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Confessioni Private

By 25 Febbraio 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

Ciao a tutti! Mi chiamo Vanessa! Sono una giovane ragazza di 20 anni dalla vita apparentemente normalissima e comunissima, anzi dai classici “sani principi” per quanto gli aneddoti seguenti potrebbero dimostrare il contrario, ma con alcune particolarità nell’ambito erotico che per la prima volta qui confesserò ai lettori. Non so se vi faranno eccitare o meno, di certo per me sarà un’esperienza assai particolare scrivervi alcuni aneddoti che hanno segnato la mia vita sessuale e le fantasie che mi caratterizzano.

Già all’età di 13-14 anni sviluppai un corpo da donna matura con una bella quarta di seno (ho un seno tondo e con areole grandi e rosate) e la tipica figura femminile “a clessidra” dalla vita piuttosto stretta, fianchi allargati e pancia assolutamente piatta. Le gambe sono affusolate e ben tornite e mi portano ad un’altezza di 1,74 che, certamente, mi rende una ragazza medio-alta. Nel tempo il mio corpo, grazie a questa crescita naturale, ha iniziato a catturare lo sguardo di tutti i maschietti e non solo: spesso li vedevo e vedo fermarsi agli angoli della strada per non farsi vedere e scriutarmi con la coda nell’occhio. Alcuni mi spogliano letteralmente con gli occhi e cercano d’indovinare qualcosa in più del mio corpo dalle scollature o dalle cosce sode e formose e, infine, delle natiche sode e attraenti nel loro morbido volume. E tutti sperano un giorno d’intravvedere il cuore della mia intimità e femminilità, la mia vagina, fiore selvaggio. Dovete sapere che non è mai stata depilata completamente, ma i peli sono comunque corti, morbidi e ben curati. Lasciano trapelare la mia rosa, ma svolgono perfettamente la funzione di “scrigno del tesoro”, preservando il necessario mistero. Ma il vero capolavoro della mia natura è un viso contornato da lunghi capelli ondulati castani che si disperdono a volute sul petto e arrivano fino al fondoschiena, se lasciati completamente sciolti: sono mossi, luminosi e amo tenerli profumati. Gli occhi sono grandi, dal taglio affascinante e color nocciola, il naso piccolo, ma non alla francese e la bocca a cuore, rosata, voluttuosa e capace di far perdere la testa al maschietto più freddo. Le mie sopracciglia sono grandi e arcuate, in grado di conferire piena luminosità ed espressività ad un viso provocante, malizioso, ma al tempo stesso in apparenza innocente e lezioso, quasi materno, più maturo dell’età che realmente ho. Inutile dirvi che sono sempre stata corteggiata in maniera esagerata e in ogni modo possibile, ma, ad esser sincera, fino a 17-18 anni ero spaventata dal sesso con un uomo. Amavo farmi desiderare, concedere flirt dove mi scambiavo qualche effusione, qualche toccatina e non disdegnavo qualche sega, ma di fidanzatini ne ebbi stranamente ben pochi e a 18 anni suonati (la maturità del liceo incombeva) ero ancora vergine, anche se in ben pochi l’avrebbero creduto essendo dotata di un corpo e di uno sguardo che, per dirla con un luogo comune, ispiravano tremendamente sesso.

