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Racconti 69Racconti Erotici Etero

Dalla convivenza a qualcosa di più

By 26 Agosto 2012Febbraio 9th, 2020No Comments

Uscii dalla doccia e tornai in camera di Laura. Ero in accappatoio, non era la prima volta che lo facevo, ma non ci siamo mai formalizzati davanti a queste cose. Eravamo conviventi e amici, studiavamo entrambi lettere a Perugia e decidemmo di prendere casa insieme tutto qui; a volte la sera andavo in camera sua a guardare la tv in compagnia, e in casa spesso ci si beccava nel corridoio o in cucina che uno dei due era in accappatoio. Quindi, situazione tipica.
Mi sedetti in poltrona a guardare la tv con lei, che stava seduta sul suo letto. In onda andavano ‘Le Iene’ ed era una serata di primavera, una bella tranquillità post-doccia. I conduttori delle Iene fecero un paio di battute a doppio senso alla conduttrice, una cosa abituale in quel programma. Puntualmente, come tutte le altre volte mi sentii porre una domanda da Laura, che chiedeva spiegazioni al riferimento sessuale appena fatto in tv. Non era la prima volta che Laura mi poneva domande al fine di sentirsi spiegare qualche cosa attinente al sesso. Io sono più grande di lei di quattro anni e lei all’epoca aveva solo ventun anni e spesso mi ha usato come fratello maggiore; io ho sempre risposto asetticamente, senza alcunché di malizioso.

-Perché hanno detto quella frase?-
-Quale frase, scusa?!-
-Quella in cui si riferivano al sesso orale!-
-Non ho seguito, che hanno detto?-
-Lei ha detto che pensa di avere una bocca piccola rispetto alla capacità della sua bocca, ma si riferiva ad altro, e loro ovviamente sono partiti in quarta dicendo “buono a sapersi”!-
-Ah sì, ho capito!- e sorrisi.
-Ma che vuol dire?- chiese.
-Come che vuol dire?-
-Non capisco sinceramente. Ho capito che scherzano sul sesso orale, ma non so quale sia la battuta, mi sfugge!- e aveva la più candida delle facce.
-Ma davvero non capisci?- le chiesi; mi sentivo preso in giro.
-No!-
Come al solito stavo per darle una risposta dettagliata, senza riferimenti personali, o provocazioni. Le dissi dunque che probabilmente il fatto che la bocca sia piccola permette una maggiore sensibilità per l’organo maschile e che una cavità orale più ampia dia più piacere ad un uomo, anche se la cosa può variare da soggetto a soggetto.
-Perché?- di nuovo lei.
Ma perché se ne esce sempre con ‘ste domande, pensai. Che le avrei dovuto rispondere per fare un esempio chiaro?
-Perché è una questione di sensazioni, Laura. le stimolazioni ricevute da lingua e labbra sono maggiori.-
-Ho capito. E ai maschi piace questo?- sempre con lo sguardo di chi non ha capito molto.
-Direi di sì- dissi chirurgico io.
-Mah, sinceramente non ne afferro il motivo. Che piacere può dare una situazione del genere? Sarà una semplice sensazione psichica no? Un avvertito senso di dominio proprio di voi uomini!- esclamò, in un modo che non ammetteva troppe repliche.
-Sarà forse perché tu sei una donna?- e le sorrisi.. ma con quel sorriso volevo dire: -Adesso basta però! Tutte le volte devo farti un corso di educazione sessuale accelerato in venti parole! Ti decidi a trovarti un ragazzo e fare le tue esperienze? Sei d’accordo o no che qui ci vuole qualcuno che ti tolga le ragnatele?- ma non lo dissi, ovviamente, e continuai a sorridere.

Continuammo a guardare la tele. Altre battute dei conduttori, sempre a doppio senso. Mi sentii terrorizzato. Mi aspettavo un altra raffica di domande a cui ora non volevo rispondere. Ero ancora in accappatoio, volevo godermi un po’ di riposo dopo quei giorni di studio intenso. Mi aspettavo le domande, e invece, se ne restò buona, tranquilla e in silenzio a sedere compostamente sul letto. Continuavano Le Iene… Ad un certo punto si alza e si dirige verso la cucina e comincia ad armeggiare con tegami e pentolini. Il rumore di una tazza poggiata sul tavolo.
-Vuoi un the?- la sento chiamare.
-Una mezza tazza magari, grazie-
Sistema tutto e mette l’acqua a bollire, dopodiché torna e si risiede sul letto, cominciammo a chiacchierare del più e del meno adesso. Il programma era in pubblicità. Parlavamo, ma al primo istante di silenzio, non so per quale motivo, le chiesi: -Ma eri sinceramente confusa quando ti ho dato la spiegazione prima?-
-Sì!-
-Per quale motivo?!-
-Direi che mi sembra una stupidaggine, anche se so che i maschi hanno sempre quel desiderio. Ritengo che ci sia un fondo di verità, ma guardandolo da fuori ti dico che mi sembra solo una questione psicologica, un non-sense dal punto di vista fisico!- … mi sarebbe venuto da dirle che dall’alto del suo punto di vista aveva sicuramente ragione, ma anche qui stetti zitto perché avevo l’impressione di umiliarla. In tutta onestà, Laura non mi ha mai fatto esaltare più di tanto, dal punto di vista delle fantasie sessuali. Non è una ragazza brutta, ha un viso che non è male, una quarta di seno, e non esagero, che sta su molto bene, ho avuto modo di osservare, sia in casa, sia in spiaggia. Ci perde un po’ di fianchi, un po’ larghi per conformazione ossea, che le alterano le forme del sedere. Questa per i miei gusti è la sua più grossa pecca fisica! Ma sono i miei gusti… Il problema è che ha sempre un aria dimessa, silenziosa, timida e altera insieme a volte, come se sapesse sempre tutto lei e che avesse esperienze tali da farle mettere bocca in tutto. Non era vero, e soprattutto su questo argomento sapevo che lei non aveva assolutamente idea di cosa stesse dicendo. In più, non credo sia stata mai con un uomo, la conosco solo da un paio di anni, ma credo di non sbagliare. Se riuscisse a smussare alcuni lati del suo carattere, della sua eccessiva ingenuità, e a curare di più il suo aspetto, sarebbe un bel bocconcino per molti.

-Beh, fidati, ci sono differenze nei gusti maschili: Ci sono uomini, e non pochi, a cui piace. Forse ad altri piace meno, o forse sono degli ipocriti, suppongo.- restò in silenzio con una smorfia che faceva risaltare la sua perplessità. Continuammo a guardare la tv.
Un po’ di tempo ancora, un minuto forse e mi sento dire: -E a te, piace?-

Il gelo!

La guardo: -Piace cosa, scusami!?- non me l’aspettavo ‘sta battuta.
-Come cosa. Hai già dimenticato tutto?- dice quasi innervosita.
-Ah, parli di nuovo di quello… Sì mi piace!-
-Te l’hanno già fatto?- quasi incredula -così come hanno detto in tv?-
-Sì, ma non è che ci ho dato tanta importanza- dissi ridendo -in quel momento penso a tutto e niente e mi godo quel che succede!- la guardai, ma mi voltai presto; dove voleva arrivare? Che voleva farmi dire?
Laura si alzò e si diresse verso la cucina. C’era il the da controllare, mi sentivo un po’ nervoso e curioso allo stesso tempo! In passato mi aveva sempre fatto domande, ma sempre si era accontentata della prima risposta; quella sera invece la discussione aveva preso una piega strana, quasi strascicata, una serie di domande e di frasi messe in fila in una conversazione stentata. Che doveva dirmi? Pensai stesse per
confessarmi che lo aveva fatto con qualcuno e che voleva sapere come un ragazzo vede la situazione, cosa comporta da un punto di vista affettivo, se poi si tende a individuare la donna solo come oggetto del desiderio, o chissà che altro le balenava nella mente! Era sicuro che qualcosa me la stava per dire, ma cosa?

Ritornò dopo qualche minuto. L’acqua non bolliva ancora. Si risedette.

Mi ero appena reso conto di una cosa: avevo il pene eretto… Non me ne ero accorto. Ed ero ancora in accappatoio, i capelli umidissimi, perché com’è ovvio non avevo pensato un minuto di allontanarmi da quella stanza, ero troppo incuriosito. Laura prese un libro, inforcò gli occhiali e cominciò a leggere. Ci rimasi male, malissimo, ma non potevo andare avanti a farle altre domande. Laura era sempre stata una ragazza riservata e in fondo era un’amica e una brava ragazza, perciò mi ero messo il cuore in pace. Un conto era rispondere alle sue domande, un altro conto provocarla. Ripresi a guardare le Iene, mi rilassai e dimenticai tutto.

Ma, improvvisa, ecco lei: -Ma una donna sa come fare o è solo questione di conformazione fisica?-
Che strana sensazione si riaccese! -Conformazione fisica? Che intendi?-
-Della bocca!-
-Ah-, sorrisi, -no Laura, credo si tratti semplicemente di pratica.-
-Pratica e basta?- chiese, con molto distacco. Sembrava di essere dal dottore.
-Si, non credo che le donne siano nate appositamente per quello. Non sono un maledetto maschilista, come forse pensi tu. Visto che hai chiesto se a me piace ti dico che se alla mia partner va bene, io ci sto volentieri, se no, non casca il mondo!- dissi un po’ stizzito.
-Calma, eh, non penso che tu sia un maschilista!-
-D’accordo, ma hai un tono stasera che sembri un inquisitore!- dissi, ma sorrisi quasi subito.

Lei ricambiò il sorriso e in un momento chiuse il libro e lo ripose sul comodino, per poi avvicinarsi alla poltrona, sedersi sul letto e potersi mettere di nuovo in libertà a tartassarmi di domande. -Quindi conta la pratica? Solo quello?- disse sorridendo. Ma si divertiva come una matta secondo me. Mi venne un dubbio, un dubbio che non c’entrasse in nessun modo una terza persona e che ci fosse altro sotto.

-Senti Laura, ma io in fin dei conti che ne so?- continuai sorridendo, -alla fin fine posso dirti che qualcuno lo ha fatto a me, ma che posso sapere riguardo le tecniche?-
Un attimo di silenzio…
-Senti!- esordì.
-Dimmi…-
-Mi faresti provare?-
-Puoi ripetere, scusa?!?- avevo delle pulsazioni nel pene paurose ora.. non sapevo che dire.
-Ho detto se mi fai provare!!!- era alquanto alterata nella risposta.
-Tu vorresti provare? Ma sei tu a parlare?-
-Sei deficiente o cosa?- mi apostrofò!
-Non sono deficiente, ma non sembri la stessa Laura di sempre. O stai scherzando o non ho capito.-
-Hai capito bene! Non hai detto che serve un po’ di pratica?- mi disse. E stavo cominciando a pensare che mi prendesse in giro pesantemente.

Non so perché resistevo a tutta questa pressione da parte sua, di norma alle prime avvisaglie di un approccio con altre ragazze, bastano poche battute perché io cominci a stare al gioco, ma con lei era diverso. Non c’erano complicazioni affettive da parte mia, ma sapevo che lei era stata male in passato per altri ragazzi e che aveva risentito di quelle storie, e il suo carattere chiuso lo testimoniava. Qui la faccenda ha preso una piega veramente inaspettata.

