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Ne ho avuti molti, nel corso della vita.
Da ragazza, erano uomini sposati,molto più grandi di me , mi divertivo a provocarli, conoscenti di famiglia, le cui mogli mi erano insopportabili, il mio divertimento era nelle varie occasioni, in cui mio malgrado ero coinvolta, fare la smorfiosa, loro fingevano di non vedere, nei casi più disperati neppure se ne accorgevano.
Il godimento sessuale era secondario, almeno il mio, il vero scopo era quello di intrappolare quegli uomini all’apparenza maturi, padri di famiglia, tra virgolette, felicemente sposati, con mogli che si davano delle arie, fingendo di essere felici e realizzate, mentre una poco più che ragazzina,si portava a letto i mariti.
Mi divertivo a provocarli, riuscivo sempre in qualche modo ad attirarli in qualche situazione peccaminosa, dentro ad un bagno, in qualche posto defilato, in una stanza inutilizzata, in un auto parcheggiata in qualche zona nascosta e buia.
Le mie vittime almeno quattro, tutti quelli che erano caduti nella trappola.
Nessuno di loro si conosceva, facevano parte di situazioni diverse, i nostri incontri avvenivano in momenti e tempi sempre separati.
Un padre di una mia compagna di scuola, un collega di uno dei miei genitori, un vicino di casa, e l’ultimo, ma quello che mi dava più eccitazione in assoluto, un grande amico d’infanzia di mia madre, che frequentava assiduamente la nostra casa.
Mi facevo baciare e toccare, li lasciavo fare, spesso la loro eccitazione era quasi incontrollata, ma il trucco era di scegliere sempre situazioni potenzialmente pericolose, dove avrebbero potuto scoprirci.
Quando mi rendevo conto che stavano per esplodere, li toccavo, prendevo in mano quei membri duri, e li masturbavo, di solito venivano in un istante. Poi fuggivo lasciandoli ansimanti e trafelati.
Mi accorsi che non sarebbe bastato, dopo qualche volta, almeno un paio di loro iniziarono ad essere più insistenti, e allora iniziai a prenderglielo in bocca.
Il sapore dello sperma mi piaceva, non me ne facevo scappare nemmeno una goccia, questa cosa sembrava farli letteralmente impazzire.
Il primo con cui ho scopato, è stato l’amico di mia madre, la cui moglie era quella che più odiavo.
Gelosa marcia del rapporto di amicizia che legava il marito con mia mamma, faceva continue battute acide,
sminuiva qualunque cosa dicessimo o facessimo, era davvero odiosa.
Una sera mi veci dare un passaggio in auto ad una festicciola di una mia amica, e durante il tragitto gli sbottonai i pantaloni e glielo presi in mano.
Lo feci venire con la bocca, mentre guidava, e poi continuando a masturbarlo feci in modo che gli restasse duro. Lo costrinsi a fermarsi in un parcheggio defilato, e dopo aver abbassato il sedile mi alzai la gonna.
Ero preventivamente uscita senza mutandine, e improvvisa apparve la mia fighetta da adolescente, minuscola e sottile, con una rada peluria bionda che la incorniciava.
Tecnicamente ero vergine, anche se da sola avevo già provveduto a introdurmi dentro alcuni oggetti, mentre la sera mi masturbavo.
Era tremendamente eccitato, e nonostante lo avessi fatto venire poco prima, non durò che un paio di minuti, non ricordo bene se provai un vero piacere, la cosa che più mi faceva impazzire, era la sensazione di averlo in pugno.
Iniziai a farmi scopare da tutti e quattro. Dal vicino andavo di nascosto quando la moglie era a lavorare, mi prendeva nel loro letto matrimoniale, stava molto attento a non sporcare, nel frattempo avevo iniziato a godere, lo cavalcavo e andavo avanti fino a quando non venivo.
