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A tuo figlio ci penso io.

By 6 Novembre 2017Dicembre 16th, 2019No Comments

Era un periodo di forte stress; non vedevo Moana e Rocco da molto tempo, e non vedevo neppure mio marito, che era sempre a lavoro. Dire che stavo diventando pazza &egrave riduttivo. Perdevo la pazienza molto facilmente. Per esempio quando ero in macchina e qualcuno mi tagliava la strada, tiravo fuori la testa dal finestrino e iniziavo a inveire contro di lui utilizzando una terminologia davvero imbarazzante. Oppure quando ero in fila alle casse del supermercato e qualcuno faceva il furbo passandomi davanti, diventavo nera di rabbia e cominciavo a litigare pesantemente.
E forse era per questo che continuavo a vedermi con Giuliano, perché era l’unica valvola di sfogo che avevo; ebbene sì, la mia relazione clandestina con il vero papà di Moana proseguiva ininterrottamente da qualche mese, all’insaputa di Stefano. E non riuscivo a farci niente, cio&egrave non riuscivo a smetterla. Avevo bisogno di lui e quindi non ci avrei rinunciato per nulla al mondo. E quindi di sera andavo a casa da lui e facevamo l’amore, in ogni modo, in qualsiasi posizione, in qualsiasi stanza della casa.
E forse era anche la clandestinità di questo rapporto che avevo con lui a rendermi nervosa e stressata. Decisi di consultare uno psicologo; feci cinque sedute in cui gli parlai di me, della mia storia, senza omettere nulla, anche tutte le avventure e le scappatelle che avevo avuto con altri uomini, e anche del fatto che avevo concepito una figlia con lo sperma di un uomo che non era mio marito, e cio&egrave Giuliano. Non gli nascosi niente, e rimasi molto stupita quando alla fine delle sedute lo psicologo mi disse che se ero stressata era soltanto perché Moana e Rocco se ne erano andati via. Mi disse che l’allontanamento dei propri figli può infatti dare seri problemi ad una madre.
Allora era quello il punto; soffrivo per la lontananza dei miei figli. Non ci avevo mai pensato, ma era plausibile. Avevo passato circa vent’anni della mia vita a stretto contatto con loro, a preparargli da mangiare, a mettergli in ordine le loro stanze e a rimproverarli quando facevano qualche cazzata, e adesso che ognuno aveva preso la propria strada mi sentivo quasi inutile. In più c’era il fatto che avevo affidato la gestione del negozio di intimo a Moana, e quindi non avevo neppure un impegno lavorativo che mi permettesse di distrarmi. Avevo soltanto Giuliano e le scopate che mi facevo con lui. Mio marito invece ormai era completamente sparito dalla mia esistenza; ritornava a casa soltanto per dormire, e qualche volta (molto raramente) facevo l’amore con lui, ma la maggior parte delle volte che rientrava dal lavoro era troppo stanco per farlo. Per fortuna c’era Giuliano che mi accontentava.
Pensai di risolvere questa questione prendendo un animale da compagnia, un cane per esempio. Avevo sempre sognato di avere un cane, ma per una ragione o per un’altra non ne avevo mai preso uno. E così mi misi a cercare su Internet qualche annuncio che faceva a caso mio. E in effetti c’erano centinaia di annunci, ma nella maggior parte dei casi erano di gente senza scrupoli che faceva accoppiare i propri animali di razza per poi vendere i cuccioli a cifre esorbitanti, e sinceramente ero sempre stata contraria a questo mercato disumano. I soldi non mi mancavano, avrei potuto comprarne uno a qualsiasi prezzo, ma non era giusto. Non &egrave giusto ‘comprare’ un essere vivente.
Però poi mi venne l’idea. Avrei cercato il mio amico a quattro zampe in un canile. Ce n’era uno a qualche chilometro da casa, così presi la macchina e lo raggiunsi. Non appena entrai nel recinto del canile venni accolta da una decina di cani di tutte le razze e di tutte le età che mi vennero incontro scondinzolando e leccandomi le mani. Per me fu una sensazione di felicità senza precedenti e li accarezzai tutti, mi abbassai a salutare anche quelli più piccoli e un alano mi leccò una guancia. Lo guardai e mi accorsi che era un cane molto elegante, con il pelo nero e lucido, e mi guardava come se ci conoscessimo da una vita. Era senz’altro lui il mio nuovo fedelissimo amico da accudire. A dirla tutta ero un po’ spaventata dalla sua stazza; infatti era enorme, e non sarebbe stato facile portarlo a spasso. Comunque decisi di prendere lui, e quindi mi fecero firmare un sacco di carte, e poi alla fine lo portai via con me. Lui era visibilmente molto contento che avevo scelto lui e non faceva che leccarmi le mani.
Lo feci entrare in macchina e lo portai a casa. Ero su di giri perché l’idea di avere un fedele amico in casa avrebbe rallegrato molto le mie giornate. Decisi, non senza un velo di ironia, di chiamarlo Lex (come Lex Steele, uno dei pornoattori più dotato del cinema hard). Era il primo nome che mi era venuto in mente, forse perché era nero e grosso. Un colosso. Proprio come Lex Steele.
Non appena lo portai a casa iniziò a girare nelle stanze; si stava ambientando. Poi lo vidi uscire sul terrazzo e fare un giro intorno alla piscina, dopo di ch&egrave rientrò in casa e saltò sul sofà. Era chiaro che aveva appena scelto il posto in cui avrebbe passato la maggior parte del suo tempo. E quindi il pomeriggio, dopo pranzo, mi mettevo accanto a lui a sonnecchiare, con la tivù accesa, e ogni tanto sentivo lui che mi leccava i piedi in segno di affetto, e ogni volta che lo faceva provavo un eccezionale senso di tenerezza. Adoravo il mio Lex.
In quei giorni mi telefonò mia sorella dicendomi di avere un problema. Avevo infatti una sorella più piccola di me di tre anni che aveva un salone di bellezza in un’altra città. Forse non vi ho mai parlato di lei perché obiettivamente avevamo pochi rapporti; vivendo in due città differenti, per giunta distanti l’una dall’altra, avevamo non poche difficoltà a vederci. Però ogni tanto lei mi telefonava per sapere come stavo. Lei era stata un po’ sfortunata sentimentalmente; si era sposata due volte. La prima volta con un uomo che poi si &egrave scoperto che aveva una relazione con un altro uomo. Poi si &egrave risposata con l’attuale marito, con il quale andava a gonfie vele. Sotto le lenzuola, mi aveva confessato mia sorella, lui era uno scopatore da competizione.