Accanto a questa castità vivevo però fino a due anni fa una dimensione privata carico d’erotismo malsano, estenuato e assai eccitante per me. Innanzitutto, quando ero sola in casa, a volte passavo interi pomeriggi e rimirare il mio corpo nudo. Dai 15 anni in poi capitava che aspettavo ansiosamente i miei fossero usciti (sono figlia unica e vivo solo con loro) per truccarmi pesantemente con rossetto, matita, ombretto, etc…Poi, sempre più eccitata, mi buttavo sul letto dei miei, dinnanzi ad un grande specchio ed iniziavo, lentamente, a spogliarmi in maniera integrale. Immaginatemi: i miei capelli erano sparsi a raggiera sul cuscino, io ero truccata come una prostituta da strada e ciò mi eccitava da morire, sostituendo l’immagine da fanciulla deliziosa che mi ero appiccicata addosso io stesso. Così rimanevo in topless ed iniziavo negligentemente a palpeggiarmi i seni come l’avesse fatto un amante appassionato, come fossi una pornostar. Mi masturbavo i miei globi e cercavo di avvicinare alla lingua i capezzoli contornati dalle meravigliose areole di cui andavo e vado tanto fiera: poteva darsi mi spalmassi sopra qualche crema o perfino della panna. Poi toglievo i jeans, rapita dall’estasi erotica che mi saliva dal ventre, o il gonnellino e sotto, come sempre, indossavo le calze di nylon. Non poche volte mi tolsi le mutandine per poi rimettermi nuovamente le sensuali calze al fine di vedere la mia fica nella trasparenza delle calze, imprigionata in quel tessuto tanto eccitante e da sopra iniziavo a titillarla lasciando che imperlasse di rugiada il tessuto. Lei si bagnava subito perché in quei lunghi pomeriggi avevo gli ormoni a mille e adoravo sentire le labbra bagnate sfiorate dall’aria. MI eccitava rigirarmi e guardare le mie forme allo specchio, mettermi quindi a pancia in giù e godere del copriletto che strusciava contro le mie labbra trasmettendomi brividi di piacere assoluto. Ben presto cominciavo ad avere il respiro affannato e a emettere qualche sospiro. Sorridevo allo specchio come fossi stata una puttana che aspettava il cliente e, liberatami anche delle calze, mi accarezzavo tutto il corpo come se dovessi sedurre girandomi e rigirandomi e ammirando ogni parte del mio corpo. Spesso mi mettevo in posce oscene a gambe aperte e all’aria, oppure in ginocchio fingendo di stare eseguendo un pompino magistrale: vedevo il mio buchetto posteriore e ovviamente mi spalancavo la rosa per osservarla meglio. Anche se allora lo avrei voluto tanto non inserivo oggetti estranei, essendo ancora vergine, ma non poche volte ricordo che misi la spazzola nel buchetto di dietro mentre davanti mi sfioravo il clitoride come una regina di peccati. Oppure inserivo, sempre dietro, un bell’evidenziatore o una biro piuttosto grossa, che riempisse le pareti delle mie viscere bollenti. Mi guardavo soddisfatta della mia bellezza e del mio essere porca. Dai 17 anni in su questi pomeriggi, prima non così frequenti, aumentarono perché la voglia cresceva e, specialmente prima del ciclo, non potevo proprio fare a meno di masturbarmi davanti allo specchio. Lo facevo più volte a settimana. Quando venivo intingevo la manina nella mia fica calda e accogliente e leccavo poi le dita bagnate dei miei stessi umori godendone poi l’odore e il sapore. E mentre lo facevo, sempre sogguardavo lo specchio. Oppure mi spalmavo la mia ciprina sui capezzoli. Se mi avessero vista i miei che mi credevano la classica brava ragazza tranquilla o le mie amiche, amici e colleghi di scuola vari, non ci avrebbero creduto: i ragazzi pensavano avessi avuto più storie per la mia avvenenza eppure in fondo credevano fossi una santarellina che se la tirava; gli adulti erano persuasi fossi una ragazza senza alcun vizio o stortura. Ed invece capitava passassi pomeriggi o serate ad ubriacarmi di piacere, a sospirare sempre più forte mentre le mie dita più in basso martellavano il clitoride esausto bagnandosi tutte, mentre esaltavano il mio essere donna. E a me sembrava di essere in paradiso. Guardavo allo specchio il mio petto ansante che si alzava e abbassava al ritmo del respiro velocizzato, ammiravo le mie labbra che si schiudevano liberando il sospiro del mio piacere e mettendo in mostra i miei denti bianchissimi; quel piacere che, quando raggiungeva il culmine, mi obbligava a gridare. Poi non capivo più nulla: sentivo solo un calore fortissimo innalzarsi dal centro del mio scrigno e protendersi in ogni direzione. In alcune occasioni la voglia era tanta che subito ricominciavo pensando a quanto ero porca ed osservando allo specchio le oscenità che stavo combinando all’insaputa del mondo. Ma più spesso mi ricomponevo alla meglio, mi struccavo, rivestivo svogliatamente e riprendevo a studiare per mostrare ai genitori che sarebbero stati di ritorno di lì a poco quanto fosse diligente la loro bambina.