Il padre della mia amica mi scopava quando andavo a casa sua, con la scusa degli studi, o di qualche festicciola ,lo facevamo in bagno, erano approcci sempre molto rapidi, approfittavamo della confusione,
aveva un cazzo davvero grosso, glielo succhiavo per qualche istante e poi mi prendeva, mi mettevo a novanta gradi, con le braccia appoggiate al lavandino, e lui da dietro mi assestava dei colpi feroci, mi piaceva da morire.
Continuai per qualche mese, forse per un anno, a turno almeno una volta alla settimana mi facevo sbattere da uno di loro.
Trovavo sempre il modo o la situazione.
Quando stavo per iniziare l’ultimo anno delle superiori mi innamorai di un nuovo compagno di classe, uno più grande di noi, navigato, un poco di buono, lo mandavano a scuola per tenerlo lontano dai guai.
A letto nonostante fosse ancora giovane, ci sapeva davvero fare.
Scopavamo tutti i giorni, di solito il pomeriggio, andavo a casa sua, i genitori erano al lavoro, e nella sua stanza trascorrevamo ore intere a fare sesso, eravamo instancabili, con lui diventai davvero troia.
Ma come tutti quelli troppo attraenti e bravi,aveva qualcosa di malvagio e diabolico, restai imprigionata nelle sue perversioni, mi avviò a qualunque pratica morbosa.
Fu quando mi accorsi che avrebbe voluto che andassi con dei suoi amici, e che lo avrebbero pagato in cambio delle mie prestazioni che lo mollai, poi abbi l’ulteriore fortuna che fu sorpreso una notte a trafugare computer in un magazzino, e sparì dalla circolazione.
Ogni tanto qualcuno dei miei vecchi amanti sposati cercava qualche approccio, ma feci presto a liberarmene, l’idea che potessi spifferare tutto alle loro mogli, li fece desistere da qualunque tipo di ulteriore intenzione.
Trascorsi un periodo relativamente tranquillo, durante il quale conobbi colui che sarebbe diventato il mio futuro marito.
Eravamo ad una di quelle feste tra universitari, e lui era un giovane assistente, molto corteggiato, la padrona di casa lo aveva invitato con la segreta speranza di farsi scopare.
Così scattò la mia vecchia abitudine di accalappiare i maschi nei radar di altre donne, e approfittando di un momento favorevole, mi intrufolai con lui in un ripostiglio, dove gli feci un pompino strepitoso.
Aveva il più bel cazzo che avessi mai visto, per forma, dimensioni e proporzioni, persino il sapore era spettacolare. Feci in modo che mi venisse in fondo alla gola, continuai fino a quando fu del tutto prosciugato.
Qualche mese dopo ero incinta, ci sposammo e nacque la prima dei nostri figli.
Scopavamo tutte le sere, adoravo succhiarglielo, ero innamorata di quel cazzo strepitoso.
Quando mi sembrava fosse pronto, gli salivo sopra, appoggiavo le mani sul suo petto e iniziavo a cavalcarlo, muovevo il bacino avanti e indietro all’impazzata, finivo per lavarlo con delle squirtate esagerate.
Dopo il parto entrai come in un limbo, il sesso finì in un lontano dimenticatoio.
Lui dopo qualche tempo iniziò ad arrangiarsi altrove, sentivo la puzza delle altre fiche sulla sua bocca, nelle mutande che lavavo, ma lo lasciavo stare, preferivo così che dover fingere di aver voglia, scoparlo senza trasporto, senza passione.
Quella si risvegliò improvvisa un pomeriggio d’estate, un specie di folgorazione.
Avevamo deciso di fare dei lavori di muratura nel giardino, faceva un caldo micidiale, avevo un leggero vestito di cotone, sotto ero nuda.
C’era un muratore siciliano, dai modi rozzi e decisi, muscoloso, sempre con la barba incolta, puzzava di sudore e virilità maschia.
Entrò in casa per chiedermi come dovesse procedere con la posa di alcuni mattoni decorativi, quando scattò improvvisa in entrambi la voglia di sesso e di passione.
