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204 . La giovane Maria dilaniata dal boscaiolo

By 15 Febbraio 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

L’aria pura, che fuori di casa respiro a pieni polmoni, mi rende felice, mi rende serena. Mi sono svegliata presto stamane, ho indossato dei jeans ed un maglioncino accollato, scarponcini adatti per camminare e sono uscita di casa. La temperatura qui in montagna è frizzante e ancora fresca, specie al mattino. Mi incammino in salita, sullo stradone che porta verso le montagne, che vedo ancora largamente coperte di neve. In testa la violenza paterna subita il giorno prima e la stranissima situazione che si è creata tra papà e la mia tenera sorellina. Con lei ho fatto l’amore, l’ho vista e percepita come se fosse una donna bambina. Scaltra e ormai disincantata ma anche tenera e dolce, quasi ingenua, di quella ingenuità però colma di malizia che attrae come una calamita uomini e donne. L’ho desiderata e l’ho avuta, lei si è fatta desiderare, mi ha lei stessa desiderata e mi ha avuta, intimamente e perdutamente ci siamo amate con tutto il corpo e con tutta la mente. Lei e io, fiori già colti, lei da mio padre e io da lui e da mio marito. Siamo fiori però non sciupati, non induriti nel carattere e nemmeno maltrattati, danneggiati o sfioriti. La mia memoria trasmette ai miei occhi ricordi recentissimi e meravigliosamente belli. Mentre le mie gambe camminano faticosamente in salita, rivedo come in sogno la sua intimità, piccolina, con quel clitoride sporgente, duro e sensibile, con le grandi labbra neppur troppo grandi e quelle piccole invece veramente piccole, morbide, umide all’interno a coprire l’ingresso che conduce al piacere più intenso ed appagante. Percepisco fra le cosce la presenza di lei, della sua bocca morbida, del fiato caldo che mi soffia fra le pieghe e gli anfratti nascosti; poi la sua giovanissima lingua, inesperta, poco usa a leccare la vagina d’altre femmine, che picchietta e turbina sul mio sensibile ed eccitabile bottoncino. Forse per lei era stata la prima volta, il primo rapporto saffico, forse ‘. Pensai che in fondo di mia sorella non conoscevo nulla o quasi nulla. Quali erano state le sue esperienze sessuali in questi lunghi anni di saltuaria reciproca frequentazione? Mi rammaricai e un po’ provai dolore dentro, pensando alla mia indifferenza, al fatto d’averle dato tanto fin dalla nascita, per poi averla abbandonata a se stessa dopo il mio matrimonio. Mi resi conto che, una volta sposata, presa dai miei mille problemi, mi ero colpevolmente dimenticata della sua vita, delle sue pene, dei problemi e delle molte incertezze che sicuramente aveva incontrato nel suo impervio tragitto esistenziale. L’avevo ritrovata, c’eravamo ritrovate, avevamo fatto l’amore in modo alquanto inusuale, ma c’eravamo ravvicinate, anche troppo, si anche troppo. Il nostro era stato amore fisico, ma non violento, c’era stata tanta dolcezza tra di noi, era stato amore soave, leggiadro, candido, quasi diafano, puro e casto, delicato, fatto di carezze appena accennate, di sfioramenti lievi, di baci morbidi, di lunghi ed affannosi sospiri; amore vero, fatto anche di grande passione, ma non invasiva, non brutale, una sorta di danza, condita dalla nostra sensualissima colonna sonora.

Diverso doveva essere stato il sesso puro che nostro padre aveva sicuramente preteso e fortemente voluto da lei. Certamente dissimile dalla nostra dolcezza, differente la penetrazione subita, dolorosa quella vaginale e ancor di più quella anale. Lui era entrato deflorandole lo stretto anello posteriore. Di certo l’aveva fatto con la solita prepotenza, come l’aveva fatto con me. Ricordo il suo dispotico pretendere e poi la violenza animalesca, ferina, selvaggia e primitiva. Me l’aveva messo dietro contro la mia volontà; quel suo immenso cazzone che pareva volesse dilaniarmi lembi di pelle, di morbida ed indifesa carne, s’era fatto spazio nel mio sfintere, martoriandomelo ferocemente, indifferente al mio dolore, alle mie urla, egoisticamente attento al solo suo piacere. Ancora oggi ricordo le fitte lancinanti che continuarono a persistere anche nei giorni seguenti allo stupro bestiale.

Non so se Maria saprà perdonare, se lei sarà in grado di capire profondamente mio padre, nostro padre. Ieri, solo ieri, lui si è dimostrato animale, ha preso e preteso ciò che da me voleva, lo ha fatto senza rispetto alcuno, di me, e nemmeno di mio marito, forse nemmeno di se stesso. Vagano i miei pensieri malsani, il cielo è azzurro, le poche nuvole trasportate dal vento, viaggiano veloci. Sembrano dirmi che nella vita tutto passa e tutto rapidamente se ne va. L’oggi ha un piede nel passato e il domani, che dovrebbe essere il futuro, si affaccerà e sembrerà voler cancellare lentamente le storture della vita per poi, a sua volta, repentinamente sparire e dissolversi ancora nel nulla. La memoria umana è al contrario incancellabile, ma per fortuna tende a nascondere in un angolo buio e remoto le brutte cose vissute e ad evidenziare fortemente le poche o molte cose belle che nel trascorrere del nostro tempo abbiamo saputo cogliere gioendo e godendo. Tradito Raffaele con mio padre, mi sentivo in colpa, non tanto per il passato recente, ma per il passato remoto. Per quelle volte che io avevo provocato mio padre, che gli avevo dimostrato d’essere una piccola puttanella. Lui ne aveva approfittato è vero, ma ero stata io che l’avevo portato a mettere in atto quei suoi incestuosi comportamenti. Rammentai la camera del castello del Conte e della Contessa, quel letto magnifico, mio padre ubriaco e io che da vera piccola zoccola gli afferravo il pene in mano e poi me lo introducevo in bocca e ancora pretendevo che mi penetrasse e che mi facesse diventare donna, che mi facesse diventare sua. La colpa era stata largamente mia. Io sono stata la fonte di quanto successo in seguito a me e di conseguenza anche a mia sorella.