-Beh?!- mi incalzò.
Non ci pensai più. Mi alzai e con un passo le fui appresso, era seduta quasi accanto a me. Lei mi vide, alto, guardarla in maniera strana e sicuramente sconosciuta da parte sua. Non parlava più, mi guardava, si accorse che dietro l’accappatoio c’era quello che aveva chiesto e ne ebbe paura. Aveva rotto qualcosa e voleva tornare indietro. Non le lasciai il tempo, ormai la cosa si era un tantino complicata. Era tardi per i ripensamenti. La guardai e le dissi: -Ci hai ripensato o vuoi ancora fare pratica?- e aspettai. Laura mi guardò, poi distolse gli occhi e guardò la tele. Era titubante e si vedeva ora. Lo capii e dissi: – Lo sapevo che scherzavi!-. Mi inchiodò su questa frase, mettendomi una mano dentro l’accappatoio e dicendo: -Non scherzavo e non ci ho ripensato!-. Tolse così gli impacci del vestiario da doccia che avevo ancora indosso e lo prese in mano. Una frazione di secondo e lo portò alla bocca. Non era impacciata, non quanto mi aspettavo almeno; infilò piano la cappella in bocca e si fermò; ecco rivelato l’arcano: lei ha la bocca piccola, seppur poi spazio dentro ne abbia. Me lo voleva fare capire. Tenne ferma la cappella tra i denti e cominciò a pulirmela con la lingua. la sua mano mi stringeva, le dissi che mi faceva un po’ male coi denti. Sorrise e mi guardò dal basso, poi tornò alla sua opera appena cominciata. Continuava a leccare, ora lo aveva tirato fuori e lo guardava, toccando la punta del glande con la lingua.

-Come ti sembra stia andando?- rivolta a me, con un’espressione seria, ma seria che non ci credevo. Sembrava prendesse la cosa come una questione personale, come se pensasse a sè stessa incapace di fare una cosa come quella, una cosa fuori dal mondo per lei, come se si ritenesse bruttina e inesperta.
-Bene, non credevo volessi arrivare a questo però!-
-Non ti piace? Sbaglio in qualcosa?-
-No, no, non fraintendere. Pensavo scherzassi quando me l’hai chiesto.-
-E ora pensi che io scherzi?-
-Direi di no. Continua!-
Mi tolsi l’accappatoio e ora ero nudo di fronte a lei. Le presi la testa e l’accompagnai nei movimenti. Volevo sperimentare una cosa: quanto la sua cavità orale fosse profonda. Io dispongo di 16 cm circa e glieli misi pian piano tutti in bocca.. se ero contento??? Così tutto dentro non lo avevo mai spinto! La sua testa andava avanti e indietro, non so se le stesse piacendo, ma si faceva fare quel che io volevo; era come aveva detto lei: aveva voglia di imparare. Lo tirò fuori e lo prese tra le due mani, masturbandolo. Io assistevo alla scena, le vene mi pulsavano da impazzire, sentivo ogni singolo cm della sua bocca. Le guardai il volto, le leggevo uno sconvolgimento interiore per quello che si era ritrovata a fare, per l’invito fattomi, per tante mille paure che le passavano per la testa. D’altra parte però si sentiva libera, stava facendo una cosa inaspettatamente piacevole. Credo si fosse accorta di quanto la sua inesperienza le facesse dire cose senza senso prima. Quel suo lato sconosciuto la stava investendo in pieno ed era comunque desiderosa di continuare.

Le dissi: -Sai che tra poco succederà qualcosa?-
Si staccò dalla sua preda e rispose: -Cosa dovrebbe succedere?-
-Come cosa? Verrò!-
-Ah…- e non disse altro.
-Ah? Che risposta sarebbe?-
-Se mi dici così vuol dire che stavi pensando qualcosa evidentemente. Altrimenti non chiederesti!-
Mi aveva letto nel pensiero! E continuò: -Ma non so se voglio che tu mi venga in bocca-, leggero silenzio…-almeno, non ancora e sicuramente non oggi!-

Io la guardavo allibito. Com’era diversa l’ottica con cui la vedevo adesso. Mi vennero in mente i pensieri più sconci, ma Laura non la volevo trattare come una sgualdrina. Per lei ero un esperimento, un mezzo per capire qualcosa di sé stessa. Le misi una mano sul seno. Due tette magnifiche, lo devo riconoscere, sode, mi riempirono le falangi. Decisi di passare oltre e immersi le mani nella sua maglietta da notte; non trovai un reggiseno come ostacolo, non lo portava quella sera. Mentre lei continuava il suo gioco con le mani, mi piegai e le mie presero possesso di quel paradiso, le toccai i capezzoli, li strinsi, li titillai. Le presi le tette nelle mani, sentii il suo calore tra i miei palmi, ogni singolo centimetro era a contatto con la sua pelle.. mi piacque la sensazione in una maniera incommensurabile. Non avevo mai osato fantasie su Laura e ciò che facevo e mi faceva mi stava piacendo e non poco. Le strinsi forte i capezzoli un’altra volta, sospirò e rimise nuovamente in bocca il suo nuovo amico, andando avanti e indietro da sola questa volta. Lo pompava alla grande dopo le prime incertezze. Ora il gioco piaceva anche a lei, lo percepivo. Le ripresi la testa tra le mani e le dissi di aprire la bocca il più che poteva e cominciai ad entrarle dentro con maggior vigore, guardandola, impotente, ora che non era più lei a dirigere le operazioni. Mi fermai facendoglielo tenere in bocca, tutto; poi mi sfilai e scesi verso il suo seno, deciso a godere di quei colli di gioia. Le morsi i capezzoli e glieli leccai, lei era immobile, ansimante, credo avesse dimenticato tutto ormai, le domande, la discussione, le Iene e perfino l’acqua del the (il theeeee!!!). Ma che si bruci tutto, pensai io.

Le guardai le gambe, aveva indosso ancora i suoi pantaloncini da notte. Ci pensai, un momento solo, e diressi la mano tra le sue gambe, ma lei capì subito tutto e mi bloccò. -Scusami, ma non voglio fare quello stasera, non stasera, non ancora!-
-Ahia, ma così ci rimango male! Non l’hai mai fatto?-
-Una volta sì, ma non è stato granché, ho solo pessimi ricordi.-
-Capisco… però tu capisci me! ti sembra corretto lasciarmi così sul più bello?- le sorrisi malizioso.
-Chi ti ha detto che voglio smettere? Ma ti sei preso troppe libertà stasera-, sorrise strana -che comunque ho gradito, ma per quello non mi sento pronta. Non ancora, almeno… ti prego.- e la vidi pensierosa.

Decisi che era il momento per tornare all’attacco dei suoi seni; mi misi a cavalcioni su di lei e le poggiai il pene sulle tette, posandolo nella concavità tra le due colline; le presi le mani e gliele portai su di lui, facendoglielo stringere tra i seni e stimolandola a masturbarmelo così. -Questo lo posso fare?- chiesi.
-Non ti sei scomodato a chiedere in effetti, ma credo tu possa, però non venirmi in faccia, ok?-
Le sorrisi. Le piaceva, lo vedevo. Si sentiva posseduta e le piacque; doveva superare le sue remore una per una, e non mi andava di mancarle di rispetto. In fin dei conti era una vecchia amica che mi aveva confidato molti suoi segreti! Continuò a masturbarmi a lungo, finché non cercai di nuovo la sua bocca, glielo infilai e lei cominciò a pomparlo come prima. La mia reazione non tardò a arrivare, le uscii di bocca e le venni tra i seni. Mi sembrava di sognare a guardare quelle tette favolose ricevere il mio succo. Laura mi guardava imbarazzatissima, ma contenta di avermi fatto godere a quel modo. Non credo si sentisse un’imbranata in quel momento.

-Dai, però che stronzo! Guarda che hai combinatooo!- e rideva.
-E dai, pure tu però.. qualcosina me la devi pure concedere, no?- le risposi sorridendo di rimando. Lei continuava a sogghignare. Diede un bacio al suo nuovo amichetto e disse che in fondo avevo ragione, a essermi preso qualche libertà.
-D’altronde, se non lo avessi fatto tu io non mi sarei mai sognata certe cose!-
-Ora mi spiegherai però!- le ordinai.
-Domani! Ora ho bisogno di una doccia e di andare a dormire. Domani avrai le tue spiegazioni- rispose, e andò a fare la doccia come aveva detto.
Io mi diressi in cucina, il pentolino bolliva da mezzora, l’acqua era quasi completamente evaporata. Un disastro, ma in compenso…

(La faccenda non è finita qui… ai prossimi capitoli)

per commenti scrivi a stregonebianco79@yahoo.it L’indomani mi svegliai molto presto, molto allegro per la serata appena trascorsa, ma con un sacco di domande che mi ronzavano per la testa. Colazione alla svelta e vidi che la porta della stanza di Laura era chiusa, evidentemente era ancora a dormire; non so se aveva lezione quel giorno, ma la non la svegliai e andai in facoltà. A lezione a tutto pensavo fuorché a Letteratura italiana, e tra non molto ci sarebbe stato l’esame. La mente andava in continuazione alla sera prima, alla situazione venutasi a creare tra me e la mia coinquilina. Fantasie delle più svariate stavano popolando le ore, e l’attesa degli sviluppi della faccenda mi faceva tenere un erezione continua durante l’orario di lezione che riuscivo a tenere nascosta mentre ero seduto ai banchi dell’aula.

Tornai a casa in serata, al tramonto, e mi accorsi di una cosa non appena entrai in casa. Uno strano silenzio. Di norma Laura torna prima di me e a quell’ora è in camera a guardare la tv o a studiare. Ora era tutto spento. Pensai che era uscita, e non me ne preoccupai più di tanto.

Intorno alle nove era ancora fuori e le scrissi un messaggio. Le chiesi se sarebbe tornata a cena, se dovevo aspettarla. Rispose subito: -Ciao, sono andata al paese a trovare i miei, non mi aspettare. Ci vediamo settimana prossima. Bacione-.
La solita Laura, non quella della sera prima, ma la vecchia. Quasi mi dispiaceva della risposta, ma era ovvio che si era resa conto di aver esagerato e che voleva starsene un po’ da sola senza vedermi. Pensai che forse stesse rimuginando di cambiare casa addirittura. Non ci pensai più e decisi che avrei atteso il volgersi degli avvenimenti.