Mi scopò sul tavolo della cucina, alzai il leggero vestito, e lui abbassò i calzoncini da calciatore che indossava. Il suo cazzo era nero e nodoso, con tutte le vene in rilievo, duro e ruvido come un ramo di quercia. Sentivo la sua barba ispida che mi graffiava il seno, mentre mi succhiava i capezzoli, entrava e usciva con violenza, aveva subito trovato la chiave per estrarre la puttana che si era nascosta da qualche parte nel mio inconscio addormentato.
Fu uno degli orgasmi più intensi e veloci della mia vita.
Finito il lavoro, iniziammo a vederci almeno due o tre volte alla settimana.
Andavo nel magazzino dove teneva gli arnesi e i materiali, sul retro aveva una specie di ufficio con un divano letto. Scopavamo come dei selvaggi, senza preliminari, appena arrivavo ci strappavamo di dosso i vestiti, lui era già duro come la pietra, io zuppa di umori, la fica fradicia per l’eccitazione.
Spesso uscivo con la testa che mi girava, facendo fatica a guidare l’auto durante il tragitto verso casa.
Nel frattempo ricominciai anche a farlo con mio marito.
Una sera, solo un paio di ore dopo che ero tornata , ancora mezza frastornata, al suo rientro avvicinandomi
Ho percepito inconfondibile, sul suo volto l’odore della fica.
L’idea che anche lui avesse da poco scopato mi fece scattare la voglia, l’ho seguito in camera da letto, e con sua grande sorpresa, glielo presi in bocca, il sapore di quell’altra fica mi eccitava, scopammo per un ora senza smettere.
Ricominciò un periodo di calma relativa, l’odore di quella fica sul suo cazzo era sparito, gli incontri con il muratore dimenticati.
Il lavoro di mamma a tempo pieno mi assorbiva, la mia vita racchiusa nel bozzolo domestico, con il suo susseguirsi di avvenimenti preordinati, aveva di nuovo preso il sopravvento.
Fino al giorno in cui rimasi di nuovo incinta.
La tempesta ormonale, dovuta all’ovulazione era entrata in possesso delle mie capacità di essere razionale.
L’idea di quel pezzo di carne dura, nodosa, scura e odorosa di maschio arrapato, aveva iniziato a tormentarmi fin dalla mattina.
Era uno di quei giorni in cui la bambina faceva il tempo pieno all’asilo, un giorno caldo di fine primavera.
A metà pomeriggio presi l’auto e mi recai di fronte al magazzino degli attrezzi, dove consumavamo i nostri amplessi selvaggi e infuocati.
Attesi paziente, e poi lo vidi arrivare, con il suo camioncino mezzo scassato, carico di calcinacci e detriti.
L’ho seguito attraverso la serranda che aveva alzato, e mi incamminai verso lo sgangherato ufficio, accompagnata dallo sferragliare del ferro sulle guide mentre si chiudeva.
Con un gesto rapido ho buttato in terra tutto quello che c’era sulla piccola scrivania, dove teneva la gestione dei sui conti , e mi sono alzata il vestito leggero, quando è arrivato mi ha trovata lì già pronta con la mia fica fradicia in primo piano.
Mi ha scopata senza parlare, forse era da tempo che non lo faceva, ho sentito che mi veniva dentro dopo qualche istante, ma non si è fermato, gli è rimasto duro , e ha continuato, senza uscire.
Ricordo le mie unghie piantate nella sua schiena, la sua barba incolta sul petto e sul collo, l’odore del vino che aveva bevuto, i colpi che mi dava sempre più intensi e incessanti, la sua seconda sborrata in cui entrambi abbiamo rantolato, come se stessimo per esalare l’ultimo respiro.
Me ne andai quasi correndo, barcollando tra i badili e i sacchi di calcina, sentivo la fica piena del suo seme, la testa mi girava, dovevo tornare a casa prima dell’arrivo di mio marito.
Ero appena entrata quando l’ho sentito arrivare.
Ho subito avvertito qualcosa di diverso nelle sue movenze, l’ho seguito in camera da letto, dove ha farfugliato il desiderio di fare una doccia la più presto.