Però come vi dicevo c’era un problema. Il problema non era con il suo attuale marito con il quale andava alla grande, bensì con mio nipote, cio&egrave con il figlio che aveva avuto dal primo matrimonio. Si chiamava Enrico, però tutti lo chiamavano Erri, e aveva diciotto anni, e non aveva preso molto bene il divorzio dei suoi genitori. Erri era sempre stato un ragazzino molto fragile, continuamente preso di mira dai bulletti, passava le giornate davanti ai videogiochi e non aveva neppure un amico, se non qualche nerd come lui con il quale giocava a qualche gioco di guerra online. Ragazze, non ne parliamo neppure; quelle le vedeva solo col cannocchiale. Era troppo imbranato per avere una fidanzata. Insomma, mia sorella era molto preoccupata per lui. Non sapeva più a che santo votarsi, e allora chiese aiuto a me.
‘Margherita, ti ho già detto come la penso per quanto riguarda Erri, e cio&egrave che secondo me lo hai tenuto sotto a una campana di vetro per tutta l’infanzia, e quindi non gli hai dato la possibilità di crescere come hanno fatto tutti i suoi coetanei. Insomma, tuo figlio &egrave rimasto un bambino’ le dissi. ‘E a questo punto non so proprio cosa consigliarti. Dovevi pensarci prima’.
‘Lo so’ rispose lei, ‘Però magari potresti tenerlo a casa con te per qualche tempo’.
‘Per quale motivo?’.
‘Magari stare lontano da casa gli farà bene, lo aiuterà a crescere’.
Forse mia sorella Margherita aveva ragione. Erri non poteva continuare a starsene riparato sotto le ali della madre. Doveva tagliare una volta per tutte il cordone ombelicale. E forse venire a casa con me e Stefano l’avrebbe in qualche modo aiutato a farlo.
‘Ok, mandalo da me. A tuo figlio ci penso io’.
L’impegno che avevo preso con mia sorella Margherita avrebbe colmato le mie giornate vuote. Suo figlio sarebbe venuto a stare con noi con la speranza che la lontananza da casa lo avrebbe fatto crescere. Sì perché Erri era un eterno bambino nonostante i suoi diciotto anni, e la causa di questa sua mancata maturazione era proprio sua madre che lo aveva cresciuto preservandolo da ogni possibile rischio. Per esempio non lo aveva mai mandato a giocare in strada insieme agli altri ragazzini, perché aveva sempre avuto paura che potesse essere preda di ragazzini violenti.
Io invece avevo lasciato sia Rocco che Moana liberi di scorrazzare nelle strade insieme agli altri coetanei, fregandomene che potessero avere delle brutte esperienze, perché ero dell’idea che le brutte esperienze servano a formare il carattere di tutte le persone. Ovviamente parlo di ‘brutte esperienze’, non di ‘esperienze tragiche’. &egrave ovvio che quando i miei figli erano in strada sentivo un po’ di ansia per la paura che potessero finire sotto ad una macchina o chissà che altra sciagura. Però erano rischi che bisognava correre, altrimenti sarebbero diventati come Erri, cio&egrave dei perfetti imbranati. Il mondo &egrave infame, ed &egrave quindi giusto che i bambini imparino a difendersi dalle angherie e dalle ingiustizie che la vita gli preserva.
Quindi mia sorella Margherita mise suo figlio su un treno e lo spedì da me. Lo andai a prendere alla stazione in macchina; non vedevo Erri da parecchi anni, ma non mi sembrava molto diverso dall’ultima volta. Aveva sempre la solita aria da stupido. Aveva sul viso degli occhiali con la montatura nera, con al centro una striscia di nastro adesivo bianco; probabilmente qualche bulletto glieli aveva rotti. Vogliamo parlare di come era vestito? Davvero imbarazzante. Aveva una camicia a quadri tipo quelle dei boscaioli, pantaloni felpati marroni e mocassini color panna ai piedi. Era un vero pasticcio. Pensai che tanto per cominciare sarebbe stata una cosa buona e giusta accompagnarlo a comprare dei vestiti più decenti.
Comunque mi comportai da buona zia e andai verso di lui ad abbracciarlo, e lui sembrava un pezzo di legno. Io lo baciai dappertutto e lui niente, impassibile.
‘Tesoro mio!’ dissi mentre gli riempivo il viso di baci. ‘Come stai?’.
‘Bene’.
‘Hai fame?’ gli chiesi, e lui fece di sì con la testa. ‘E allora andiamo a casa che ho preparato una teglia di pasta al forno veramente speciale’.
Erri si era portato con se tutto l’occorrente per sopravvivere, ovvero la sua console per i videogiochi e il suo computer portatile con cui collegarsi a Internet e farsi la sua dose giornaliera di porno, come ogni ragazzino della sua età. Dovevo soltanto sperare che fosse un ragazzo pulito, perché comprendevo bene le sue esigenze ‘fisiologiche’, ma non mi andava di raccogliere la sua sborra dal pavimento o da chissà quale altra superficie. Comunque avevo pensato anche a questo, e allora nella stanza che gli avevo allestito gli avevo lasciato una confezione di clinex. così non avrebbe avuto problemi a pulirsi dopo aver esplicato le sue ‘faccende maschili’, e io non avrei trovato i suoi schizzi dappertutto.
Non appena entrammo in casa Lex, il mio nuovo fedelissimo amico a quattro zampe, venne verso di noi scondinzolando e subito si mise a odorare i pantaloni di Erri, probabilmente per capire se poteva fidarsi di lui. Dopo aver appurato che non era una minaccia allora venne da me e prendendosi la sua dose di carezze. A quel punto portai Erri a vedere la stanza in cui sarebbe stato per qualche tempo, e la prima cosa che fece fu collegare la sua consolle allo schermo al plasma. Si accertò che tutto funzionasse correttamente e poi mi chiese la password per il wi-fi.
Era un caso clinico. Erri mangiò la pasta al forno che avevo preparato in fretta e furia e poi si barricò nella sua stanzetta e non lo vidi più per tutto il pomeriggio. Ogni tanto mi accostavo alla porta per controllare cosa stesse facendo, e allora sentivo rumori di spari e esplosioni (quando stava giocando con la consolle) oppure sentivo donne che simulavano orgasmi incredibili (quando era lì a farsi la sua dose quotidiana di porno).
Quella sera in via del tutto eccezionale venne Giuliano a casa. Di solito ero io che andavo da lui, però quella sera Stefano mi aveva detto che avrebbe tardato più del solito, perché al ristorante aveva organizzato una cena con i suoi dipendenti che probabilmente sarebbe andata avanti fino a notte inoltrata. E così Giuliano aveva deciso di colmare il suo posto nel letto con la sua presenza, premurandosi di andare via prima del suo rientro.