Ma altre volte desideri inconcepibili mi prendevano all’aria aperta. Ricordo, ad esempio una volta che ero in vacanza con i miei in un incantevole luogo di montagna bucolico; ricordo come fossi sempre più accaldata, a volte bastava sentire l’elastico delle mutandine tra le gambe per eccitarmi da morire. Avrei voluto essere sfondata da un uomo, ma in realtà non avevo ancora trovato nessuno d’interessante e troppi ragazzi mi parevano non all’altezza: sporchi, brufolosi e poco curati. Per cogliere una giovane rosa come me ci sarebbe voluto ben altro….Ebbene un giorno m’ero spinta in un boschetto a leggere un libro harmony e ad un tratto avevo sentito un formicolio provenire dal basso ventre congiunto al ben noto calore: la mia fica bollente vogliosa esigeva le dedicassi il tempo necessario per sollazzarla con i consueti, proibiti, movimenti.Le carezze fugaci e l’acqua fredda non erano bastate a sopire i miei istinti di giovane in pieno rigoglio. Il mio sesso aveva bisogno di un massaggio prolungato ed io di sfogarmi completamente. Allora cercai un luogo dove nessuno sarebbe potuto passare, ma in realtà la certezza matematica della sicurezza occulta non ci sarebbe mai stata. Col cuore in gola e presa da una folle eccitazione erotica, mi abbassai i jeans e le mutandine viola. Le vidi tutte bagnate dei miei umori, tanto che si potevano strizzare ed iniziai il rito autoerotico. Con movimenti circolari circuivo il clitoride e a volte lo schiacciavo con l’indice. Intanto l’altra mano si posizionavo all’ingresso del mio caldo antro che traboccava di umori. Man mano che aumentava l’eccitazione e mi avvicinavo ad un orgasmo travolgente, mi toglievo altri vestiti: arrivai ad essere sdraiata sul muschio completamente nuda, mentre mi tormentavo il sesso a due mani e mi mordevo le labbra per il piacere cercando almeno di soffocare, per quanto possibile, i gridolini del piacere. Il mio bacino andava in su e in giù come impazzito, al ritmo della masturbazione che, testarda, imponevo alla mia fica. Le mie forme generose, il petto sodo e pieno, si muovevano come volessero partecipare anche loro a quella danza oscena. Vedevo i seni alzarsi e abbassarsi: credo che se qualche uomo mi avesse vista in quel momento, mi avrebbe violentata senza neanche domandarsi chi fossi. Il mio cervello era completamente staccato ed in panne: mi disinteressavo completamente della possibilità che qualcuno, forse persino mio madre, avrebbe potuto scoprirmi durante l’atto osceno. Pensavo a me stessa, a tenere in mano un bel pene duro e persino ad una bella ragazza che si bagnava le labbra con gli umori fuoriuscenti dalla mia vagina. Dio che meraviglia: mi stavo sditalinando in piendo bosco baciata dai raggi del sole che filtravano tra le fronde ed era un sogno di folle lussuria che si realizzava. Tenendo gli occhi voluttuosamente semichiusi, aumentai il ritmo, puntando le dita dei miei piedi dalla delicata e lezioso foggia contro un ramo del bosco, ed esplosi: non riuscii a trattenere un grido soffocato di piacere, mentre tutto si spegneva e la mia mente era rapita in estasi e il mio capo si adagiava sulla dolce cascata dei capelli brillanti color castano che si spiegavano con ardore sul muschio verde. Le mie gambe in preda a movimenti inconsulti, controllate dalla divinità del piacere. La vagina spalncata e rorida si contraeva furiosamente così come il mio bacino, squassato dal piacere. Venni con due dita nel vestibolo della mia fica e godetti come non mai, poi mi leccai il tutto, cercando di risistemarmi come potevo. Mi guardai allo specchietto dei trucchi che portavo nella borsa: avevo l’aria distrutta e languida, ma di un erotismo assoluto, con le guance arrossate e le labbra rosse come non mai, bagnate della mia eccitazione. Sentivo persino l’odore del mio sesso e quasi volevo ricominciare, insaziabile, ma poi realizzai in quali condizioni mi trovavo e mi rivestii alla meglio.

In quel periodo (17 anni) attraversai persino una fase saffica; come vi ho detto i miei coetanei non m’interessavano più che tanto e, anche se le mie fantasie ricorrenti, erano collegate all’idea di penetrazione e sverginamento (non vedevo l’ora di avere la fica sfondata e sentire muoversi dentro di me fino all’utero un membro virile in tutta la propria potenza), capitava anche di fantasticare sulla bellezza femminile. Avevo varie amiche e sapevo che alcune avevano avuto esperienze, magari persino con parenti come cugine. Anche se mi ritenevo e, a maggior ragione, mi ritengo completamente etero, fare qualcosa d’osceno con una donna (come la masturbazione reciproca) mi eccitava e spesso stuzzicava i miei momenti solitari mentre guidavo la mia mano alla scoperta proibita del mio corpo. Con un’amica, Barbara, iniziai a scambiarmi confidenze piccanti rivelandole le mie fantasie più nascoste. A volte ci trovavamo da sole per studiare in caldi pomeriggi primaverili: i nostri profumi si confondevano e i corpi sudati erano vicinissimi. Vedevo bene come lei fosse turbata dalla mia fisicità e non facevo nulla per sminuire il suo imbarazzo, avvicinandomi spesso a lei e strusciandole “inavvertitamente” il seno contro la mano che scriveva o gesticolava. Non era (non è, dato che è ancora viva!) una ragazza brutta, anche se non esplosiva o di agghiacciante sensualità: un viso molto dolce e quasi infantile, incastonato da capelli pettinati all’indietro, un corpo snello con una terza di seno, fianchi e un sedere sodo e non eccessivo. Gli occhi molto penetranti e provocanti. Lei aveva avuto già un’esperienza con un ragazzo e non avrebbe mai creduto che io, ben più provocante, fossi ancora vergine. Quando glielo confessai aggiunsi maliziosamente e, all’apparenza scherzosamente: “Se vuoi puoi verificare…” E non so cosa mi scattò, ma avvicinai le mie labbra alle sue. Probabilmente sentì il profumo fruttato del mio respiro e questo la mandò in estasi, finché perse il controllo, gridando quasi:”E’da una vita che voglio scoparti” e m’infilò inaspettatamente una mano nelle mutandine, accarezzandomi peli e grandi labbra. Era la prima volta che qualcuno mi sfiorava, a parte un mio cuginetto per scherzo quando eravamo piccoli. Perso ogni pudore, mi spogliai completamente e sdraiandomi languidamente sul divano fingendo di riposare. Volevo eccitare quella fanciulla fino a farle perdere ogni ritegno. Barbara rimase infatti letteralmente impressionata dal mio fisico esuberante e m’imitò rapidamente: tutti i nostri vestiti erano lì gettati per terra e i nostri due corpi nudi erano sfiorati dai raggi del sole del tramonto che trapelavano dalle persiane. Io mi strusciavo mooolto lentamente sul divano appoggiando il pube e spianandomi: intanto fissavo Barbara e le respiravo negli occhi i miei bollenti sospiri finché le permisi di continuare a masturbarmi la vulva. Una lunga ed eccitante masturbazione reciproca fu il coronamento di quel giorno: ci sapeva fare tanto che mi fece venire per due volte di seguito solo stuzzicandomi il clito e premendo e ruotando le sue abili dita sul mio morbido pelo pubico, mentre ero stesa di fianco a lei e le respiravo in bocca il mio godimento. Io invece mi dimostrai più impacciata nel masturbarla, ma, dopo tanta fatica, la sentii vibrare al mio fianco e percepii le contrazioni della sua fichetta rasata con il mio dito medio che si era aperto una via tra le sue pareti più segrete ed era immerso nell’eccitazione della mia amica.. Era una sensazione stupenda guardarci negli occhi, mentre ci davamo piacere e l’aria intorno si riempiva di profumi di donne in calore e di sesso saffico. Ogni tanto le nostre bocche si univano, poi lei mi leccava i seni facendomi i complimenti per cotanta perfezione, lasciando lunghe scie umide come di lumache, e mi baciava dicendomi a tratti parole oscene che io, tanto giudiziosa e aristocratica, in quei momenti non solo non disdegnavo, ma apprezavo. Alla fine lasciammo il divano macchiato della nostra lussuria e dovetti metterci sopra una coperta per nascondere ai miei che quella era stata la nostra alcova di lussuria. I suoi baci mi piacevano più di quelli dei maschi perché più morbidi e dolci, lunghi ed estenuati, ma ero ugualmente sconvolta da ciò che avevo fatto. Da quel giorno le cose cambiarono: lei prese una vera cotta per me e mi corteggiò pesantemente arrivando a regalarmi sue mutandine bagnate (dopo che s’era masturbata pensandomi, a suo dire!) oppure filmini e foto porno di lei a gambe aperte ovvero impalata su un dildo che aveva comprato di recente. Io rimasi sconvolta e non volli ripetere quell’esperienza perché capii che sarebbero stati solo giochi per me, mentre lei ne avrebbe sofferto veramente sperando l’avrei un giorno ricambiata.