Appena si è spogliato l’ho bloccato, senza dirgli nulla mi sono inginocchiata, e avvicinando la bocca al suo cazzo, ho sentito nuovamente l’odore di quella fica.
L’ho spinto sopra al letto, e quando è diventato abbastanza duro, cavalcandolo mi sono penetrata.
Aveva goduto da poco, lo sentivo, per farlo venire c’è voluto tutto il mio impegno, sentivo il suo cazzo che sguazzava immerso nelle venute del muratore, fino a quando anche lui non esplose, mischiando lo sperma, avevo la fica piena, il mio istinto primordiale aveva avuto il sopravvento,avevo assecondato la conservazione della specie.
Il giorno dopo il mio amante muratore cadde da un impalcatura e morì sul colpo.
Andai al funerale,restando in una posizione molto defilata, e con grande sorpresa vidi come la moglie fosse una donna molto raffinata, elegante e sicuramente colta.
Forse con qualche anno in più, ma in ogni caso, non era assolutamente la persona che mi sarei immaginata.
Nove mesi dopo nacquero due gemelli, da due diverse ovulazioni, figli di due padri, ma soltanto io potevo riconoscerne le caratteristiche, la parte più evidente che avevano ereditato.
Entrai nuovamente in un limbo di calma relativa.
Approfittando della laurea mai utilizzata, mi inventai un lavoro di consulenza aziendale, e ho scoperto di essere brava, in breve grazie al discreto successo, ho aperto una piccola agenzia, assunto una segretaria,
i miei impegni lavorativi mi hanno assorbita.
Con mio marito siamo entrati in una routine collaudata, sapevo che ogni tanto si concedeva qualche scopata,ma ho sempre fatto finta di non vedere.
Anche io ho avuto alcuni incontri, sempre molto occasionali, ero ritornata allo standard di ragazzina, degli approcci rapidi, con il sesso consumato in modo animalesco, magari in un bagno di un autogrill, sul sedile abbassato dell’auto, in qualche camera da letto buia, di nascosto, mentre al piano di sotto si svolgeva qualche festa o ricevimento.
Di quasi tutti i protagonisti di questi approcci ho un ricordo vago, li sceglievo senza una logica od un criterio particolare, forse quello che più mi attirava era l’odore, l’istinto animalesco di sentirli arrapati, leggevo in loro la voglia di scoparmi, subito, in qualunque luogo o situazione.
Tutto cambiò il giorno che in agenzia si presentò l’ex moglie del mio vecchio amante muratore, il padre di uno dei miei tre figli.
Era ancora più elegante e raffinata di quel giorno che la vidi al funerale, nemmeno invecchiata.
Osservandola bene vidi che era molto bella, sotto al costoso vestito trasparivano delle forme voluttuose, una carnalità decisa, gambe lunghe e sottili, la bocca carnosa dipinta da un rossetto rosso fuoco.
Mi disse di aver ereditato dal padre un azienda che produceva biancheria intima, che doveva essere ristrutturata dal punto di vista economico e finanziario, e si voleva avvalere della consulenza della mia agenzia.
Incuriosita, più dalla voglia di scoprire il motivo per cui, una donna così elegante e raffinata, potesse aver sposato un rozzo muratore, che da un effettivo interesse di lavoro, accettai la proposta di buon grado.
L’autunno stava lentamente avvicinandosi all’inverno, un paio di volte al mese, facevamo una riunione nella sua azienda, con lo staff dirigenziale, analizzavamo dati, prospetti di sviluppo, strategie di marketing.
Sinceramente mi sembrava di essere in un impresa sana e florida, capace di progredire con le proprie forze, il motivo del mio intervento diventava ogni giorno più strano e misterioso.
Fu dopo una di queste riunioni, che molto gentilmente, quando tutti se ne erano andati, mi chiese se avessi voglia di restare per un altro poco, voleva mostrarmi dei capi molto particolari delle loro collezioni, le sarebbe piaciuto conoscere il mio parere.