Voltai sulla sinistra e mi incamminai in un sentiero tortuoso e sterrato che, se ben ricordavo, conduceva a superare un ponte in legno e a risalire verso un ampio pianoro. L’aria ancor fresca mi accarezzava il viso e gli occhi mi si riempivano di lacrime non volute. Il sole presente nel cielo ancora non riusciva a riscaldare l’atmosfera, la terra e, al momento, nemmeno me. Arrivai al ponte, era sempre identico, le tavole di legno, che resistevano imperiture al trascorrere delle stagioni, si muovevano sotto i piedi, in basso, sotto a quegli assi traballanti, scorreva rumoroso e tumultuoso il torrente. Lontano, vedevo una cascata e poi i balzi e gli spruzzi dell’acqua che velocemente scendeva a valle. Che spettacolo della natura!! Superai il ponte e seguii ancora il sentiero. In salita, ancora in salita, come la mia vita e anche come quella di mia sorella e se vogliamo ancor di più come quella di mio padre. Percorsi un centinaio di metri e mi ritrovai su quel pianoro, dove da bambina e da ragazzina giocavo a pallavolo con i miei amichetti e le mie amichette. Una avventura giovanile, nata su quel piano, anzi, direi dietro a quel grande masso che, ai tempi dei tempi, rotolando giù dalla montagna s’era fermato proprio lì, sulla sinistra di quel grande spiazzo. Pareva un gigantesco sedile, una specie di panchina in pietra, lucida perché levigata da centinaia di sederi che sopra s’erano adagiati. Mi sedetti in quella stessa posizione dove quel giorno fatidico baciai Remigio, un ragazzotto bruttino, figlio anche lui di contadini, biondo e riccio, ma fisicamente forte. Giocava con altri ragazzi che in quel nostro piccolo paese ci venivano in vacanza. A torso nudo, muscoloso e liscio, dal collo in giù bello come un Adone. Sudato, quel giorno si sedette vicino a me, anch’io sudata, un pochino scamiciata e con la gonnellina piuttosto corta e tenuta alta sulle cosce nude parecchio scoperte. A quattordici anni non si ha la capacità di discernere e di comprendere le manovre di avvicinamento di un maschio. Lo consideravo un amico e con lui conversai del più e del meno ridendo delle sue battute. Lui, che s’era seduto ad un metro da me, scivolò poco alla volta su quella pietra e dopo un po’ me lo ritrovai al mio fianco, vicinissimo, a stretto contatto. La sua coscia contro la mia la sua mano sul mia rotula nuda. Ne fui turbata, non capivo il lieve tremore che sentivo dentro, nello stomaco. Non comprendevo nemmeno il sudare delle mani ed il calore avvampante che mi invadeva le gote. La mano sua si spostò dal ginocchio e mi si posò sulla spalla avvolgendomi ed attirandomi contro di lui. Ricordo che non riuscivo a distogliere lo sguardo da quel torace e dai suoi jeans attillati che verso l’inguine mi parevano assai pieni. Mentre gli altri continuavano a giocare, sentii solo gridare a gran voce il mio nome, poi la bocca di Remigio si posò sulla mia e lo baciai. Ancora il mio nome fortemente gridato a disturbarmi le orecchie; staccai la bocca da quella del mio giovanissimo spasimante per protestare e nel voltarmi vidi mio padre, che risalendo dal sentiero, con la canna da pesca in mano, mi osservava severamente, io, con le labbra tumide e le braccia di Remigio che ancora mi circondavano stretta-stretta, mi divincolai e rimasi con la bocca aperta a guardare il mio genitore, rammento che la sua inattesa presenza mi lasciò basita, sorpresa ed immota. Lui mi venne vicino, mentre il mio spasimante, prudentemente e vigliaccamente si allontanava da me, mi guardò dritta negli occhi e mi disse:

‘Ci vediamo stasera e facciamo i conti. Adesso sparisci e torna a casa!’

Impaurita e preoccupata, coda fra le gambe, tornai alla magione. Attesi mio padre con grande trepidazione. La sera però non successe nulla di particolare, mi disse poche parole ‘

‘Lascia stare quelle cose, sei ancora bambina, non è ancora ora. Poi ‘ Remigio, tu che sei così bella, lascialo perdere non fa per te ”

Gli risposi che non l’avrei fatto mai più e lui sorrise da sotto i baffi e se ne andò.
Allora il mio babbo era un burbero buono e ancora mi amava come una figlia, normalmente, senza secondi lubrici fini.

Mentre ero immersa nei miei pensieri non mi accorsi che da quel sentiero da dove in tempi ormai remoti era spuntato mio padre erano arrivati quattro o cinque ragazzi. Sui diciotto, forse diciannove anni. Parlavano a voce alta e mi passarono davanti proseguendo oltre. Li sentii ridere e udii chiaramente solo due parole:

‘Bella figa!!’

Poi ancora risate sguaiate. Li vidi infilarsi nella mulattiera scoscesa che scendeva verso la fonte. Attesi qualche istante ed anch’io mi incamminai in quella stessa direzione. Incrociai sulla mia destra il sentiero che accorciava il tragitto e che quando ero bambina un paio di volte percorsi. Talmente era ripido che non si riusciva a scendere rimanendo in piedi, ma si doveva scivolare con il sedere sul terreno, una decina di metri e si atterrava sullo spiazzo sottostante. Visto che l’età dell’incoscienza non ce l’avevo più proseguii per la mulattiera principale e scesi facendo attenzione a non scivolare, più avanti sempre sulla mia destra vi era un dirupo piuttosto inquietante. Persi e recuperai l’equilibrio alcune volte ed infine curvai a gomito sulla destra e percorsi gli ultimi metri. Il piccolo spiazzo era quasi interamente occupato dai giovani di poco prima.
Chiesi permesso e mi apprestai al tubo metallico che erogava liberamente ettolitri di acqua gelida.
Tirai fuori dallo zainetto la borraccia che mi ero portata e la infilai sotto al potente getto. In una frazione di secondo la fiaschetta fu piena, bevvi alcuni sorsi e ne gustai il sapore. La riempii nuovamente e poi chiedendo ancora scusa all’allegra compagnia cominciai faticosamente a risalire sul sentiero. La stessa voce di prima ridacchiando disse:

‘Minchia che culo!!!’