Tuttavia un giorno folle ero nervosa per la maturità imminente. Era l’estate dei 18 anni, due anni fa, quella in cui tutto è permesso e…mi trovavo al massimo del mio splendore: tutti dicevano che ero come una rosa o  un giglio in fiore o leziose locuzioni d’equivalente tenore. Ero così agitata che io che odiavo il fumo avevo acquistato un pacchetto di sigarette (fortunatamente non avrei mai preso il vizio!) e ne avevo già fumate una buona metà in pochi giorni nel tragitto tra casa e scuola. Pochi mesi prima avevo avuto la mia prima volta con un ragazzo che fu l’unico (assieme all’attuale) ad avermi posseduta fino ad ora. Con lui stetti insieme solo 5 mesi, poi ci saremmo ripresi e rilasciati svariate volte fino a un anno fa quando trovai colui che mi avrebbe davvero iniziato all’amore assoluto e romnatico, quello che con una locuzione un po’melensa potrei benissimo definire “delle fiabe”. Avevo goduto tanto e da quel momento in poi, pur diminuendo la frequenza degli sfioramenti solitari, mi ero fatta anche foto oscene con infilata la spazzola nella fica, oppure con una bella zucchina bagnata dei miei umori, o una banana che poi mangiavo ed era capitato gliele avessi mostrate per farlo impazzire e perché io fossi il centro dei suoi pensieri più eccitanti. Avevo smesso di essere così ossessionata dallo specchio, ma amavo ancora stare nuda in casa e sceglievo i posti più disparati per sdraiarmi e godere con la mia perfetta lascivia. Impazzivo per la spazzola sotto e la mia mano sopra: venivo spesso così, inarcando la schiena e sollevando il bacino, mentre il ditalino prima di riposare la notte era diventato abitudinario con la piccola complicazione che dovevo mordere il cuscino o le lenzuola per non erompere in sospiri rumorosi che avrebbero potuto svegliare i miei. Godevo da sola ripensando agli incontri col mio ragazzo o anche a quell’unica eccitantissima esperienza saffica. Limitavo i miei gemiti, ma spesso, quando mi mettevo a pancia in giù, non riuscivo a frenarli del tutto e avevo sempre il cuore che batteva all’impazzata per il timore di essere scoperta nel mio vizioso passatempo. Sentivo le mie dita impiastricciarsi del liquido profumato e stordente che sgorgava dalla vulva e, dopo l’orgasmo, colava verso l’ano mentre sopra il pube assorbiva tutti i miei afrodisiaci umori. Capitava anche mi spogliassi completamente, mentre i miei dormivano ignari due camere piu in là, inconsapevoli del fatto che la loro bambina era diventata donna e si dava piacere anche muovendo il bacino avanti indietro per strusciare il bottoncino del piacere, avanti e indietro fino allo sfinimento di più orgasmi. Ero rapita dalla mia bellezza e da quelle sensazioni incessanti e straordinarie che il mio sesso mi regalava. Dopo che ero venuta mi rinfrescavo poi sul bidé e, mentre fissavo lo specchio, potevo ammirare la figura di una giovane donna di avvenenza e sensualità indicibili, non potendo fare a meno di simulare altre mosse oscene. A volte succedeva anche che mi riguardavo gli autoscatti di nudo e l’erotismo che trasmettevo con ogni fibra del mio corpo era tale che la mano scendeva automaticamente all’inguine scostando l’ostacolo del tanga e nutrendo la fica d’illanguidite carezze e colpetti dossoluti.

