso e l’arma che possedeva era sicuramente letale. Lei se ne accorse e cercò di coprirlo vide che glielo guardavo e urlò”..

‘Lo vuoi ancora??? Non ti è bastato??? Toh, guardalo, ti piace?? E’ mio questo cazzo è solo mio capito????’

‘Si, Ambra, ho capito, tranquilla, non ti preoccupare”’

Lei mi guardò con aria di sfida, gli si accucciò davanti e glielo prese in bocca, mentre lo spompinava mi guardava come a dirmi: Guarda che glielo sto succhiando io!!!
Era troppo per me e per le mie deboli difese, mi infilai una mano fra le gambe e me la toccai, ero nuovamente bagnata e pronta come una troia in calore.
Ambra e io ci guardavamo intensamente, ma, da parte sua non era più uno sguardo carico d’odio, ma in quella atmosfera carica di sensazioni, che quasi si potevano tagliare con un coltello, c’era palpabile, la complicità di due donne che si dividono alla pari il loro uomo. Mi avvicinai a lei e mia figlia, che mi pareva quasi drogata, si tolse il cazzo dalla bocca e me lo porse, io lo accolsi a mia volta nel mio cavo orale, un grugnito di piacere accolse il mio inserimento fra di loro. Ambra si tolse le mutande e si mise carponi sul pavimento, lui sfilò il cazzo dalla mia bocca e si piazzò dietro di lei, glielo ficcò dentro di brutto, udii un cic ciac che mi era molto familiare. La sbattè per un po’ poi la vidi venire agitandosi come una forsennata sotto i colpi del bazooka del suo fidanzato. La lasciò prona a terra e rivolse il cazzo verso di me, mi misi a fianco di Ambra nella stessa posizione e lui mi infilzò la figa sbattendomelo dentro fino alla radice. Mi fece venire velocemente e altrettanto rapidamente ci riempì entrambe di sborra.
Io e Ambra ci abbracciammo e per la prima volta baciai mia figlia mettendole la lingua in bocca. Lei si sdraiò supina e io le fui sopra, infilai il mio viso fra le sue cosce e gliela leccai, lei dalla parte opposta ricambiò il piacere. Leccava bene la mia bambina, come femmina conosceva bene i punti dove toccare o lambire. Non mi accorsi che dietro di me, intanto si era piazzato Alejandro, me lo ficcò prima in figa e poi nel culo. Lei me la leccava e lui mi inculava, sentii un po’ di dolore solo all’inizio, la sua spingarda era di molto superiore a quella di mio marito e mi diede un filo di fastidio, poi cominciai a godere nuovamente, lo feci come solo una troia navigata può fare, lui mi sfilò il cazzo dal sedere e io mi tolsi, lui inserì la cappella in bocca alla sua fidanzata e dopo poche escursioni le venne in bocca.

Questo è il primo episodio ma ne verranno altri dove saranno coinvolti in un orgia stratosferica, oltre a noi tre anche altri componenti della nostra famiglia.

Buon sesso a tutti da parte di ombrachecammina
e-mail: alexlaura2620@libero.it

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