Non mi voltai ma sentii, sul fondo sconnesso, lo scalpiccio dei loro passi dietro di me; all’improvviso una mano mi si posò sul deretano. In collera mi voltai e gli dissi:

‘Ma chi ti credi di essere??? Non ti permettere mai più capito???’

Scoppiarono a ridere tutti e cinque all’unisono ‘

‘Non vuoi giocare un po’ con noi?? Una bella figa come te che ci fa qui da sola???’

‘Andatevene subito, lasciatemi stare!!!’

Incuranti delle mie parole mi furono attorno, le loro mani come tentacoli di piovra mi si posarono dappertutto, tentai di risalire per sfuggire all’agguato. E’ inutile dire che non ci riuscii. Erano troppi e molto più atletici di me. Mi ritrovai senza la maglietta e con i jeans calati sui polpacci, le mani fra le gambe, sulle tette, sulle chiappe del culo. Un paio di loro già avevano estratto il cazzo dai pantaloni ‘ Gridai forte e, ad un certo punto, quando ormai stavo per arrendermi, una voce maschile, adulta e possente, si fece sentire ‘

‘Cosa succede qui???’

Guardai in alto e lo vidi, era un omone gigantesco, con due spalle che lo facevano sembrare ad un gorilla.
I cinque si guardarono in viso, poi di corsa, pavidi e tremanti, si allontanarono verso la fonte. Li vidi risalire febbrilmente da quel sentiero ripidissimo, appigliandosi agli arbusti, faticosamente, aiutati dalla paura di quel gigante d’uomo, si arrampicarono ed in breve scomparvero alla mia vista. Mi rivestii coprendo vergognosamente le mie pudenda e poi mi voltai e ringraziai il mio salvatore ‘

‘Figurati era mio dovere aiutarti, poi ‘ meglio uno di qualità che cinque ragazzini inesperti. Non trovi?’

‘Non capisco ”

‘Non vuoi essere riconoscente verso colui che ti ha salvata dalla violenza???’

‘Se vuole, andiamo a casa mia e le darò dei soldi ”

‘Ma quali soldi, puoi pagarmi anche in ‘ natura ”

Mi carezzò il viso e scese poi sul mio seno ‘

‘Che belle tette che hai, sono dure come il marmo .. Ummhhh ”

‘Per favore, la prego, mi lasci stare, la prego, la pregoo ”

‘Guarda cosa ho per te ‘.’

Slacciò la cintura dei pantaloni e li lasciò cadere a terra, sotto indossava dei mutandoni spessi. Abbassò anche quelli e vidi una cosa che pensavo non potesse esistere sulla faccia della terra. Era a riposo, curvato verso il basso che sembrava avvolgergli le palle, se lo sollevò con la mano, era largo come il mio avambraccio e lungo attorno ai venti centimetri. Se lo scappellò alcune volte, poi mi disse ‘

‘Ti piace? Toccalo, non ti morde mica !! Non aver paura ”

Quando sentii la sua mano sotto la maglietta attanagliarmi una tetta, non riuscii ad avere alcuna reazione. Ero troppo intenta a guardare quella enorme bestia e in verità non riuscivo a pensare a null’altro. La mia mano destra, autonomamente disgiunta dal mio cervello, si avvicinò a quell’essere sovrumano e ne circondò una parte. Che manganello mostruoso!! Lo sentii crescere a dismisura fra le mie dita, in pochi attimi divenne duro, mentre inconsapevolmente mi ritrovai le tette fuori ed i jeans calati ai piedi. Mi abbrancò e mi attirò a se, sentii la sua alabarda poggiarsi contro il mio ventre. Era altissimo e la cappella del suo cazzo mi si posizionava in pratica fra le tette ‘.

‘Prendimelo in bocca, succhiamelo ”

Come un automa obbedii, anzi tentai di obbedire. La mia boccuccia si allargò e le mie labbra si tesero allo spasimo, circondarono la cappella e tentarono di scendere un po’ ‘

‘Attenta stupida!!! Mi fai male con i denti ”

‘Ummhhh, non ce la faccio, non riesco, è troppo grosso, non posso, non posso ‘.’

Mi sollevò come un fuscello e mi fece posare le natiche su una roccia ruvida, mi sfilò di brutto i pantaloni e mi allargò le cosce ‘

‘Adesso te lo ficco dentro, la figa sarà un po’ più larga no???’

La figa era più larga ma non così profonda da accogliere tutti i suoi trenta centimetri. Me lo spinse dentro di brutto poi mi mise le mani sotto il sedere e mi sollevò, gli circondai il collo con le braccia mentre lui mi alzava ed abbassava come se io fossi un oggetto.
Io mi impalavo sul suo tronco e ad ogni affondo sentivo dolore forte. Pensai che mi stesse sfondando l’utero ‘

‘Godi troia, voglio farti godere!!!’

In effetti quella nerchia ciclopica mi dava anche piacere intenso e mi faceva abbondantemente bagnare ‘

‘Non me lo spingere fino in fondo, se vuoi che godo devi fare più piano!!!’

‘Ummhhh troiaaa, lo sapevo che ti sarebbe piaciuto!! L’hai mai preso un cazzo come il mio????’

‘Aaaggghhhh ‘. Noooo, nooo, non l’ho ‘ maiii ‘. presoooo ”. come’ aaagggghhhh come ‘ mmmmhhh ‘ il tuooooo ‘..’

‘Godi, godiiii, urla, godiiiii ”’

Abbarbicata al suo collo cominciai a muovermi autonomamente e poi, circondandogli i fianchi con le gambe, cominciai a venire ‘.

‘Daii, ‘. ahhhhh, ‘. vengo oh si vengo, vengooo siiii siiii vengooo ‘ grande, grandeee sei grandeee, grandee, siiii siiiii godoooo godoooo godooooo””’

‘Troiaaaa troiaaaaa sborro sborro ti riempio la figa, ti sborro in figaaaaaa”.’