Passò una settimana e una sera, un lunedì, la mia amica tornò a casa. Aprì la porta e io le andai incontro a salutarla, molto tranquillamente.
-Ciao!- le dissi subito.
Lei si dimenava con la valigia per farla passare dalla porta che le si era inavvertitamente chiusa sul bagaglio. Era pesante e mi rispose: – Ciao, mi dai una mano o resti come un baccalà a guardarmi?-
Sentirmi apostrofare in quella maniera, mi rimise davanti la Laura che conoscevo, la solita saccentella che non si piega davanti a nulla. Le presi la valigia e gliela portai in camera.
-Com’è andata mentre ero via?- chiese.
-Bene, bene! Tu piuttosto’-
-Io cosa?- disse secca.
-Sei andata via così, d’improvviso’- risposi con calma.
-Ma no, nulla, volevo andare un po’ a casa da giorni, ero stanca. Ho approfittato per rivedere qualche vecchio amico e rieccomi qua.-
Ed eccola qua, infatti. Non dissi nulla e tornai in camera. Mi fermò e disse:- Stasera viene un’amica a cena, ci fai compagnia? Mi farebbe piacere.-
Accettai.
‘Ti chiamo quando è pronto allora, vai pure a studiare.-

La sera arrivò la sua amica, Francesca, una ricciolina niente male, bionda, alta, con le forme che piacciono a me, un sedere da schianto, ma con un difetto per me enorme: la parlantina di un’oca.
Ci sedemmo a tavola e io portai del vino delle mie parti, versandone alle due ragazze. Laura bevve il suo con calma, mentre Francesca vuotò il suo bicchiere in meno tempo. E parlava, parlava’ Io ero meno loquace del solito, ero sì un po’ stanco, ma vedevo Laura silenziosa e non capivo cosa stesse pensando.
Francesca, intanto, mi faceva un sacco di domande: cosa studiavo, da quanto ci conoscevamo e altro. Laura invece parlava solo con lei, come se volesse frenarla.
-Come è andata al paese a proposito?- esordì ad un certo punto Francesca rivolta a Laura.
-Benino direi.- fu la risposta.
-Benino? Che cavolo vuol dire? Che hai concluso? – e sorrise maliziosa. Io pensavo che il vino stesse facendo effetto e sogghignavo per la piega che stava prendendo il discorso.
Francesca giocava con le dita tra i riccioli biondi e continuava a far domande a Laura, che le rispondeva vaga.
-Insomma non mi stai dicendo nulla, Laura-.
-Evidentemente non c’è molto da dire, no?!-
-Vi siete visti però?-
Visti! Trasalii dalla sorpresa, ma non lo diedi a vedere. Laura voleva mangiarsela viva da come la stava guardando.
-Sì, un paio di volte-. Rispose.
-Beh, non male direi, no?!-
Laura assentì col capo, bevendo un sorso di vino.
Credetti che Laura non riuscisse a parlare apertamente a causa della mia presenza. Adesso mi sentivo tra l’imbarazzato e l’incuriosito. Mi venne un’idea.
-Ragazze, scusatemi un attimo ‘ interruppi,- devo fare una telefonata breve- e mi alzai. Laura non mi guardava per nulla, mentre Francesca mi sorrideva. Andai in camera, e richiusi la porta dietro di me, avendo cura però di riabbassare la maniglia nel momento stesso in cui sentivo lo scatto della serratura, con l’effetto di chiudere e riaprire la porta in un’unica manovra. Ora avevo la porta aperta sul corridoio che dava verso la cucina; ero, non visto, al buio.

-Senti la vuoi finire di fare la stupida?- era Laura a parlare. Teneva un tono di voce basso. ‘Te lo racconterò in un altro momento, ora non ho voglia.-
-Scommetto che fai così solo perché è presente il tuo coinquilino. Solo per questo? Non hai detto che siete solo amici e che parlate di tante cose?-
-Sì, lo siamo, ma non vedo cosa c’entri con il mettere in piazza i fatti miei.-
-Ma che problema vuoi che ci sia, sei sempre la solita esagerata, non cambi mai.- Adesso era Francesca ad essere disturbata dall’atteggiamento misterioso di Laura.
-Senti, non gli ho raccontato nulla di queste faccende personali su al paese’ e sinceramente non so se lo farò nemmeno. Se però decidessi di farlo vorrei essere io a parlarne non ti pare?-
-Vedi un po’ tu’- replicò Francesca seccamente. Sorseggiò il suo vino.
Passò un minuto e le ragazze non parlarono, ognuna immersa nei suoi pensieri. ‘Bella seratina!- pensai…
Francesca ruppe il silenzio, sorridendole e prendendole la mano.
-Scusa La, ma lo sai che sono curiosa. Scusa se ti ho chiesto davanti a lui.-
-Va bene, tranquilla.- le rispose la mia amica.
– Senti, ma visto che sai che sono curiosa e che ora siamo da sole…- e abbassò la voce -ma te lo scopi?-
-No!- freddamente di rimando Laura.
-No?! Due anni in casa insieme e mi vuoi fare credere che non è successo nulla? A me puoi dirlo.-
-Ascolta, non sono una puttanella, se ti dico che è così, è così!-
Chissà perché avevo intuito una risposta del genere, me l’aspettavo. Dunque Laura si era tenuta il segreto. Si era trattato solo di un gioco, o forse c’era dell’altro, la cosa mi sembrava fosse nata e terminata la sera di una settimana prima. Ma c’era dell’altro, un qualcosa di cui non si parlava e che mai lei aveva voluto dirmi in precedenza. Una cosa fu chiara: Laura aveva i suoi segreti, altro che la brava ragazzina che avevo conosciuto. Mi sforzai di far sparire dalla mente quel cattivo pensiero e mi dissi che avrà avuto le sue motivazioni per comportarsi da ‘puttanella’ con me.

Francesca continuò: -Sarà, ma io fossi in te ce lo farei un pensierino, hai visto che spalle ha?-
-Ho visto, non pensare che sia cieca.-
-Insomma, mi dici come è andata con Ricky?-
-Non ci sto insieme, se ti fa felice!-
-Se sono felice, ma che cavolo dici, Laura. Se tu sei serena allora sono felice. Non lo dico per dire.-
-A dir la verità, non credo di essere il suo tipo.- disse con un sospiro Laura.
-Dici? Come lo sai?-
-Abbiam parlato’ e poi credo di essermi stancata di lui-
-Ascolta, lo vuoi un consiglio? E’ già troppo il tempo che gli hai concesso, fregatene ora! Distraiti, fai altro.-
-E cosa?-
-Posso rinnovare l’invito ad approfittarti del tuo coinquilino?- disse con una risatina. Fatti una cavalcata con lui, secondo me, tempo mezza giornata non pensi più a quella testa vuota di Riccardo.-

Io avevo il pene sveglio da un po’ ormai, non potevo controllare la reazione a quelle parole. Ma che tipo doveva essere ‘sta Francesca? Aspettai un po’ prima di uscire, poi quando la ‘situazione’ nei piani bassi era sotto controllo, con cautela, feci le mosse di riaprire la porta e tornai a tavola.
Adesso parlavano di tutt’altro, addirittura di come i costi dei biglietti ferroviari fossero in costante aumento negli ultimi tempi, e altre minchiate. Le donne, quando ci si mettono!

La cena proseguì tranquillamente e terminammo per le dieci. Le salutai e andai a dormire, senza tendere tranelli questa volta. Ero sicuro che da sole in camera di Laura avrebbero parlato di peste e corna. Personalmente avevo ascoltato abbastanza e decisi che ora avrei atteso qualche mossa di Laura. Cosa che non tardò a venire.
Un paio di giorni dopo, ci trovammo insieme a fare colazione. Lei era allegra, addirittura iperattiva. Parlava come se avesse tante cose da dire, ma di argomenti che sinceramente non mi interessavano. L’università bla, le lezioni bla bla’ Ma chi se ne fregava!!! Ancora non vuotava il sacco.
-Stasera che fai?- mi chiese.
-Niente in particolare. Nessun programma comunque.-
-Se ti va, potremmo cenare insieme e poi usciamo a fare un giro in città. Che ne dici?-
-Per me va bene-
-Allora a stasera!- sorrise, prese la sua borsa e uscì di casa.

La sera, cenammo da soli in casa, il suo umore non era cambiato, scherzava tantissimo e rideva, la vedevo serena come mai l’avevo vista prima. ‘Ottimo- pensai.
Uscimmo e ci dirigemmo in un pub in città, niente di particolare, Laura non è la frequentatrice classica di discoteche e so che preferisce questo tipo di ambienti, come me del resto. Ci sedemmo ad un tavolo dove ci aspettava Francesca con alcuni suoi amici. ‘Che figa!- questo sarebbe stato il commento adeguato. Una mini che quando si sedeva le dava risalto alle cosce e una pelle liscia da far rizzare i peli ad un uomo.
Ma Laura quella sera non scherzava nemmeno. Si era messa una gonna nera lunga, genere di abbigliamento che le piace e le dona, e una camicia nera che lasciava intravedere la sua scollatura generosa. Quella sera, parlò sempre e solo con me, sorseggiando una birra.
-Ti devo parlare poi, quando hai due minuti.- le dissi.
-Va bene- rispose ‘ tanto so già a cosa ti riferisci- e sorrise maliziosa.
-Ah lo sai?-
-Mi avresti sorpreso se non avessi tirato fuori l’argomento. Comunque non qui, ne parleremo con calma a casa. Devo dirti alcune cose anche io.-

Uscimmo dal locale intorno a mezzanotte. Ci avviammo sulle scale che conducevano al nostro quartiere e cominciammo a chiacchierare. Perugia in certi casi ha un che di magico, i suoi viottoli accompagnavano la nostra conversazione.
Lei subito mi disse che era dispiaciuta dell’essere partita improvvisamente e mi chiese se me l’ero presa.
-Non sono tuo padre, Laura, né il tuo ragazzo. Puoi fare come vuoi senza tante spiegazioni.- la tranquillizzai.
-No, è che me ne sono andata quasi scappando la mattina dopo, dopo una serata come quella’-
-Sei scappata dunque?-
-No, era per dire, avevo da fare al paese’-
-Immagino- interruppi. ‘ Chi è Riccardo?-
Mi guardò e si rabbuiò. Per un attimo respirò a fatica. Aveva capito che sapevo.
-Non mi devi spiegazioni-, ripresi,- ma perché nascondermi che hai un ragazzo?-
-Non ce l’ho in effetti.-
-Sì, non ce l’hai, ma sei andata al paese per raggiungere questo personaggio. Poi non so come è andata, ma l’intenzione era quella, vero?-
-Sì’-
-Allora non mi sbagliavo.-
-Riguardo a?-
-La sera precedente, sei stata con me. Ma il motivo mi sfuggiva.-
-E adesso cosa hai capito?-
-Che volevi divertirti evidentemente.-
-Stronzo! Mi stai dando della troia?!?- era arrabbiatissima ora e alzava la voce.
-Calmati, non ti sto dando della troia, ma mi chiedo: perché io e te siamo finiti a letto, se la Laura che conosco non sarebbe mai arrivata a quel punto? E oltretutto, so che se stai con un ragazzo, non sei la tipa da andare con altri.- la guardai’ – Quindi perché?-
Lei camminava in silenzio senza parlare. Era nera! Cominciò a singhiozzare guardando a terra mentre camminava.
-Calmati Laura, non voglio offenderti. Non ti faccio più domande, solo che non ti vedo più serena e non capisco il perché di alcuni tuoi comportamenti. Sai che non sono la persona più adatta a commentare la tua moralità, però sei mia amica!-
-E cosa pensi adesso di questa tua amica?- disse piangendo.
-Che se per lei continuare a considerarmi amico, malgrado quello che c’è stato va bene, io ne sono felice, innanzitutto. Però vorrei che non mi mentisse se ci sono di mezzo io! Dei suoi affari può farne quello che vuole, ma intanto farmi capire che ruolo ha la mia persona in tutto questo. E ovviamente se vuole solo un amico e consigliere io sono qui.- la guardai- Ora smetti di piangere però.-
Smise. Riprese a parlare:- Cosa volevi dirmi prima nel locale?- si stava asciugando gli occhi sporchi di mascara.
-Forse adesso non lo vuoi più sapere.-
-No, ora me lo dici. Tanto so che parli di quella sera.-
-Appunto!-
-Quindi?-
-Tu sei stata bene?-
-Sì!-
-Sicura?-
-Lo sai, altrimenti ti avrei impedito di andare avanti.-
-Ma non mi sembra che tu voglia più toccare l’argomento’-
-Ti sbagli. Quella sera ho visto un lato di me che non conoscevo e che mi ha spaventato. Tu sembravi così sicuro di quel che facevi.. Lì mi sono accorta di quanto sia inesperta.- sospirò e riprese: -e poi volevo veramente capire che si deve fare in quei casi. Ero andata al paese per vedere quel tipo, va bene. In passato, in confidenza, mi raccontava le sue esperienze sessuali, io ne ero innamorata e ascoltavo. Col tempo ho visto quante ne ha combinate con le sue ‘ex’ e amichette, così ho pensato che non avevo possibilità con lui.-
La interruppi qui: -e l’hai fatto con me perché volevi fare quella ‘pratica’ di cui mi chiedesti?- ero sbalordito, sinceramente.
Non mi guardava più in faccia. Disse solo: -adesso mi stai trattando di nuovo da troia. Non ho idea di quel che volessi fare. Non sono stata con te pensando a lui, penso sia sufficiente questo. Basta così, non ne voglio più parlare!-