Giuliano ancora non sapeva nulla di Lex, il mio nuovo fedele amico a quattro zampe, e infatti quando entrò in casa ci fu una scena tipo mezzogiorno di fuoco. Lex guardò il papà di Moana con diffidenza e gli mostrò o denti, quasi come se provasse una forte gelosia nei suoi confronti, come se sapesse che Giuliano era venuto per me, per farmi sua, e a Lex sembrava non andare a genio questa cosa. Insomma, Lex si era autoeletto la mia guardia del corpo, e non avrebbe permesso a nessuno di farmi del male. E Giuliano sembrava terrorizzato, come se stesse pensando che Lex avrebbe potuto riversare tutta la sua ferocia su di lui da un momento all’altro. E vista la sua stazza spaventosa lo avrebbe certamente fatto a pezzi.
Lex abbassò la guardia soltanto quando gli feci una carezza e gli dissi di stare buono, perché Giuliano era un amico di cui poteva fidarsi. E allora a quel punto andò verso di lui scondinzolando e girandogli intorno in attesa di un gesto che potesse fargli capire che poteva fidarsi per davvero, e ma Giuliano era troppo spaventato e quindi non aveva il coraggio di muovere un dito.
‘Ti conviene accarezzargli la testa se vuoi fargli capire che non sei una minaccia’ gli dissi.
A quel punto Giuliano si fece coraggio e accarezzò la testa di Lex, il quale assicuratosi che poteva fidarsi di lui se ne andò via in modo spavaldo e uscì sul terrazzo.
Giuliano mi chiese come mai avevo preso proprio un alano come animale di compagnia e non un innocuo barboncino. Io gli risposi che non ero stata io a scegliere lui, bensì era stato lui a scegliere me. In effetti era stato lui che al canile mi era venuto incontro e mi aveva conquistato con il suo affetto leccandomi una guancia.
‘Affetto?’ mi chiese lui. ‘Ma come fai a parlare di affetto? Lex &egrave una macchina da guerra, e le macchine da guerra non provano affetto’.
‘Quanto ti sbagli tesoro. Lex cerca solo di difendere il suo territorio’ e la sua nuova mamma’.
‘Tu non sei la sua mamma’ obiettò lui.
‘Sì che lo sono. Sono la sua mamma adottiva’ dissi divertita.

Continua…

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Ma le novità per Giuliano non erano finite. Infatti dalla fine del corridoio giungevano rumori terribili di spari, esplosioni e urla di dolore. Era Erri, il figlio di mia sorella Margherita, che stava giocando ad uno sparatutto in prima persona ambientato durante la guerra del golfo. Forse dovrei precisare che era mezzanotte e lui era ancora incollato alla sua consolle, e io non sapevo cosa fare per farlo smettere. Eppure dovevo inventarmi qualcosa, perché avevo promesso a mia sorella che ci avrei pensato io a farlo crescere. E di certo quei giochi di guerra non mi avrebbero aiutata.
‘Chi c’&egrave nella camera degli ospiti?’ mi chiese Giuliano.
‘C’&egrave il figlio di mia sorella. Resterà qui da noi per un po’ di tempo. &egrave un caso disperato. &egrave cresciuto praticamente sotto una campana di vetro, e ora che ha diciotto anni &egrave una specie di nerd le cui uniche ragioni di vita sono i videogiochi e il porno’.
‘Il porno?’ chiese Giuliano divertito.
‘Sì, il porno. Si ammazza di seghe. Se ne fa anche quattro al giorno. C’&egrave una puzza di sborra nella sua stanza che sembra che si sia appena consumata una gangbang. Non ne sono sicura ma credo che sia anche molto copioso quando schizza, perché ho notato che consuma una confezione di clinex al giorno’.
Venne poi il momento di apprestarci a fare quello per cui era venuto Giuliano, e cio&egrave metterci in camera da letto per soddisfare la nostra voglia d’amore. Erri certamente non sarebbe stato un problema, perché ero sicura che il suo videogioco di guerra era per lui più importante che scoprire cosa faceva sua zia all’insaputa di suo marito. Il problema invece era Lex, che si mise ai piedi del letto, beatamente disteso su un tappeto che ormai era diventata la sua cucci, e ci fece compagnia durante tutta la monta. Ogni tanto quando mi scappava un urletto un po’ più forte lui alzava gli occhi verso di noi e ci guardava. Oppure quando Giuliano ogni tanto mi sculacciava (gli piaceva molto sculacciarmi, e io lo adoravo quando lo faceva, mi mandava in ebollizione) allora Lex guardava verso di lui e iniziava a ringhiare, come se cercasse di difendermi, e allora io gli dicevo di stare buono e che era tutto ok, e allora si tranquillizzava e ritornava a sonnecchiare.
‘Questa &egrave l’ultima volta che vengo a scoparti a casa tua’ disse Giuliano indispettito dalla minacciosa presenza di Lex. ‘&egrave evidente che quella bestiaccia non mi sopporta’.
‘Non pensare a Lex, amore. Piuttosto perché non mi fai il culo? Mi fai impazzire quando me lo metti dietro’.
‘Volentieri’.
Mentre sentivo il turgido cazzo del papà di Moana entrarmi dentro l’orifizio anale mi accorsi della presenza di qualcuno che ci spiava. Ma non era Lex, ero certa che si trattava di Erri. Guardai infatti verso la porta della camera da letto e mi accorsi infatti che lui era lì dietro che ci stava guardando.
Lasciavo sempre la porta della camera da letto un po’ aperta; in casa nessuno di noi aveva mai avuto l’abitudine di chiudere le porte a chiave, perché io e mio marito non avevamo mai avuto nulla da nascondere ai nostri figli, e anche loro lo stesso, e quindi le porte erano rimaste sempre mezze aperte o appena socchiuse. La privacy, nella nostra famiglia, era un concetto che ci aveva sempre riguardato molto poco. E quindi anche quella notte avevo fatto come mio solito, e cio&egrave non avevo chiuso la porta, senza pensare al fatto che Erri non era uno dei miei figli, e quindi con lui non avevo lo stesso rapporto che avevo con loro. Se ai miei figli non avevo mai nascosto nulla, a partire dalle scopate che mi facevo, con Erri invece era diverso, non potevo comportarmi con lui allo stesso modo di come mi comportavo con Moana e Rocco. Eppure lo avevo fatto. Ma lo avevo fatto senza pensarci; forse era stata la troppa voglia di fare l’amore con Giuliano che non mi aveva permesso di pensarci, però sta di fatto che lui ora era lì e ci stava spiando.