Non vorrei però perdere il filo del discorso precedente. Quell’estate della maturità la ricordo perfettamente per un fatto che mutò la mia vita e mi coprì di vergogna e umiliazione, lasciandomi tuttavia un retrogusto d’eccitazione assoluta. Dunque, come vi ho detto ero nervosissima e, con una mossa inaspettata persino a me stessa, invitai Barbara e casa mia. Era da quel giorno famoso che ci eravamo allontanate, pur rimanendo formalmente amiche. Lei era passata da un uomo all’altra e da una ragazza all’altra: aveva iniziato a riempirsi di vizi e la sua bellezza dolce e fanciullesca, s’era fatta più provocante e dannata. “Che cavolo vuoi ancora tu? Non sai che devo studiare anch’io. Certo tu sei perfettina e sei la preferita dai professori, non avrai neanche bisogno di affaticarti troppo!” mi si rivolse a brutto muso, mentre l’attendevo alla porta di casa. Ero vestita con un top blu, un gonnellino leggero corto e color celeste che lasciava intravvedere delle mutandine molo semplici colore rose. Ai piedi avevo gli infradito con le unghie dei piedi smaltate di color fucsia. Ero poco truccata quel giorno, ma con un filo di matita e il canonico rossetto rosso ciliegia che mi davano l’aria da ragazza maliziosa e sensuale. Prima del suo arrivo, la mattina, m’ero guardata allo specchio trovandomi tanto attraente che mi sarei scopata lì sul posto tanto che non ero riuscita a trattenermi dal baciare lo specchio e dal toccarmi tre volte di seguito. Non vi dico come stavo fin dal mattino: i miei erano al lavoro e io, non appena sveglia, m’ero spogliata completamente pensando al progetto che avevo in mente. Poi m’ero toccata tre volte di fila sulla mia scrivania. Tenevo persino le tende spalancate così che qualcuno avrebbe persino potuto scorgermi dall’appartamento di fronte. Dopo l’ultimo orgasmo ero in condizioni pietose, parevo una vera pornostar con i capelli sporchi per il sudore e attaccati alla mia spaziosa fronte, tutta ansimante e con i grossi seni imperlati di sudore. I fianchi superbi anch’essi umidi per i vizi cui m’ero dedicata. Dalla vagina colavano i rivoletti impudichi del mio piacere sulle cosce che io non potei fare a meno di portare quel ben di Dio alle labbra con le dita. Le mie guance erano tutte arrossate così come pure la fichetta quando me la aprii davanti allo specchio. La vedevo tutta irrorata della mia rugiada e stavo per perdere la testa mentre mi posizionavo a 90 oppure con i seni che strusciavano contro la superficie fredda delo specchio, lasciando impronte che poi avrei cancellato. Le dita erano tutte impregnate di succo: ero distrutta, ma speravo quel giorno sarebbe divenuto memorabile. Avevo voglia di mostrare a tutti quanto fossi porca: presi il cellulare e mi scattai varie foto di nudo integrale mentre mi raccoglievo i capelli a chignon. Poi avevo perfino chiamato il mio ragazzo e l’avevo lasciato venire sulla fica la prima volta e sui seni la seconda, nonostante non prendessi la pillola perché quel giorno ero esibizionista e incosciente e volevo trasgredire a tutti i costi ogni regola. Mi aveva completamente inondata della sua sborra calda ed io avevo finto sarebbero presto tornati i miei per starmene così: tutta bagnata di sperma a contemplarrmi. Mi inumidivo la mano di quel nettare e lo portavo svolgliatamente alle labbra da vera dea della lussuria, quale pensavo di non essere prima d’allora. Dio quanto mi sentivo porca! Vedevo ovunque sul mio bacino e sul mio ventre, per non parlare del petto, scendere precipitosi rivoli di seme maschile che impregnavano la mia stanza del loro odore caratteristico e penetrante. Sentivo ancora un desiderio totale, sfrenato, e il mio respiro era affrettato come avessi corso per chilometri. Con movimenti incessanti sembrava volessi consumarmi la vulva con le dita (fortunatamente sono multiorgasmica), ma non volevo raggiungere subito un nuovo orgasmo. Allora decisi di fare qualcosa di folle: mi sarei riempita completamente. Per prima cosa indossai dei tacchi alti da vera squillo. Poi inserii con una lentezza studiata ed estenuante un evidenziatore nel buchetto posteriore che si aprii senza problemi e un profumo a forma fallica nella vagina calda e bagnata e cominciai a muovere contemporaneamente i due oggetti con una certa decisione: mi stavo sbattendo e scopando da sola; intanto leccavo una banana ed esprimevo con sospiri i brividi che da lì sotto provenivano assillanti. Se solo qualcuno mi avesse scorta in quello stato….I miei globi si muovevano paurosamente e io, ben riempita, presi a dedicarmi al clito per giungere ad un quinto orgasmo. Vi dirò che pensavo alla lingua di Barbara augurandomi l’avrei avuta lì sotto in breve tempo. Allargai le gambe a dismisura e mi umiliai da sola mettendomi a pecorina e guardando il profumo e l’evidenziatore dentro il mio bel corpo. Mi mordevo le labbra fin quasi a far fuoriuscire del sangue e sospiravo sempre più rumorosamente e affannosamente finché sentii l’ennesimo orgasmo, incredibilmente potente, sbocciare dentro il cuore del mio Io e per un po’di tempo continuai a tormentarmi il bottoncino del piacere quasi volessi punirlo di avermi distrutta a quel modo. Persi quasi conoscenza: ero pallida per lo sforzo dovuto al piacere provato. Io, una delle più belle della scuola, stavo devastandomi di piacere senza che nessuno lo sapesse, ma il meglio doveva ancora venire. Io, pudìca, volevo trasformarmi in un animale istintuale e impudico.