Camminavamo, eravamo quasi arrivati a casa e lei riprese: -Ti basti sapere che mi è piaciuto. Te lo dissi anche quella sera. Ma nella notte pensavo a quanto mi fossi comportata da puttana con te. E che forse avevo perso la tua amicizia e altri pensieri del genere. Avrei potuto aspettare a partire, ma mi vergognavo e sono veramente scappata. Scusami’-
-Non fa nulla! Siamo amici?-
-Sì! Ovvio!-
Sorrisi ed entrammo in casa. Lei andò in camera sua, io nella mia. Ora ero veramente stanco, mi misi a letto e aprii un libro per addormentarmi. Pensavo a quanto era strana la sensazione di noi due a fare sesso la settimana prima, oltretutto riflettendo che qualche istante prima Laura mi aveva confessato che le era piaciuto stare con me. Mi misi sulla balconata, a guardare fuori, l’aria fresca mi cullava.
Bussò alla porta, le dissi di entrare.
-Senti che fai?- chiese con aria stanca. Non si era cambiata, aveva ancora i vestiti della sera addosso.
Niente del tutto, sto fuori tranquillo, perché?-
-Non so che fare, mi fai compagnia?-
-Cosa vorresti fare?-
-Non so, qualsiasi cosa, pur di non restare sola a pensare. Ti va un gioco in scatola? Boh… Trivial?-
-e Trivial sia- dissi.
Andò a prendere la scatola del gioco, tornò e si sedette sul letto. Cominciammo a giocare, ridendo allegramente ad ogni errore. La prendevo in giro perché a quel gioco la stracciavo completamente, e lei si divertiva sempre a sentirmi prenderla in giro. Giocavamo da una trentina di minuti, quando mi fa una domanda di geografia. ‘Dove si trova l’isola di Pitcairn?-
-Nel sud Pacifico- le risposi. ‘è un’isola piccola, dove 200 anni fa si rifugiarono gli ammutinati del Bounty.-
-Il solito saccente.- mi apostrofò, -ma che ne sai!?-
-Semplice, un film di Mel Gibson degli ’80-
-E sentiamo, com’è fatta quest’isola visto che fai tanto il buffone?-
-Non so come sia fatta, ma so cosa farei in un posto del genere.-
-Che ci faresti?-
-Mi porterei una donna come dico io e ci farei sesso in continuazione.- e risi alla sua espressione esterrefatta.
-Del sesso di che tipo?-
-Sesso come piace a me!-
-E sarebbe?-
-Ehi non cominciare con le domande, lo sai che non ti sopporto quando fai così!-
-Davvero?- chiese ridendo. Era sempre bella quando lo faceva.
-Sì!- risposi.
-Scusa, però riesci sempre ad incuriosirmi con le tue risposte-, restò in silenzio, poggiandosi contro il muro e guardando il cartellino delle domande che aveva in mano. Poi riprese: -la scorsa volta hai fatto con me cose che ti piacevano?-
-Credo di sì!-
-Credi?!- e alzò la voce in maniera scherzosa.
-Non abbiam fatto molto, non ti pare?- il gioco adesso era l’ultimo dei miei pensieri.
-Per me abbiamo fatto anche troppo.-
-Allora sei pentita!-
-..no!-
-A tal punto che lo rifaresti?-

Silenzio. Non rispose. Era un sì, dunque. Ora stava a me condurre l’azione.

-Ti ho fatto una domanda!- la incalzai.
-Quella sera si era creata una certa atmosfera!-
-Erano le tue domande a crearla, fidati.-
-Dici? Ma mi hai appena detto che non vorresti sentire alcuna domanda..-
-Quindi vorresti farmi delle domande per ricreare l’atmosfera?-

Silenzio. Sguardo sulla parete di fronte.

-‘sì!- mi fissò…
La guardai per qualche istante. Mi fissava ancora. Spinsi via il gioco dal letto e mi alzai sulle ginocchia. Le presi i piedi, coperti dalla gonna nera e la tirai a me, allargandole le gambe. Spingevo la gonna pian piano più su, facendo percorrere la lunghezza delle sue gambe alle mie mani. Mi misi sopra di lei, che mi fissava arrossendo. Le iniziai a baciare e leccare il collo, ascoltando il suo respiro divenire di momento in momento più affannoso. Mi sollevai sulle ginocchia, le cominciai a sbottonare la camicetta e mi accorsi che anche quella volta non portava il reggiseno. Mi si spalancò di nuovo il suo seno davanti, un attimo e le ero addosso, a giocare coi suoi capezzoli. Vedevo i suoi occhi socchiusi. Le piaceva da matti, era alla ricerca del suo corpo e dei suoi istinti e la scoperta le continuava a piacere. Mi tolsi la maglia e lei si tirò su a sedere, avventandosi contro il mio petto, cominciando a leccarlo, passandomi la lingua sui capezzoli e accarezzandomi la schiena intanto.
Avevo di nuovo scatenato le sue voglie.
Sentivo il contatto della sua pelle, i sui seni che mi toccavano il ventre. Quella meraviglia era mia e le passai le mani sulla schiena fino ad impugnare le sue tette tra i miei pugni, gliele strinsi. ‘Mi fai male- mi disse. Allentai la presa sorridendo e mi distesi sul letto. Lei mi guardò, come se mi volesse chiedere: -Che fai?-.
Le presi le mani e gliele portai sul mio basso ventre, lei seguì i miei movimenti e una volta poggiatele lì, le fece entrare nei miei boxer, andando ad impugnare l’oggetto del suo desiderio. Quel qualcosa di caldo, misterioso e irresistibile per lei, era di nuovo nelle sue mani. Mi sfilò i boxer e si mise in ginocchio tra le mie gambe. Non passò molto che si affacciò su di lui, prendendolo in bocca. Era ritornata la Laura di dieci giorni prima, quella che andava alla scoperta delle sue voglie. Stava cedendo a quello che le piaceva. Andava su e giù, menandolo con la destra, finché non tolse la mano e cominciò a lavorarci su, solo con la bocca. Scendeva in profondità, vedevo il mio cazzo entrarle dentro, scomparire nelle sue voglie, vedevo i suoi occhi chiusi che si gustavano il momento. Un’ora prima piangeva sentendosi una troietta, ora era lì a scoprirsi vogliosa di quello e di nient’altro.

Lasciò il mio uccello e suo nuovo amico, risalì su tutto il mio ventre leccandolo, arrivando a leccarmi il collo, mi baciò e mi disse: – Lo so che ti stai divertendo, stronzetto che non sei altro, ma non mi lasciare sola in questa cosa!- Era serissima. Aveva una paura di essere usata che si toccava con mano.
-Stai tranquilla e fidati!- risposi.
Le accarezzai la schiena, poi mi sollevai e la aiutai a sfilare la gonna. Rimasi a guardare quel corpo niente male che avevo già visto al mare tempo prima, ma ora si doveva compiere l’ultimo atto e decisi di toglierle gli slip. La denudai completamente e arrossì in maniera vistosa. ‘Calmati!- le sussurrai. Mi avvicinai a lei e la baciai, lei si lasciò baciare e le misi la mano sinistra tra le gambe, andando a toccare la piccola foresta di peli castani che aveva lì in basso. Le sfiorai il clitoride e la sentii fremere. Lei rimise la destra sul pene e cominciò a massaggiarmelo. Mi guardava, voleva che andassi avanti. Sentivo che si bagnava, e capii che era il momento di farle sentire che avrebbe potuto provare di più. Mi stesi di nuovo sul letto: -Vieni, metti le tue gambe dal lato della mia testa.-
-Cioè?-
-Io mi occupo di te, e tu di me- e sorrisi.
Capì tutto e si sedette sul mio viso, ponendomi a contatto con le sue labbra, con i suoi umori. Le misi le mani sui fianchi e risalendo con queste sulla schiena la spingevo sempre di più a protendersi verso il mio cazzo che ora pulsava da impazzire.
Lei seguì il mio tacito ordine e si diresse su di lui, accogliendolo subito nella sua calda bocca! Riportai le mie mani sulla sua figa bagnata e cominciai a titillargliela. La stavo mettendo a contatto con la mia lingua, ansimava e godeva ora.
-Sì, così- mi disse.
Le stava piacendo. Riprese: -A te piace quello che faccio?-
-Sì, e non fermarti!- le ordinai.
Riprese, sentivo la sua bocca piena dei miei umori, il rumore di questi nei suoi movimenti era distinguibile. Le passai un dito vicino al suo piccolo buco posteriore, che si contrasse. Lei non disse nulla e continuò la sua opera, ma la conosco, so che appena gliel’ho toccato, le saranno venuti in mente miliardi di pensieri.
Non si fermava, e andammo avanti per un po’ così. Poi io feci per staccarmi e le mostrai le mie intenzioni, ponendogli una mano in mezzo alle gambe, e titillandola la penetrai con un dito. Ansimò, quasi urlò! Non se lo aspettava, non così intenso.
Le presi le gambe e gliele aprii. Era di nuovo impotente davanti a me, come la volta scorsa, ma adesso non mi fermava. Non disse niente, io mi avvicinai e poggiai la mia cappella sulla sua apertura, sentii i suoi peli sfiorarmi la punta. Fu troppo. Entrai per qualche cm, mentre lei si mordeva le labbra e ansimava. Poi mi fermai dandole il tempo di abituarsi. Si rilassò dopo qualche istante di fatica e imbarazzo. Allora mi permise di entrare in tutta la mia lunghezza. Le fui dentro e sentii le sue contrazioni, i suoi movimenti. Iniziai a muovermi, le misi una mano dietro una coscia e la montai così.
Non so cosa fosse per lei, un misto tra il fare l’amore e l’essere scopata, ma non disse niente. Credo avesse deciso di non porsi troppe domande.
-Non venire dentro, mi raccomando, non uso la pillola- esclamò tra mille sospiri.
Le accennai di aver capito e ora continuavo, lei mi veniva dietro nei movimenti, sembrava stesse studiando cosa dovesse fare, poi si rilassò del tutto e sentivo che ormai aveva preso il suo ritmo. Godeva, glielo leggevo in faccia, non mi guardava in faccia come quando si vergognava di qualcosa e intanto sorrideva dal piacere. All’ennesimo scossone datole le allargai bene le gambe e uscii da lei, andando a cercare le sue tette, i miei colli della gioia. Le venni sui capezzoli, la adornai per benino, e fu una serie di fiotti di voglia quelli che le scaricai addosso.
La guardai, era stanca e provata sia dalle sensazioni, sia dalla posizione assunta. Guardava i suoi seni pieni del mio succo e mi fece cenno di aiutarla a ripulirsi.
La aiutai, ora sorrideva. Le misi il mio lenzuolo addosso e andai a darmi una ripulita. Tornai e la trovai che era ancora nel mio letto, nuda. Non aveva voglia di andarsene.
-Ti spiace se resto qui con te ancora per un po’? Non pensare di approfittartene però, ho voglia solo di compagnia!- e mi fece una linguaccia.
-Resta pure- le risposi. Mi infilai nel letto e cominciammo a chiacchierare. Andò avanti per un po’, finché io non mi addormentai. L’indomani, alle sei del mattino mi svegliai per un attimo e la ritrovai ancora lì, nuda a dormire a fianco a me.