Ho acconsentito, e ci siamo trasferite in una grande sala, dove compresi, erano soliti mostrare i nuovi capi indossati dalle modelle, ai clienti in visita.
Mi disse di accomodarmi, su di un grande divano ad angolo, disposto di fronte ad una passerella illuminata, e di attenderla.
Apparve dopo qualche minuto, con indosso una vestaglia chiara, e un porta abiti con appesi svariati capi di biancheria intima, perlopiù neri, ricamati, di seta trasparente, cose molto raffinate e probabilmente costose.
Si tolse la vestaglia e sotto era completamente nuda.
Mi fissava dritta negli occhi, ricordo che cercavo di dissimulare la sorpresa e l’imbarazzo, mentre uno strano senso di agitazione e eccitazione iniziava a farsi largo nella mia mente.
Mi chiese se avessi qualche preferenza su cosa avrei voluto vederle indossare, ma rimasi quasi imbambolata.
Iniziò a frugare tra i capi appesi, ne scelse alcuni, apparentemente a caso.
Si nascose dietro ad un separè, e apparve all’improvviso, esibendo una sfacciata e provocante carica erotica, sublimata dal completo che aveva indossato.
La carnalità e le forme voluttuose, che la sua nudità avevano messo in mostra qualche istante prima, ora erano esaltate da quei pizzi ricamati, la trasparenza delle calze allacciate alle giarrettiere, contrastava il candore di quel tratto di coscia scoperto, per riapparire con i seni strizzati nel corpetto nero, con i capezzoli mezzi di fuori.
Per la prima volta nella mia vita mi sono sentita intrappolata, stava facendo con me il gioco che avevo sempre messo in pratica con tutti i maschi che avevo circuito.
Non mi erano mai interessate le donne, nemmeno nelle fantasie più strane, il mio unico interesse era sempre e solo stato rivolto verso i maschi, sentire il loro membro duro entrarmi dentro, prenderglielo in bocca e spingerlo fino in fondo alla gola, immergermi in quella sensazione di star quasi per soffocare.
Fece qualche passo verso di me, e mi si posizionò di fronte, in piedi, fissandomi sempre dritta in mezzo agli occhi.
Ora potevo vedere la sua fica, seminascosta dalla trasparenza del raso del piccolo perizoma, a pochi centimetri dal mio volto.
Restammo in silenzio, immobili, credo di aver anche smesso di respirare.
Poi il mio istinto di voler sempre e comunque avere la sensazione di condurre il gioco, prese il sopravvento.
Il tragitto verso casa lo feci senza pensare, mi ero alzata e avevo farfugliato una mezza scusa, scappando come una cretina. L’eccitazione mi aveva carpita, sentivo di essermi bagnata, appena entrata in casa, mi accorsi che mio marito era rientrato, lo trovai sotto alla doccia, spalancai la porta della cabina, e vestita come ero, mi inginocchiai, e gli feci il miglior pompino di tutta la mia vita.
Ma ero destinata a capitolare, lei lo sapeva, ormai mi aveva in pugno.
Una sera con la scusa di individuare una strategia di marketing, per una nuova linea di reggi seni,
mi ha invitata a cena, ormai ero rassegnata, ho allentato tutte le remore, il rifiuto inconscio e immotivato di finire a letto con un’altra donna.
Cenammo nel ristorante estremamente lussuoso di un grande hotel del centro, e poi siamo salite nella camera che aveva prenotato.
Il letto era enorme, nella camera regnava un profumo inebriante, gli arredi ricercati, le tende imponenti,
l’enorme specchio che rifletteva e ampliava lo spazio e le sensazioni.
Ricordo che mi lasciai cadere sul letto, avevo indossato un vestito nero, corto alle ginocchia, con dei pizzi e dei merletti, senza calze, sotto ero nuda.
Dal momento in cui eravamo entrate nell’ascensore, non avevamo più parlato, solo osservato le nostre movenze, perlustrato le pieghe e gli anfratti di quello che avremmo consumato.
Lei si eclissò in bagno, dove sicuramente si è spogliata del completo Armani che abitualmente indossava, per riapparire avvolta in un candido accappatoio.