Se ne accorse anche Giuliano, che trovò la presenza di Erri molto divertente, e forse anche un po’ eccitante, perché mi afferrò per i capelli con decisione e mi tirò su la testa bruscamente, costringendomi a guardare in direzione del figlio di mia sorella.
‘Abbiamo visite’ mi disse. Poi si rivolse a lui: ‘ti piace come inculo la tua zietta?’ le sue stantuffate diventarono più dure e profonde, quasi come se Giuliano stesse cercando di dimostrare a Erri la sua potenza sessuale. Poi si rivolse un’altra volta a lui: ‘hai visto che zietta zoccola che c’hai? Guarda che roba, ce l’ha tutto in culo, fino alle palle’.
‘Tesoro, smettila. Lo stai mettendo in imbarazzo’.
‘Dai, &egrave divertente!’.
Erri comunque non si fece intimidire, e rimase a spiarci fino alla fine, fino a quando Giuliano mi inondò il condotto anale con la sua sborra. Solo a quel punto se ne ritornò in camera sua. E io provai un enorme senso di fastidio per quello che era appena successo. Insomma, mio nipote mi aveva appena vista fare una cosa non proprio lecita, avevo infatti appena avuto un rapporto anale con un uomo che non era mio marito.
‘Pensi che dovrei parlargli?’ chiesi consiglio a Giuliano.
‘A quello psicopatico? E di cosa?’.
‘Di quello che ha appena visto. E poi scusa, ma perché lo chiami psicopatico?’.
‘E tu come lo chiami un ragazzino che spia la zia mentre fa l’amore?’.
‘&egrave stata colpa nostra che abbiamo lasciato la porta aperta’.
‘Non &egrave colpa nostra se il figlio di tua sorella &egrave un pervertito’.
Non potevo dire le bugie a mio marito, non dovevo. Una buona moglie non dice le bugie all’uomo che ha sposato. Ma a questo punto sorgeva una domanda: ero una buona moglie? Oppure semplicemente ero una moglie puttana? Non sapevo cosa pensare, ero molto confusa. Però poi, cercando di psicanalizzarmi, pensai che non ero né una cattiva moglie né una moglie puttana, bensì ero una moglie trascurata. Infatti il problema potevo non essere io, ma Stefano, che ormai da quando aveva aperto questa nuova attività non faceva che trascurarmi. E io avevo bisogno costantemente delle attenzioni di un uomo. E Giuliano era stato in grado di darmi ciò che mio marito non mi dava più.
Sapevo bene qual’era il problema di tutta quella storia. Il problema non era che scopavo con Giuliano, perché sapete bene quanto ci gode mio marito a sapere che andavo a letto con altri uomini. Il problema era che l’avevo fatto di nascosto, senza dirgli nulla, senza renderlo partecipe. Perché era questo il punto: il tradimento era stato per me e mio marito sempre una forma di gioco; io lo tradivo, lui lo sapeva (e spesso mi guardava mentre lo facevo) e questo non faceva che alimentare il nostro amore. Questa volta lo avevo fatto senza metterlo a conoscenza dei fatti, cio&egrave alle sue spalle. Lo avevo tradito, punto.
Dopo aver detto a Stefano la pura verità lui non fece alcuna sfuriata di gelosia. Mi disse semplicemente:
‘Ho capito’ poi si girò e se ne andò via. ‘Buona giornata Sabri’.
Aprì la porta d’ingresso e se ne andò a lavorare. E io dentro sentivo un grande peso, come se fossi colpevole di un atroce delitto, e avevo voglia di scoppiare a piangere. Ma non lo feci, perché subito si scatenò in me una terribile collera. D’altronde non avevo nessuna colpa. Non era colpa mia se il nostro matrimonio stava andando in pezzi. Stefano avrebbe dovuto riversare le sue energie di più su di me piuttosto che sul suo lavoro. Io ero più importante della sua attività. Quindi era colpa sua se avevo dato i miei buchi (e il mio cuore) a un altro uomo.
Più passavano i minuti e più montava in me una rabbia terribile, che ad un certo punto si scatenò contro Erri. Erri infatti era chiuso nella sua stanza da quando era arrivato in casa nostra, e non faceva che farsi le seghe e giocare ai videogiochi. E il volume del suo televisore era sempre altissimo, tanto che il rumore degli spari e della gente che agonizzava sotto la sua pioggia di proiettili arrivava fino in cucina. E allora pensai che era arrivato il momento di farla finita. Tra l’altro dovevo risolvere con lui anche la questione di quella notte; Erri mi aveva spiato mentre facevo l’amore con Giuliano, e dovevo fargli capire che quello che aveva fatto era una cosa da pervertiti, e che la prossima volta che lo avrei beccato a fare una cosa del genere gli avrei dato uno schiaffo che lo avrebbe ricordato per sempre.
Spensi il fuoco sotto la padella e andai verso la sua stanza. Non appena entrai fui investita da un incredibile tanfo di sborra, la sua. Sulla scrivania infatti c’erano una marea di clinex accartocciati, probabilmente carichi del suo seme, e non aveva nemmeno avuto la decenza di buttarli via. Li aveva lasciati lì a marcire, e quindi la sua camera era stata impregnata dell’odore del suo sperma.
Erri indossava sempre i soliti vestiti, che più che vestiti erano degli stracci sporchi di sudore. Aveva dei pantaloni di una tuta da ginnastica e una maglietta a mezze maniche, e ce li aveva praticamente fin dal primo giorno che era venuto a stare con me. Forse anche per questo la sua stanza emanava quella puzza terribile; forse erano i suoi vestiti che impregnavano l’aria. Ai piedi poi c’aveva dei calzini di spugna lerci che erano la ciliegina sulla torta, e che donavano all’aria quell’aroma di pestilenza tipico di una discarica.
‘Erri’ lo chiamai, lui era di spalle e neppure si girò, ma continuò a smanettare col joystick. ‘Erri, non credi che dovremmo parlare?’.
‘E di cosa?’ mi chiese.
‘Di quello che hai visto stanotte’ dissi. ‘Ti sembra giusto quello che hai fatto?’ ma non mi rispose. Mi stava ignorando. Era infatti troppo impegnato con il suo gioco di guerra. ‘Erri, promettimi che non lo farai più. Se ti becco un’altra volta a farlo te la faccio pagare’.
A quel punto Erri mise il gioco in pausa e finalmente si girò verso di me, ma in modo brusco, con uno sguardo minaccioso che non prometteva niente di buono.