Non appena mi vide e mi rivolse quelle parole, Barbara sembrò mordersi la lingua: si era accorta che quel giorno ero specialmente provocante, forse ancor più del solito. Io le misi una mano sulle labbra come ad imporle il silenzio e la presi per mano. Sentii che aveva le mani sudate per l’emozione di trovarsi al mio fianco. Le soffiai in viso per risvegliare ancor più i suoi istinti e poi, a piedi nudi, le accarezzai il viso con la pianta del piede, prima delicatamente poi più freneticamente. La mia fica intanto, ancora coperta, implorava attenzioni. Lei prese le mie dita e si mise a leccarle mentre eravamo stese sul letto dei miei. Sembrava mimare una perfetta fellatio. Quasi distrattamente le sfiorai l’inguine per far sì impazzissse completamente. Lei era vestita con dei pantaloni marroni leggerissimi, le ballerine argentate che ancora teneva indosso e una t-shirt chiara sotto cui si vedeva che non portava il reggiseno, la spudorata! Mi intrufolai con l’altro piede, quello non occupato dalla sua morbida e calda lingua, sotto la maglietta e le toccai l’ampio seno polposo circuendole l’area dei capezzoli che subito reagirono evidenziandosi ancor di più al di sotto della maglietta. Prese a sospirare molto forte, mentre io mi trattenevo a stento, ma sotto sapevo d’essere un lago. Il mio sogno erotico così trasgressivo stava decisamente prendendo forma…e il mio cuore batteva all’impazzata facendomi quasi temere esplodesse all’improvviso.

Le presi poi la mano e gliela portai sotto le sue stesse mutandine e lei non si fece ripetere l’invito: si abbassò pantaloni e mutandine di pizzo nero e mi mostrò la fica completamente depilata: ne sentivo l’afrore intenso e afrodisiaco che emanava e arrivava fino alle mie narici portandomi ad uno stato di completa incoscienza. Era delizioso quel sesso di adolescente: potevo intuirne il calore e pensai a quanti membri avessi ingurgitato e su quante dolci lingue avesse disperso umori viscosi. Divaricò le gambe in maniera davvero oscena e iniziò a toccarsi in modo furioso: con una mano entrava ed usciva dal buco segreto, con l’altra si titillava il clitoride che potevo scorgere bene in vista al di sopra delle piccole labbra tutte bagnata dalla sua eccitazione. E, nel frattempo, la dolce Barbara mi alitava sul piede la sua eccitazione. A questo punto decisi di essere ancora più oscena e contro la mia natura schiva che mai: mi alzai posizionandomi davanti allo specchio iniziando a togliermi gli abiti ad uno ad uno, dopo averli dismessi li lanciavo ai piedi del letto e mi recavo da Barbara per scambiarmi un lungo bacio durante il quale le nostre lingue s’intrecciavano e combattevano una battaglia lussuriosa esplorando tutti gli angoli delle nostre due bocche, rosee e bianche, di donne ormai in fiore; pareva mi volesse soffocare con quei baci umidi e lunghi in cui espirava nella mia bocca il suo godimento. Sciolsi infine, con studiata e leggiadra lentezza, i capelli mossi e profumati mostrandole sapientemente il mio corpo voluttuoso e flessuoso nonostante le curve, i seni prepotenti e la fica seminascosta, alla mia amica che intanto aveva gli occhi semichiusi per il piacere che stava provando nella sua masturbazione. Si stava accarezzando in modo delizioso e selvaggio: vedevo le dita della mano sinistra entrare ed uscire sempre più bagnate dalla vagina rosata di quella giovane donna che riuscivo tanto fortemente ad attrarre. Mi piegai a novanta per meglio mostrarmi: mi sentivo completamente immersa nel ruolo di pornostar e percepivo lo sguardo assetato di Barbara sul mio culo formoso. A volte mi avvicinavo lasciando che i miei capelli scendessero di volta in volta sulle labbra contratte, sulla vagina bagnata o sui seni di Barbara che ora era già in pieno affanno preorgasmico e oscillava sul letto di casa come posseduta gemendo incessantamente. I suoi lamenti di goduria accrescevano a dismisura il mio piacere e, di tanto in tanto, non riuscivo a trattenermi dall’accarezzare la mia vulva, così in piedi, dinnanzi a lei. La sentivo calda, pulsante e bagnata: se solo avessi insistito sarei venuta. Ad un tratto avvicinai un mio capezzolo al suo clitoride bagnato, colpito ripetutamente dalle sue belle e affusolate dita, e bastò quel contatto perché esplodesse. Le scesero un po’di umori dalla fica bollente di cui vedevo chiaramente le pulsazioni, ma riuscii ad impedire che macchiasse il copriletto, leccandole prontamente la base della vagina e assorbendo goccia a goccia quel miele proibito. Leccai come una cagna in calore sentendomi più che mai sporca e in un regno illecito: era la prima volta in vita mia che facevo una cosa del genere e la mia eccitazione stava raggiungendo livelli pervasivi e preoccupanti. Iniziai anch’io a respirare in modo affannato. Il suo sapore acidulo mi stordì: era simile al mio, eppur diverso. Avevo la netta percezione di stare perdendomi in un girone di pensieri e atti proibiti. Intingere la lingua in un sesso femminile rappresentava per me la perdita dell’innocenza, l’assorbimento dentro la voluttà più infuocata e priva di remore. Non ci potevo credere in quegli istanti convulsi: stavo davvero leccando la vagina di una fanciulla! Inserii poi indice e medio della destra nella rosa bagnata di Barbara, apprezzandone l’accoglienza delle pareti, mentre lei si stava riprendendo a stento dopo l’orgasmo chiamandomi con voce languida e dolce per nome, tentando di recuperare un po’di fiato. Era deliziosa mentre avvicinava il bacino alla mia bocca per farmi meglio assaggiare il suo frutto profumato d’orgasmo. Condussi poi quelle dita bagnata alle sue labbra facendole gustare il suo stesso sapore che, ad un certo punto, mischiai al mio dopo aver intinto abbondantemente anche dalla mia fica che pareva un lago e mai era stata così calda, pulsante, bagnata. Credo che ero così aperta che mi avrebbe potuta penetrare persino una bottiglia.