(La storia prosegue in ulteriori capitoli)

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Laura mi svegliò intorno alle otto. Mi sembrava di non aver dormito per nulla.
-Fammi passare, tra un po’ comincia la lezione, sono in ritardissimo.- mi sussurrò in un orecchio. Mi girai su me stesso, con gli occhi socchiusi dal sonno. Il mio braccio toccò qualcosa di caldo, i suoi seni. Aprii gli occhi con fatica e me la ritrovai distesa su un fianco e sorridente che mi guardava, appoggiata su un braccio. Cercai i suoi seni e con gli occhi chiusi le morsi un capezzolo. Le piacque, non si tirò indietro, ma mi disse: -caschi male, non c’è proprio tempo, e credo che per qualche giorno ti dovrai accontentare di …nulla!-
Capii che era quasi arrivato il ciclo e dissi solamente: -Uffaaa!-
-Eh, non dirlo a me, stamattina avrei avuto voglia, ma meglio sbrigarsi. Dai…- si tirò su in piedi sul letto e la vidi sovrastarmi e scavalcarmi, e nel farlo il suo boschetto di peli castani passò a un metro d’altezza da me. Bel panorama per svegliarsi, pensai.
Mi riaddormentai invece.
Persa la cognizione del tempo, la ritrovai a sistemarmi una tazzina di caffè (già zuccherata, sapeva tutto di me) sul comodino, con dei biscotti a fianco. ‘Abbiamo terminato il latte.- mi disse.
-Ci penso io appena torno.- le risposi.
-Scappo.- non disse altro e uscì.
La gentilezza con cui Laura mi trattò quella mattina mi allarmò e mi piacque allo stesso tempo. Per un attimo mi sembrò un classico quadretto famigliare. Una cosa che non volevo; in tutta sincerità la libertà di cui godevo da un paio d’anni non mi dispiaceva, dopo la storia che mi ero lasciato alle spalle, ma poi invece che cos’era quella sensazione piacevole di cura che Laura mi aveva lasciato addosso? Un pensiero che volevo scacciare.
Decisi di non pensarci. Martellarmi la testa era l’ultima della cose da desiderare, ad una settimana dal mio esame di Letteratura. Mi sistemai e uscii da casa.
Passai tutta la giornata in biblioteca. Non sentii Laura per nulla, il cellulare era muto, ma del resto, perché avrebbe dovuto squillare? Nel pomeriggio, tornando da una pausa caffè la vidi con le sue amiche, e anche qualche amico, chiacchierare animatamente in uno dei cortili dell’università. Ridevano e scherzavano, e notai come fosse rilassata lei adesso. C’era anche la sua amica Francesca, il suo sedere per un attimo attirò il mio interesse, poi tornai a guardare la mia coinquilina (-o la mia concubina?- pensai). Rideva.
L’ultima volta che le ho viste insieme era così presa dai suoi pensieri che non sembrava ora la stessa persona.
‘Potenza del sesso.- dissi tra me e me.
Per un attimo mi chiesi se fosse gelosia, voglia di stare lì con lei in quel momento. Riuscii a rispondermi che se avessi fatto quel passo poi avrei dovuto dare conto dei miei, di spostamenti. Allora ragionai sul fatto che la nostra storia doveva mantenere assolutamente quei binari. Amici, amici che a volte si cercano e scopano.
La domanda poi sorse spontanea nella mia mente: -e perchè stai pensando che vorresti scopartela ora?-

Al ritorno a casa, la trovai in camera che studiava. Le sorrisi, automaticamente. Lei mi chiese: -Andata bene la giornata?-
E io di seguito, altrettanto automaticamente: perché?-
-Come perché?!- e mi guardò. ‘Perché, non posso chiederti come è andata?-
-Beh, prima non me lo avresti chiesto.-

Silenzio.

Laura mi fissò, accigliata. ‘Senti- mi disse.
-Dimmi.-
-Quando hai l’esame?-
-Tra una settimana…-
-Io tra quattro giorni.- disse lei di rimando.
La guardai. Capii.
-Ok, scusami, ho capito.- mi sentii un deficiente.
-Bene, se hai capito, fammi il favore di chiudere quella porta, ci vediamo con calma più tardi.-
Feci quel che mi chiese e me ne andai in camera. Mi sentivo un emerito coglione per la maniera con cui le avevo risposto. Nella mia mente fu chiaro che tenevo a lei un po’ di più che a un’amica ma non volevo ammetterlo. Le mie risposte stizzite erano sintomo di un mio malessere interiore.

Andai a chiudermi in camera e tentai di studiare. Le parole lette si ingarbugliavano nella mia mente senza alcun senso, lasciandomi solo un senso di confusione che mi scoraggiava per l’esito dell’esame. Fu Laura stessa a venire in mio soccorso.
Bussò alla mia porta e mi disse che cosa volessi mangiare.
-Perché, è già ora di cena?- chiesi.
-Sì, sono le otto e mezzo.-
Il tempo era volato. E non avevo fatto un cazzo coi testi da studiare. Mi alzai dalla sedia come un automa e la seguii in cucina.
-Prima che cominciamo a cucinare devo chiederti scusa, forse.-
-Ecco, scontato come qualsiasi uomo.- disse lei quasi scocciata. Non era arrabbiata, ma un po’ perplessa. E aggiunse: ‘Che ho fatto? Mi spiegheresti?-
Pensai che per fare una domanda del genere non avesse compreso cosa stessi pensando io. Non sapevo che dirle.
‘Non hai fatto nulla- mi limitai a dire.
-Sai cosa credo? O almeno, mi stai portando a credere?-
-No… dimmi.- le risposi.
-Che sei pentito di quel che c’è stato ieri!- mi rispose di botto. Pensavo si sarebbe messa a piangere, invece rimase serissima.
-No, non sono pentito, lo sai. Anzi. Fosse per me salterei la cena e tornerei a letto con te.- le confessai.
Sorrise. -Caschi male. Intanto ho le mie cose, e quindi, nisba!- e mi faceva cenno con le dita che non ci sarebbe stata trippa per gatti quella sera. ‘E poi, ho l’esame alle porte. La notte devo dormire. E anche tu dovresti. I nostri ‘divertimenti’, se vuoi, possono continuare, ma non adesso.-
Restò ad attendere una mia risposta.
Sospirai, guardandola.
-Che c’è?- mi chiese triste.
-Mi sei mancata oggi.-
-E cazzo, e ti arrabbi per questo?-
-Ma tu non sei preoccupata al riguardo?-
-Dovrei essere preoccupata?-
-No, ma…-
-Senti, ma non eri tu quello che non voleva compromissioni sentimentali?-
-Sì.-
-Ma ho come l’impressione che non riesci a tenere fede al tuo proposito.-
-No, non è quello.-
-Sei innamorato di me per caso? A me piaci molto, piace molto anche la situazione, e non credere che non mi sconvolga, però ho deciso di gustarmela, e a quel che porta, porta. Perché tu la vivi così male?-
-Ma che ne so, forse avevo il desiderio di stare con te tutto il giorno…-
-E la cosa ti spaventa?-
-Un po’…-
-Ahahah, che strano vederti così, sempre sicuro di tutto.- mi disse prendendomi in giro.
-Ma vaffanculo và…-
Si avvicinò e mi baciò. Mi diede un lungo bacio sulle labbra che ricambiai. Ci guardammo. Dopo un po’ lei abbassò gli occhi e parlò:
-Io sto bene accanto a te, mi sento protetta e desiderata.- Pausa. -Non pensare che oggi non ti abbia visto in facoltà. Ho visto che eri lì a guardarmi, forse non te ne sei accorto.-
Mi lasciò inebetito. ‘Mi piace quando finiamo a letto, abbiamo cominciato da lì, vero, ma c’era dell’altro prima. Non mi va di finire la cosa per delle paure, tu?- mi chiese.
-Direi di no.-
-E comunque sei mancato anche a me.- e arrossì.
La guardai, la strinsi e la baciai. Ci baciammo a lungo.
Lei riprese: -Per qualche giorno fatti passare i bollori, ok? Poi riprenderemo meglio di prima.-
Avevo di nuovo la solita erezione a farmi compagnia.
Aveva il ciclo, certo, ma chissà per quale processo mentale la immaginai a farmi lo stesso pompino che mi aveva fatto la prima volta. Era un pensiero indelebile ormai. Scacciai l’immagine e decisi di darle il rispetto che chiedeva.
Ci baciammo a lungo, lei mi spinse su una sedia e mi si sedette sopra. Eravamo insieme ora, lo sentivo.
-Ci vogliamo provare?- le chiesi.
Lei non rispose. Vidi solo il suo sguardo annuire, tra i lunghi capelli.
-E se ti rivedessi in facoltà?- le chiesi.
-Raggiungimi e siediti accanto a me.- rispose.
-Va bene!-

Cenammo, e una volta lavati i piatti Laura mi diede la buonanotte. Con un lungo bacio mi lasciò dicendo che avrebbe studiato ancora un po’ e poi nanna. Ero sereno, e andai a dormire anche io.
I giorni seguenti andarono avanti alla stessa maniera. Stavamo insieme il più possibile quando non si studiava, e per più di una volta fui tentato di prenderla e fare l’amore con lei, fortunatamente il ciclo si frapponeva tra noi, altrimenti i nostri rispettivi esami non li avremmo mai superati. Venerdì Laura tornò a casa raggiante.
-Andata bene allora?- le chiesi.
-Guarda un po’, ora sei tu a fare queste domande.- mi sorrise.
-Stronzetta!- la apostrofai, -allora andata bene?-
-Sì che è andata bene, 29, e non ci speravo.-
-Allora dovremmo festeggiare.- le dissi.
-Certo che dovremmo.- e si avvicinò a me. Mi mise una mano sulla patta dei pantaloni e mi accarezzò là in basso. Sentii il mio pene crescere e lei tenerne la sagoma attraverso i pantaloni in mano. Poi si staccò da me e mi disse: -Infatti ordiniamo delle pizze e delle birre e ti racconto come è andata. Rimetti a posto l’arnese, stasera non ti servirà. Solo dopo il tuo esame e bada che ti vada bene, che l’hai già rimandato a lungo.- Mi guardava sorridendo mentre si allontanava in camera sua.
Rimasi deluso, ma lasciai perdere e sorrisi di rimando. Sistemai le pizze sul tavolo e apparecchiai. Poi lei mi si avvicinò, mi baciò, e mi disse in un orecchio: – ti prometto che lunedì sera, soddisferò ogni tua voglia, maialino che non sei altro.-
Sorrisi di rimando e risposi: -Bada, potresti promettere più di quel che puoi mantenere.-
E lei, quasi noncurante: -Vedremo, vedremo…-
Passammo la serata a chiacchierare e a guardare un film in tv, noiosamente per quel che mi riguardava, perché ora cominciavo a pensare davvero all’esame e anche al dopo. Con le sue parole, e soprattutto con quell’accenno al superare bene l’esame, Laura aveva innescato un moto d’orgoglio in me, credo consapevolmente. Andai a dormire appena finì il film ripromettendomi di svegliarmi presto per studiare. Sabato e domenica andai a chiudermi in una biblioteca di quartiere che restava aperta e mi concentrai sui libri. Lunedì mattina lei venne a svegliarmi. Mi spalancò la finestra, il sole era già alto, esortandomi ad alzarmi. Mi tirai su stancamente e dopo una doccia rigenerante uscii e mi diressi in centro verso l’università.

