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ABBRACCIO ROSSO SANGUE

By 9 Ottobre 2018Dicembre 16th, 2019No Comments

“Entro in un cortile, sono vestito di nero, ho una cravatta da poeta, sotto l’albero chitarre e coltelli, canti che rapidamente interrompe l’aspro vino. E allora aprono la gola di un agnello palpitante e mi avvicinano alla bocca una coppa bruciante di sangue, tra spari e canti e mi sento agonizzare come l’agnello, e, pallido, indeciso, perduto in mezzo all’infanzia deserta, levo in alto e bevo la coppa di sangue…”.
(P. Neruda)

Non avresti mai immaginato che saresti venuta qui veramente. Era un incontro di fantasie. Una specie di gioco malato, come quelli che possono nascere dietro lo schermo di un pc. Hai rinviato un paio di volte, ma oggi invece sei qui, davanti a me. Incredula di stessa. Spaventata e attratta dal pensiero di dove arriveremo.

Io sono il boia che ti conduce al patibolo. Ho combattuto contro il tuo delirio: la mia ragione mi spingerebbe a difendere la tua vita da questo malsano desiderio di distruggerti. Ma già un nutrito esercito di militanti si dedica a questa missione: non dovrà essere la mia guerra.

Nei tuoi occhi c’è l’apparente quiete di chi sta per andare a fare una gita. Questo non è più uno dei tuoi sogni malati. Eppure non è nemmeno realtà. Noi siamo delirio. Hai imbavagliato la Perfettina che dimora in te. Non dovrà parlare. Non dovrà vedere. Non dovrà poter pensare. Oppure griderà. Pensa che tutto ciò che ti farò oggi, stia accadendo in realtà a qualcun’altra. E rimani a guardare, spettatrice e vittima.

Ti dico che ho già trovato una stanza. Lo dico senza sorrisi. Senza rassicurazioni di facciata. Mi segui, io sono solo lo specchio di ciò che da tempo desideri sperimentare. Volevi fare un viaggio dentro te stessa, quest’anno. Questo è l’inizio. Porti nella tua mano il biglietto di un irreale volo che ti è tanto odiato quanto desiderato. Porto nella mia valigetta da Serial Killer le chiavi per i bassifondi della tua anima. Puoi essere ovunque e non sei mai felice. Ti porterò là dove ti senti ancora viva. Nell’unico luogo in cui hai modo di essere davvero te stessa, a discapito delle aspettative di tutti quelli che ti stanno attorno e provano a fermarti. Ci fermiamo al bar sotto l’albergo. Voglio darti il tempo di realizzare ciò che stiamo per fare Non mi guardi negli occhi, e io non cerco i tuoi occhi. Fa parte dei nostri patti non scritti. Non prendi niente. Rimani silenziosa al tavolino. Io bevo un caffè. E’ giunta l’ora. Mi segui dentro un palazzo storico. Ed entri con me in un vecchio ascensore in ferro, che mi porta lentamente fino all’inferno del quinto piano.

Appoggio la mia attrezzatura fotografica e ti dico di spogliarti. Ti togli tutti i vestiti di fronte a me, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Eppure mi dici che sono il primo uomo che ti vedo completamente nuda alla luce. Nemmeno gli uomini con cui hai fatto l’amore ti hanno mai vista. Il pudore che hai non è certo mai stato verso il tuo corpo, ma per qualcosa che la tua mente ha disegnato invisibilmente su di esso, e che tu oggi hai ricoperto con minuscoli cerottini color carne. Guardo estasiato la bellezza delle tue forme. Rimango attonito nel contemplare la magnificenza floreale del tuo sesso. Rigogliosa, vitale, meravigliosamente sproporzionata rispetto al tuo esile corpicino. Dalla borsa del Seriak Killer tiro fuori le lame e te le mostro. Un coltellaccio da cucina. Un cutter. Una lametta da barba. Non sei spaventata. Ti attrae ciò che ti ho mostrato.