Barbara mi guardava come assatanata e riuscì solo a sospirare quasi in un soffio: “Ti voglio tutta, vienimi in bocca”. Con sorprendete forza si gettò su di me come un ragazzo che mi prendesse nella posizione del missionario e il suo bacino si abbassava a colpire il mio sesso che, così stimolato, si avvicinava ad un orgasmo prepotente. Sentivo il calore della sua fica fradicia per il recente orgasmo che strusciava sulla mia. Era qualcosa di divino: intanto m’impiastricciava fica e pancia dei suoi stessi umori. Chiusi gli occhi e mi preparai respirando sempre più pesantemente. Ero talmente sensibile che bastarono pochi tocchi sapienti con le sue mani che anch’io esplosi in un forte orgasmo gridando come mai avevo fatto in vita mia. Ero totalmente preda dei marosi del piacere, distendevo e allargavo le gambe sentendomi sempre più oscena e tale oscenità mi stimolava a propria volta. Nonostante fossi stravolta e ancora mi contorcessi per il piacere appena provato, volevo ancora essere leccata, riempita, sbattuta, baciata ovunque e chiesi e Barbara di riempirmi anche l’ano con qualcosa. Quel giorno non era mai sazia. Volevo raggiungere la goduria massima ed essere scopata ovunque. Finalmente dalla borsetta prese un vibratore. A quella vista, io, stesa lubricamente a gambe aperte, sospirai forte dal piacere. “Hai comprato anche questo, puttanella ninfomane?” le chiesi con voce stravolta dall’affanno e dalla passione. Lei mi sorrise diabolicamente e avvicinò il vibratore spento al mio buco posteriore dopo averlo sapientemente leccato. Me lo inserì tutto dentro e lo accese: provavo sensazioni indicibiili, da brivido, mai sperimentate prima e ormai gridavo in preda ad un nuovo orgasmo, stavo ormai per perdere il conto di quanti ne avevo avuti quel giorno. Mi feci dare una sigaretta e presi a fumare mentre godevo: volevo raggiungere la trasgressione massima e l’immagine che lo specchio mi restituiva quelle volte che davo un’occhiata fuggevole, non poteva essere più indecente e bollente. Mai avevo provato tanto orgasmi come quel giorno, mai ero stata così impudica con una persona del mio stesso sesso. Mi mise dentro quattro dita, insultandomi con frasi irripetibili per eccitarmi ancora oltre, oltre ogni limite umano. E intanto vedevo le sue belle labbra rosse, col tipico broncio infantile, bagnate dei miei umori. La mia fica era un lago e la sua saliva scendeva a fiumi mischiandosi alla mia lubrificazione. La mia bocca si apriva e chiudeva seguendo il ritmo del piacere e sembrava invitare a farmi godere nuovamente con parole non dette.