Ormai obnubilata dal piacere ed accecata dalla passione realizzai all’ultimissimo momento che stavo rischiando di rimanere incinta. Spinsi all’indietro il bacino proprio mentre i primi densi zampilli uscivano potenti dal suo meato ‘..

‘La boccaaa, la boccaaa, mettici sottooo la boccaaaa ‘..’

Non finiva più di schizzare seme, mi riempì il viso ed un altro po’ lo inghiottii.
Ci calmammo e poi insieme scendemmo ancora dal sentiero e usando l’acqua gelida ci pulimmo le nostre intrise intimità. Mi diede una pacca sul sedere e mi disse ‘.

‘Al lunedì non lavoro e vengo sempre qui a bermi l’acqua pura della fonte, se vuoi ancora giocare con me, io sono qui ‘.’

Gli dissi solo ‘

‘Ciao e ‘. Grazie!!’

Risalii la china e mi avviai a casa. Cavoli, anche oggi il sesso era entrato prepotentemente nella mia vita e pure nella mia figa.

Era quasi mezzogiorno quando a poche centinaia di metri da casa mia, percepii la netta e strana sensazione d’essere seguita, mi voltai e lo vidi. Il gigante era ad una trentina di metri da me. Lo guardai, lui mi salutò con la sua manona e mi sorrise. Io affrettai il passo e finalmente entrai in casa. Dallo spioncino guardai fuori e dopo qualche minuto lo vidi passare, si soffermò giusto un attimo e poi proseguì per la sua strada.
Wow’ che paura, ma per fortuna se n’era andato. Mi avviai in bagno per farmi una doccia scusandomi ed adducendo questa cosa al fatto che ero molto sudata dopo la lunga camminata.
Maria mi venne dietro ed entrò in bagno con me. ‘

‘Michela, ti sei macchiata i jeans lì ‘ davanti ‘.’

Abbassai lo sguardo e vidi un laccio di sperma a livello della cintura. Vi passai sopra la mano e la misi sotto l’acqua corrente. Notai sulle labbra di Maria un sorriso ironico e malizioso ‘.

‘Sembrava ‘.. eeehhhmmmmm ‘..’

‘Ma non so, forse era il latte che c’è sui tronchi dei fichi. Ho strusciato forse contro un fico ‘.’

‘Si, si, un fico ‘. Non mi sembrava latte del fico ‘ Sembrava invece ad un altro tipo di ‘. latte !!!

‘Ma dai non fare la stupidina!!! In mezzo alle montagne chi vuoi che ci sia che ‘..’

‘Va beh dai, fatti ‘sta doccia ‘.’

Mi spogliai davanti a lei e la vidi interessata allo spettacolo ‘

‘Ti piaccio???’

‘Lo sai che mi piaci, ieri mi sono divertita. Era la prima volta con una donna ”

‘Maria bella, l’avevo immaginato, non sei tanto esperta, ma se vorrai potremo rifarlo ”

‘Posso fare la doccia assieme a te??’

‘Dai vieni, così mi lavi la schiena ”

In un attimo fu nuda, si infilò sotto al getto d’acqua e sentii le sue sporgenze appoggiarsi alle mie. Poco prima ero stata fra le braccia possenti di un uomo, con ficcato dentro il suo enorme cazzo che mi slabbrava la figa ed ora ero lì, con la mia dolce e morbida sorellina che mi dava sensazioni totalmente diverse, meno invasive ma altrettanto soddisfacenti. Ci abbracciammo e le nostre mani si precipitarono fra le cosce, la sentii umida e lei mi trovò bagnata fradicia. ‘..

‘Sicura che nella tua lunga passeggiata non hai incontrato un bel passero???’

‘Uuummhhh, l’ho incontrato, l’ho incontrato ”’

‘Raccontami dai, raccontami tutto ‘.’

Le narrai tutta la storia dall’inizio fino al piacevolissimo epilogo. La sua fighetta ora era allagata forse anche più della mia, ci carezzammo e vicenda furiosamente, la sentii venire, poi, insaziabilmente venni anche io.
Improvvisamente mi sentii svuotata di energie, uscimmo da sotto la doccia ed esausta mi sedetti sul bordo della vasca, lei invece sollevò il coperchio del water e vi si sedette sopra. Il rumoroso getto della sua pipì interruppe il soffio regolare dei nostri respiri affannosi. Ci guardammo e scoppiammo a ridere. Mi alzai in piedi e le dissi ‘

‘Dai alzati che la devo fare anch’io ”

Si pulì con la carta igienica e si sollevò in piedi. Mi sedetti ed anch’io finalmente liberai la mia pienissima vescica.

‘Sai Michela, forse non sono normale, ho sempre troppa voglia, mi tocco spesso e desidero farmi possedere, impazzisco e mi bagno davanti al cazzo di papà. Vorrei fortemente essere presa da un uomo, un altro uomo, non papà, non solo papà. Perché, le mie amiche, le mie compagne di scuola non sono come me? Loro hanno tanti interessi diversi dal fare sesso. Ho letto di quella malattia, sai la ninfomania, la voglia che sempre mi assale, che troppo sovente si impossessa di me. Sono forse malata? Tu che sei più vecchia di me aiutami a risolvere questo grosso problema, ti prego ”

‘Maria, tu non hai nessuna malattia, nessun problema, sei del tutto normale, come me e anche come le tue amiche. Ci educano ad essere verginelle, caste e pure, in pratica asessuate, invece siamo tutte puttanelle, chi più chi meno, ma tutte, lesbiche a parte, amiamo il cazzo, lo desideriamo dentro di noi, esso è fonte di felicità. Il cazzo è come il manico per la tazzina, il bastone per la pala, il vangelo per una suora. Ci è indispensabile. Tutte quante noi femmine, quando ci chiedono se ci piace il cazzo quasi sempre diciamo che ne possiamo tranquillamente fare a meno. Non c’è cosa più falsa al mondo. Tu sei pura, sei sincera, non ti nascondi dietro alle falsità ed alle ipocrisie. Vivi la tua vita, ama chi vuoi e quante volte vuoi, non farti problemi mai, l’importante che tu sia felice e soddisfatta di quello che fai. Capito?’