‘E tu cerca di urlare di meno quando ti fai inculare dal tuo amante’ ringhiò. ‘Sembravi una cagna in calore. Non immaginavo di avere una zia così puttana’.
A quel punto persi il controllo e andai verso di lui e gli afferrai il braccio, e avvicinai il mio viso al suo in modo minaccioso, guardandolo dritto negli occhi.
‘Ma come ti permetti? In casa mia faccio come mi pare. Se voglio gridare come una cagna mentre qualcuno mi sta montando il culo lo faccio. E non devo certo chiederti il permesso. Tu invece, finché ti troverai sotto questo tetto allora farai come dico io. E ora ti ordino di toglierti questi stracci che hai addosso e di andare immediatamente a farti una doccia, perché puzzi figlio mio, puzzi come una capra in decomposizione’.
‘Non se ne parla’ rispose lui. ‘Non vedi che sono impegnato?’.
‘Non me ne frega niente’ a quel punto gli tirai il braccio e lo portai letteralmente con la forza nel bagno. Ero così furiosa che nonostante lui cercasse di opporsi io lo strattonai così forte da mettergli paura, e infatti lui decise di smettere di fare resistenza.
Entrammo in bagno e infilai una mano nel box doccia per aprire il rubinetto. Aspettai che l’acqua si riscaldasse e poi gli comandai di spogliarsi e infilarsi dentro. Lui però incrociò le braccia facendomi capire che non lo avrebbe fatto per nessuna ragione al mondo.
‘Ok’ dissi. ‘A mali estremi, estremi rimedi’.
Mi allentai la cintola della mia vestaglia di satin e me la tolsi. Sotto non avevo nulla, per cui adesso ero completamente nuda di fronte a mio nipote, il quale spalancò gli occhi per lo stupore e i suoi occhi caddero estasiati sulle mie grosse tette, e me le guardò come se avesse voluto metterci la bocca sopra e succhiarmi i capezzoli, e piantarci il cazzo in mezzo e godere con una spagnola.
‘Che belle tette che hai, zia’ era letteralmente ipnotizzato dalla visione del mio seno.
‘Perché le guardi in quel modo? Le hai viste anche stanotte, mentre mi spiavi’.
‘In verità stanotte non sono riuscito a vedere molto, perché il tuo amante mi copriva la visuale. Tutto ciò che sono riuscito a vedere era lui che ti penetrava analmente’.
‘Beh, adesso puoi vedermi meglio’ girai su me stessa per farmi guardare interamente. Poi mi girai verso di lui e gli misi le mani nell’elastico dei pantaloni della tuta. ‘E ora basta chiacchierare. Ora ci facciamo la doccia’.
Gli tirai giù i pantaloni della tuta e sotto non portava le mutande, e mi ritrovai il suo enorme cazzo fieramente dritto a pochi centimetri dal viso. Spalancai gli occhi per lo stupore. Non avrei mai immaginato che mio nipote avesse un attrezzo di quelle dimensioni.

Continua…

Link al racconto:
http://paradisodisteesabri.blogspot.it/2017/11/una-zia-puttana.html

Afferrai il polso di Erri e lo trascinai insieme a me sotto il getto caldo della doccia. Ero stanca dei suoi capricci; gli avevo ordinato di lavarsi e cambiarsi i vestiti e lui si era messo a fare i capricci. Ma fino a quando mio nipote sarebbe stato sotto la mia giurisdizione, allora avrebbe fatto come dicevo io. Ero così nervosa per l’evoluzione della mia vita sentimentale che non potevo accettare l’atteggiamento infantile di Erri.
Ma come vi dicevo nel post precedente, non appena gli avevo abbassato i pantaloni della tuta mi ero accorta che mio nipote aveva un erezione pazzesca. Erri nascondeva tra le gambe una strumentazione per dare piacere alle donne davvero notevole. Ne avevo visti davvero tanti di cazzi, ma il suo era davvero un miracolo della natura; mi incantai a guardarlo, perché era fatto veramente bene, era un cazzo perfetto sotto ogni punto di vista. Non era solo grosso, era anche possente, ricco di vene verdi gonfie che ne mettevano in risalto la probabile potenza sessuale. Per non parlare del glande, gonfio e rosso, pronto per farsi strada dentro qualsiasi donna, anche dentro di me se avessi voluto. Ma non mi sembrava affatto il caso, dal momento che era mio nipote. Ma mi morsicai il labbro inferiore pensando al fatto che non potevo godere di tutto quel ben di dio.
Cercai di non pensarci e iniziai a insaponare Erri, ma il suo grosso cazzo intruppava sempre in mezzo alle mie natiche ogni volta che per esempio dovevo girarmi a prendere il sapone, o sui peli della mia fighetta ogni volta che gli stavo di fronte. Sentivo la sua estremità premere tra le mie labbra di sotto, sfregare insistentemente, come se volesse entrare dentro. Ad un certo punto, nonostante mi resi conto di avere la figa in fiamme per l’eccitazione, dovetti dirgli di darsi una calmata.
‘Erri, cerca di controllarti. Sono pur sempre tua zia, che diamine!’ poi presi il sapone intimo e glielo diedi. ‘La proboscide lavatela da solo. Vorrei evitare di metterci le mani’.
‘Sto bene così, zia’ Erri stava per uscire dalla doccia, ma io lo afferrai di nuovo per il polso e lo feci ritornare al suo posto.
‘Dove credi di andare? Non vai da nessuna parte se prima non ti insaponi il cazzo e le palle. L’igiene intima &egrave una cosa fondamentale. Non te l’ha mai detto nessuno?’ allora aprii il flacone di sapone intimo e me ne misi un po’ sulla mano, mi feci coraggio e raggiunsi il grosso attrezzo di Erri e lo insaponai energicamente, dalla cappella fino alle palle. Gli presi le palle in mano e le massaggiai con le dita, poi afferrai l’asta e iniziai un movimento che andava dall’alto verso il basso, proprio come se lo stessi segando.
E mentre eseguivo quell’ambigua operazione cominciai a pensare al passato, a ciò che era stato per me Giuliano e a ciò che lui rappresentava adesso. Lo ricordavo bene cosa provavo per Giuliano; lo detestavo, ma allo stesso tempo ero pazza di lui. Giuliano era quel genere di maschio che faceva bagnare le mutandine di ogni ragazza solo con uno sguardo, me compresa, e lui lo sapeva molto bene, e per questo motivo se ne approfittava, scopandosene una diversa ogni giorno. Ma ne aveva solo due fisse con cui faceva le sue porcate, e cio&egrave me e Manuela. Lei era la sua fidanzata ufficiale, io invece ero quella clandestina.