Con la lingua avida del mio sapore prese poi a lapparmi il clitoride che sentivo duro per l’afflusso di sangue mentre io provavo brividi continui. Io mi palpavo i seni, ma ero tutta riempita e le scosse di piacere che si dipartivano dal mio clito non mi davano pace. Sentendomi di nuovo vicina a godere la vetta del piacere umano, le presi la testa chiamandola ad alta voce e pregando di farmi impazzire toccandomi senza sosta le mie intimità. Ormai non m’interessava più ci sentissero nel palazzo: avevo perso ogni ritegno e pudore. Anche solo qualche giorno prima non avrei pensato di trovarmi nuda sul letto dei miei, con la vulva esposta, mentre un’altra donna mi suggeva l’anima assaporando la mia intimità. Ero solo una ragazza al massimo della sua bellezza e in preda agli istinti: io sempre controllata, spesso casta, pudica, godevo sul letto come una puttana da marciapiede, con le gambe spalancate, il sesso aperto, stimolata da una lingua femminile e con ancora in bocca il sapore di un’altra. La mia testa non era più connessa al corpo e pensavo solo al piacere immenso che stavo provando…addirittura non mi accorsi di stare tirando i bei capelli lisci di Barbara, che sopportava il dolore e aveva ricominciato anche lei a darsi piacere mentre me ne regalava a me.

Ma ad in tratto fummo entrambe prontamente riportate alla realtà. Sentimmo, come in un incubo, la chiave girare nella serratura di casa. Sbiancammo, ma io mi sentii morire; capii che non c’era più nulla da fare e, siccome stavo per godere, presi la mano della mia amica e la obbligai a finirmi. Tra la minor vergogna e il piacere assoluto scelsi il secondo e posi la mia mano dove prima c’era la bocca di Barbara che si abbeverava alla mia fonte del piacere. Le mie grida orgasmiche ovviamente attirarono mia madre in camera mia. Entrò proprio quando ero al culmine dell’orgasmo e i nostri sguardi s’incrociarono, mentre io venivo letteralmente sommerso e squassata dal piacere e dalle involontarie contrazioni del bacino tanto che la vidi come offuscata e pensai solo fosse tutto irreale. Solo questo fu capace di superare la vergogna suprema del momento: ricordo che fino a quel momento nemmeno amavo farmi vedere in topless o nuda dai miei e l’ultima occasione era stata anni prima. L’orgasmo fu tanto intenso che ebbi per la prima e finora unica volta in vita mia il cosiddetto squirt: non divenni proprio una fontana, ma macchiai tutto il letto. Mi sentivo in completa trance, avevo mal di capo ed ero pallida e tremante come una foglia. Barbara sporca in viso dei miei umori e si trovavo in completo stato di choc, guardandomi come l’avessero condannata a morte. Vedevo i suoi seni, bagnati della mia saliva, e vi confesso che mi sarebbe forse tornata la voglia mentale, ma capivo, con un filo di coscienza, che quanto successo aveva distrutto la mia reputazione presso mia madre.

Quei secondi furono interminabili. RIcordo come fosse ora il viso sconvolto di mia madre. Ancora per minuti infiniti non ebbi il coraggio di muovermi, mentre Barbara s’era messa a piangere e io, per giunta, colta dal nervosismo, le diedi uno schiaffo costringendola ad allontanarsi da me. Ero sfinita anche fisicamente e la patatina mi doleva esausta come non mai.

Quando tutto fu finito anch’io mi presi le mie belle sberle da mia madre. Le spiegai tutto e ottenni che non lo dicesse a mio padre. Era tornata a casa prima del previsto perché aveva avuto uno svenimento per la pressione bassa di cui soffriva in estate. Certo la vista di me nuda che me la facevo leccare da una compagna di classe, mentre il mio bacino si alzava e abbassava al ritmo delle lappate, con un vibratore nel sedere, avrà almeno contribuito a fargliela alzare. Quella notte non dormii per la vergogna, ma pradossalmente mi masturbai ancora tre volte perché era l’unico modo per calmarmi e l’umiliazione subita di quella vista offerta a mia madre mi aveva tolto ogni freno inibitore; dall’indomani feci un bagno purificatore e decisi di non vedere più Barbara, ma ebbi qualche giorno di sbandamento in cui presi ad ubriacarmi, fumare e girare nuda per casa. Alla fine mia madre prese gli ultimi eventi come sfogo per la tensione da esame, ma per me erano stati il culmine della trasgressione e dell’eccitazione sessuale. 

In pochi mesi, tuttavia, tornai ad essere vista da tutti come la ragazza modello, educata e di ottimi costumi e, andandomene all’università, le intense emozioni provate divennero passato. Solo la mia fica ogni tanto mi ricorda dell’accaduto e allora devo chiudermi in bagno per accarezzarla e donarmi un po’d’amore, ma ora il centro della mia vita è il mio fidanzato che può ammirare un bello spettacolo mentre godo con gli occhi chiusi, le guance lievemente arrossate e le labbra che si schiudono contranedosi a mostrare denti bianchi e una linguetta rosata e maliziosa….mentre lui si muove dentro di me e io sono persa in altre dimensioni….cui non so neanche dare un nome.

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