‘Credo di si, in poche parole le altre mi raccontano un sacco di balle ”

‘Brava, esatto, proprio così ”

Uscimmo dal bagno e vidi che Maria, dopo quel lungo discorso, sembrava essersi rinfrancata alquanto.
Bene, forse ero riuscita a rimediare a tante mie mancanze passate, lo speravo proprio per lei e in fondo anche per me.

A pranzo, ci ritrovammo tutti e quattro e parlammo a lungo di quei luoghi che mi avevano vista bambina, ai quali ero rimasta molto affezionata e che per me erano indimenticabili. Dopo pranzo mio marito e io ce ne andammo a dormire mentre mio padre e Maria se ne andarono nella stalla a pulire e a distribuire il foraggio al bestiame.
La serata trascorse tranquilla e il giorno dopo ci svegliammo con un tempo decisamente autunnale. Era normale da quelle parti il succedersi, anche nella bella stagione come quella che stavamo vivendo, di giornate colme di sole e gioiosamente primaverili con altre uggiose e caratterizzate da nebbie e lievi piogge che parevano nebulizzarsi nell’aria rendendo tutto il panorama triste e soporifero.
Restammo in casa a giocare a carte e a guardare la tv. Pranzammo con polenta, salsiccia e gorgonzola.
Ingurgitammo un paio di litri di Barbera e poi, con il ventre colmo quasi al punto di scoppiare, ci adagiammo sul divano ed in breve ci assopimmo tutti e quattro.
La sera fu invece molto differente.
Erano le dieci di sera, sentimmo bussare alla porta, mio padre andò ad aprire e lo sentimmo parlare con qualcuno, poi ridere ad alta voce, quindi lui rientrò in casa seguito da un uomo, quell’uomo, colui che il giorno prima mi aveva presa e posseduta con quel suo gigantesco membro ‘

‘Ragazzi, vi presento il mio amico Giovanni, lui fa il boscaiolo ‘ Vieni, vieni avanti ‘.. Prendi il caffè? Un liquorino???’

Giovanni salutò e strinse la mano a tutti, anche a me, presentandosi compitamente. Mio padre lo invitò ad accomodarsi su una poltrona e si premurò di offrirgli un bicchierino di buona grappa. Sentivo le gote del mio viso in fiamme, ero imbarazzata, stavo con gli occhi bassi, il capo chino, guardavo il pavimento con molta attenzione. Lui, parlando con mio padre, disse ‘

‘Che bella famigliola e che belle figlie che hai!’

‘Eh si, solo Maria, che tu già conosci vive con me. Michela e suo marito sono ospiti temporanei, fra qualche giorno torneranno in città e al loro lavoro ”

‘Si, si Maria la conosco ormai da qualche anno, ma Michela ‘ insomma ‘ non l’ho mai vista ”

Mi guardò negli occhi con un’espressione che significava l’esatto contrario di quanto aveva appena affermato. Mentre parlava guardava me e con fare indifferente si ispezionava il pacco con la mano. Il bastardo voleva farmi capire che mi conosceva benissimo, profondamente oserei dire!
Bevve il suo liquore ed il babbo ne versò nuovamente un bicchierino a testa, compresa Maria, che di solito era astemia.
Raffaele lo bevve tutto d’un fiato e anch’io, tanto per farmi coraggio, lo ingurgitai in un sol colpo.

‘Raffaele fammi un favore, vai giù nella dispensa e prendine un’altra bottiglia che questa è finita ”

Mio marito, che venerava suo suocero, si alzò di buon grado e scese la scala. Il buon Giovanni, si alzò dalla sua poltrona e si sedette vicino a me nel posto che poco prima era di Raffaele. ‘

‘Mi siedo qui perché voglio conoscere tua figlia.’

Poi rivolgendosi a me ‘

‘ Come hai detto che ti chiami?’

‘Mi chiamo Michela ‘ eeehhhmmmm ‘ signor ‘. Giovanni ‘..’

‘Lascia stare il ‘signor’ chiamami Giovanni e basta. Tuo padre e io ci conosciamo ormai da circa dieci
anni ”

‘Già, giusti gli anni che io manco da casa ”

La sua mano mi sfiorava la coscia, lo faceva senza farsene accorgere, ma la mossa era sicuramente intenzionale. Vidi tornare Raffaele con la bottiglia in mano ed allora Giovanni fece il gesto di alzarsi per lasciargli il posto. Mio marito, forse per educazione, gli disse ‘

‘Stia, stia pure, mi siedo qui in poltrona ”

‘Ok, ok, era solo per meglio conoscere la figlia del mio amico che non ho mai avuto il piacere di frequentare.’

Si rimise comodo e appoggiò un braccio sulla mia spalla, la sua mano pendeva verso il basso e i polpastrelli mi sfioravano il capezzolo della tetta sinistra. Mio padre versò ancora grappa e ancora tutti quanti ci preoccupammo di bere senza problemi. Maria intanto, non trovando posto a sedere si mise seduta sulle ginocchia di papà. Pensai alla paglia vicina al fuoco. Difatti il babbo l’abbracciò da dietro ed incrociò le dita delle mani sul basso ventre di mia sorella. Il porco ne approfittava anche in presenza di estranei.
Mio marito seduto davanti a me sembrava in coma profondo, gli si chiudevano gli occhi ed il suo sguardo era parecchio annebbiato. Giovanni chiese educatamente se si poteva togliere la giacca perché aveva caldo.
Papà naturalmente accondiscese e lui si alzò si sfilò la giacca e se la mise sulle gambe ‘ Poi, mi chiese ‘

‘Vuoi coprirti anche tu, mi sa che con le gambe così nude avrai sicuramente freddo ”

Non attese nemmeno la mia risposta e mi sistemò per bene la sua enorme giacca sulle mie gambe e pure sulle sue. Non trascorse nemmeno un minuto che la sua mano, da sotto la giacca si insinuò fra le mie cosce.
Tentai di spingergli via la mano ma lui si girò verso di me e, con un falso sorriso stampato sul viso, mi sussurrò ‘

‘Non fare la difficile se no racconto tutto a tuo marito e anche a tuo padre ”

Gli lasciai la mano e lui risalì verso la mia figa. Un dito suo, grosso come tre dei miei, si infilò lateralmente sotto le mutandine e cominciò a titillarmi la patatina. Con la mano destra mi prese la mia e me la condusse sul suo cazzo. In un soffio mi gettò nell’orecchio ‘

‘Toccalo baldracca ”

Lo strinsi in mano da sopra i pantaloni, mentre scorgevo mio padre che faceva qualche manovra che non riuscivo a vedere. Poi notai mia sorella allungare una mano dietro e togliere la mano di papà da sotto il suo sedere. Il bastardo incestuoso le stava toccando il culo! Sotto le mie dita intanto sentivo durissima una delle colonne di Piazza San Pietro. Un bisbiglio soffocato’

‘Ti stai bagnando troietta, ti piace il mio cazzone eh??? Adesso lo tiro fuori ..’