Quella situazione ricordo che mi rendeva felice, perché in fin dei conti lui aveva scelto me come sua ‘amante’ fissa, ma allo stesso tempo ero infastidita dal suo atteggiamento da maschio dominante. E comunque ero irritata anche dal fatto che, come dicevo poco fa, lui era fidanzato con la mia migliore amore, ma a lei non le chiedeva di fare tutte le porcate che invece chiedeva di fare a me. Con Manuela faceva l’amore in modo ‘classico’, invece a me chiedeva il culo oppure interminabili sessioni di sesso orale, che poi finivano sempre con una colossale sborrata sul mio viso.
Va bene, lo ammetto, era anche colpa mia che aveva deciso di preservare la mia verginità vaginale fino a quando non avrei trovato l’uomo giusto. Non per niente tutti mi chiamavano Sabrina Bocca e Culo. Ma resta il fatto che a me Giuliano mi impalava dietro e mi schizzava in faccia, e a Manuela no. Non avrebbe mai osato chiederle una cosa del genere, e questo un po’ mi amareggiava, perché era come se avesse di me la considerazione che si ha per una puttana. Io ero la sua puttana, con la differenza che non venivo retribuita in cambio del sesso orale e anale, e Manuela era invece la ragazza che amava.
Nonostante capivo bene quella situazione, non riuscivo a fare a meno di concedergli il mio corpo, e lui aveva il potere di farne letteralmente ciò che voleva, perché io ero l’unica che accontentava tutti i suoi capricci. Spesso mi chiedeva di andare a letto con i suoi amici, e io lo facevo senza battere ciglio, e lui spesso si limitava a guardarci mentre facevamo l’amore (solo anale e orale ovviamente), oppure altre volte partecipava anche lui, e io mi trovavo a fare doppiette, uno in bocca e uno in culo, o addirittura triplette. Ma se Giuliano faceva questo non era perché era un cuckold, badate bene. Al massimo Giuliano era ed &egrave tutt’ora un bull, e per giunta di razza. Se fosse stato un cuck avrebbe ceduto ai suoi amici la sua Manuela, e non me. Giuliano mi cedeva ai suoi amici per semplice divertimento, perché sapeva che io ero il suo giocattolo con cui divertirsi, e non gli avrei mai detto di no, accontentando tutte le sue richieste.
Io ero così pazza di lui che al suo cospetto annullavo completamente la mia volontà, e diventavo sua a tutti gli effetti. E lui lo sapeva bene. Proprio per questo mi chiedeva di fare cose che ad altre ragazze, e soprattutto alla sua fidanzata, non avrebbe mai chiesto.
Mentre ricordavo queste cose del mio passato mi accorsi che Erri aveva iniziato a sborrare. I suoi schizzi zampillarono sulle mie cosce e a quel punto lasciai il suo cazzo che fino a qualche secondo prima stringevo con decisione tra le dita, e gli diedi uno schiaffo sul sedere.
‘Erri, ma che fai?’ urlai. ‘Vergognati! Guarda che roba, ho tutta la tua sborra sulle cosce!’.
‘Zia, ma sei stata tu che hai iniziato a segarmi!’.
‘Ma che dici? Ti stavo solo insaponando! Sborrare sul corpo di tua zia, sei proprio un porco!’ a quel punto uscii dalla doccia e avvolsi il mio corpo in un telo, e me ne andai in camera da letto. Erri l’aveva fatta proprio grossa. Eiacularmi addosso. Non potevo crederci.
Era mezzanotte. Ero da sola nel letto, completamente nuda. Ormai penso che conosciate bene le mie abitudini, e una di queste &egrave appunto andare a dormire senza alcun indumento sul corpo, d’estate perché c’&egrave caldo, d’inverno perché c’&egrave caldo lo stesso (perché in casa ci sono i riscaldamenti accesi quasi tutta la notte, e quando poi si spengono la casa &egrave un forno). E poi perché dormire nudi &egrave un piacere senza paragoni.
Ero lì nel buio della camera da letto, con gli occhi chiusi in attesa di addormentarmi. Lex, il mio possente amico a quattro zampe, aveva deciso di dormire in soggiorno, e Erri, il figlio di mia sorella che era venuto a stare da noi per qualche tempo, stava nella sua cameretta a guardare probabilmente un video porno, perché ogni tanto mi giungevano alle orecchie delle grida orgasmiche di eccitanti pornostar straniere che si facevano montare e impalare analmente da aitanti stalloni da competizione.
Quella notte Giuliano probabilmente non sarebbe venuto, perché al suo strip bar (per chi non lo ricordasse Giuliano era il proprietario di uno strip bar) c’era una pornodiva americana che andava ad esibirsi live, e quindi mi aveva detto che avrebbe fatto tardi, ma che forse sarebbe passato a spettacolo concluso. Ma ormai era mezzanotte e io ci aveva perso le speranze, e quindi mi ero messa a letto con l’intenzione di addormentarmi al più presto. E devo dire che non mi ci volle molto. Ci sono certe volte che ci passo una buona mezz’ora prima di addormentarmi, e di solito per farmi venire sonno mi faccio una camomilla, oppure altre volte (quando sono un po’ arrapata e non c’&egrave nessuno a farmi compagnia) mi sgrilletto un po’, oppure gioco con uno dei miei vibratori. Ne ho una ricca collezione gelosamente conservata in un cassetto, quindi ho solo l’imbarazzo della scelta. Di solito dopo essere venuta finalmente riesco ad addormentarmi.
Quella notte, come vi dicevo, collassai nel giro di pochi minuti. Ma un’ora dopo qualcuno si infilò nella camera da letto; mi svegliai, ma non abbastanza per capire se stavo sognando oppure c’era qualcun’altro in camera con me. Era certamente Giuliano, che come mi aveva promesso, era venuto a portarmi la mia dose giornaliera d’amore. Allora mi stiracchiai nel buio e allargai le gambe, in attesa di essere penetrata dal grosso cazzo duro del papà di Moana.
‘Finalmente sei arrivato’ dissi con un filo di voce. ‘Non ne potevo più di aspettare. Ho voglia di sentire il tuo grosso cazzo dentro il mio corpo’.