Al ritorno, aprii la porta di casa, e mi accorsi che Laura era via; erano le cinque e probabilmente era in facoltà. Cascavo dal sonno e le scrissi un post-it che lasciai attaccato alla sua porta e andai in camera mia; accesi la televisione e dopo un po’ di zapping mi addormentai. Mi risvegliai che la luce dall’esterno si era affievolita. Quell’aprile mite stava volgendo al termine e la luce delle sette e mezzo accompagnava la giornata alla sua fine. Sentii dei rumori provenire dalla cucina. Era Laura che armeggiava con padelle e fornelli, probabilmente stava preparando per cena.
Mi chiesi se avesse letto il messaggio che le avevo lasciato e come mai non fosse venuta da me. Decisi di non darmi una risposta e attesi. Sonnecchiai ancora un po’, lasciando che quel dormiveglia mi cullasse, guardando di sottecchi la tv ancora accesa. Poi, il bussare alla porta e la testa di Laura fare capolino. Mi fissava senza parlare.
-Sei vivo?- mi chiese.
-Sì, ero stanco.-
-Ho visto.- mi disse.
Entrò e venne a sdraiarsi al mio fianco. ‘Allora com’è andata?- mi chiese.
-La odio questa domanda.- risposi ridendo. ‘E poi te l’ho scritto.-
-Sì, ho letto, stronzo! 30 e lode… Molto stringato ma eloquente.-
-C’era dell’altro.- aggiunsi.
-Hai scritto ‘E ora?’. Che intendevi?-
-Non lo immagini?-
-Sinceramente in un primo momento ho pensato mi pigliassi per il culo perchè avevi preso di più.-
-Anche!- le risposi.
-Vedi che sei stronzo?!- e rise fissandomi.
-‘E ora’ dovremmo festeggiare immagino.- le dissi.
-Festeggiamo allora…- rispose. ‘Però prima…- aggiunse.
-Cosa?-
-Voglio parlarti di una cosa.-
-Spara!- intimai.
-La nostra storia è cominciata quasi per gioco e ha preso una piega particolare. Ora come dobbiamo proseguire quando siamo a letto? Mi sono divertita molto, lo confesso, a mantenere quelle parti separate precedentemente, e so già che cosa voglio da me stessa. Ma tu sarai capace di non prendermi per una donna da usare e buttare via?- chissà perché ormai avevo messo questa domanda in programma.
-Hai sempre questa paura. Pensi che potrei farlo?- le risposi.
-Pensa a questo: prima non facevamo l’amore. Di sicuro non mi sono sentita usata, ma se dovessi dare un nome a quel che facevamo, potrei dire brutalmente che si scopava.- Si fermò a guardare la mia faccia. ‘Ora non voglio essere più scopata, o per lo meno, voglio che sia il ‘mio’ uomo a scoparmi. E ovviamente voglio che lo faccia bene, ma se solo minimamente mi dovessi accorgere di essere usata, credo che tutto questo si interromperebbe bruscamente.-
Rimasi in silenzio a guardarla. Che espressione triste aveva. Le risposi semplicemente così: -Io credo che voglio divertirmi con la ‘mia’ donna. Mia e di nessun altro. Il divertimento andrà di pari passo col rispetto. Giudica tu.-
-Può andar bene direi.- si accucciò accanto a me e chiuse gli occhi. Stancamente mi chiese: -cosa guardi?-
-Una replica di ‘Grey’s Anatomy’ direi, non me ne sono accorto nemmeno, mi ero addormentato.
-Non mi piace molto questa serie.- la voce si stava affievolendo. La posizione comoda presa al mio fianco la stava facendo assopire. Decisi di non volerla lasciare addormentare così e cominciai a avvicinarmi al suo orecchio sussurrandole: -Sarai capace di tenere fede alla tua promessa?-
-Quale promessa?- chiese lei con un filo di voce. Teneva gli occhi chiusi e mi ascoltava.
-Quella che mi hai fatto giorni fa in cucina.- risposi.
Lei mantenne gli occhi chiusi e sorrise dicendo: -Cosa pensi che sia venuta a fare nella tua stanza?-
-Immaginavo che fossi qui per quel motivo, ma io ti ho anche detto che secondo me non sei capace di farmi stancare come dico io.-
-Come dici tu?- sorrideva ancora. ‘E sentiamo, come vorresti essere ‘stancato’?-
-Ci sono delle cose che voglio fare con te. Cose che al solo pensiero mi fanno eccitare.-
-Ti avviso che non accetterò controvoglia, devi farmele volere davvero.-
-Magari ti piacerà.- e le sfiorai l’orecchio con la lingua. Lei si ritrasse ridendo. ‘Riesci a immaginare?- continuai.
-Sì che ci riesco, hai già detto molto senza accorgertene durante i nostri incontri precedenti.-
-E che avrei detto?-
-Pensa, pensa… Ti dico solo che c’è una cosa che voglio fare anche io- mi disse.
-Quale?- risposi sorpreso.
-Indovina.-
-Ci sarebbero tante cose…-
-Immagino, ma io penso sempre ad una, e ha a che fare con la nostra prima volta.-
-La nostra prima volta non abbiamo fatto poi molto… però forse ho capito. Ma lo devi chiedere tu.-
Laura aprì gli occhi e prima fissò il cuscino, nella penombra quello sguardo indeciso mi fece arrapare del tutto, e stavo per parlare quando fu lei a esordire: -Ti chiesi di farmi provare, ma poi ho posto dei limiti. Ricordi?-
-…sì!- risposi stentatamente.
-Voglio che non ti fermi davanti a quel mio paletto, voglio che tu prosegua e mi faccia tua.-
-Parli del venire…?-
-Guarda che a parlarne mi vergogno come una ladra… o per meglio dire, ci sono momenti che mi sorprendo a pensare quanto posso sembrare una ‘puttanella’, come ti dissi, e poi me ne vergogno.-
-Penso che non dovresti vergognarti… in fin dei conti è una cosa nostra.-

Altra pausa.

Laura continuò: -Allora quando giunge il momento, e quando vuoi che sia così, vieni dove pensi che la cosa ti faccia godere di più.- mi guardava.
-Strano, non stai arrossendo.- le dissi.
-Evidentemente mi sento sicura. Merito tuo?- e mi fece una linguaccia. ‘Ma tu invece cosa vorresti fare?-
-Quanto sei pronta a spingerti oltre?- chiesi. Notai che lei aveva i capezzoli turgidi visibili da sotto la maglietta. E notai anche la loro grossezza e nitidezza: aveva già tolto il reggiseno prima di entrare da me. Nel silenzio che precedette la sua risposta, insinuai una mano sotto il suo pantaloncino e le sfiorai il pube. Mi resi conto che era la stessa ‘mise’ che aveva avuto la nostra prima sera, e la cosa mi eccitò ancora di più. Il mio pene più che eretto ormai, mi faceva male tanto la durezza raggiunta.

Laura emise un solo gemito smorzato. I suoi occhi erano chiusi, e si godeva quello sfiorare delle mie dita.
-Allora- la incalzai, -non hai risposto.-
-Non ho risposto perché so quel che vuoi e ci sto pensando.- disse in un fremito.
-Ah, lo sai?-
-Certo, giorni fa mi hai sfiorato proprio in un punto preciso, e la tua volontà mi è parsa subito chiara. Ma io non l’ho mai considerata come cosa. Non penso ne sarei capace…-
-Quindi mi dici di no?- le chiesi sfiorandole l’orecchio.
-Se me lo chiedi in questo modo come faccio a dirti di no?-
-E’ un sì?-
-E’ un non so!- non mi guardava, e si contorceva per il piacere. ‘Però sei scorretto.-
-Perché?!- dissi sorridendo.
-In questo modo, come si fa a dirti di no? Mi verrebbe da dirti di portarmi dove vuoi tu…-

Mi alzai sulle ginocchia e decisi che quel discutere aveva raggiunto il suo culmine, ora era il momento di dare concretezza a tanti giochetti mentali e decisi di toglierle il pantaloncino con lo slip in un colpo solo. Lei rimase immobile, lasciandomi fare. Denudata dei suoi primi indumenti, mi accucciai contro le sue gambe, lasciando il mio bacino in direzione della sua faccia, in una classica posizione sessantanove, e cominciai ad allargarle la gamba sinistra. Avevo ora di fronte a me i peli della sua fighetta, che mi attendevano fiduciosi, lei mantenne quella posizione con la gamba aperta e attese che io facessi la mia mossa. Le dita della mia mano sinistra cominciarono a toccarle le labbra e a scostare man mano i peli dalla sua apertura. Sembrava di sbucciare un frutto maturo che aspetta solo di essere mangiato; ecco che le sue carni rosa si aprirono e cominciarono ad inumidirsi. Giocavo con il suo clitoride e lei si contorceva ansimando. Riusciva a tenere il bacino fermo per non allontanarsi dalla sua piacevole tortura, ma il resto del corpo tremava. Non si dedicò a me, credo avesse deciso di godersi il trattamento, e non mi toccò per nulla. Ora era lei quella da dover deliziare. Gli umori che venivano fuori li avevo sulle dita e li portai alla bocca, assaggiandoli, gustandoli. Sapevano di lei, uno strano odore acre e pur tuttavia irrinunciabile toccò la mia lingua, e in quel momento decisi di partire all’attacco. Mi avvicinai alla sua figa bagnata e prima baciandola, cominciai a leccarla, sulle sue carni vive, tenendole la gamba spalancata con il gomito e utilizzando le dita per tenere aperte le labbra. Laura stava arrivando all’esasperazione e stava quasi per lasciarsi andare a degli ansimi più accentuati, che conteneva perché i vicini altrimenti ci avrebbero sentiti. Infilai il pollice dentro di lei, e si irrigidì tutta, poiché non se lo aspettava, ma poi la situazione le fu più chiara quando lo sfilai e introdussi l’indice. Questa volta andai più a fondo e sentii il suo sospiro di piacere. La penetravo ritmicamente con il mio dito, e man mano introdussi il medio, facendole sentire un corpo ancora più grosso che la penetrava. Sentivo ogni suo umore avvolgere le mie dita e ogni tanto le tiravo fuori per leccarle.