Raffaele in pratica dormiva, ogni tanto nel sonno gli cadeva il capo in avanti e lui si ripigliava e per un attimo apriva gli occhi, poi nuovamente in catalessi con la bocca spalancata si riaddormentava.

‘Mario, ma ti ricordi quella volta che assieme abbiamo fatto l’amore con la tua amica perpetua???’

Mio padre rimase per un attimo sbalordito, poi si riprese e rispose evasivamente ‘

‘Già ”

‘Scusa forse non lo dovevo dire, pensavo che loro, insomma, le tue figlie.. ecco .. sapessero ”

‘No, non fa niente, lasciamo perdere ”

‘Te la coccoli la tua Maria !!!’

Maria in un impeto di sincerità disse ‘

‘Si, mi coccola, mi coccola fin troppo ‘..’

‘Ah si, come mai dici questa cosa?’

‘No, niente, dicevo così ”

‘Capito, no sai, da queste parti, specie su in alta montagna, fra i pastori, ecco ‘ insomma ‘ fra padre e figlie ‘ spesso ‘..’

Maria curiosa ‘.

‘Spesso cosa?’

‘Mariuccia, spesso, sai com’è un uomo ha bisogno di ‘ certe ‘ cose ‘ eee ‘.. quando ha vicino una figlia giovane e bella ecco ‘. insommaaa ‘.. ‘

Aveva il vizio di dire continuamente ‘insomma’ lo intercalava sovente fra una parola e l’altra.

‘Insomma cosa?’

‘Dai Mariuccia, cerca di capire ‘.. insomma ‘. lui e lei ‘ insomma ‘.. ecco ‘.. insomma ‘ lo fanno ”

‘Fanno il ” sesso???’

‘Ecco, si, insomma ‘ si fanno il sesso ”

Rideva Maria, sguaiatamente e con la voce un poco alterata dall’alcool disse a Giovanni ‘.’

‘Senza andare in alta montagna anche io e papà lo facciamo ”

Mio padre tentò di difendersi ‘.

‘Ma dai, smettila sei ubriaca ‘.’

‘E’ la verità paparino, quasi tutti i giorni mi vieni a cercare, da quando non c’è più Michela a soddisfarti hai preso me e mi usi per i tuoi porci comodi ”

‘Mario, ma tu con tua figlia ‘.??? Insomma ‘. te la scopi? Ti sei scopato anche Michela??

Senza troppa convinzione papà rispose ‘

‘Ma figurati, no figurati ”

‘Mi sa che tua figlia dice il vero ”

Intervenni io ed avvalorai quanto detto da Maria.

Maria a conferma di ciò che avevo appena dichiarato si sollevò la gonna e scoperse la mano di mio padre sotto le sue mutande.
Fu il segnale, il via, lo starter per la partenza, per l’avvio di tutto quanto successe poi durante il prosieguo della serata e della nottata.
Giovanni buttò via la giacca e mostrò a papà e a Maria ciò che li sotto stava avvenendo.
La mia sorellina strabuzzò gli occhi quando vide il palo nerboruto e venoso che tenevo duro in mano. ‘

‘Ma ‘. ma ‘. ma ‘. quello è ‘. è ‘.. è vero? E’ finto, è un ‘ coso ‘. finto ???’

La guardai, la piccola Maria era rimasta scioccata da una simile proboscide, balbettava e rischiava una infermità mentale permanente ‘.

‘Maria è reale, è un cazzo vero, vieni qui, così glielo tocchiamo assieme ”

Il boscaiolo si accomodò meglio sul divano e sporse il bacino facendolo scivolare in avanti. Tenevo il suo membro alla base e Maria rischiando di inciampare contro i piedi di Raffaele, che ormai dormiva profondamente, giunse nei pressi della Reale bestia, lo prese in mano appoggiando la sua manina sopra la mia, aggiunse poi anche l’altra. Misi ancora la mia oltre la sua e rimase fuori un pezzetto di cappella.
Balbettante Maria guardò Giovanni e gli chiese ‘

‘Ma, ma, ma .. quant’è .. di centimetri quant’è?

‘Trenta bambina mia, trenta centimetri di cazzo ”

Era chinata in avanti e lui le disse ‘

‘Vuoi prendermelo in bocca ???’

In estasi Maria rispose ‘

‘Si, si, si voglio, si ‘..’

Mentre lei si chinava per suggere il cazzo a Giovanni vidi mio padre che lo aveva estratto a sua volta e che sollevando la gonnellina a Maria le sfilava le mutandine. Mia sorella rapita dal super cazzo, non fece nulla per evitare ciò che stava succedendo e agevolò l’eliminazione delle mutande sollevando un piede per volta.

‘Giovanni, hai visto quanto la mia bambina ami il cazzo?’

‘Siiiii ” Che bocca calda, sei brava a ciucciarlo!!’

‘Le ho insegnato bene vero?’

‘Uuummhhh, sei sta ..tooo pro .. prioo ..un bravoo maestrooo ”’

Papà strusciava il cazzo fra le candide natiche di Maria, incerto se usare l’ingresso anteriore o quello posteriore ‘

‘Mariuccia lo vuoi nel culo o nella figa?’

‘Nella figaaa, papiii, nella figaaa, uuummmhhh’. uuummmhhh’.’