Continua…

Link al racconto:
http://paradisodisteesabri.blogspot.it/2017/11/il-suo-giocattolo.html Con una mano cercai l’interruttore della lampada che stava sul comodino. Ho sempre odiato fare l’amore al buio. Non ha senso se non posso vedere chi &egrave che mi sta penetrando. Ma non ci fu verso, non riuscivo a trovarlo. E poi finalmente quando le mie dita riuscirono a trovare quello che sembrava l’interruttore Giuliano si impossessò letteralmente del mio corpo, salendomi sopra, premendomi la sua eccezionale erezione contro la figa, e afferrandomi i polsi quasi come se volesse immobilizzarmi e impedirmi di accendere la luce.
‘Aspetta tesoro’ lo pregai. ‘Lo sai che non mi piace farlo al buio. Voglio poterti guardare negli occhi mentre mi scopi’.
Ma Giuliano sembrava non essere d’accordo, infatti non me lo lasciò fare, e iniziò a spingermi il cazzo dentro; lo sentii entrare un po’ per volta, in tutta la sua interezza, fino alle palle. Era la prima volta che lo facevamo in quel modo, al buio, e davvero non riuscivo a capirne il motivo.
Lui continuò in quel modo per tutto il tempo, tenendomi i polsi bloccati e facendo salire e scendere il suo cazzo nella mia vagina, con un ritmo costante e privo di quella voracità sessuale che aveva sempre caratterizzato il modo di fare l’amore di Giuliano. Il papà di Moana infatti quando lo faceva dimostrava una certa padronanza a letto; con la sua potenza da maschio dominante riusciva a sottomettere qualsiasi donna. E in parte era ciò che da sempre lo rendeva irresistibile.
Quella sera invece sembrava diverso, quasi fiacco, e mi penetrava timidamente, senza la spavalderia che dimostrava ogni volta che mi montava. Sì perché Giuliano aveva un qualcosa di spavaldo quando lo faceva, cio&egrave mi girava e mi rigirava come voleva lui, facendomi mettere spesso in posizioni assurde che solo un professionista del sesso poteva permettersi. Ma d’altronde Giuliano era a tutti gli effetti un professionista del sesso, il re indiscusso. Certe volte senza che me ne accorgessi mi metteva sottosopra, con la nuca contro il pavimento e il busto piegato verso l’alto e le gambe aperte, e lui mi penetrava stando in piedi sopra di me con le gambe ad arco, in una posizione che si chiama piledriver. Se puoi permetterti di fare una posizione del genere vuol dire solo una cosa, e cio&egrave che sei un vero stallone da monta.
Invece quella notte sembrava così poco fantasioso, come se gli mancasse l’esperienza per scoparmi in altre posizioni ben più creative. Cio&egrave, voglio dire, stavamo facendo l’amore in una posizione davvero classica, io sotto e lui sopra. Avrei voluto dirgli: ‘tutto qui quello che sai fare?’. Però poi non dissi nulla, perché forse Giuliano era solo stanco, e quindi non era in condizione di dare il massimo.
Poi mi venne un dubbio, e pensai: non &egrave che non riesce a fare di meglio perché ha già fatto l’amore con qualcun’altra? E allora mi ricordai del fatto che mi aveva detto che quella sera allo strip bar c’era l’esibizione di un’affermata pornodiva americana. Iniziò a montarmi una inaspettata gelosia; non ero mai stata una donna molto gelosa, però quella notte provai per la prima volta un furioso attacco di gelosia, perché mi venne il sospetto che forse Giuliano e quella pornodiva dopo lo spettacolo potevano aver aver fatto qualcosa. Il papà di Moana era sempre stato un predatore, quindi come facevo a sapere che non era andato a letto con quella diva dell’hard?
Cercai di chiederglielo buttandola sullo scherzo:
‘Senti un po’, ma non &egrave che quella diva del porno ti ha prosciugato tutte le energie? Mi sembri un po’ spento’.
Ma non mi rispose, però mi accorsi che stava per sborrare, perché sentivo le vene del suo cazzo gonfiarsi dentro di me e l’asta che si irrigidiva maggiormente, e a quel punto lo sfilò fuori e si mise a cavalcioni sul mio corpo e iniziò a schizzarmi sul viso una quantità impressionante del suo seme. Non potevo vederlo perché ero al buio, ma sentivo chiaramente i suoi fiotti caldi e densi posarsi sul mio viso. E forse proprio perché non potevo vederla mi sembrava una quantità davvero notevole. Sembrava non finire mai; ne contai senza dubbio otto, ma forse furono di più. Otto furono certamente quelli più copiosi, ma poi di certo ne erano seguiti altri più deboli. Mi sentivo il viso completamente inondato.
‘Ehi! Stai cercando di affogarmi per caso?’ chiesi divertita. Mentre con le mani cercai di portarmene un po’ via dagli occhi sentii Giuliano scendere dal letto furtivamente e uscire dalla stanza. ‘Tesoro, ma dove stai andando?’.
In quello stesso momento il mio i-phone iniziò a vibrare e lo schermo si illuminò di luce azzurra facendo apparire la foto di Giuliano. Mi stava telefonando. Ma come era possibile dal momento che era appena uscito dalla mia camera da letto?
Afferrai il telefono e risposi:
‘Amore…’.
‘Sabri, tesoro mio, ti chiedo scusa, ma stanotte davvero non ce la faccio a passare da te’.
‘Come sarebbe a dire? Ma se eri qui un attimo fa!’ risposi, rendendomi conto dell’assurdità di quella faccenda. Infatti Giuliano scoppiò a ridere.
‘Tesoro, hai sicuramente sognato. Come potevo essere lì da te e allo stesso tempo qui allo strip bar?’.
Non avevo sognato, perché la sborra che mi ricopriva il viso era ancora calda, e soprattutto era reale, come reale era la rabbia che mi stava montando dentro, perché iniziavo a capire ciò che era appena successo. Chiusi la conversazione con Giuliano e mi misi a urlare nel cuore della notte, nel buio cieco della camera da letto:
‘Erriiii! Brutto figlio di una cagna! Sei un porco schifoso!’.
Saltai giù dal letto e uscii dalla camera da letto senza neppure ripulirmi, con il viso che mi grondava ancora della sborra di Erri, e senza neppure indossare qualcosa, tanto ormai non avevo più nulla da nascondere a mio nipote dal momento che mi aveva spiata mentre facevo l’amore, poi avevamo anche fatto la doccia insieme e infine mi aveva anche scopata con l’inganno nel cuore della notte. Mi chiedevo quale altra sorpresa mi avrebbe riservato quel piccolo mostriciattolo.
Questa volta però gliel’avrei fatta pagare per davvero, gli avrei dato così tante botte da mandarlo in ospedale.