Con gli occhi socchiusi ho potuto assistere all’istante in cui rimase quasi nuda, con indosso solo le calze nere, agganciate ad una guepiere, i suoi passi sulle scarpe di lucida vernice, dal tacco vertiginoso, mentre nel frattempo spalancavo le cosce, con il mio morbido vestito che si alzava ben oltre al mio pudore.
Quando la sua bocca si è incollata alla mia vagina, smisi di respirare, una lunga apnea, innumerevoli secondi trascorsi tra la vita e la morte, in cui il tempo si era fermato.
Poi sono esplosa, un campanello sordo mi ha trapanata, l’ho afferrata per i capelli, ho masticato la sua carne, siamo cadute in terra, sugli spessi tappeti cinesi, ci siamo rotolate, rigirate in cento posizioni, bagnate e riasciugate, addormentate alla fine, con le bocche piene di bava, colante sulla fica.
Iniziò un periodo molto turbolento.
Purtroppo successe la peggiore delle cose, ci innamorammo, e fu uno di quegli amori malati, in cui la passione, la gelosia, la possessione e l’impossibilità di fare a meno del corpo di chi ami e delle sue pulsioni presero il sopravvento.
Iniziai a trascurare tutto, la casa, il lavoro, i miei figli e mio marito.
Lei mi confessò, che tutto era iniziato da quando aveva scoperto che ero stata l’amante di suo marito, voleva sapere cosa avessi in più di lei, e io le confessai che uno dei miei figli, era il frutto di una scopata,
l’ultima, prima che il destino ce lo portasse via.
Litigavamo, qualche volta ci siamo picchiate, ci strappavamo di dosso i vestiti, graffi e morsi, ciocche di capelli strappati con le mani, per poi inevitabilmente finire aggrovigliate, a procuraci orgasmi, con le bocche insanguinate, affondate nelle fiche, un miscuglio animalesco, qualcosa di irrazionale, ma tremendamente vivo.
Ricordo l’ultima volta che ci siamo incontrate, era un pomeriggio piovoso di novembre, avevamo pranzato un pasto frugale in una specie di self service, quei posti dove vanno gli impiegati con poco tempo a disposizione per la pausa di mezzogiorno.
Poi siamo andate in un alberghetto non lontano, uno di quelli dove spesso si incontrano gli amanti clandestini.
Entrambe sapevamo che quello sarebbe stato l’epilogo della nostra relazione.
Ci siamo masturbate a vicenda con ferocia, entrambe alla fine abbiamo squirtato, quasi all’unisono,
sdraiate su di un fianco una di fronte all’altra, nude, perse nel nostro delirio di insana passione.
Non ci siamo mai più riviste, lei ha venduto l’azienda ad una multinazionale del settore, ed è fuggita all’estero, ma non mi hanno mai saputo dire di preciso dove.
Dopo qualche mese in cui mi sono rintanata in un astinenza sia sessuale che sentimentale, ho preso alcune decisioni, che mi portano al momento attuale, ad un equilibrio che seppur precario, mi consente di vivere in modo appagante e dignitoso.
Ho smesso di annusare mio marito, lascio che scopi in giro quanto vuole, la mia priorità ora è il benessere dei miei tre figli, dormiamo in stanze separate, la nostra è ormai una convivenza di facciata.
Ho due amanti fissi, un giovane studente di architettura, ci vediamo due volte alla settimana, mi lascia spossata e svuotata di tutte le voglie di maschio che covano all’interno della mia vagina.
L’altra è una splendida creatura bionda, fa la commessa in una profumeria dove mi servo, mi ha corteggiata con discrezione, siamo finite a letto dopo molto tempo, anche lei è sposata, non ci vediamo molto spesso, lo facciamo in modo molto pudico, baci, carezze, sussurri, tutta la tenerezza che la nostra parte femminile non riesce a soddisfare, quando scatta la voglia brutale di essere scopata, sbattuta, con la sensazione mai appagata, di sentirti fino in fondo troia.

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