Laura prese l’iniziativa quasi inaspettatamente e tirò via i miei pantaloncini, si trovò di fronte il suo palo di carne, quello che ora voleva per sè e cominciò a leccare delicatamente la punta del glande su cui erano già fuoriusciti i miei primi umori. L’umidità della sua lingua mi fece eccitare all’inverosimile e glielo dissi: -Prendilo adesso!-
Non se lo fece ripetere, lo prese con la destra e se lo portò alla bocca. Ora ero dentro di lei, sentivo la sua lingua calda contro le mie carni e mi cominciava a far male la testa per il piacere, una sensazione che mi era successa in passato e che non sempre una donna era capace di suscitare in me. Mi godetti il suo pompino mentre continuavo a penetrarla con le dita. Poi, le tirai fuori e decisi di dare una svolta a ciò che stavamo facendo, volevo tastare il campo e capire fin dove si poteva arrivare. Con l’indice ancora fradicio dei suoi umori, mi diressi accarezzandole il perineo (e sentii chiaramente Laura allargare la bocca e fermarsi in attesa, sempre con la mia asta in suo possesso) verso il suo buchino. Laura si staccò da me e si contrasse. Glielo umettavo con calma, e le dissi: -Hai paura?-
-Non farmi male…-
-Rilassati allora, continua quel che stavi facendo, io voglio solo conoscere ogni parte di te, con molta calma…-
A quelle parole sentii il suo ano contrarsi più volte e poi un primo tentativo di rilassamento. Laura quasi con movimenti impercettibili tornò all’opera, cercando di darmi fiducia. Cominciai a leccarle le labbra, e poi con la mia lingua, risalendo dal perineo le sfiorai il buchino posteriore. Glielo bagnai, sentii il suo mugolio e vi diressi il dito, come prima. Era meno contratto e la punta entrò pian piano. Sentii le pareti del suo sedere stringere il mio dito, ma non mi feci cacciar via. Le sensazioni di Laura dovevano essere spaventosamente diverse. Poi forse comprese come poteva aiutarmi e si alzò con il bacino, staccandosi dalla mia presa, e la vidi a gattoni muoversi su di me, andando a posizionarsi sulla mia faccia con la sua figa bagnata e successivamente chinandosi sul mio uccello per continuare a spompinarlo, esattamente come avevamo fatto giorni prima.
Se lo ricordava allora. Immaginai stesse imparando bene.
Il mio palo di carne ora si trovava in posizione eretta e Laura vi sprofondò sopra con la bocca, inghiottendolo per la sua interezza. Sentivo le sue labbra andare su e giù e mi godetti alcuni momenti così. La sua figa era a portata della mia bocca e me la mangiai letteralmente, facendola sobbalzare di piacere diverse volte. Poi osservai il suo buchino, a pochi centimetri dal mio naso. Era più dilatato ovviamente, ed era a questo che Laura doveva aver pensato, e così vi portai contro il mio dito indice e sfiorandolo, percepii una maggiore facilità da parte sua a lasciarmi entrare. Man mano, il dito scivolò dentro, con molta calma. Le mie falangi erano dentro il suo intestino, e il pollice le stuzzicava la figa. Cominciò a muovere il bacino per godersi questo trattamento.
Le chiesi: -ti fa male?-
-No- disse mentre mi segava. ‘Mi eccita.- Poi aggiunse: -Ho paura del dopo piuttosto…-
-Ti farò stare bene.- risposi semplicemente. Furono minuti in cui sentivo lei stare in paradiso, una paradiso che stava regalando anche a me. Il mio dito cominciava a scivolare in maniera più facile dentro di lei, e mi accorsi che quella penetrazione per lei era assolutamente piacevole. Mi chiesi come sarebbe stato quando avessi deciso di prenderla davvero da dietro. La stavo sodomizzando con il mio indice e sembrava piacerle da matti.

Poi uscii da quella posizione ad incastro e mi alzai sulle ginocchia. Laura, che sapeva bene come lasciarmi fare, restò a pecorina guardandomi. Era uno spettacolo. Aveva ancora la maglietta verde scuro addosso, che percepivo nella penombra. Gliela sfilai, e tutti i suoi capelli si scompigliarono. A quella vista mi avvicinai alla sua faccia e mi presi quel che volevo. Le afferrai la testa, e gliela diressi contro di me. Ero in ginocchio e lei poggiata sulle sue mani, l’altezza giusta per metterglielo in bocca e così fu. Laura accompagnava i miei movimenti e pompava il cazzo che le stavo offrendo, ormai difficilmente vedevo la sua faccia per la penombra della stanza e allungai una mano ad accendere l’abat-jour che avevo al mio fianco e il suo volto rischiarato fu una visione piacevole e arrapante al tempo stesso. Per lei non faceva differenza, lo avevamo fatto sempre con le luci accese giorni prima, e mi guardò quasi sorridendo, mentre continuava.
Sentivo le pulsazioni crescere dentro di me e capii che non avrei resistito a lungo.
Le chiesi semplicemente: -Sei sicura di quel che mi hai detto prima?-
Laura, mentre lo stava tenendo dentro tutto, se lo fece scorrere sulla lingua e lo lasciò uscire, guardandomi semplicemente. Quello sguardo fisso mi interrogava. Non era una risposta che mi dava, ma una domanda. E sapevo qual era. ‘Dopo, cosa penserai di me?’

La guardai fisso. Feci un cenno per farle capire che avevo capito. Prese la mia asta in mano e la segò. Ad un certo punto io mi alzai in piedi sul letto, mentre lei si sistemava sulle ginocchia e glielo avvicinai alla faccia, segandolo da me. Lei lo fissava, in attesa, sembrava così seria, la solita Laura sorniona che conoscevo. Poi arrivò il momento e le dissi con molta fatica: -apri la bocca.-
Lei eseguì e mi fissava. Un primo fiotto di sperma fuoriuscì dal glande e le finì sul mento, poi gli altri, più copiosi, le andarono direttamente sulle labbra e cominciarono a colarle in bocca e dappertutto. Venni, e venni davvero con tutto il mio corpo, che era un solo fremito. Le misi una mano tra i capelli e la presi di nuovo, infilandole l’asta in bocca. Laura capì le mie intenzioni, e mi lasciò fare, ma la sentii un attimo ritrosa per lo sperma che si ritrovava sulla lingua e tra i denti. Il mio membro fradicio le scivolava in bocca e lo accompagnò per un momento, poi si scostò e senza guardarmi inghiottì. Mi avvicinai a lei, che ora era rossa come un peperone, penso di non averla mai vista in quello stato. Le sorrisi, e lei mi sorrise di rimando, quasi stancamente.
-Allora come è andata?- le chiesi.
-Ora sono io a odiarla questa domanda.- disse con un lieve sorriso.
-E’ stato così orribile?-
-…no… però…- disse stentorea.
-Ssshhh!- le intimai.
Capì. Non la consideravo una troia, ora che avevo finito. Anzi, sentivo uno strano senso di possesso, misto all’affetto che era nato tra noi. La baciai, sebbene fosse ancora unta del mio sperma e qualcosa le colasse dal mento. Non si era ancora pulita, era rimasta rigida sulle ginocchia e forse sbigottita dal mio bacio, in quelle condizioni. Con il mio indice, quello che avevo usato per penetrarle il sedere, su cui sentivo ancora ogni suo odore, tentai di pulirla, togliendole via le tracce di sperma, lei mi guardava mentre lo facevo. Mi fissava come solo lei sapeva fare. Pensai che stavo cominciando ad amarla, a volerla in ogni maniera, a volerla affianco a me in ogni momento. Tolsi il mio dito da lei, sporco di tutti quegli umori, ma lei prese la mia mano e avvicinò la sua bocca al mio dito, infilandolo dentro.
-No.- dissi.
Lei mi tenne stretto e si portò ogni goccia di me nel suo stomaco, ingoiando tutto quel che poteva.
-Hai detto che vuoi conoscere ogni parte di me.- disse poi.
-…sì!-
-Anche io…-
Mi spinse giù sul letto e si diresse di nuovo sul mio basso ventre, e mi disse con un sorriso: -la stessa cura che hai messo nel ripulirmi il viso la metto io con te.- e cominciò a leccare via ogni mio umore dalla mia pelle, e mi riprese in bocca, con molta lentezza, rotendo la lingua.
-Ho come l’impressione che ti stia piacendo.- mi disse staccandosi per un attimo da quel che faceva.
-Io potrei dire la stessa cosa forse.- dissi in un fremito di piacere.
-Ormai è roba mia, e ci faccio quel che voglio.- e mi sorrise. Strinse la base del pene con il pugno, quasi facendomi male, e risalì. Una goccia uscì dalla punta e con la lingua la leccò via.
Risalì verso il mio petto, stendendosi al mio fianco. Nessuno dei due parlava ora. Cercò il mio braccio sinistro e si accucciò a fianco a me, respirando piano e lentamente. Era fottutamente spaventata anche se con le parole e i gesti non voleva darlo a vedere. Nascose la faccia tra i capelli e restò così, senza proferire parola a lungo.
C’era silenzio e complementarità. Cercavo di intuire quanto ciò che aveva fatto l’avesse toccata, ma io ero in ipereccitazione, sentivo mancare qualcosa, e completamente diviso coi miei pensieri e desideri, decisi di non calcare troppo la mano e lasciarle il suo tempo. Tirai su il lenzuolo, lo misi su di lei e ripresi il mio posto, spegnendo la luce.

Laura si addormentò, dopo pochi minuti. Era stata una settimana tosta per tutti e due, e si era studiato fin da mattino presto. Incredibilmente, pensai che mi faceva piacere condividere queste sorti, pensai che avremmo potuto anche studiare insieme, ma immediatamente il pensiero che stavo correndo già troppo avanti mi bloccò. In effetti, in questi casi, ‘non pensare’ è la cosa migliore.