Se lo prese in mano e lo diresse fra le labruzze della vagina di mia sorella.
Giovanni intanto mi aveva denudato il petto e mi succhiava un capezzolo mentre la sua mano mi sditalinava la figa.
Aprii per un attimo gli occhi e vidi che mio marito dormiva come se nulla fosse. Poi, Giovanni allontanò il capo di Maria e così facendo liberò il cazzo dalla bocca di lei. Il suo palo gigantesco era lucido di saliva, le arterie che tortuose ne percorrevano il fusto, parevano scoppiare da tanto che ce l’aveva duro. ‘..

‘Siediti qui Maria, voglio infilartelo io in figa ‘.’

La mia dolce sorellina non se lo fece ripetere due volte, assatanata ed affamata di un cazzo che non fosse quello di papà, si girò e si sedette su quella colonna di carne rigida. Con la bocca spalancata, rivolgendo le spalle a Giovanni, se lo calò lentamente dentro guidandolo con la mano ‘

‘Uummmmhhhh che figa stretta che haiii ‘. Che fighettaaaa ”.’

Giovanni le prese i seni in mano e l’attirò a se, glieli strinse mentre lei, flettendo le gambe, saliva e scendeva impalandosi sul cazzo. Si udiva solo il ‘cic-ciac’ inconfondibile di un pene che scorre all’interno di una figa fradicia. Mio padre mi guardò e si avvicinò a me, il cazzo duro e colmo degli umori di Maria, se lo teneva in mano e una volta vicino a me lo porse e mi disse con la solita eleganza ‘..

‘Succhiami il cazzo troia !!!!’

Io, la troia, glielo presi in bocca e me lo calai fino in gola, poi risalii lentamente mentre lo guardavo fisso negli occhi ‘

‘Sei sempre stata un maiala porca ‘ Ciucciameloooo ”’

Nonostante tutto amavo mio padre, lo amo ancora, era stato e ancora era un bell’uomo, virile, autoritario, un vero macho, appartenente alla specie di quelli che non devono chiedere mai.
Mi eccitava sentirmi usata, mi piaceva che mi chiamasse troia, che mi dicesse che ero porca e maiala, mi faceva bagnare copiosamente la mia figa assetata di cazzo. Lo succhiai, lo impugnai godendo a sentirmelo duro in mano, poi me lo tolsi dalla bocca e lo scappucciai, ammirai la pelle tesa, lucida e violacea della grossa cappella, quindi ancora lo accolsi fra le mie labbra sapienti, lo leccai a lungo, sul filetto dove sapevo che lui gradiva particolarmente, lo feci scivolare in fondo alla mia gola, sentii la carezza ed il solletico lieve dei suoi peli pubici sulle mie labbra tese, poi la sua mano sulla mia nuca a spingermelo ancora più in fondo.
Sapevo per esperienza che questo era il segnale, questo era il tacito avviso che mi avvertiva dell’imminente eruzione del suo denso liquido vitale. Sentii Giovanni gridare ‘

‘Sborroooo, sborroooo, sborroooo ‘..’

Il babbo invece grugniva mentre accoglievo una ondata bollente di sperma e lo lasciavo scendere come uno sciroppo per la tosse dentro la mia gola assetata ed arsa, mentre quella lava mi scaldava lo stomaco nutrendomi di quelle preziose vitamine.
Mio marito, invece ‘. dormiva, profondamente, con il capo appoggiato all’indietro sulla spalliera della poltrona e la bocca spalancata.
Maria e io ci tirammo su in piedi, ci rivestimmo lentamente mentre i due uomini se ne andarono in bagno.
Guardai in viso mia sorella, era paonazza ed il suo sguardo era ancora torbido e velato dalla recente passione. ‘.

‘Non sei venuta vero???’

‘No, ha pensato solo a lui, però ha un cazzo che ti sfonda la figa, se fosse riuscito a resistere ancora qualche minuto ‘..’

‘Maria, spesso gli uomini sono egoisti, pensano solo a se stessi, ci usano senza dedicarci delle attenzioni senza usare le dovute accortezze. Siamo oggetti nelle loro mani. Non contano nulla le nostre voglie ed il nostro piacere ”

‘Papà però aspetta quasi sempre che vengo io e poi viene anche lui ”

‘Un signore d’altri tempi ‘. Beh, signore non direi proprio. Diciamo che è un po’ meno egoista degli altri.’

Giovanni uscì dal bagno tenendo un braccio sulla spalla di mio padre, carezzò il viso di Maria e diede una sculacciata a me. Poi mio padre ci annunciò che ‘..

‘Stanotte Giovanni dormirà qui, è troppo tardi per ritornare a casa sua. ”

‘Pà, ma scusa, dove dorme?’

‘Può dormire con Maria ‘.’

Maria guardò papà poi me e con la sua vocina da finta timida disse ‘

‘Per me va bene, ma io me ne sto sul divano e lui dorme nel letto ”

Papà la guardò con sorpresa e un po’ incavolato le disse ‘

‘Maria, ma cosa stai dicendo, dieci minuti or sono eri lì che saltavi allegramente sul suo cazzo e adesso non vuoi dormirci assieme???’

‘Dai piccolina, stanotte dormiamo assieme eh,eh,eh ”

La voce di Raffaele, impastata dal sonno e dalla sbornia si fece sentire ‘

‘Che succede, chi saltava sul cazzo???’

‘No, niente, scherzavamo. Amore mio, hai dormito eh? Troppa grappa??’

‘Credo di si, è buonissima ma per me è troppo forte ”

‘Vuoi che ti preparo un caffè forte?’

‘Si forse è meglio, ma che ore sono?’

Rispose Giovanni ‘

‘Le due di notte, caro Raffa ‘ è quasi ora che torni a fare la nanna ”

‘Già Giovanni, mi ero dimenticato di te .. Ma cosa diceva prima Mario? Maria saltava sul cazzo di chi?’

‘Dai lascia stare ”

‘Michela, me lo dici tu, mi spieghi la storia del cazzo e di Maria che saltava ???’

‘Raffa, ecco c’è stato un innamoramento tra Giovanni e Maria e così ‘.’