Andai verso la sua cameretta ma lui non c’era; lo cercai dappertutto ma Erri sembrava essere sparito. Poi mi accorsi che la porta finestra della cucina che dava sul terrazzo era aperta, quindi era evidente che si era nascosto fuori, così uscii anche io e mi guardai intorno. Acceso tutte le luci, anche i faretti della piscina, ma continuavo a non vederlo. Poi ad un certo punto mi accorsi di un movimento sospetto che veniva da dietro le piante che dividevano il terrazzo dal parapetto, e allora corsi in quella direzione e Erri si accorse che avevo scoperto il suo nascondiglio e allora uscì allo scoperto e iniziò a correre intorno alla piscina e io dietro di lui che cercavo di acchiapparlo. Anche lui era nudo, e notai che aveva ancora una discreta erezione, ma non mi stupiva perché si sa che a diciotto anni i maschi ce l’hanno sempre duro.
‘Dove scappi? Piccolo pervertito che non sei altro! Questa volta te la faccio pagare. Te lo stacco il tuo bel cazzone duro’.
Ma ovviamente prenderlo fu impossibile, perché continuava a correre intorno alla piscina, e poi era più agile di me, che avevo le mie grosse tette che cozzavano una contro l’altra, e che per di più pesavano un casino. Ad un certo punto mi fermai, perché era chiaro che non ce l’avrei mai fatta.
‘Ok, hai vinto tu, ma sappi che troverò il modo per punirti a dovere. E sarà una punizione molto severa, te lo garantisco. E ora fila a letto!’ così Erri se ne ritornò nella sua cameretta e io restai ancora lì sui bordi della piscina a riflettere.
Avevo ancora il viso inondato di sborra. Cazzo, però quanta ne produceva! Una quantità davvero sorprendente. Forse avrei fatto bene a farlo visitare da un urologo. E comunque quel piccolo bastardo si era appena scopato sua zia. Forse avrei dovuto dirlo a sua madre, o forse no. E mentre facevo mente locale su ciò che era meglio fare mi accorsi che qualcuno mi spiava; era il solito dirimpettaio guardone, che non ne poteva fare a meno di spiarmi mentre per esempio mi rilassavo in terrazzo distesa completamente nuda sulla sdraio. Lo faceva anche con Moana quando abitava ancora qui da noi. Anche Moana adorava prendere il sole nuda ai bordi della piscina, e lui era sempre lì a spiarla, come spiava anche me. Era un vecchio porco di settant’anni, però in fin dei conti non faceva niente di male, guardava e basta, e infatti sia io che Moana lo abbiamo sempre lasciato guardare. Ormai il fatto di farmi vedere nuda da lui era diventata una cosa naturale; lo aveva fatto talmente tante volte che ormai il mio corpo non aveva più segreti per il nostro dirimpettaio. Certe volte mi spiava anche col binocolo, così da potermi guardare in ogni minimo particolare. E allora quando me ne accorgevo facevo un po’ la puttana, e allora magari allargavo le cosce per fargli vedere meglio la mia figa, e con le dita la allargavo facendogli vedere com’era dentro. Oppure mi mettevo a novanta gradi e allargavo le natiche permettendogli di guardarmi il buco del culo. Devo ammettere che mi eccitava molto farlo; in questo modo riuscivo a soddisfare l’esibizionista che era in me. Questo per dirvi che ormai il nostro dirimpettaio conosceva bene com’era fatto il mio corpo, e i miei buchi.
‘Problemi con quel ragazzino?’ mi chiese. Ogni tanto ci facevamo anche qualche chiacchierata a distanza.
‘Sì’ risposi amareggiata. ‘&egrave il figlio di mia sorella. E lei non immagina neppure cosa mi ha appena fatto’.
‘Da come ha ridotto il suo viso, signora Sabrina, lo immagino eccome!’.
‘Cosa vuol farci? Ha diciotto anni, e come tutti i suoi coetanei &egrave arrapato da far schifo’.
‘Anche io alla sua età ero come lui’.
‘Non lo metto in dubbio’ risposi, ‘però immagino che a lei non &egrave mai venuto in mente di scoparsi sua zia’.
‘No, mai. Ma &egrave anche vero che io non ho mai avuto una zia come lei, signora Sabrina, riconosciuta all’unanimità come la regina delle spagnole, e con un passato leggendario nel campo del sesso anale e orale’.
‘Passato?’ risposi risentita. ‘Guardi che io ci do ancora dentro sia con la bocca che con il culo’.
‘Sì, questo lo so, ma &egrave anche vero che adesso sono in pochi a poter godere delle sue cavità, mentre prima lei offriva il suo condotto anale a chiunque’.
‘Beh, cosa vuole che le dica’ con il passare degli anni sono diventata molto selettiva. Non credo che riuscirei a reggere il ritmo che avevo a vent’anni, quando mi facevo impalare anche tre volte al giorno. Adesso mi scusi, ma devo proprio andare a dormire. E forse &egrave meglio se ci va anche lei, visto e considerato che sono le due di notte’.
‘Sì, ha ragione signora Sabrina. Ma lasci che le dica che lei per me resterà sempre un’icona del sesso’.
‘La ringrazio’ ero lusingata. ‘Mi venga a trovare in sogno, così magari le faccio una bella spagnola’.
‘Magari!’.
A quel punto rientrammo in casa e ce ne andammo a dormire.
Mi svegliai alle otto del mattino e mi accorsi che nel letto accanto a me c’era mio marito. Doveva essere rientrato a casa nel cuore della notte e io non l’avevo neppure sentito. Era nudo e aveva un erezione pazzesca. Chissà cosa stava sognando. Provai un improvviso affetto per lui, perché nonostante al momento avessi una relazione parallela con Giuliano continuavo a provare per Stefano un amore senza limiti. Era pur sempre l’uomo a cui avevo giurato eterno amore, l’uomo che avevo scelto come marito. Gli accarezzai il cazzo duro in tutta la sua lunghezza, una carezza che partiva dalle palle e saliva su fino al glande. Poi mi abbassai con la bocca su di lui e gli baciai la cappella con un bacio a timbro, e l’asta ebbe un sussulto e uno schizzo di sperma fuoriuscì con un getto violento e finì sulla sua pancia, all’altezza dell’ombelico. Poi ne seguirono altri due, ma più deboli. Mi avvicinai con la bocca alle palle e gliele baciai amorevolmente.
‘Tesoro mio…’ sussurrai, dopodiché mi alzai dal letto e me ne andai in cucina a prepararmi il caff&egrave.

Link al racconto:
http://paradisodisteesabri.blogspot.it/2017/11/il-vicino-guardone.html

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