Ti bendo gli occhi, e ti faccio stendere sul letto. Amerai il buio, esso accompagnerà sempre le nostre attività ludiche. Ascolta le mie mani, mia folle compagna di viaggio. Perché esse sono il nostro punto di incontro. Ti muoveranno. Ti accarezzeranno. Ti sevizieranno. Mentre ti accarezzo, dolcemente, nel religioso universo di questa improvvisata sala torture scende il silenzio. Fotografo il tuo corpo nudo e intonso. Ti lego al letto, polsi e caviglie, come se fossi una delle mie amanti. Ti accarezzo con dolcezza, come chi si vuole prendere cura di te. Poi sulla tua pelle senti improvvisamente camminare dolcemente il ferro del coltello da cucina. Minaccia. Ma non taglia. Fa freddo. Ed è un freddo che ti piace. Senti un fortissimo odore di alcol denaturato e freddo sotto il tuo seno. Sto disinfettando. Il tuo cuore accellera. Il tuo respiro si ferma. Le tue labbra si cuciono e si impongono di non aprirsi, qualunque cosa io ti farò. Senti la tua pelle che si sta aprendo. E il dolore di una ferita. Senti il sangue che fluisce fuori dalle ferite. Avverti pure bendata l’eccitazione nei miei pantaloni, al compimento della tua ferita. Alterno le due lame, all’alcool. Il cutter è più grossolano, fa più dolore, ma non fa quasi uscire sangue. La lametta del cutter è molto più insidiosa. Subito non senti niente, ma dopo un po’ qualcosa brucia, e il sangue fluisce fuori copiosamente. Ti senti fuori da te stessa. Ti senti incredibilmente vicina a te stessa. Nessuno ti aveva mai fatto qualcosa di simile. Nessuno aveva mai voluto giungere fino alle profondità della tua anima. E per un istante, solo per uno, ti senti meno sola. Conficco aghi nella tua pelle, simbolicamente sul tuo cuore. Ma non così in profondità come vorresti tu.

Ti giro di schiena. Le tue natiche incontrano a più riprese la mia cinghia. Rimani in religioso silenzio. Non mi interrompi nemmeno per un minuto.

Ti tolgo la benda. E ti do l’oggetto “misterioso”. Sono due anelli a forma di serpente. Si chiudono mordendosi la coda. Sono il simbolo dell’autodistruzione. Uno è piccolo. L’altro è grande. Accetta questo tuo anello, amica mia. Ci legherà, e in questo viaggio dovremo essere sempre vicini. Tu hai paura di essere amata. Non spaventarti dell’idea che possa essere il simbolo di un legame amoroso tra noi. E’ stato forgiato da una strega. E contiene potente magia. Se hai accettato di farti ferire da me, vorrei che tu lo tenessi come il ricordo del nostro incontro. Io non sono amore. Io non sono per sempre. Non vi è racchiusa alcuna aspettativa: tu puoi decidere di non vedermi più anche dopo il primo incontro. Ma se mi segui, distruggerò le tue certezze, le tue vergogne. Ti porterò oltre le rigide sbarre in cui la Perfettina ti ha fino ad oggi rinchiusa. Distruggerò la parte di te troppo rigida e ligia alle regole. Da oggi in poi io sarò il tuo serial Killer. Forse tu, che altrettanto sei distruttiva, un giorno distruggerai le mie certezze. Lo stupido compiacimento per le mie amanti. Le velleità del risolvi-problemi. La mia facciata scricchiolante della persona per bene e affidabile. Un giorno tu sarai la mia assassina. Intingo gli anelli nelle tue ferite. E dopo averli bagnati del tuo sangue, li infilo nei nostri anulari.

Ami i tagli che ti ho fatto. Pizzicano. Ma tu nei sei entusiasta. Li guardi con orgoglio. Sento dolore alle schiena e le tue natiche sono a strisce rosse di fuoco. Ma ti senti tranquilla. Mi dici che sei curiosa di sperimentare. Sai che te ne pentirai. Ma non vedi l’ora di proseguire questo viaggio con me, dentro te stessa.

Ti accompagno al treno. Hai problemi a salutarmi. Gli altri non capirebbero, ma io so chi sei. Non sei brava nelle relazioni. Ti sorrido e ti dico di salire sul treno. Nei miei occhi continuano i nostri giochi. Mi domando cosa posso inventare. Mi domando se mi saprò frenare al momento giusto, e se al tempo stesso avrò il coraggio di alimentare questo tuo fuoco. Costruirò universi folli e immorali. Il treno parte e tu mi guardi in silenzio dal finestrino. E’ solo l’inizio del nostro viaggio.

Il racconto è tratto dal mio blog: IL RAMO RUBATO
è completamente opera di fantasia.

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