‘Così cosa?’

‘Beviti il caffè adesso, poi qualcuno ti spiegherà ”

Fu Giovanni a spiegare per filo e per segno l’accaduto, partendo da ciò che era successo tra me e lui il giorno prima fino ad arrivare alle nostre performance messe in opera mentre lui dormiva profondamente. Mio marito, più il racconto proseguiva e più diventava paonazzo. Mi osservava con negli occhi mille domande. Poi, ancora Giovanni, rese il concetto più aspro, più difficile da digerire. Gli disse che si doveva rendere conto che noi femmine siamo deboli, siamo cazzo-dipendenti, tutte maiale, dedite a soddisfare se stesse, passando per l’appagamento del maschio.

‘Tu, amore mio, tu l’hai fatto con quest’uomo sconosciuto???’

‘Mi ha violentata, prima mi ha difesa da cinque ragazzi e poi ‘ poi ‘. mi ha violentata ”

‘Sei stata tu che me lo hai preso in mano .. E poi hai goduto come una troia!!!’

‘Sei ‘ venuta ‘ mentre ti violentava???’

Mi vergognai ed abbassai il capo, fu come se in quel momento ammettessi tutte le mie colpe, denunciassi apertamente le mie debolezze. Raffaele si alzò dalla sedia, mi si piantò davanti e mi disse ‘

‘Ti credevo una santa, invece sei una puttana!!’

Inaspettatamente lo vidi sbottonarsi i calzoni ed estrarre il pene flaccido ‘

‘Visto che lo succhi a tutti ora lo ciucci anche a me che sono tuo marito ”

Mi colpì sul viso con un ceffone e mi prese per i capelli. Rimasi sconvolta da quella violenza inaudita ed insolita da parte sua. Mi sentivo sottomessa, e senza alcun desiderio glielo presi in bocca e glielo succhiai.
Il suo bel pene si indurì, sarei stata capace quella cappella che mi batteva contro il palato, tra mille altre.
Come sempre, alla fine di un pompino, lui lo tirava fuori e se lo menava sborrandomi in viso. Anche questa volta fu uguale e identica alle altre. Glielo leccai per pulirglielo e in quel momento vidi la povera Maria a pecorina con i gomiti appoggiati al divano; dietro di lei Giovanni, il cazzo nuovamente duro che glielo stava appoggiando al sederino. Lei non era più vergine, ma il cazzo di papà che l’aveva aperta dietro, era la metà di quello di Giovanni. Un palo in confronto ad un tronco. Due belle bestie, ma la differenza di diametro era enorme. La udii gridare che non voleva, vidi mio padre accorrere in suo aiuto. Poi compresi che invece era corso in aiuto del suo amico ‘

‘Stai ferma puttanella, fatti rompere il culo dal mio amico!!!’

Si sedette sul divano e fece in modo che Maria si preoccupasse di succhiargli il cazzo, la prese per i capelli e le diede il ritmo, lei con il cazzone di papà in bocca e quello di Giovanni che le premeva contro l’anello anale, sembrava soffrire, un mugolio che pareva un rantolo, poi Giovanni con le sue manone l’afferrò per i fianchi e l’attirò a se ‘

‘Ti spacco il culo bella troiettaaa ‘.’

Maria con la bocca piena non riusciva a lamentarsi, con un piede tentava di scalciare il grosso boscaiolo, lui che le diceva parole sconce e rideva sguaiatamente di questi suoi inutili tentativi di ribellione. Per renderla a miti consigli le affibbiò alcune sonore sculacciate sulla natica destra e spinse con forza il suo grosso dardo dentro a quel piccolo orifizio.

‘Ciuccia bambina mia, ciuccia che ti sborro in bocca, dai bevi il latte di paparino!!!!’

‘Ce l’hai nel culo piccolina!!! Te l’ho aperto per bene, che voragine, che culooo … che culooooo ‘.’

Poi vidi una scena che mai avrei voluto vedere, Raffaele si avvicinò a Giovanni e con fare indifferente glielo appoggiò fra le natiche ‘

‘Vuoi incularmi figlio di puttana ricchione di merda!!!’

‘Hai un bel culone peloso ”

Se lo insalivò per bene il mio maritino e poi glielo mise in culo al grosso Giovanni.

‘Inculamii, bravo inculami, me lo fai diventare più duro, più grosso, così il culo di Maria diventa ancora più largo!!!!’

Ero l’unica disoccupata di quel trenino, così venni in aiuto di Maria e le tolsi dalla bocca il membro di papà e mi sostituii a lei ‘

‘Ummmhhh brava la mia Michelinaaa, tu si che sei una vera pompinaraaa ‘.’

Maria intanto ‘

‘Bastardooo, mi hai rotto il culooo ‘.’

‘Toh,toh,toh prenditelo tuttooooo ‘. tuttooooo ‘..’

‘Che bel culone pelosooo, mi piacciono i culi pelosiiii, ti sborro in culooo ‘. ti sborro in culoooo ‘.’

Il pisellone di papà si irrigidì e compresi che stava per innaffiarmi la gola, glielo presi in mano e mentre salivo e scendevo sul suo fusto rigido, cominciai a segarlo ‘.

‘Ummmhhh Michelinaaa sai come farmi gode ‘ reeeeee ”’

Mi sborrò in bocca mentre Maria gemeva con il bazooka di Giovanni per più di metà piantato nell’intestino.
Poi il grugnito animalesco dell’uomo e le spinte più decise mi dissero che stava per riempire di sborra le viscere di mia sorella.

La piccola Maria si sditalinava la figa e venne in pratica assieme al suo stupratore. Anche Raffaele venne eiaculando sulle chiappe di Giovanni.

Così, il giorno seguente ebbero termine le vacanze mie e di mio marito e ce ne tornammo a casa.
Furono poi giorni e settimane di astio intenso e di discussioni animate, ma poi Raffaele comprese la situazione e seppe anche capire di chi erano le colpe di quanto successo.
Non so come prosegua la storia tra mio padre, Maria e il loro amico Giovanni ‘
Magari l’anno prossimo durante le vacanze ‘.

By Ombrachecammina
e-mail: alexlaura2620@libero.it

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