Intorno a mezzanotte, mentre guardavo irrimediabilmente la tv, in attesa di una stanchezza che non veniva, Laura si mosse. Si fece più vicina a me e chiese se stessi dormendo con la televisione accesa. ‘No.- le risposi, – non ho proprio dormito. Non sono stanco.-
-Ho dormito sai?- disse stiracchiandosi. ‘e sento il tuo sapore in bocca. Sarà meglio mi dia una ripulita prima di poterti baciare.- Si alzò con gli occhi incollati dal sonno e si diresse in bagno. Era nuda, bella a vedersi. Non era perfetta nelle forme, eppure mi faceva venire delle frenesie tremende di volerla possedere. Attesi. Lo scrosciare dell’acqua in bagno mi fece intendere che si stava facendo una doccia, cosa che durò non molto. Mi conosceva, sapeva cosa stavo pensando in quel momento, e sapeva che non ero il tipo da portar pazienza in certe situazioni troppo a lungo. Qualche minuto dopo, con un asciugamano stretta intorno al seno, tornò in camera, coi capelli, che aveva avuto cura di non bagnare, raccolti sulla testa. La luce azzurra della tv la illuminava fiocamente e notai che mi stava a guardare. Si avvicinò al comodino e riaccese la luce da lettura. Poi tolse l’asciugamano che aveva addosso e rimase completamente nuda, dicendo: -Sono sveglia!-

Le afferrai una mano con rapidità e la trascinai a me, rivoltandola sul letto, il mio pene si stava rianimando velocemente e mentre ci baciavamo schiuse le gambe e sentii il contatto coi suoi peli. Passai il mio arnese rapidamente contro il suo boschetto cercando il varco per sfondarlo, senza troppe remore; lo presi tra le mani e glielo puntai contro. Non era ancora del tutto bagnata, ma nemmeno lei volle perdere tempo e si rilassò inarcandosi e permettendomi di entrare. Entrai, e una volta arrivato in fondo, cominciai a stantuffarla piano, alternando discese complete ad altre lasciate a metà. Non le volevo permettere di capire cosa stava succedendo, i suoi spasmi infatti erano interrotti o amplificati da quello che io facevo. Ero dentro di lei ora e questo contava, volevo restarci il più a lungo, ma volevo che mi sentisse per bene. Le presi le gambe tra le mani andando a tenerle i glutei, e cominciai a dare dei colpi ora decisi, secchi e ripetitivi. Aveva gli occhi chiusi e i denti mordevano le sue labbra. Non ci baciavamo ora, sentivamo reciprocamente la presenza di entrambi: io dentro di lei, lei intorno a me. Poi mi sollevai e le tirai su le gambe, portandole in alto, senza uscire dal suo corpo. Le unii davanti alla mia faccia e le incrociai i piedi, tenendoli insieme solo con la sinistra, mentre io, in ginocchio ora la penetravo. Sentivo il fruscio dei suoi peli sul mio cazzo quando lo ritraevo e una differenza totale nel momento in cui rientravo. Andammo avanti così a lungo, lentamente. La destra aveva preso possesso del suo capezzolo sinistro e da qualche minuto il suo ansimare era più forte, e mi esortava a continuare.
-Ti piace prendermi così?- mi chiese.
-Mi fai impazzire. Non hai idea di quel che sento.- di rimando io.
-Io sono pronta a sentirti come vuoi, voglio che decida tu cosa fare di me stanotte.-
-Allora non hai paura che ti faccia male?-
-Non me lo chiedere… Continua così.- disse in un sussurro. -Mi sento sfondare, ma mi piace.-
Continuai ancora qualche minuto finché non venni, e tornai alla mia vecchia abitudine di venirle sui capezzoli. Mi piaceva, in effetti non c’era un punto del suo corpo su cui non sarei venuto volentieri, ma lassù piaceva anche a lei, da come mi guardava fare. Laura attese che la pulissi e che mi riprendessi. Eravamo distesi a gambe aperte e pancia in su entrambi, respirando.

Poi volle sperimentare anche lei. Mentre ero disteso si diresse verso il mio bacino e ci si sistemò sopra, impalandosi su di me di nuovo, mettendosi in ginocchio e dandomi le spalle. Cominciò un saliscendi lento e costante, alternando movimenti rotatori del sedere. Vedevo il suo volto reclinato, lo capivo dai capelli che le sfioravano il fondoschiena, per quanto era inarcata su sé stessa. Vedevo il mio cazzo sparirle dentro, soprattutto quando decise di piegarsi sulle mie ginocchia, afferrando le mie caviglie e offrendomi la vista totale sul suo culo. Oggi direi che, conoscendola, lo fece apposta.

Di nuovo pensai, che comunque quando ci si metteva, sapeva giocare a far la troia. O forse ero stato io ad averglielo insegnato? Pensai a quello che ci eravamo detti in precedenza: mi si voleva concedere, in tutti i sensi, ma mi lasciava sulla lama di un rasoio per quel che riguardava la considerazione che avrei avuto di lei. E ora era lì, mi mostrava con ogni evidenza in che modo mi stesse scopando. Perché ora era lei a condurre i giochi, era lei a scopare me.
Mi affidai a lei. Eravamo in due a divertirci in fondo, e ora stavamo insieme anche affettivamente. Pensai di essere un vero stupido nel solo poter immaginare di giudicarla.

Avvicinai una mano verso i suoi glutei, accarezzandoglieli. Notai che ora si era messa a farsi scivolare dentro completamente il mio pene fradicio dei suoi liquidi e arrivava quasi a farlo uscire da dentro la sua figa, per poi ripiombarci sopra. Nel fare questo movimento, il suo buchino posteriore restava sì chiuso, ma con una strana dilatazione, quasi pronto ad essere aperto. Glielo sfiorai, senza che lei battesse ciglio, e cominciai a seguire i suoi movimenti, titillandoglielo. Mugolava dal piacere, e ora era stava diventando troppo davvero per me.
Con entrambe le mani la sollevai da sopra di me, spingendola in avanti, verso i miei piedi. Si sistemò a pecora, poggiandosi sui gomiti. Mi divincolai da lei e mi misi dietro al suo sedere, portando la mia lingua sul suo orifizio. Glielo leccai, lasciando un po’ di saliva intorno, e mi divertii a farla soffrire per un po’. Il momento successivo fu quello che lei stava cercando di immaginare: il mio corpo si avvicinò al suo e la mia cappella si puntò contro il suo ano, che sembrava pronto per farmi entrare. Il suo volto era nascosto dai capelli, ma per me era come se lo vedessi. Doveva essere rossa fuoco in volto, per l’imbarazzo, ma nel contempo aveva un oceano di pensieri dentro di sé che la sconvolgevano e la spingevano a continuare. Presi il mio uccello e lo puntai contro il suo buchino, facendoglielo sentire. Premetti leggermente, le pareti sembravano cedere, ma volli bagnarlo ancora, quindi discesi di qualche cm penetrandola davanti nuovamente, fino in fondo. Restammo con le nostre pelli attaccate per diversi secondi, lei muoveva leggermente il bacino andando avanti e indietro. Mi sussurrò con un filo di voce: -Lo sento tutto così.-
-E che cosa senti?-
-Sento il mio Amore.-
A quelle parole, mi alleggerii, e realizzai quanto la volevo e stavo bene con lei. Era il momento, mi aveva schiuso le chiavi del suo corpo e fuoriuscii dal suo ventre, risalendo verso il suo sedere. Il suo buchetto posteriore si muoveva impercettibilmente, invitandomi a prenderlo, e in un attimo, poggiatoglielo contro, Laura si sollevò sui gomiti e cominciò a spingersi verso di me. I miei pollici le dilatavano le natiche, e dopo qualche secondo, alla luce fioca della lampadina sempre accesa vidi la mia cappella sparirle dentro. Si bloccò soffiando in maniera vistosa, immagino per il dolore della dilatazione; ormai ero dentro, vinte le prime (poche) resistenze, dovevo farla abituare a quella presenza senza forzarla. Imprimetti una leggera pressione, continuando ad allargarle i glutei, piano, molto piano. Avanzavo dentro di lei, che continuava a soffiare, ma non mi fermava. Un minuto dopo, ero dentro, completamente. Il suo culo mi aveva inghiottito, e sentivo la mia erezione dominarla e prenderla completamente. La visione della sua carne intorno alla base del mio cazzo fu una delle cose più eccitanti della mia vita.
Si adagiò sul materasso, poggiando la testa di lato, gli occhi chiusi. Mi resi conto che le stavo accarezzando la pelle, ci eravamo bloccati in quella posizione, che, pur avendo dell’animalesco, nella mia mente andava dipingendosi come un momento molto intimo, di abbandono totale. Possedevo il suo culo e nel frattempo me lo accarezzavo, e lo amavo, stringendole i fianchi e poi accarezzandole le cosce. La tirai a me, mentre allargavo le mie gambe e scesi più in basso, permettendole di sedersi a sua volta sulle ginocchia e di poggiare la sua schiena al mio petto. La posizione assunta le permise di prendere confidenza con il corpo che aveva nell’intestino e si sistemò con molta calma contro di me, ancheggiando per farmi entrare meglio. Reclinò la testa e la poggiò contro la mia spalla sinistra. Si voltò, con la bocca spalancata, in preda al momento che stava vivendo.
-Ti faccio male?!- le chiesi.
-Zitto… zitto.- tremava, mi strinse le mani e le portò ai suoi seni, permettendomi di stringerglieli. La posizione verticale che avevamo assunto la fece rilassare. Ora muoveva il bacino con più disinvoltura e quando le strinsi i capezzoli con le dita, determinai un sussulto che mi fece sentire quanto ormai fosse lubrificata l’entrata che stavo forzando. Presi il suo sedere tra le mani sollevandola, e sentii ogni millimetro del suo ano mentre scivolavo fuori, e quando arrivò il momento di far uscire la cappella la lasciai, e Laura si impalò con il suo peso con un urlo di piacere.
-Allora non ti fa male.- le chiesi.
-Sai che parli troppo? Ti sembra che io stia male?-
-Assolutamente no.-
-E allora che aspetti a scoparmi per bene? Non ti sembra di aver aspettato troppo?- mi esortò.
Ne fui felicemente sorpreso e liberai ogni mio istinto, stantuffandola pian piano mentre lei si rimetteva a pecora. Mi offriva il suo culo spalancato e ora vedevo la mia asta entrarle dentro in maniera lineare, completamente, il suo buchino mi circondava e mi stringeva e ora lo sentiva anche lei, che mi incitava a fare più forte, a prenderla in quel modo. Aumentammo il ritmo e crollò sulle sue braccia, aprendo ancora di più il culo. Le mie sensazioni erano amplificate e mi accorsi che le stavo stringendo forte i fianchi, quasi a farle male.
-Amore- le sussurrai.
-Sì…?!?- mi urlò quasi.
-Ti verrò dentro, ho voglia.-
-Dimmi perché, lo voglio sentireee.- Stava urlando di piacere. Sentii le prime avvisaglie nel mio basso ventre.
-Perché lo desidero, perché il tuo culo mi fa impazzire… e perché sei mia!-
-E allora riempimi di te… lo vedi come sto aspettando? Non fermarti… ti prego… vieni quando sarà il momento, ma non fermartiii…-
Mi avvinghiai a lei, spingendola contro il materasso, e stendendomi sopra il suo corpo nudo. Le presi i capelli e le diedi gli ultimi colpi, forti, estremi, e quando mi bloccai e fu il momento glielo sussurrai nell’orecchio che era a pochi cm dalla mia bocca.
-Eccomi amore mio.-
Restò in silenzio. Attese, i miei spasmi cessarono dopo alcuni secondi e lei si irrigidì. Ero ancora dentro di lei e i nostri corpi erano squassati dal piacere.
Impressionante, restai dentro di lei, quasi a non voler uscire. La abbracciai e pian piano ci disponemmo sul fianco. Il pene stava pian piano restringendosi e le pulsazioni di lei mi cacciarono fuori. Mi rialzai immediatamente, presi un paio di fazzoletti e li disposi sotto una sua natica, mentre stava sul fianco sinistro.
-Che fai?- chiese.
-Sshh!!- le imposi.
Mi distesi dietro di lei e la strinsi. Il mio uccello, ormai scarico si appoggiò contro il suo culetto. Sembrava così una cosa grottesca ora. Pochi minuti prima sembrava essere scoppiata una guerra là in basso, ora vi era la pace.
Ad un certo punto Laura mi disse: -Ho capito il perchè dei fazzoletti lì. Che vergogna…-
-Tranquilla, penso a tutto io.-
Mi prese una mano e me la baciò.
-C’è una domanda che ancora non mi hai fatto. Devo fartela io?- le dissi.
-Quale?- e girò il capo per guardarmi.
-Allora, come è andata?-
-Stupido! Bene.- E si accoccolò contro di me, sorridendo. ‘Domani mattina potrei dimostrartelo come è andata. Notte!-

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